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Autore: Ai_chan4869    05/11/2007    3 recensioni
... il viso dell’uomo assunse uno sguardo di puro e semplice terrore. Qualcosa spinse improvvisamente Jen in avanti, Jethro la prese quasi all’ultimo secondo prima che cadesse a terra e la strinse a se... Sembrava un dejàvù... il sangue... la sparatoria... la terrazza...
Genere: Romantico, Drammatico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Jennifer Shepard, Leroy Jethro Gibbs
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“RiEpIlOgAnDo”

 

 

- Chapter two  -

 

Sarah

 

 

 

 

Il volto di Gibbs assunse uno sguardo di puro e semplice terrore.

I vetri del salotto di Jen esplosero in un suono nitido, come quello di un bicchiere che cade a terra, solo un po’ più amplificato, il fuoco irrompeva e bruciava le pareti quasi come fossero di carta e il fumo grigio scuro usciva da buchi che fino a qualche attimo precedente erano finestre.

Accadde tutto in un attimo. Non c’era stato nemmeno il tempo per ragionare o pensare, in quel momento la paura, l’impulso e l’istinto avevano preso il sopravvento.

Si ritrovò a terra stringendo tra le braccia il corpo privo di sensi di Jen.

 

 

Le girava la testa, aveva perso conoscenza per qualche istante, Gibbs la teneva ancora tra le sue braccia e non la lasciava andare. Lei aveva la testa appoggiata sulla sua spalla, con una mano gli stringeva la giacca sulla vita, l’altra era intorno al suo collo.  Sentì chiaramente lo scoppiettio del legno che bruciava e l’odore della brace. Alzò la testa e si guardò intorno. Guardò Jethro. Il suo volto era serio, nei suoi occhi si rifletteva, come in uno specchio, il falò che ardeva e bruciava davanti a loro. << dobbiamo andarcene di qui. Riesci a camminare fino alla macchina? >> Jen ancora intontita e stordita per l’esplosione fece dei cenni con la testa. Si alzarono dirigendosi verso l’auto. Jethro aprì la portiera e la fece sedere, aveva il viso sporco di terra e i vestiti strappati in alcuni punti. << stai bene? Sei ferita? >> << no, tutto ok. Ora dobbiamo aspetta- >> << nessuno. Domani tornerò qui con la mia squadra ad indagare. Scoprirò cos’è successo. Ho già chiamato chi di dovere >> << non è compito tuo indagare su questo fatto >> << cosa?! Hanno attentato alla tua vita e- >> << sono in grado di cavarmela da sola >> << ah davvero? Come l’ultima volta che ti sei fatta rapire? No, perchè, se quello lo consideri cavarsela da soli allora siamo messi proprio bene!! >> << ora smettila!! Sei insopportabile quando ti ficchi in testa una cosa e non c’è nulla per farti cambiare idea!! Cocciuto!! >> << se non fossi stato così cocciuto ora non saresti qui ad urlarmi contro, ma sparsa in mille pezzettini di carne bruciata >> stette zitta per qualche secondo. Aveva ragione :<< su questo non ti do torto, ma continuo a pensare che tu sia una persona testarda, arrogante e molte volte presuntuosa. Il mio mondo non gira più intorno a te come una volta. Non sono più la pivella che conoscevi… >> << lo so, ma non posso fare a meno di preoccuparmi per te. >> chiuse lo sportello dell’auto e salì dalla parte del conducente.

Erano le dieci passate quando varcarono il vialetto di casa, sembrava pressoché tutto normale.

Jethro uscì dall’auto per primo, aveva una mano sulla pistola pronta per ogni evenienza; fece un cenno a Jen che scese subito dalla macchina ed entrò rapidamente dalla porta sul retro dell’abitazione. Lui la seguì. Erano in cucina, le passò davanti e controllò che fosse tutto a posto. Accese la luce e andò in sala. Cinque minuti dopo tornò indietro e la guardò: << hai intenzione di stare li per tutta la notte o vieni di la con me? >> si fissarono, poi lei lo seguì.

Si sedette sulla poltrona, le mani le tremavano ancora. Cercò di fermarle e di non farle notare a Gibbs, ma appena lo fece lui gliele strinse. << ti porto qualcosa di caldo, rimani qui >> << e dove potrei andare? Casa mia è bruciata… >> tornò qualche minuto dopo con una tazza fumante e si sedette sul divano accanto al suo << tieni >> annusò il contenuto della tazza << ma è caffè! >> Gibbs la guardò sorridendo: << certo, cosa credevi che fosse? >> << la caffeina non è un calmante! Non fa rilassare le persone! >> << a me si, se quello non ti va bene la cucina è da quella parte… >> la indicò con un dito poi riprese a parlare. << a questo punto direi che possiamo andare a dormire. >> Jen lo guardò dubbiosa, Gibbs invece si alzò: << dormirai nel mio letto. Io starò in cantina se avrai bisogno sarò lì. Cambiati e mettiti la prima cosa che trovi nel mio armadio e cerca di riposarti mi raccomando… se vuoi puoi farti una doccia o un bagno caldo… ti rilasserà >> gli passò una mano tra i capelli spostandole dei ciuffi e baciandola sulla fronte le augurò la buona notte poi, se ne andò sparendo in cantina. << buona notte… Jethro… >> bevve un sorso di caffè e si soffermò per qualche minuto ad osservare la stanza, non era cambiata dalla prima volta che l’aveva vista, anche la disposizione dei mobili era la stessa, sembrava che il tempo di li non fosse mai trascorso. Era stata lontana da lui e da quel luogo per sette anni e nulla a parte il loro rapporto era cambiato. Sembrava quasi una presa in giro. Decise di andare a dormire, restare seduta a pensare non le sarebbe servito molto. Finì di bere, lavò e asciugò la tazza rimettendola al proprio posto poi salì le scale ed entrò in camera. Aprì l’armadio cercando qualcosa da poter indossare. Trovò maglioni, camicie, giacche ed infine una felpa grigia dell’NCIS, che era di una o forse due taglie in più della sua. Cercò i pantaloni ma per sua sfortuna non li trovò. Si cambiò dopo aver fatto il bagno e si infilò sotto le coperte al caldo. Fece un respiro profondo poi tentò di addormentarsi. Le lenzuola, il cuscino, tutto ciò che la circondava, era impregnato del profumo di Jethro. Quel profumo che in passato sentiva tutti i giorni, accanto a se, come in quel momento.

Gibbs, intanto continuava a rileggere il foglio di carta facendo avanti e indietro per la stanza, cercando di decidere cosa fare. Sapeva la risposta, ma facendolo avrebbe tradito la promessa fatta a Jen. Spense la luce e si distese dentro la barca.

 

_____________________ flash back _____________________

 

 

perlustrò velocemente con lo sguardo la stanza poi accese la luce del salotto. Sembrava tutto normale, non c’era nulla fuori posto ma l’impatto visivo della stanza era diverso. Doveva esserci qualcosa che non andava in quella stanza. La trovò. La porta della cantina era chiusa. Abbassò l’arma e si diresse verso di essa.

Un coltello da lancio conficcato nel legno reggeva un foglietto di carta. Gli diede una scorsa velocemente poi se l’infilò intasca accartocciandolo dalla rabbia. Perché stava succedendo tutto quello? Era mai possibile che nessuno al suo fianco poteva restare al sicuro?

 

 

_____________________ fine flash back _____________________

 

 

Aveva una rabbia incontrollata che doveva sfogare o reprimere. Optò per la seconda soluzione. Si alzò e salì al piano di sopra davanti alla camera. Si appoggiò senza far rumore allo stipite della porta e stette fermo, ad osservare la figura della donna che in quel momento dormiva nel suo letto. Gli venne in mente la sensazione che aveva provato nello stringerla dopo tanto tempo, quel corpo così minuto, cosÏ caldo… gli passarono davanti le immagini della loro missione a Parigi, della notte in cui avevano fatto l’amore. Cercò di levarsele dalla testa, quello non era affatto il momento per i ricordi. Doveva prendere una decisione e in fretta. Tornò nello scantinato e si mise a levigare il legno della barca, di solito lo aiutava a rilassarsi e sperava che funzionasse anche per questa volta. Jen, che come lui non riusciva a dormire decise di controllare cosa stesse facendo Jethro al piano inferiore. Non sapeva il perchè ma era turbata. Si appoggiò alla porta, come aveva fatto Gibbs e si fermò ad osservarlo lavorare. La sua espressione era tesa, ma allo stesso tempo anche rilassata, s’impegnava con tutto se stesso mettendoci l’anima. Scivolò lentamente fino ad accucciarsi a terra, appoggiò la testa allo stipite e guardandolo si addormentò.

Passò una buona mezzora prima di accorgersi di lei. Le si avvicinò, dapprima, preoccupato che le fosse accaduto qualcosa, ma si rese conto subito dopo, che stava solo dormendo. Restò fermo a guardarla di nuovo, era più forte di lui, non riusciva a distogliere lo sguardo, era attratto da lei come una calamita. Quei capelli rossi che di solito profumavano di frutta e quegl’occhi verdi color smeraldo lo facevano impazzire. Ma non era solo quello, il suo modo di fare, la sua determinazione nel lavoro erano tutte caratteristiche del suo carattere che amava e difficili da dimenticare.

Si mise un suo braccio dietro al collo per tenerla meglio, le prese le gambe sotto al ginocchio e la schiena poi la tirò su dal pavimento.

Si svegliò quando lui la appoggiò a se, ma non disse nulla.

Si limitò a spostare il braccio dal suo ventre alla spalla di Gibbs appoggiandocisi in seguito anche con la testa. << cosa ci facevi lì a terra? >> << nulla, è solo che… non riuscivo a dormire… >> << potevi chiamarmi, ti avrei fatto compagnia… >> non gli rispose, era esausta e si, aveva sonno, ma non riusciva in ogni caso a dormire in quella stanza.

Era in uno stato di dormiveglia, capiva quello che succedeva, ma non aveva le forze per reagire, per fare la parte della donna orgogliosa, che rifiutava sempre ogni aiuto. In quel momento avrebbe solo voluto avere qualcuno vicino, e quel qualcuno era Gibbs.

Era difficile tenere lontane le emozioni, distaccarsi ed essere fredda, soprattutto con lui, le consumava l’anima.

Forse avrebbe dovuto smettere e lasciarsi andare? cosa sarebbe successo se lo avesse fatto? Alla fine erano divertenti i loro battibecchi, ci trovava gusto a non dargliela mai vinta. Era immersa nei suoi pensieri quando Gibbs la appoggiò sul letto; Si sarebbe dovuta staccare da quella specie di caldo “abbraccio”.

Le lenzuola a contatto con la pelle erano gelide, subito, un brivido le percorse il corpo.

Senza che se ne accorgesse Jethro la coprì con il piumino, aveva ancora un braccio avvolto al collo delòl’uomo, non voleva lasciarlo, non se la sentiva.

Lui la guardò dubbioso. Cosa stava facendo? perchè non lo lasciava? Eppure in fondo era contento di quello che stava accadendo, perchè allora, farsi delle domande così inutili?

Jen, semi distesa si avvicinò a Gibbs, si perse nel suo sguardo, in quei profondi occhi azzurri, ormai la loro distanza era di pochi centimetri.

Si fermò.

Cosa gli era preso? Perchè stava facendo una cosa del genere? Si era ripromessa di non ricascarci di nuovo, e invece, era quello che stava succedendo.

Lo lasciò e girandosi su un fianco gli voltò le spalle. Sentì Gibbs muoversi, aspettò qualche secondo poi dolcemente disse << grazie per tutto quello che fai… >> un sorriso comparve sulla bocca dell’uomo mente discendeva le scale.

Prese il proprio cellulare dalla tasca dei pantaloni e compose un numero, poi attese.

Dall’altro capo del telefono rispose una voce femminile: << pronto >> fece un lungo sospiro poi parlò: << Ziva sono Gibbs. Ho bisogno che tu mi faccia un favore… >>.

 

 

 

* * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * *

 

 

 

Erano circa le 7.30 quando suonò la sveglia. Jen fece sbucare una mano dalla trapunta di piumino sotto cui era e tastando l’aria cercò l’oggetto che produceva quel rumore assordante. Non trovando né il proprio comodino, né il proprio orologio, si tolse, molto lentamente, anche il cuscino dalla testa e si sedette per cercare di trovarli con lo sguardo. Solo quando toccò la testata del letto decise di aprire gli occhi; dal principio tutto era sfocato, molto chiaro e luminoso. Con calma però, la vista si abituò alla luce e guardandosi attorno rimase per qualche minuto spaesata. Riordinò i ricordi della sera prima e facendo un “si” con la testa spense la sveglia.

Sempre con molta calma scese dal letto e giù per le scale. Dalla cucina si sentiva il rumore delle pentole sul fuoco e un profumo di pancake appena fatti. Entrò e rimase sbigottita. Sul tavolo c’arano pronti due piattini per la colazione con due bicchieri e due tazze, ma la cosa più  sconvolgente, era Gibbs ai fornelli che cucinava. Soffocò una risata poi il più seriamente possibile disse: << ti manca solo il grembiulino, poi saresti un perfetto uomo di casa.. >> Jethro si voltò e sorridendo le fece cenno di sedersi. Jen a quel punto scoppiò a ridere non si sarebbe mai immaginata Gibbs in quel modo, nemmeno nei suoi sogni più strani. Si sedette sempre guardandolo e ridendo, non riusciva a smettere: << da quand’è che sai anche cucinare? >> gli posò davanti i pancake con la marmellata e col cioccolato, poi prese dal frigo il succo d’arancia fresco appena spremuto e lo versò nei due bicchieri, per ultimo, ma fondamentale il caffè caldo nella tazza.

<< potrei anche ricattarti per quello che stai facendo… lo sai? >> sempre in silenzio sorseggiò la sua aranciata poi :<< con il passare del tempo le persone cambiano e per noi di tempo ne è passato tanto… >> aveva ragione senza alcun dubbio, ma quella frase, quell’affermazione detta così seriamente, così dannatamente reale, le fece stringere lo stomaco. << comunque… >> proseguì << non avresti mai il coraggio di ricattarmi… e di questo ne sono sicuro >> lo scrutò finendo il suo Pancake << ah si? E cos’è che ti da cosÏ tanta sicurezza? >> << ti conosco Jen… >> finì anche il caffè, si alzò raccogliendo piatto, tazza e bicchiere e li appoggiò sul lavabo. Si rivoltò verso di lui e guardandogli le spalle disse: << sbagliato… mi conoscevi…>> gli si avvicinò, gli posò leggermente le mani sulle spalle e avvicinò la sua bocca all’orecchio di lui e sussurrando continuò << e come hai già detto… le persone col tempo cambiano >> si allontanò di nuovo con un sorriso soddisfatto e si avviò verso la camera per vestirsi.

Gibbs rimase paralizzato. Quel sussurro così… provocante, fece vacillare la sua mente. Se prima era solo attratto da lei ora la voleva. Se il lume della ragione non lo avesse trattenuto le sarebbe corso dietro, inseguendola. Altri flash, altri dolorosi ricordi dei giorni passati insieme, i suoi baci, i sorrisi, il suo corpo caldo, sembravano lontane reminescenze di un sogno ormai quasi del tutto svanito.

Dopo circa un quarto d’ora Jen scese di nuovo le scale ed osservò di nuovo Gibbs sorridendo, mentre lavava tazze e piatti. Gli si avvicinò prendendo, mentre passava, il canovaccio appoggiato sul piano cottura e afferrando una tazza dalle mani dell’uomo la asciugò con fare nervoso.

Nessuno disse nulla, forse, perchè non c’era niente da dire, forse, perchè entrambi sapevano che se lo avessero fatto sarebbero finiti col litigare rivangando screzi del passato.

L’unico suono che si sentiva nell’aria, era lo scorrere irregolare dell’acqua e il “Tac” dei piatti quando li si mette in pigna uno sopra l’altro.

Fu Jen che, per prima, ruppe il silenzio: << posso farti una domanda? >>

<< certo… al massimo non ti risponderò… >>

<< perchè non mi hai mai detto di avere… >> in lontananza la suoneria di un cellulare cominciò a suonare. Jenny rimase ferma ad ascoltare quasi imbambolata << non rispondi? >> chiese Gibbs. << uh? Si… certo… >> si allontanò asciugandosi le mani poi, rispose alla chiamata. << si? Jennifer Shepard… >> stette in silenzio per alcuni minuti aspettando che la persona dall’altro capo del telefono finisse di parlare, poi: <> sbattè il cellulare nella borsa e rivolgendosi a Gibbs disse: << prima di andare a lavoro potremmo passare in un posto? Devo prendere dei vestiti puliti… >>

<< chi era al telefono? >>

<< Nessuno d’importante... allora? Mi accompagneresti? >>

<< se non era: nessuno D’importante, come dici tu, perchè sei così arrabbiata? >>

<< non sono… >> Jethro le lanciò un’occhiataccia << non funziona con me il tuo sguardo… comunque sono nervosa, non, arrabbiata… >>

Era fin troppo evidente che era una menzogna, ma non volle insistere. << passiamo pure a prendere l’abbigliamento che ti serve, ti aspetto in macchina… >> appoggiò le posate che aveva in mano, poi si avviò verso l’uscita.

Arrivarono all’NCIS circa un’ora dopo in perfetto orario. Stavano salendo in ascensore quando pochi istanti prima che si aprissero le porte, Jen lo bloccò. << Jethro… ieri sera io e te non abbiamo, mai avuto quella conversazione su Cristofer Dustfire… ora devo parlare con l’FBI quando loro saranno usciti vorrei che tu venissi nel mio ufficio… >> << ok Jen… >> Entrarono negli uffici, Ziva era semi seduta sulla scrivania di Tony e conversava con lui che si trovava in piedi davanti a lei. Gibbs si diresse verso la sua postazione mentre Jen passandogli accanto prima di raggiungere le scale disse : << ricorda quello che ti ho detto stamani… >> rise mentre Jethro le rispondeva: << vedremo… >>.

Tony guardò Ziva incredulo. Poi avvicinandosi a lei le sussurrò:<< Stamattina? Secondo te lui e il direttore…? Stanotte…?>> << smettila Tony, è mai possibile che tu pensi sempre e solo a quello?! >>

In quel preciso istante arrivarono gli agenti dell’FBI che si diressero con Jen verso il suo ufficio.

Passarono circa tre quarti d’ora.

Di cosa stavano parlando? Perchè ci voleva così tanto tempo? Cosa gli avrebbe detto Jenny quando sarebbe andato da lei? continuò a pensare mentre osservava il monitor del suo computer.

Si sentì una porta sbattere violentemente, seguita poi dalla voce irata di Jen:<< PENSO DI ESSERE STATA ABBASTANZA CHIARA! NON HO INTENZIONE D’ACCETARE I VOSTRI RICATTI E ORA FUORI SE NON VI DISPIACE! >>

I due agenti scesero le scale mentre la donna entrò nell’ascensore al suo piano poi, scese. Quando le porte si aprirono Jenny era appoggiata alla parete con le braccia conserte e la testa bassa. Gibbs la osservò da lontano chiedendosi il perchè fosse così alterata. Gli agenti dell’FBI erano pressochè davanti a lei incerti se entrare o meno. Lei gli tolse immediatamente il dubbio: << non ve lo consiglio… potreste non arrivare al parcheggio… >> li fulminò con lo sguardo mentre le porte le si chiudevano di fronte.

Tony sbalordito per l’affermazione del Direttore, guardò Gibbs che si era alzato quasi di scatto per raggiungere Jen. Sapeva dove stava andando, era l’unico posto nel quale si sarebbe potuta sfogare liberamente. Il poligono.

Ziva si sedette alla scrivania e facendo cadere all’indietro la testa chiuse gli occhi. Le era già capitato di vedere Jenny arrabbiata, E l’ultima volta non se l’era cavata tanto male. Sei anni prima, mentre lavoravano ad un caso sotto copertura, era riuscita a catturare il capo di un gruppo di terroristi al Cairo, ma un mese dopo era stato rilasciato. Quello stesso giorno, era andata a prendere l’uomo nella propria casa. Due giorni dopo venivano arrestati altri 4 gruppi di terroristi. Si ricordava bene, poi, di aver avuto con lei una strigliata dal loro capo che le aveva minacciate di licenziarle entrambe se fossero andate ancora contro degli ordini superiori…

Tony le lanciò una pallina di carta facendola sobbalzare.

<< hai avuto paura eh?! >> << non quanta ne avresti tu se ti arrivassi alle spalle… tony. >>

Jen si appoggiò al maniglione antipanico e spingendo aprì una delle due porte in vetro trasparente. Entrò in una piccola stanzetta di circa 3 metri quadri, in un angolo alla sua sinistra c’era una vecchia scrivania con qualche scartoffia qua e la ed un telefono; mentre a destra una fila di armadietti numerati.

Un uomo dalla corporatura robusta e calvo, comparve da sotto la scrivania come se nulla fosse.

<< Ciao Josh… >> disse rivolgendosi all’uomo che di primo acchito non la riconobbe. << Jen! Cioè… Direttore! Buon giorno! Cosa la porta da queste parti? >> << nulla… avevo voglia di fare quattro tiri… la tua famiglia come sta? >> << bene, bene! Mia moglie, Meggie mi ha detto di ricordarle, quando l’avrei vista, che sta aspettando ancora che lei venga a cena da noi con Sarah… >> << dille che salderò il debito prima o poi… >> << certamente, lavoro pesante eh? >> << già… come al solito, del resto. C’è già qualcuno dentro? >> face un cenno con la testa alla porta in metallo con al centro una finestrella di vero. << credo di no… a meno che siano entrati dall’altra parte… >> << … allora vado… salutami tutti a casa! Ciao! >> l’uomo fece un cenno con la mano mentre Jen si accingeva ad entrare nell’altra stanza.

Era buio e deserto, non cera da stupirsene visto che l’orario d’apertura del poligono erano le 9.oo anche se molte volte c’era qualcuno anche alla mattina presto. Meglio così, si sarebbe potuta sfogare in santa pace senza gli occhi di qualcuno puntati addosso.

Estrasse la pistola dai pantaloni, fece uscire il caricatore e controllò il numero di proiettili, poi lo reinserì. Ne aveva sette più il colpo in canna. Accese la luce solo nella sua postazione poi mise le cuffie e gli occhiali. Davanti a lei a circa 10 metri c’era il tipico bersaglio a cerchi concentrici, puntò la pistola mirando al centro e sparò tutti e otto i colpi. Gibbs entrò dalla porta e si fermò ad osservarla da lontano.

Jen prese un nuovo caricatore e fece avvicinare il bersaglio.

Jethro le si mise alle spalle e quando la donna si tolse le cuffie parlò: << bella mira. Sette colpi su otto… Vedo che non ti sei arrugginita con gli anni. >> << la tua vista invece è peggiorata… guarda meglio… ne ho fatti otto su otto… >> << chissà chi te lo ha insegnato… >> << mi hanno detto che era il migliore… ma non so se sia vero… >> << tu cosa pensi? >> << un tempo avrei sicuramente risposto che era lo stesso che pensavo io… ma ora… >> gli porse la sua pistola e sorridendo aggiunse: << gli è peggiorata la vista… quindi non saprei…. >> << mi stai sfidando direttore? >> << pensala un po’ come vuoi… >> Gibbs le si avvicinò mentre lei, indietreggiò fino ad andare a sbattere contro alla colonna che separava le varie postazioni di tiro. Appoggiò la mano con la pistola sul muro sopra la testa di Jen mentre l’altra di fianco al suo collo. << se farò otto centri mi dirai cosa ti è preso prima e perchè stavi urlando… se invece sbaglio… decidi tu… >> lo scrutò. Cosa gli passava per la mente? A cosa stava mirando? Poi improvvisamente le tornò alla mente che un’anno prima nello stesso posto si erano ritrovati a discutere di una cosa simile finché ad un certo punto…

 

 

_____________________ flash back _____________________

 

<< se ti baciassi? >>

<< Ti fermerei >>

<< Ne sei sicura? Ne saresti capace? >>

<< Si >>

<< Non ci credo. >>

<< Perché vuoi farlo? >>

<< È solo un bacio… null’altro >>

<< Non voglio se lo facessi finirei col… >>

<< Ricascarci? Hai così tanta paura di poter provare gli stessi sentimenti di una volta Jen? >>

<< Si… ed è per questo che non lo farò. >>

 

_____________________ fine flash back _____________________

 

 

 

Quella volta era riuscita a resistergli ma ce l’avrebbe fatta anche questa? Forse no…

 << non posso dirti nulla di ciò che è successo prima… non ti riguarda >> << e perchè non dovrebbe? >> << questioni tra me e l’FBI… >> << dici di essere cambiata, ma invece non lo sei affatto… >> Fece scivolare la mano sul collo di lei fino a raggiungere il mento alzandole così, la testa. Molto lentamente, quasi a rallentatore, si avvicinarono. Sempre più vicini fino a quando le loro labbra non si sfiorarono…

La porta si spalancò sbattendo. Jen spinse via l’uomo da se e abbassò lo sguardo poi si sporse per vedere chi era entrato.

Tony si guardava in giro e quando vide Jenny le fece cenno di avvicinarsi, poi indicò un uomo abbastanza basso e un po’ calvo. Era Tobias Fornell capo dei due agenti dell’FBI. Andò verso di lui e insieme salirono ai piani superiori. Parlavano mentre camminavano in modo tale da non perdere tempo: << ho parlato con i miei agenti e mi hanno riferito il tuo messaggio. Posso capire che tu non voglia noi dell’FBI in giro per l’NCIS ma fi- >>

<< Fornell… non ho detto di non volere una scorta o guardia del corpo, capisco che la mia vita potrebbe essere in pericolo, ma preferisco che sia uno dei miei a farlo. Se ne occuperà l’agente David. Andrò a stare a casa sua e io personalmente rimarrò qui e non mi muoverò se non ci sarà lei. Non accetto repliche. >>

<< d’accordo, ma la questione per cui sono venuto non è questa… sei andata contro a degli ordini impartiti dal capo della marina, sei poco incline a voler collaborare con noi e non so più fino a dove potrai spingerti in questa indagine. >>

<< sono cosciente di ciò che ho fatto e sono pronta a subirne le conseguenze >>

<< lo so. >>

<< in conclusione? >>

<< ti verrà comunicata la decisione sul da farsi presa in accordo con noi dell’FBI e il capo della marina. Più di questo non posso d’irti altro. >>

<< ok. Grazie di tutto. >> erano arrivati davanti alle scale Fornell tornò indietro mentre Jen salì, fermandosi a parlare sul pianerottolo con Cinthya.

Gibbs era in piedi davanti all’ascensore quando si aprirono le porte. Tobias nel momento in cui gli passò accanto, senza voltarsi e senza guardarlo pronunciò queste parole:<< Ricordati… di direttori come lei… di persone come lei… ce ne sono poche. >> lasciò passare un uomo sul metro e ottanta castano, vestito in giacca e cravatta e accanto a lui una bambina dai capelli rosso scuro che le arrivavano appena sopra le spalle, Poi se ne andò.

Cosa stava cercando di dirgli su Jenny? Perchè un’affermazione del genere?

I due, appena entrati, si guardarono intorno come se stessero cercando qualcuno, così Jethro, ancora avvolto nei suoi pensieri gli si avvicinò per chiedergli cosa volessero, ma prima che potesse farlo, la bambina cominciò a correre.

Nell’esatto istante in cui lo oltrepassò il tempo cominciò a rallentare, poi ad andare a scatti. Sembrava tutto come in uno di quei vecchi film dalla pellicola rovinata in cui l’audio andava e veniva. Quando il tempo riprese il suo scorrere regolare, Sarah, questo era il nome della bambina, era già arrivata alla rampa di scale e le stava salendo di corsa. Arrivò sul pianerottolo, Jen era davanti a lei che parlava ancora con Cinthya, quando quest’ultima se ne andò, Sahrah guardò il direttore ed attese che si accorgesse della sua presenza. Non ci volle molto, appena si voltò, se la ritrovò davanti. La guardò un po’ sorpresa poi un dolce sorriso le si formò in volto. Si abbassò appoggiando a terra la cartelletta con i fogli che aveva in mano, poi: << vieni qui a salutarmi… O vuoi stare li a guardarmi?>> la bambina rise poi si gettò tra le sue braccia urlando dalla felicità la parola mamma.

Gibbs sussultò, Tony strabuzzò gli occhi sputando il caffè sul monitor del suo pc, Mcgee spalancò la bocca, incredulo, mentre Ziva fece finta di nulla e continuò con il suo lavoro.

Jen voltò lo sguardo verso i suoi agenti poi, allontanò Sara da sè e alzandosi di nuovo in piedi, arruffandole i capelli disse: << vai dalla zia… io devo parlare con papà… >> Sgattaiolò via senza contrariazioni.

Jenny fece un cenno all’uomo in giacca e cravatta e fino a quando non le fu davanti, il suo sguardo non si scostò da quello di Gibbs, entrambi, cercavano di capire l’uno il pensiero dell’altra.

Mamma… l’aveva chiamata mamma… cosa voleva dire? Era veramente sua figlia? Una certa somiglianza c’era… eppure… non voleva crederci… perchè non gliel’aveva detto quando si erano rivisti? Cos’altro gli teneva nascosto? Lui certo non aveva, in tal proposito, il diritto di giudicarla visto che aveva fatto la stessa cosa… ma allora perchè, era come se in qualche modo, avesse tradito la sua fiducia? Perchè si sentiva così… deluso, vuoto?

 

 

tO bE cOnTiNuEd…

 

 

Grazie a tutti quelli che anno commentato il primo capitolo^^ ( lulu@smile:) , ziva!love!tony , danny//love , frank£ , lilimay@ e soprattutto a Jenna che ha dovuto sorbirsi le mie crisi quando mi impantanavo col capito… )

 

 

spero che anche questo vi sia piaciuto^^

Allora…  al prossimo mese col capitolo 3!!!  

 

 

  
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