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Autore: Amelie__    16/04/2013    3 recensioni
«Ma che cazzo..» si sollevò in piedi, tossendo ancora, e dopo aver arraffato le chiavi di casa spalancò la porta.
Davanti a lei un ragazzo dalla faccia estremamente scazzata stava per premere il campanello che si trovava alla sua destra. Lei lo guardò per qualche secondo, gli occhi socchiusi e la bocca leggermente aperta.
«Cosa cavolo vuoi?» non era stata propriamente gentile, ma non poteva aspettarsi altro il tizio che si trovava di fronte. La ragazza dai capelli azzurri si era infatti scordata le buone maniere tipiche degli americani, che normalmente vanno a fare conoscenza con i loro vicini. Diede una rapida occhiata al viso del ragazzo davanti a lei.
Viso lungo.
Capelli scuri molto particolari.
Occhi chiari, dannatamente chiari.
Labbra come le sue e un’altezza invidiabile.
«Tu saresti?» lo squadrò dalla punta dei piedi all’ ultimo ciuffo sparato in aria dei capelli.
«Il tuo vicino di casa» biascicò l’altro, alzando le spalle.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Synyster Gates, The Rev, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nothing is harder than to wake up all alone.
I breathe you in again.

 

Rigirò il liquido scuro con il cucchiaino, nella speranza che lo zucchero che ormai si era depositato sul fondo si sciogliesse rapidamente. Era tesa, dopo tutto quel tempo passato da sola senza più riflettere su nulla si era concessa di accettare l’invito per quel caffè. L’appuntamento era alle nove ma l’orologio rosso appeso alla parete di quel tipico locale anni sessanta costruito all’interno di una grande roulotte con il pavimento a scacchi bianchi e neri, segnava le otto e venti. Sospirò, portandosi una mano alla fronte e sorseggiò il secondo caffè di quella mattina. Il sole picchiava prepotentemente sui suoi capelli, riscaldandole la pelle e la spalla sinistra, illuminandole un tatuaggio unico. Si sistemò alla meglio i capelli, non voleva che lui lo vedesse e si mise in attesa.

Brian comparve dalla porta della roulotte alle nove in punto, i capelli scompigliati e gli occhi accesi di luce propria che venivano illuminati dal sorriso che increspava le sue labbra perfette. Mosse qualche passo all’interno del locale, spostando lo sguardo in cerca di lei. Quando la adocchiò le andò incontro, sedendosi proprio di fronte ad essa. La canotta scura gli fasciava i fianchi morbidi e faceva spuntare una piccola voglia che aveva appena accennata sull’incavo destro del collo. Era sempre rimasta la stessa, solo che era più alta e i suoi occhi lasciavano trapelare cose di cui lui non era ancora a conoscenza.
«Quanti caffè hai bevuto in mia assenza?»
le chiese, appena notò le tazzine vuote e le bustine di zucchero strappate. Effie alzò gli occhi grigi su di lui, mordendosi il labbro inferiore.
«Due qui e uno a casa» incrociò le braccia al petto, mentre Brian faceva segno alla cameriera di andare da loro. La ragazza che era dietro al bancone li raggiunse, prendendo le ordinazioni. Un cappuccino per Brian e l’ennesimo caffè per Effie.
«Non ti fa bene prendere tutti questi caffè» esordì ad un tratto lui, mentre guardava la piazza fuori da finestrino.
«Non sono affari che ti riguardano» chiuse gli occhi e addentò il croissant che aveva preso appena era entrata li dentro.
«Come siamo acide» e sorrise, facendole inarcare un sopracciglio.
«Io non sono acida» disse, mentre si spostava leggermente per permettere alla cameriera di appoggiare sul tavolino i loro ordinativi.
Brian prese la tazza e bevve un lungo sorso di cappuccino, guardando di sottecchi la giovane ragazza che aveva davanti. In tutti gli anni che la conosceva non era mai riuscito a capirla appieno: quegli occhi sprizzavano euforia e gioia da ogni lato ma allo stesso tempo nascondevano qualcosa e poi non capiva perché non volesse fargli vedere quel dannato tatuaggio.
«Hai più saputo nulla?» le domandò ad un tratto, facendo tintinnare la tazza a contatto col piattino di ceramica.
«Chiameranno, ne sono sicura» annuì a se stessa.
«Ne sono sicuro… oh, scusa» Effie concentrò il suo sguardo sul movimento fluido del braccio del ragazzo che estrasse velocemente il cellulare dalla tasca dei jeans malandati. I tatuaggi si susseguivano sul suo braccio in un intreccio di colori e ricordi, che solo lui poteva conoscere realmente.
«Pronto?» guardò fuori socchiudendo gli occhi, cercando di scorgere qualcosa «No Johnny, scusa. Non ti vedo proprio» il ragazzo dall’altra parte del telefono disse qualcosa per il quale Brian strabuzzò la propria espressione «Non esiste, dato che sei qui dietro l’angolo mi porti le cose qua, grazie!» e sorridendo lo salutò, chiudendo la chiamata.
«Chi era?» chiese Effie, curiosa, mentre appoggiava la tazzina vuota sul tavolo. Nel mentre che il ragazzo era al telefono si era messa a disegnare qualcosa sul tavolo con lo zucchero.
«Il mio bassista, passa qui adesso per portarmi dei documenti»
«Capisco» Effie si alzò dallo sgabello, afferrando la sua borsa etnica e la macchina fotografica. Andò dietro a Brian e appoggiò la testa sulla sua spalla, mentre con la mano teneva l’obiettivo della fotocamera voltato verso di loro «Sorridi» disse, semplicemente.
Il fiato soffice della ragazza si perse tra i suoi capelli e sul flash della macchina fotografica, lasciandolo immobile per qualche secondo. Si girò verso di lei, che era già in piedi ha controllare la fotografia.
«Questa è bella Haner, te la concedo» gli fece un occhiolino «Offri tu, vero?»
Non si salutarono, si sorrisero e basta, mentre lei usciva da quel piccolo bar e percorreva la piazza principale, diretta verso chissà quale meta. La seguì con lo sguardo, mentre scompariva dietro la fontana. In quello stesso momento Johnny entrò dentro al bar, lasciando i documenti sul tavolo a Brian.
«Ehi» lo salutò, mentre appoggiava la busta gialla davanti all’amico.
«Ciao Johnny» si riscosse l’altro «Aspetta che pago, così possiamo uscire da qui»

Effie stava ripercorrendo la strada principale che portava a casa sua quando si sentì picchiettare sulla spalla destra. Voltò lo sguardo in quella direzione, per poter vedere chi le stesse dando fastidio in quel momento.
Incontrò due penetranti occhi azzurri che la fissavano.
«Ciao, vicina di casa»
la salutò lui, sventolandole la mano davanti alla faccia.
«Ciao» sbuffò lei, allungando il passo.
«Sei di poche parole anche oggi?» le domandò James, guardandola di sbieco.
«No, sono semplicemente vogliosa di tornare a casa e di non parlare con qualcuno che non aveva nessuna intenzione di conoscermi» disse tutto rapidamente, mentre svoltava nella via di casa sua «E un’altra cosa, la marmellata faceva schifo»
James sorrise, mostrando uno sguardo allegro e divertito «Sei un vero e proprio caratterino»
«Mai detto il contrario» estrasse dalla borsa le chiavi di casa, cercandole accuratamente all’interno della tracolla troppo grande.
Il ragazzo alto stette in silenzio, concentrando lo sguardo sul prato poco curato della casa disabitata che aveva alla sua destra. Effie salì i primi gradini di casa, aprendo la porta.
«Beh, ci becchiamo in giro» disse, prima di chiudere l’uscio.
Jimmy si voltò e si incamminò verso la spiaggia «Si, ci becchiamo in giro»

Concentrò tutta la sua attenzione su ogni più piccolo particolare.
Il Macintosh portatile era la sua salvezza, aveva il programma che più serviva ad un fotografo professionista, Photoshop. Davanti ai suoi occhi la foto di lei e Brian stava subendo variazioni di colori e intensità. Effie stava addirittura pensando di farla in bianco e nero, ma gli occhi di lui alla fine l’avevano fatta demordere dall’intento. Era bella come immagine, erano venuti entrambi bene e, fortuna volle, che si notassero perfettamente tutte le sfumature e le più piccole cose, come ad esempio le lentiggini di lui e i granuli dei disegni di zucchero sul tavolo. Rimase a fissare la fotografia per qualche minuto, prima di decidersi a stamparla. Non appena cliccò con il mouse il pulsante “stampa” il cellulare che aveva sulla scrivania accanto al pc si mise a vibrare insistentemente.
«Pronto?»
non aveva guardato chi fosse, teneva l’apparecchio tra la spalla e l’orecchio mentre armeggiava con l’immagine appena stampata e le forbici.
«Effie, sono io» la voce di Brian irruppe nel cellulare, facendole tagliare male un angolo.
«Cazzo, mi hai fatto sbagliare» rispose scontrosa.
«Scusa» disse lui, ridacchiando appena «Piuttosto, stasera ti passo a prendere, ti porto in un posto carino insieme agli altri ragazzi. E’ ora che tu ci conosca tutti»
Effie si portò una mano tra i capelli, riavviandoseli appena, dopodichè allungò le gambe appoggiando i piedi sul tavolo.
«Non lo so Haner»
«Eddai piccoletta, è giunto il momento che tu conosca altra gente» poteva immaginare Brian all’altro capo del telefono, appoggiato alla finestra di una qualsiasi stanza, mentre guardava fuori.
«E va bene, ma solo per questa volta» acconsentì, più per togliersi il problema, che altro.
«Ottimo» il ragazzo sorrise «Dammi l’indirizzo»
«Palm Avenue» soffiò fuori, chiudendo gli occhi.
«Perfetto, ci vediamo più tardi»
Si salutarono e ognuno di loro tornò alle proprie cose. Effie si maledisse nel momento stesso in cui chiuse la chiamata. Cosa diavolo stava facendo?

Si guardò allo specchio, i jeans corti mostravano le gambe magre e la caviglia solcata da una grande cicatrice causata da una situazioni particolarmente brutta vissuta da piccola. Brian non sapeva nulla. Nessuno aveva mai saputo nulla, all’infuori di chi aveva comprato il giornale la mattina successiva quel fatidico giorno. Si mise una canotta gialla e le scarpe da ginnastica, prese la borsa e dopo essersi riavviata i capelli uscì dalla porta principale, sedendosi sui gradini in legno chiaro. Il cielo era già scuro e le stelle facevano capolino in ogni angolo celeste. Stava per chiudere gli occhi per l’ennesima volta quando la voce di Brian la risvegliò dai suoi pensieri. Corse alla macchina e salì, sedendosi accanto a lui.
«Dove andiamo?»
gli chiese lei, curiosa.
«Al Johnny’s, vedrai ti piacerà» inserì la freccia, per svoltare nella strada a destra.
«D’accordo, sono proprio curiosa» sorrise, dandogli un leggero pugnetto sul braccio.

Il locale era un insieme di alcol, fumo e droga. Non si capiva molto di quello che la gente diceva perché il volume della musica era talmente alto da coprire qualsiasi rumore. Inutile dire che li dentro vi si trovava qualsiasi tipo di persona: dall’adolescente arrapato al vecchio ubriacone, ma anche gente normale che amava e apprezzava quel luogo. Percorsero a spintoni la grande sala, dirigendosi verso dei divanetti in pelle nera, dove quattro ragazzi se ne stavano a chiacchierare bevendo delle Guinness. Brian si avvicinò insieme a lei e la presentò.
«Ragazzi, questa è Effie»
e si scostò, permettendo a tutti di vederla.
«Tu!» esclamarono insieme lei e un ragazzo all’angolo del divano.
«Tu cosa ci fai qua?!» lo urlarono insieme, come due perfetti idioti. Sotto lo sguardo sbigottito degli altri che seguivano divertiti la scena.
«Brian, questa qui è la mia acida vicina di casa» James la indicò, mentre spostava lo sguardo su Brian.
«Acida?» esclamò lei, spalancando gli occhi «Sei te che non sai porti alle persone!»
«Certo, come no»
«Sentite, facciamo così..» intervenne Brian «Intanto sediamoci e cominciamo a prendere da bere, ok?»
Annuì poco convinta, prendendo posto tra un ragazzo alto e muscoloso e uno che era più basso e leggermente in carne. Il primo di loro si presentò come Matthew Sanders, mentre l’altro come Zachary Baker. Accanto a James si sedette Brian e un altro di loro, con una cresta non troppo alta, si presentò alla ragazza con il nome di Johnny.
«Hai dei capelli fichissimi» disse ad un tratto Zachary, toccandoli per guardarne meglio il colore.
«Grazie» rispose semplicemente, imbarazzata.
Non era abituata a ricevere tutte quelle attenzioni.
La serata proseguì abbastanza bene, se non fosse stato per il continuo scambio di occhiate con James e di battute con Brian. Quest’ultimo le era vicino, sempre. Si parlavano e si escludevano dagli altri la maggior parte del tempo, come se non esistessero altre persone all’infuori di loro. Ma magari questo era solo una sua impressione. Avrebbe avuto modo di pensarci il mattino seguente.

 

 

 

Sono in super ritardo, mea culpa. Il lavoro mi porta via un sacco di tempo ç__ç
Comunque vi ringrazio, vi ringrazio davvero di cuore per il sostegno che mi date, mi date sempre un sacco di soddisfazione, e per qualcuno che scrive, ricevere dei commenti così positivi può solo che migliorare le giornate. Ringrazio quella ragazza che mi ha scritto un bellissimo messaggio in chat privata su facebook, grazie di cuore. Ringrazio inoltre chi ha recensito lo scorso capitolo: AlisGee, Rachel_Ugo e 10winters.
Ringrazio anche le sette persone che la seguono.
Grazie davvero,
un abbraccio.
Amelie.

  
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