In
principio, Dio creò il cielo e la terra. La terra era
deserta e vuota; le
tenebre ricoprivano l’abisso e sulle acque aleggiava lo
spirito di Dio. Iddio
disse: “Sia
Bibbia –
Genesi
Rasiel
si strinse nella giacca. La stanza era gelata. Il suo respiro si
condensava in
minuscole nuvolette di vapore bianco che gli sfioravano le labbra
bluastre.
Laggiù, nello smammaim, non si era certo aspettato il
riscaldamento, ma un
freddo del genere era raro anche nel cielo più basso. Si
guardò intorno, nella
minuscola stanza quadrata e tinta di verde, la vernice a brandelli sui
muri
scarabocchiati e le finestre rotte tipiche dei bassifondi, fino ad
incrociare
lo sguardo dell’uomo gigantesco che gli avevano affibbiato
come scorta. Rasiel
strinse leggermente le palpebre, nel vano sforzo di ricordarsi il nome
di quell’uomo.
Ovviamente nulla. Non riusciva a ricordare. Un piccolo orologio a muro
batteva
i secondi con un po’ di ritardo, una lancetta piegata
all’infuori. Il giovane
angelo si chiese per l’ennesima volta perché
avesse accettato di scendere
laggiù, anche se ovviamente ogni volta si rispondeva con un
sospiro che non si
sarebbe potuta fare altrimenti, lo sapeva. In fondo, lo aveva proposto
lui
stesso. Ma lo shammaim non solo era gelido e poco ospitale, ma
riportava alla
memoria anche ricordi dolorosi, che cercava di scacciare più
o meno vanamente
ormai da diverse ore.
Bussarono
alla porta di metallo e Rasiel sussultò. L’uomo
dietro di lui si avvicinò per
andare ad aprire. Appena dietro la porta, chiese con voce ferma
l’identificazione.
“Senti,
James
Bond,. fai meno l’idiota e apri, che fa freddo”
L’uomo
sfiorò con le dita la fondina, ma Rasiel lo fermò
con un gesto esasperato.
“E’
lui,
lascia stare l’identificazione ed apri”
“Non
possiamo sapere se sia davvero…”
“Aprite
questa cazzo porta?!”
“E’
lui,
fidati”
Sul viso
dell’uomo si dipinse un’espressione di silenziosa
disperazione, ma non obbiettò
ed aprì la porta.
Una
folata gelida di vento e neve si abbatté
all’interno della stanza minuscola,
facendo rabbrividire violentemente Rasiel. In quel turbinio bianco,
spiccava
una zazzera di capelli rossi, proprietà di una figura bassa
e magra stretta in
un cappotto logoro.
Il
ragazzo si richiuse immediatamente la porta alle spalle, scrollandosi
la neve
di dosso con un gesto violento.
“Oddio,
che freddo! Sono così refrigerato che non sono sicuro di
avere ancora tutte le
dita attaccate”
Alzò
lo
sguardo, e Rasiel incrociò i suoi occhi. Rossi. Come il
sangue. Stessa tonalità
dei ciuffi di capelli che ci dondolavano davanti.
Fece
cenno al nuovo venuto di prendere posto sull’unica sedia
libera nella stanza, e
quello senza troppi complimenti prese posto, inclinando la sedia per
dondolarsi.
“Benvenuto”
esordì Rasiel.
“Che
dici? Sono io che devo darti il benvenuto. In fondo questa è
casa mia”
Cadde il
silenzio.
“Per
casa mia intendevo lo shammaim” disse il ragazzo con i
capelli rossi con un
mezzo sorriso. “Non la stanza”
“Avevo
capito”
“Ah,
ok.
Non hai un’espressione troppo sveglia”
Rasiel
ebbe un tic all’occhio.
“Prego?”
“Niente.
Ti prendevo in giro” rise l’altro.
Il
ragazzo mandò giù, attese qualche istante e poi
sfoderò un sorriso diplomatico
in cui si cimentava da mesi davanti allo specchio. Allungò
la mano per porgerla
all’altro.
“Il
mio
nome è Rasiel, e sono il Generale dell’Anima
Mundi”
“Sì,
lo
so chi sei. Una settimana fa avevamo deciso di incontrarci io e te, non
io ed
un tuo funzionario” aggiunse sempre con quel sorriso storto
il ragazzo con i
capelli rossi. “Sei un po’ basso per ricoprire la
carica di generale”
“C’è
un
limite di altezza?”
“Dovrebbero
metterlo. E sei anche troppo biondo. Sembri una ragazza”
“Siamo
qui per parlare del mio look o possiamo passare a cose più
serie?”
“E
gli
occhi azzurri non mi sconfinferano”
“Possiamo
passare a cose più serie, sì?”
La
guardia del corpo di Rasiel mosse un passo avanti, ma il ragazzo con i
capelli
rossi alzò una mano con noncuranza.
“Se
fai
un altro movimento senza chiedermi il permesso ti sventro come un
pesce, sono
stato chiaro?”
Rasiel
si sentì preso talmente tanto in contropiede che non
trovò le parole per
controbattere. L’uomo, invece, parve avere un tentennamento e
si arrestò così
come stava, a metà del passo.
“Non
hai
bisogno di scorte, Rasiel” aggiunse con
tranquillità il ragazzo. “Sia chiaro
che io non ho intenzione di farti del male sino a che tu non me ne
darai
motivo. Se vuoi stipulare un’alleanza, devi cominciare a
pensare a me come un
amico. Io davvero non ho interesse ad inimicarmi tutta
l’Anima Mundi. Però ci
tengo a farti presente che non mi piace avere un tizio con una pistola
alle
spalle”
Rasiel
annuì e l’uomo si ritrasse, andandosi a
posizionare alle spalle del generale.
Anche
l’altro annuì. Rimise dritta la sedia con un tonfo
e puntò un gomito sul
tavolo, porgendo la mano a Rasiel.
“Lo
sai
già, ma non importa. Io sono Azael, l’angelo
cremisi, colui che è destinato a
divenire il padrone dei Cieli. Piacere”
CAPITOLO
PRIMO: L’ANGELO CREMISI
“E
quindi ritengo che un’alleanza tra noi potrebbe essere
vantaggiosa”
“Fammi
capire” disse Azael con uno sbadiglio. “Noi abbiamo
un’organizzazione militare
sprovveduta e tu vuoi darci le armi, gratuitamente, con
l’unica condizione che
per un po’ dobbiamo agire sotto i tuoi colori,
finché non ci saremo
organizzati?”
“Esatto”
disse Rasiel annuendo.
Azael
inclinò di nuovo la sedia e intrecciò le dita sul
ventre, poggiando le ginocchia
contro il tavolo.
“Non
mi
va bene”
“Eh?
E
perché?”
“Troppo
facile. Non mi convince. Che mi nascondi?”
“Missioni.
Voglio che sfruttiate la potenza degli Airon per missioni
rischiose”
“L’Anima
Mundi fa missioni rischiose?”
“Sabotaggio
e sottrazione di arsenale. E le facciamo bene, per questo non ne sai
niente”
“E
allora gli Airon a che vi servono?”
“Per
farlo ancora meglio. Per spingerci oltre”
“Oltre
dove?”
“Fino
ad
oggi ci siamo riforniti di munizioni e armi che non sono sul mercato,
abbiamo
sabotato alcuni sistemi di controllo da terminali remoti disposti nei
pressi
del tragitto delle navi che abbiamo fatto schiantare. Ma non basta.
Serve di
più”
“Ma
non
eravate un’organizzazione pacifica?”
“Vorrei
che fosse così, ma non sempre è possibile,
soprattutto perché non ci sarà nulla
di pacifico fintantoché loro avranno lanciagranate e
bazooka”
“Ma
non
li avete anche voi?”
“Sì,
ma
non è questa la cosa importante. Non è sotto un
altro regime militare che le
cose potranno migliorare”
“E
allora che vuoi?”
“Voglio
arrestare completamente il flusso di armamenti”
Azael
fece un lungo, basso fischio. Poi nei suoi occhi lampeggiò
qualcosa.
“Aspetta.
Mi stai dicendo che vuoi sabotare l’armeria del Briah? Quella
che rifornisce le
scorte della polizia d’inquisizione?”
“Esatto”
“E
vuoi
i miei Airon per aiutarti ad arrestare i commerci d’armi che
gestiva Sevoftarta
e che adesso sono in mano ai cherubini?”
“Esatto.
Allora, accetti?”
“Scherzi?”
disse Azael con una risata, inclinando ancora la sedia. “Sono
tutto tuo”
Rasiel
sorrise. “Sapevo che ci avresti aiutato”
“Hai
sentita parlare molto di me?”
“Difficile
non sentirne parlare. In fondo, non era mai accaduto che un gruppo di
I-child
si organizzasse e mettesse mano alle armi. E poi, sei un personaggio un
po’…
come dire, particolare?” disse con una risata.
“Dici
che do nell’occhio?”
“Fai
bene. E’ ora che quegli schifosi si accorgano anche degli
angeli inferiori”
“Chi
chiami inferiore?”
“No,
nel
senso, come gerarchia, non volevo offenderti”
“Sì,
lo
so, anche io parlavo delle gerarchie. Per chi mi hai preso? Hai sentito
parlare
di me, ma non ne sai poi molto”
“Che
vuoi dire?”
“Credi
che siccome sono un I-child sono un comune angelo?”
“No?”
“No”
Rasiel
attese che Azael aggiungesse qualcosa, ma il ragazzo pareva non aver
voglia di
parlarne.
La
guardia del corpo, che era rimasta sempre in silenzio, si
azzardò a battere un
colpetto sulla spalla di Rasiel e, quando ebbe la sua attenzione,
picchiettò il
dito sul quadrante dell’orologio, per indicare che non si
poteva più stare.
Rasiel si rivolse ad Azael con un cenno di scuse.
“Devo
andare. Ho alcune cose importanti da fare”
“Tipo
un
sabotaggio?” chiese Azael con un sorriso.
“Magari.
No, scartoffie”
“Quando
avrai imparato a montare un fucile bendato non ti lamenterai
più delle
scartoffie”
“Chi
ti
dice che io non lo sappia fare?”
“Lo
sai
fare?”
“No”
Si
sorrisero. Alla fine Rasiel si alzò e si congedò
con un gesto del capo. Uscì
dalla stanza, nel freddo dello shammaim.
La
guardia del corpo gli si accostò, e quando furono abbastanza
lontani chiese:
“Signore,
se posso, che ne pensate?”
“Un
disastro” rispose Rasiel passandosi una mano sul viso.
“Irascibile, violento,
presuntuoso ed eccentrico. Non sarà facile tenerlo sotto
controllo, impedirgli
di distruggere quello che tanto faticosamente abbiamo
costruito”
Azael,
nella stanza, si rimise a posto il cappotto logoro. Quando
lasciò la stanza
mosse alcuni passi in strada e poi si infilò un vicolo
stretto. Continuò a
camminare. Alcuni passi nella neve, e gli si accostò in
silenzio una donna
bionda.
“Se
posso” chiese lei dopo un saluto con il capo. “Che
ne pensi?”
“Un
disastro” disse Azael infilandosi le mani in tasca.
“Incapace, inesperto,
debole, indeciso. E biondo. Non sarà facile tenerlo sotto
controllo, impedirgli
di compromettere quello che abbiamo dopo tanta fatica la
possibilità di
costruire"