- Chapter
two -
Sarah
Il volto di Gibbs
assunse uno sguardo di puro e semplice terrore.
I vetri del salotto di
Jen esplosero in un suono nitido, come quello di un bicchiere che cade a terra,
solo un po’ più amplificato, il fuoco irrompeva e bruciava le pareti quasi come
fossero di carta e il fumo grigio scuro usciva da buchi che fino a qualche
attimo precedente erano finestre.
Accadde tutto in un
attimo. Non c’era stato nemmeno il tempo per ragionare o pensare, in quel
momento la paura, l’impulso e l’istinto avevano preso il sopravvento.
Si ritrovò a terra
stringendo tra le braccia il corpo privo di sensi di Jen.
Le girava la testa,
aveva perso conoscenza per qualche istante, Gibbs la teneva ancora tra le sue
braccia e non la lasciava andare. Lei aveva la testa appoggiata sulla sua
spalla, con una mano gli stringeva la giacca sulla vita, l’altra era intorno al
suo collo. Sentì chiaramente lo
scoppiettio del legno che bruciava e l’odore della brace. Alzò la testa e si
guardò intorno. Guardò Jethro. Il suo volto era serio, nei suoi occhi si
rifletteva, come in uno specchio, il falò che ardeva e bruciava davanti a loro.
<< dobbiamo andarcene di qui. Riesci a camminare fino alla macchina?
>> Jen ancora intontita e stordita per l’esplosione fece dei cenni con la
testa. Si alzarono dirigendosi verso l’auto. Jethro aprì la portiera e la fece
sedere, aveva il viso sporco di terra e i vestiti strappati in alcuni punti.
<< stai bene? Sei ferita? >> << no, tutto ok. Ora dobbiamo
aspetta- >> << nessuno. Domani tornerò qui con la mia squadra ad
indagare. Scoprirò cos’è successo. Ho già chiamato chi di dovere >>
<< non è compito tuo indagare su questo fatto >> << cosa?!
Hanno attentato alla tua vita e- >> << sono in grado di cavarmela
da sola >> << ah davvero? Come l’ultima volta che ti sei fatta
rapire? No, perchè, se quello lo consideri cavarsela da soli allora siamo messi
proprio bene!! >> << ora smettila!! Sei insopportabile quando ti
ficchi in testa una cosa e non c’è nulla per farti cambiare idea!! Cocciuto!!
>> << se non fossi stato così cocciuto ora non saresti qui
ad urlarmi contro, ma sparsa in mille pezzettini di carne bruciata >>
stette zitta per qualche secondo. Aveva ragione :<< su questo non ti do
torto, ma continuo a pensare che tu sia una persona testarda, arrogante e molte
volte presuntuosa. Il mio mondo non gira più intorno a te come una volta. Non
sono più la pivella che conoscevi… >> << lo so, ma non posso fare a
meno di preoccuparmi per te. >> chiuse lo sportello dell’auto e salì
dalla parte del conducente.
Erano le dieci passate
quando varcarono il vialetto di casa, sembrava pressoché tutto normale.
Jethro uscì dall’auto
per primo, aveva una mano sulla pistola pronta per ogni evenienza; fece un
cenno a Jen che scese subito dalla macchina ed entrò rapidamente dalla porta
sul retro dell’abitazione. Lui la seguì. Erano in cucina, le passò davanti e
controllò che fosse tutto a posto. Accese la luce e andò in sala. Cinque minuti
dopo tornò indietro e la guardò: << hai intenzione di stare li per tutta
la notte o vieni di la con me? >> si fissarono, poi lei lo seguì.
Si sedette sulla
poltrona, le mani le tremavano ancora. Cercò di fermarle e di non farle notare
a Gibbs, ma appena lo fece lui gliele strinse. << ti porto qualcosa di
caldo, rimani qui >> << e dove potrei andare? Casa mia è bruciata…
>> tornò qualche minuto dopo con una tazza fumante e si sedette sul
divano accanto al suo << tieni >> annusò il contenuto della tazza
<< ma è caffè! >> Gibbs la guardò sorridendo: << certo, cosa
credevi che fosse? >> << la caffeina non è un calmante! Non fa
rilassare le persone! >> << a me si, se quello non ti va bene la
cucina è da quella parte… >> la indicò con un dito poi riprese a parlare.
<< a questo punto direi che possiamo andare a dormire. >> Jen lo
guardò dubbiosa, Gibbs invece si alzò: << dormirai nel mio letto. Io
starò in cantina se avrai bisogno sarò lì. Cambiati e mettiti la prima cosa che
trovi nel mio armadio e cerca di riposarti mi raccomando… se vuoi puoi farti
una doccia o un bagno caldo… ti rilasserà >> gli passò una mano tra i
capelli spostandole dei ciuffi e baciandola sulla fronte le augurò la buona
notte poi, se ne andò sparendo in cantina. << buona notte… Jethro…
>> bevve un sorso di caffè e si soffermò per qualche minuto ad osservare
la stanza, non era cambiata dalla prima volta che l’aveva vista, anche la
disposizione dei mobili era la stessa, sembrava che il tempo di li non fosse
mai trascorso. Era stata lontana da lui e da quel luogo per sette anni e nulla
a parte il loro rapporto era cambiato. Sembrava quasi una presa in giro. Decise
di andare a dormire, restare seduta a pensare non le sarebbe servito molto.
Finì di bere, lavò e asciugò la tazza rimettendola al proprio posto poi salì le
scale ed entrò in camera. Aprì l’armadio cercando qualcosa da poter indossare.
Trovò maglioni, camicie, giacche ed infine una felpa grigia dell’NCIS, che era
di una o forse due taglie in più della sua. Cercò i pantaloni ma per sua
sfortuna non li trovò. Si cambiò dopo aver fatto il bagno e si infilò sotto le
coperte al caldo. Fece un respiro profondo poi tentò di addormentarsi. Le
lenzuola, il cuscino, tutto ciò che la circondava, era impregnato del profumo
di Jethro. Quel profumo che in passato sentiva tutti i giorni, accanto a se,
come in quel momento.
Gibbs, intanto
continuava a rileggere il foglio di carta facendo avanti e indietro per la
stanza, cercando di decidere cosa fare. Sapeva la risposta, ma facendolo
avrebbe tradito la promessa fatta a Jen. Spense la luce e si distese dentro la
barca.
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flash back _____________________
perlustrò
velocemente con lo sguardo la stanza poi accese la luce del salotto. Sembrava
tutto normale, non c’era nulla fuori posto ma l’impatto visivo della stanza era
diverso. Doveva esserci qualcosa che non andava in quella stanza. La trovò. La
porta della cantina era chiusa. Abbassò l’arma e si diresse verso di essa.
Un
coltello da lancio conficcato nel legno reggeva un foglietto di carta. Gli
diede una scorsa velocemente poi se l’infilò intasca accartocciandolo dalla
rabbia. Perché stava succedendo tutto quello? Era mai possibile che nessuno al
suo fianco poteva restare al sicuro?
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fine flash back _____________________
Aveva una rabbia
incontrollata che doveva sfogare o reprimere. Optò per la seconda soluzione. Si
alzò e salì al piano di sopra davanti alla camera. Si appoggiò senza far rumore
allo stipite della porta e stette fermo, ad osservare la figura della donna che
in quel momento dormiva nel suo letto. Gli venne in mente la sensazione che
aveva provato nello stringerla dopo tanto tempo, quel corpo così minuto, cosÏ
caldo… gli passarono davanti le immagini della loro missione a Parigi, della
notte in cui avevano fatto l’amore. Cercò di levarsele dalla testa, quello non
era affatto il momento per i ricordi. Doveva prendere una decisione e in
fretta. Tornò nello scantinato e si mise a levigare il legno della barca, di
solito lo aiutava a rilassarsi e sperava che funzionasse anche per questa
volta. Jen, che come lui non riusciva a dormire decise di controllare cosa
stesse facendo Jethro al piano inferiore. Non sapeva il perchè ma era turbata.
Si appoggiò alla porta, come aveva fatto Gibbs e si fermò ad osservarlo
lavorare. La sua espressione era tesa, ma allo stesso tempo anche rilassata,
s’impegnava con tutto se stesso mettendoci l’anima. Scivolò lentamente fino ad
accucciarsi a terra, appoggiò la testa allo stipite e guardandolo si
addormentò.
Passò una buona
mezzora prima di accorgersi di lei. Le si avvicinò, dapprima, preoccupato che
le fosse accaduto qualcosa, ma si rese conto subito dopo, che stava solo
dormendo. Restò fermo a guardarla di nuovo, era più forte di lui, non riusciva
a distogliere lo sguardo, era attratto da lei come una calamita. Quei capelli
rossi che di solito profumavano di frutta e quegl’occhi verdi color smeraldo lo
facevano impazzire. Ma non era solo quello, il suo modo di fare, la sua
determinazione nel lavoro erano tutte caratteristiche del suo carattere che
amava e difficili da dimenticare.
Si mise un suo braccio
dietro al collo per tenerla meglio, le prese le gambe sotto al ginocchio e la
schiena poi la tirò su dal pavimento.
Si svegliò quando lui
la appoggiò a se, ma non disse nulla.
Si limitò a spostare
il braccio dal suo ventre alla spalla di Gibbs appoggiandocisi in seguito anche
con la testa. << cosa ci facevi lì a terra? >> << nulla, è
solo che… non riuscivo a dormire… >> << potevi chiamarmi, ti avrei
fatto compagnia… >> non gli rispose, era esausta e si, aveva sonno, ma
non riusciva in ogni caso a dormire in quella stanza.
Era in uno stato di
dormiveglia, capiva quello che succedeva, ma non aveva le forze per reagire,
per fare la parte della donna orgogliosa, che rifiutava sempre ogni aiuto. In
quel momento avrebbe solo voluto avere qualcuno vicino, e quel qualcuno
era Gibbs.
Era difficile tenere
lontane le emozioni, distaccarsi ed essere fredda, soprattutto con lui, le
consumava l’anima.
Forse avrebbe dovuto
smettere e lasciarsi andare? cosa sarebbe successo se lo avesse fatto? Alla
fine erano divertenti i loro battibecchi, ci trovava gusto a non dargliela mai
vinta. Era immersa nei suoi pensieri quando Gibbs la appoggiò sul letto; Si
sarebbe dovuta staccare da quella specie di caldo “abbraccio”.
Le lenzuola a contatto
con la pelle erano gelide, subito, un brivido le percorse il corpo.
Senza che se ne
accorgesse Jethro la coprì con il piumino, aveva ancora un braccio avvolto al
collo delòl’uomo, non voleva lasciarlo, non se la sentiva.
Lui la guardò
dubbioso. Cosa stava facendo? perchè non lo lasciava? Eppure in fondo era
contento di quello che stava accadendo, perchè allora, farsi delle domande così
inutili?
Jen, semi distesa si
avvicinò a Gibbs, si perse nel suo sguardo, in quei profondi occhi azzurri,
ormai la loro distanza era di pochi centimetri.
Si fermò.
Cosa gli era preso?
Perchè stava facendo una cosa del genere? Si era ripromessa di non ricascarci
di nuovo, e invece, era quello che stava succedendo.
Lo lasciò e girandosi
su un fianco gli voltò le spalle. Sentì Gibbs muoversi, aspettò qualche secondo
poi dolcemente disse << grazie per tutto quello che fai… >> un
sorriso comparve sulla bocca dell’uomo mente discendeva le scale.
Prese il proprio
cellulare dalla tasca dei pantaloni e compose un numero, poi attese.
Dall’altro capo del
telefono rispose una voce femminile: << pronto >> fece un lungo
sospiro poi parlò: << Ziva sono Gibbs. Ho bisogno che tu mi faccia un
favore… >>.
*
* * * * * * * * * * * * * * * * * * * * *
Erano circa le 7.30
quando suonò la sveglia. Jen fece sbucare una mano dalla trapunta di piumino
sotto cui era e tastando l’aria cercò l’oggetto che produceva quel rumore
assordante. Non trovando né il proprio comodino, né il proprio orologio, si
tolse, molto lentamente, anche il cuscino dalla testa e si sedette per cercare
di trovarli con lo sguardo. Solo quando toccò la testata del letto decise di
aprire gli occhi; dal principio tutto era sfocato, molto chiaro e luminoso. Con
calma però, la vista si abituò alla luce e guardandosi attorno rimase per
qualche minuto spaesata. Riordinò i ricordi della sera prima e facendo un “si”
con la testa spense la sveglia.
Sempre con molta calma
scese dal letto e giù per le scale. Dalla cucina si sentiva il rumore delle
pentole sul fuoco e un profumo di pancake appena fatti. Entrò e rimase
sbigottita. Sul tavolo c’arano pronti due piattini per la colazione con due
bicchieri e due tazze, ma la cosa più
sconvolgente, era Gibbs ai fornelli che cucinava. Soffocò una risata poi
il più seriamente possibile disse: << ti manca solo il grembiulino, poi
saresti un perfetto uomo di casa.. >> Jethro si voltò e sorridendo le
fece cenno di sedersi. Jen a quel punto scoppiò a ridere non si sarebbe mai
immaginata Gibbs in quel modo, nemmeno nei suoi sogni più strani. Si sedette
sempre guardandolo e ridendo, non riusciva a smettere: << da quand’è che
sai anche cucinare? >> gli posò davanti i pancake con la marmellata e col
cioccolato, poi prese dal frigo il succo d’arancia fresco appena spremuto e lo
versò nei due bicchieri, per ultimo, ma fondamentale il caffè caldo nella
tazza.
<< potrei anche
ricattarti per quello che stai facendo… lo sai? >> sempre in silenzio
sorseggiò la sua aranciata poi :<< con il passare del tempo le persone
cambiano e per noi di tempo ne è passato tanto… >> aveva ragione senza
alcun dubbio, ma quella frase, quell’affermazione detta così seriamente, così
dannatamente reale, le fece stringere lo stomaco. << comunque… >>
proseguì << non avresti mai il coraggio di ricattarmi… e di questo ne
sono sicuro >> lo scrutò finendo il suo Pancake << ah si? E cos’è
che ti da cosÏ tanta sicurezza? >> << ti conosco Jen… >> finì
anche il caffè, si alzò raccogliendo piatto, tazza e bicchiere e li appoggiò
sul lavabo. Si rivoltò verso di lui e guardandogli le spalle disse: <<
sbagliato… mi conoscevi…>> gli si avvicinò, gli posò leggermente le mani
sulle spalle e avvicinò la sua bocca all’orecchio di lui e sussurrando continuò
<< e come hai già detto… le persone col tempo cambiano >> si
allontanò di nuovo con un sorriso soddisfatto e si avviò verso la camera per
vestirsi.
Gibbs rimase
paralizzato. Quel sussurro così… provocante, fece vacillare la sua mente. Se
prima era solo attratto da lei ora la voleva. Se il lume della ragione non lo
avesse trattenuto le sarebbe corso dietro, inseguendola. Altri flash, altri
dolorosi ricordi dei giorni passati insieme, i suoi baci, i sorrisi, il suo
corpo caldo, sembravano lontane reminescenze di un sogno ormai quasi del tutto
svanito.
Dopo circa un quarto
d’ora Jen scese di nuovo le scale ed osservò di nuovo Gibbs sorridendo, mentre
lavava tazze e piatti. Gli si avvicinò prendendo, mentre passava, il canovaccio
appoggiato sul piano cottura e afferrando una tazza dalle mani dell’uomo la
asciugò con fare nervoso.
Nessuno disse nulla,
forse, perchè non c’era niente da dire, forse, perchè entrambi sapevano che se
lo avessero fatto sarebbero finiti col litigare rivangando screzi del passato.
L’unico suono che si
sentiva nell’aria, era lo scorrere irregolare dell’acqua e il “Tac” dei piatti
quando li si mette in pigna uno sopra l’altro.
Fu Jen che, per prima,
ruppe il silenzio: << posso farti una domanda? >>
<< certo… al
massimo non ti risponderò… >>
<< perchè non mi
hai mai detto di avere… >> in lontananza la suoneria di un cellulare
cominciò a suonare. Jenny rimase ferma ad ascoltare quasi imbambolata <<
non rispondi? >> chiese Gibbs. << uh? Si… certo… >> si
allontanò asciugandosi le mani poi, rispose alla chiamata. << si?
Jennifer Shepard… >> stette in silenzio per alcuni minuti aspettando che
la persona dall’altro capo del telefono finisse di parlare, poi: <
<< chi era al
telefono? >>
<< Nessuno
d’importante... allora? Mi accompagneresti? >>
<< se non era: nessuno
D’importante, come dici tu, perchè sei così arrabbiata? >>
<< non sono…
>> Jethro le lanciò un’occhiataccia << non funziona con me il tuo
sguardo… comunque sono nervosa, non, arrabbiata… >>
Era fin troppo
evidente che era una menzogna, ma non volle insistere. << passiamo pure a
prendere l’abbigliamento che ti serve, ti aspetto in macchina… >>
appoggiò le posate che aveva in mano, poi si avviò verso l’uscita.
Arrivarono all’NCIS
circa un’ora dopo in perfetto orario. Stavano salendo in ascensore quando pochi
istanti prima che si aprissero le porte, Jen lo bloccò. << Jethro… ieri
sera io e te non abbiamo, mai avuto quella conversazione su Cristofer
Dustfire… ora devo parlare con l’FBI quando loro saranno usciti vorrei che tu
venissi nel mio ufficio… >> << ok Jen… >> Entrarono negli
uffici, Ziva era semi seduta sulla scrivania di Tony e conversava con lui che
si trovava in piedi davanti a lei. Gibbs si diresse verso la sua postazione
mentre Jen passandogli accanto prima di raggiungere le scale disse : <<
ricorda quello che ti ho detto stamani… >> rise mentre Jethro le
rispondeva: << vedremo… >>.
Tony guardò Ziva
incredulo. Poi avvicinandosi a lei le sussurrò:<< Stamattina? Secondo te
lui e il direttore…? Stanotte…?>> << smettila Tony, è mai possibile
che tu pensi sempre e solo a quello?! >>
In quel preciso
istante arrivarono gli agenti dell’FBI che si diressero con Jen verso il suo
ufficio.
Passarono circa tre
quarti d’ora.
Di cosa stavano
parlando? Perchè ci voleva così tanto tempo? Cosa gli avrebbe detto Jenny
quando sarebbe andato da lei? continuò a pensare mentre osservava il monitor
del suo computer.
Si sentì una porta
sbattere violentemente, seguita poi dalla voce irata di Jen:<< PENSO DI
ESSERE STATA ABBASTANZA CHIARA! NON HO INTENZIONE D’ACCETARE I VOSTRI RICATTI E
ORA FUORI SE NON VI DISPIACE! >>
I due agenti scesero
le scale mentre la donna entrò nell’ascensore al suo piano poi, scese. Quando
le porte si aprirono Jenny era appoggiata alla parete con le braccia conserte e
la testa bassa. Gibbs la osservò da lontano chiedendosi il perchè fosse così
alterata. Gli agenti dell’FBI erano pressochè davanti a lei incerti se entrare
o meno. Lei gli tolse immediatamente il dubbio: << non ve lo consiglio…
potreste non arrivare al parcheggio… >> li fulminò con lo sguardo mentre
le porte le si chiudevano di fronte.
Tony sbalordito per
l’affermazione del Direttore, guardò Gibbs che si era alzato quasi di scatto
per raggiungere Jen. Sapeva dove stava andando, era l’unico posto nel quale si
sarebbe potuta sfogare liberamente. Il poligono.
Ziva si sedette alla
scrivania e facendo cadere all’indietro la testa chiuse gli occhi. Le era già
capitato di vedere Jenny arrabbiata, E l’ultima volta non se l’era cavata tanto
male. Sei anni prima, mentre lavoravano ad un caso sotto copertura, era
riuscita a catturare il capo di un gruppo di terroristi al Cairo, ma un mese
dopo era stato rilasciato. Quello stesso giorno, era andata a prendere l’uomo
nella propria casa. Due giorni dopo venivano arrestati altri 4 gruppi di
terroristi. Si ricordava bene, poi, di aver avuto con lei una strigliata dal
loro capo che le aveva minacciate di licenziarle entrambe se fossero andate
ancora contro degli ordini superiori…
Tony le lanciò una
pallina di carta facendola sobbalzare.
<< hai avuto
paura eh?! >> << non quanta ne avresti tu se ti arrivassi alle
spalle… tony. >>
Jen si appoggiò al
maniglione antipanico e spingendo aprì una delle due porte in vetro
trasparente. Entrò in una piccola stanzetta di circa 3 metri quadri, in un
angolo alla sua sinistra c’era una vecchia scrivania con qualche scartoffia qua
e la ed un telefono; mentre a destra una fila di armadietti numerati.
Un uomo dalla
corporatura robusta e calvo, comparve da sotto la scrivania come se nulla
fosse.
<< Ciao Josh…
>> disse rivolgendosi all’uomo che di primo acchito non la riconobbe.
<< Jen! Cioè… Direttore! Buon giorno! Cosa la porta da queste parti?
>> << nulla… avevo voglia di fare quattro tiri… la tua famiglia
come sta? >> << bene, bene! Mia moglie, Meggie mi ha detto di
ricordarle, quando l’avrei vista, che sta aspettando ancora che lei venga a
cena da noi con Sarah… >> << dille che salderò il debito prima o
poi… >> << certamente, lavoro pesante eh? >> << già…
come al solito, del resto. C’è già qualcuno dentro? >> face un cenno con
la testa alla porta in metallo con al centro una finestrella di vero. <<
credo di no… a meno che siano entrati dall’altra parte… >> << …
allora vado… salutami tutti a casa! Ciao! >> l’uomo fece un cenno con la
mano mentre Jen si accingeva ad entrare nell’altra stanza.
Era buio e deserto,
non cera da stupirsene visto che l’orario d’apertura del poligono erano le 9.oo
anche se molte volte c’era qualcuno anche alla mattina presto. Meglio così, si
sarebbe potuta sfogare in santa pace senza gli occhi di qualcuno puntati
addosso.
Estrasse la pistola
dai pantaloni, fece uscire il caricatore e controllò il numero di proiettili,
poi lo reinserì. Ne aveva sette più il colpo in canna. Accese la luce solo
nella sua postazione poi mise le cuffie e gli occhiali. Davanti a lei a circa
10 metri c’era il tipico bersaglio a cerchi concentrici, puntò la pistola
mirando al centro e sparò tutti e otto i colpi. Gibbs entrò dalla porta e si
fermò ad osservarla da lontano.
Jen prese un nuovo
caricatore e fece avvicinare il bersaglio.
Jethro le si mise alle
spalle e quando la donna si tolse le cuffie parlò: << bella mira. Sette
colpi su otto… Vedo che non ti sei arrugginita con gli anni. >> <<
la tua vista invece è peggiorata… guarda meglio… ne ho fatti otto su otto…
>> << chissà chi te lo ha insegnato… >> << mi hanno
detto che era il migliore… ma non so se sia vero… >> << tu cosa
pensi? >> << un tempo avrei sicuramente risposto che era lo stesso
che pensavo io… ma ora… >> gli porse la sua pistola e sorridendo
aggiunse: << gli è peggiorata la vista… quindi non saprei…. >>
<< mi stai sfidando direttore? >> << pensala un po’ come
vuoi… >> Gibbs le si avvicinò mentre lei, indietreggiò fino ad andare a
sbattere contro alla colonna che separava le varie postazioni di tiro. Appoggiò
la mano con la pistola sul muro sopra la testa di Jen mentre l’altra di fianco
al suo collo. << se farò otto centri mi dirai cosa ti è preso prima e
perchè stavi urlando… se invece sbaglio… decidi tu… >> lo scrutò. Cosa
gli passava per la mente? A cosa stava mirando? Poi improvvisamente le tornò
alla mente che un’anno prima nello stesso posto si erano ritrovati a discutere
di una cosa simile finché ad un certo punto…
_____________________
flash back _____________________
<<
se ti baciassi? >>
<<
Ti fermerei >>
<<
Ne sei sicura? Ne saresti capace? >>
<<
Si >>
<<
Non ci credo. >>
<<
Perché vuoi farlo? >>
<<
È solo un bacio… null’altro >>
<<
Non voglio se lo facessi finirei col… >>
<<
Ricascarci? Hai così tanta paura di poter provare gli stessi sentimenti di una
volta Jen? >>
<<
Si… ed è per questo che non lo farò. >>
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fine flash back _____________________
Quella
volta era riuscita a resistergli ma ce l’avrebbe fatta anche questa? Forse no…
<< non posso dirti nulla di ciò che è
successo prima… non ti riguarda >> << e perchè non dovrebbe?
>> << questioni tra me e l’FBI… >> << dici di essere
cambiata, ma invece non lo sei affatto… >> Fece scivolare la mano sul
collo di lei fino a raggiungere il mento alzandole così, la testa. Molto
lentamente, quasi a rallentatore, si avvicinarono. Sempre più vicini fino a
quando le loro labbra non si sfiorarono…
La porta si spalancò
sbattendo. Jen spinse via l’uomo da se e abbassò lo sguardo poi si sporse per
vedere chi era entrato.
Tony si guardava in
giro e quando vide Jenny le fece cenno di avvicinarsi, poi indicò un uomo
abbastanza basso e un po’ calvo. Era Tobias Fornell capo dei due agenti
dell’FBI. Andò verso di lui e insieme salirono ai piani superiori. Parlavano
mentre camminavano in modo tale da non perdere tempo: << ho parlato con i
miei agenti e mi hanno riferito il tuo messaggio. Posso capire che tu non
voglia noi dell’FBI in giro per l’NCIS ma fi- >>
<< Fornell… non
ho detto di non volere una scorta o guardia del corpo, capisco che la mia vita
potrebbe essere in pericolo, ma preferisco che sia uno dei miei a farlo. Se ne
occuperà l’agente David. Andrò a stare a casa sua e io personalmente rimarrò
qui e non mi muoverò se non ci sarà lei. Non accetto repliche. >>
<< d’accordo, ma
la questione per cui sono venuto non è questa… sei andata contro a degli ordini
impartiti dal capo della marina, sei poco incline a voler collaborare con noi e
non so più fino a dove potrai spingerti in questa indagine. >>
<< sono
cosciente di ciò che ho fatto e sono pronta a subirne le conseguenze >>
<< lo so.
>>
<< in
conclusione? >>
<< ti verrà
comunicata la decisione sul da farsi presa in accordo con noi dell’FBI e il
capo della marina. Più di questo non posso d’irti altro. >>
<< ok. Grazie di
tutto. >> erano arrivati davanti alle scale Fornell tornò indietro mentre
Jen salì, fermandosi a parlare sul pianerottolo con Cinthya.
Gibbs era in piedi
davanti all’ascensore quando si aprirono le porte. Tobias nel momento in cui
gli passò accanto, senza voltarsi e senza guardarlo pronunciò queste
parole:<< Ricordati… di direttori come lei… di persone come lei…
ce ne sono poche. >> lasciò passare un uomo sul metro e ottanta castano,
vestito in giacca e cravatta e accanto a lui una bambina dai capelli rosso
scuro che le arrivavano appena sopra le spalle, Poi se ne andò.
Cosa stava cercando di
dirgli su Jenny? Perchè un’affermazione del genere?
I due, appena entrati,
si guardarono intorno come se stessero cercando qualcuno, così Jethro, ancora
avvolto nei suoi pensieri gli si avvicinò per chiedergli cosa volessero, ma
prima che potesse farlo, la bambina cominciò a correre.
Nell’esatto istante in
cui lo oltrepassò il tempo cominciò a rallentare, poi ad andare a scatti.
Sembrava tutto come in uno di quei vecchi film dalla pellicola rovinata in cui
l’audio andava e veniva. Quando il tempo riprese il suo scorrere regolare,
Sarah, questo era il nome della bambina, era già arrivata alla rampa di scale e
le stava salendo di corsa. Arrivò sul pianerottolo, Jen era davanti a lei che
parlava ancora con Cinthya, quando quest’ultima se ne andò, Sahrah guardò il
direttore ed attese che si accorgesse della sua presenza. Non ci volle molto,
appena si voltò, se la ritrovò davanti. La guardò un po’ sorpresa poi un dolce
sorriso le si formò in volto. Si abbassò appoggiando a terra la cartelletta con
i fogli che aveva in mano, poi: << vieni qui a salutarmi… O vuoi stare li
a guardarmi?>> la bambina rise poi si gettò tra le sue braccia urlando
dalla felicità la parola mamma.
Gibbs sussultò, Tony
strabuzzò gli occhi sputando il caffè sul monitor del suo pc, Mcgee spalancò la
bocca, incredulo, mentre Ziva fece finta di nulla e continuò con il suo lavoro.
Jen voltò lo sguardo
verso i suoi agenti poi, allontanò Sara da sè e alzandosi di nuovo in piedi,
arruffandole i capelli disse: << vai dalla zia… io devo parlare con papà…
>> Sgattaiolò via senza contrariazioni.
Jenny fece un cenno
all’uomo in giacca e cravatta e fino a quando non le fu davanti, il suo sguardo
non si scostò da quello di Gibbs, entrambi, cercavano di capire l’uno il
pensiero dell’altra.
Mamma… l’aveva chiamata
mamma… cosa voleva dire? Era veramente sua figlia? Una certa somiglianza c’era…
eppure… non voleva crederci… perchè non gliel’aveva detto quando si erano
rivisti? Cos’altro gli teneva nascosto? Lui certo non aveva, in tal proposito,
il diritto di giudicarla visto che aveva fatto la stessa cosa… ma allora
perchè, era come se in qualche modo, avesse tradito la sua fiducia? Perchè si
sentiva così… deluso, vuoto?
tO bE cOnTiNuEd…
Grazie a tutti quelli che anno commentato il primo capitolo^^ ( lulu@smile:) , ziva!love!tony , danny//love , frank£ , lilimay@ e soprattutto a Jenna che ha dovuto sorbirsi le mie crisi quando mi impantanavo col capito… )
spero
che anche questo vi sia piaciuto^^
Allora… al prossimo mese col capitolo 3!!!