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Autore: AllePanda    19/04/2013    3 recensioni
Cosa sarebbe successo se, dopo la visita di Snow a casa di Katniss, le rivolte nei distretti si fossero palcate? Qui Peeta e Katniss si sposano e diventano i nuovi Mentori degli sfortunati ragazzi del Distretto 12 che verranno estratti alla Mietitura per l'Edizione della Memoria. Cosa succederà? Chi verrà estratto?
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!
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Capitolo 5: Mentori - prima parte -
 


 

Veniamo trascinati via da Bargis ancor prima di poter assimilare la nuova terrificante informazione. Quest’anno, per l’edizione della memoria, in via del tutto eccezionale dopo 75 anni di Hunger Games, ci sarà un “tributo Jolly” che se vincerà farà avere derrate alimentari in più al suo distretto, ma come sempre sarà soltanto uno a tornare a casa vivo. Questa rivelazione ha lasciato a dir poco sconcertati gli altri due tributi perché il fatto che se questo speciale tributo vince, l’intero distretto potrà essere sfamato per un intero anno, certamente non gioca a loro favore. Ho lasciato il palco muovendomi a rilento come una bambola mentre due paia di occhi imploranti, quelli di Netan  e di Suzan  sembravano volermi gridare: “ti prego, non abbandonarci!”. Dubito fortemente che questa regola sia equa. Probabilmente gli altri mentori cercheranno, come sembra normale, di far vincere il tributo Jolly e questo porrà entrambi gli altri tributi in una situazione di enorme svantaggio. Normalmente lo avrei trovato riprovevole e certamente, se non si fosse trattato di Gale, avrei scelto con obiettività chi sacrificare e chi tenere in vita. Ma la tremenda realtà che mi attende non può che travolgermi nel fisico e nella mente, tanto che mentre ci dirigiamo verso un furgone blindato, scortati da un paio di pacificatori, Peeta è costretto a tenermi la fronte almeno un paio di volte mentre vomito in un angolo quella poca colazione che ero riuscita a buttare giù stamattina. Mi detesto in questo momento, perché so benissimo di non essere io quella che si trova nella situazione peggiore attualmente, ma non riesco a calmarmi. – Katniss… - tenta invano di rassicurarmi Peeta, ma nemmeno lui è capace, in questo momento, di trovare le parole. Haymitch non fa che massaggiarsi le tempie e ansimare per il nervosismo. Saliamo sul furgone, davanti a noi vediamo i tre tributi salire su un altro mezzo uguale al nostro e mi accorgo subito che qualcosa non va.  Cerco Bargis che adesso si è seduto accanto a me e ridacchia divertito – Ehi! Ma non dobbiamo dirigerci al palazzo di giustizia? – chiedo. – Oh c’è stato un cambio di programma, non lo sapevate? – risponde lui con una smorfia. – No, nessuno ci aveva informato – interviene prontamente Peeta – beh ora lo sapete- è la risposta secca del nostro nuovo accompagnatore. – Si, ma perché? – insiste Peeta. Io però sono troppo stravolta per sorbirmi anche le loro schermaglie e Bargis mi dà a tal punto sui nervi che non mi importa niente di quello che dice, così lo afferro per il bavero della giacca e inizio a scuoterlo come una pazza mentre gli grido in faccia: - adesso sentimi bene tu, razza di viscida sanguisuga impomatata, se credi che tutto questo sia così divertente, perché non ti offri volontario e ci vai tu nell’Arena eh?! -. Haymich interviene prontamente e mi stacca da lui con uno strattone, non prima che questo però abbia già avvertito un pacificatore con la sua voce stridula, che lo sto aggredendo. Prima ancora che riesca a girare la testa verso di lui, sento il mio intero corpo percorso da una specie di corrente elettrica e mi accascio in ginocchio, sorretta da Peeta, la cui voce adesso mi giunge ovattata e lontana come non mai. Mi sembra soltanto di intravederlo mentre si scaglia a sua volta contro Bargis, dopodiché il buio mi avvolge.
 

Quando rinvengo ci troviamo già a bordo del treno. Sono stesa sul letto, nel mio scompartimento. Accanto a me trovo Peeta che lentamente mi stava accarezzando il viso. Subito non mi rendo conto di dove mi trovo, ancora con la mente ottenebrata, così mi viene spontaneo fargli un grosso sorriso, perché oramai il suo viso per me vuol dire casa. Mi bastano pochi secondi però, e tutto riaffiora alla mente, la mia espressione cambia e così anche quella di lui, che in risposta al mio, mi ha appena regalato uno dei suoi sorrisi, adesso ridotto in una smorfia. – Quell’idiota ti ha fatta sedare con un affare che dà la corrente – mi dice Peeta – per un attimo ho temuto volessero farci fuori tutti, visto che la situazione pareva parecchio strana, però poi mi sono calmato quando Haymtich mi ha trattenuto spiegandomi che in realtà eri soltanto svenuta – . Lo fisso meglio per un po’ e mi rendo conto che ha un occhio nero – che ti hanno fatto? – domando allarmata.  Lui sorride – niente, solo che Bargis non deve avere apprezzato molto il calcio che gli ho dato nelle parti basse quando credevo che volesse ucciderti - confessa. La cosa sarebbe esilarante se non ci trovassimo qui. In una sola giornata siamo stati di nuovo sommersi da troppe emozioni e il guaio è che il massacro non è ancora iniziato. Peeta sospira e sembra dar voce ai miei pensieri quando dice – la parte peggiore deve ancora arrivare purtroppo -. Restiamo in silenzio per un po’, mentre io cerco di riprendere sensibilità alle dita delle mani e a quelle dei piedi, mi stiracchio e sbuffo come non mai. Mi sento morire dentro. Mille pensieri, tra cui Hazelle con le dita dissanguate che strofina panni e i fratellini di Gale che muoiono di fame, le insidie dell’arena, gli occhi di Netan e Suzan che implorano e il ghigno di Bargis, mi rendono davvero impossibile mantenere la calma. – Dov’è Haymitch? Loro… loro dove sono adesso? – chiedo a Peeta ora più agitata che mai. – Sono nello scompartimento a fianco – si limita lui a rispondermi. Senza indugiare oltre mi dirigo a passo svelto verso il luogo che mi ha indicato, seguita da Peeta che sempre in silenzio, mi fa comunque sentire che posso contare su di lui in qualunque momento. In poche brevi falcata raggiungo il vagone ristorante. Quello che trovo ad attendermi non mi stupisce affatto. Seduto ad un tavolo in fondo alla sala c’è un Haymitch ubriaco fradicio che tracanna quello che deve essere il suo sesto o settimo drink dal colore trasparente, mentre dall’altro lato del vagone sono seduti Netan, Suzan e Gale che se ne stanno rigidi e in silenzio, senza sfiorarsi nemmeno con la sguardo. I loro occhi bassi,  i muscoli tesi e l’aspetto sconvolto mi rammentano quanto poco tempo è passato da quando a giocare in quel ruolo c’ero io. Un groppo alla gola mi impedisce di far uscire le parole. Quando mi sentono arrivare, tutti e tre fissano i loro occhi nei miei ed è in quel momento che una voragine di vergogna sembra volermi trascinare giù. Perché quello che vorrei fare ora, più di ogni altra cosa, sarebbe dire a Gale che non deve temere, che farò di tutto per aiutarlo a vincere e forse il fatto di sapere che se vincerà, tutto il distretto avrà di che gioirne, mi farà avvertire meno il senso di colpa per aver condannato a morte gli altri due. Tanto, soltanto uno sopravvive, no? Se poi sarò in grado di sfamare tutto il distretto 12, chi se ne importa se terrò in vita Gale anche per i miei personali interessi egoistici? E invece no. Capisco che non lo farò nel momento esatto in cui i suoi occhi grigi si perdono nei miei e una catena di lacrime inizia a colarmi giù dal viso. Ammesso e non concesso che ci riesca, che io, anzi, che noi – sempre se Haymitch e Peeta saranno d’accordo – riusciamo a riportare a casa Gale, riuscirò poi a guardarmi di nuovo allo specchio? Tutto il sangue versato fino ad ora, non era abbastanza?  Che dovrei fare? Cosa si aspetta che faccia, Snow? Ancora una volta sono gli occhi a parlare, mentre sento Peeta appoggiarmi un braccio attorno al collo e stringermi a sé, le iridi di Netan e Suzan mi trafiggono ancor più di quelle del mio ex compagno di caccia. Possibile che non ci sia un modo per uscirne?
 

 
 
  
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