Sono
ancora viva, non temete.
Scusatemi
ancora una vota, ma ho
davvero troppo poco tempo per dedicarmi alle cose che amo, come questa.
Ce la
metto tutta e spero che siate pazienti e che qualcuno mi segua ancora!
Per
farmi perdonare vi lascio a
questo capitolo pieno di svolte e confessioni!
Hope
you enjoy!
Si
rese conto di trattenere il fiato
solo quando sentì la serratura scattare. Alzò lo
sguardo sulle spalle di
Andrew, avanti a lei, che stava aprendo la porta con un movimento che
le sembrò
lentissimo.
Andrew
si sporse all’interno
accendendo qualche luce, per poi farsi da parte per farla entrare.
-Grazie-
sussurrò appena facendo un
passo in avanti.
Jude
si guardò attorno studiando
l’ampio salone minuziosamente arredato. La prima cosa che
notò fu l’enorme
vetrata sul lato nord, da cui si poteva ammirare la Upper Bay. Persino
l’enorme
camino in marmo e l’impianto stereo che prendeva tutta la
parete destra
passarono in secondo piano, di fronte a quello scenario mozza fiato.
Studiò
per qualche istante la
stanza, cercando di trovarci qualche segno personale di Andrew: una
foto, un
quadro, un vaso particolare, ma non trovò nulla, era tutto
molto neutro ed
impersonale.
Si
avviò come per riflesso verso la
vetrata, restando incantata a fissare di fronte a se. Davvero viveva in
una
casa a Sunset Park, da solo?
-E’
bellissimo- soffiò, fermandosi
ad un passo dalla vetrata.
-A
mio fratello piace il panorama
Newyorkese- disse in tono piatto rispondendo indirettamente alla
domanda che si
era fatta poco prima. Viveva lì con il fratello.
-E
a te?- chiese spontanea,
girandosi a guardarlo, ma lui era impegnato a sfilarsi il cappotto
dandole le
spalle.
-Preferisco
il Tower Bridge al ponte
di Brooklyn-
Allora
perchè sei qui? Avrebbe voluto
chiedergli, ma si strinse la lingua tra i denti, timorosa ancora una
volta che
se si fosse mostrata troppo invadente Andrew l’avrebbe
tagliata fuori.
-Hai
fame?- chiese, improvvisamente
bisognosa di cambiare discorso.
-Un
po’- ammise lui, passandosi una
mano tra i capelli –Ma non credo ci sia molto da cucinare,
mio fratello è a
quel convegno e non credo abbia riempito il frigo prima di partire-
Andrew
sembrava teso, nervoso, e
questo a sua volta faceva innervosire Jude, che ora avrebbe dato
qualsiasi cosa
pur di allontanarsi da quella stanza.
-Ok,
non c’è problema, potrei andare
a prendere della pizza?-
Andrew
sospirò pesantemente,
portandosi una mano al volto. L’idea della pizza lo
innervosiva così tanto?
-Perché
stai facendo tutto questo
per me, Jude?- sbottò improvvisamente, alzando lo sguardo
verso di lei.
-Perché…-
che diavolo di domanda
era? Jude rimase interdetta, col cuore a mille, e zero risposte.
Dopotutto
quella era la domanda che si stava ponendo anche lei da qualche giorno:
perchè
voleva prendersi cura di lui a tutti i costi? Perchè le
piaceva, ecco perchè,
ma forse era meglio non dirglielo, per il momento.
-Perché penso che
nonostante tu voglia dare a
tutti i costi a te stesso l’immagine del perfetto stronzo, da
qualche parte lì
dentro c’è una persona sensibile che ha solo
bisogno di un po’ d’aiuto per
ritrovare se stesso-
Una
scintilla illuminò gli occhi di
Andrew, che inarcò un sopracciglio.
-Quindi
mi aiuterai, anche se sono
uno stronzo?-
Jude
sorrise, scuotendo la testa
–Non ho detto che lo sei, ma è quello che vuoi far
credere di essere-
Andrew
abbassò lo sguardo,
mordendosi il labbro inferiore e quando rialzò gli occhi
verso Jude, la ragazza
si sentì avvampare per l’occhiata che le stava
rivolgendo.
-Tu
pensi di potermi aiutare, Jude?-
Non
seppe se fu il tono in cui lo
disse o lo sguardo tenero ed insicuro con cui accompagnò
quelle parole a farla
sciogliere e farle desiderare ardentemente di abbracciarlo.
Sospirò, indecisa tra il cuore che le suggeriva di buttarsi
tra le sue braccia
e la sua testa che le intimava di ragionare e non metterlo in imbarazzo.
Alla fine di quella che le sembrò una battaglia epica tra la
sua testa ed il
suo cuore, Jude allungò una mano verso quella del ragazzo,
afferrandola
saldamente.
Andrew abbassò lo sguardo, osservando le loro mani unite,
per poi rialzarlo
negli occhi cristallini di Jude, in cerca di una risposta.
-Non
lo so Andrew- le disse con la
sua tipica sincerità –Ma credo, sono sicura,
di volerci provare-
-Non
sarà facile-
Jude
deglutì, lo sapeva che non era
facile. Aveva passato più di un’ora nello studio
del Dottore, che le aveva
fatto firmare molteplici documenti, mentre le dava raccomandazioni su
cosa fare
in casi di emergenza come eventuali crisi d’astinenza.
Era spaventata, a morte, non sapeva cosa avrebbe dovuto affrontare, ne
se ce
l’avrebbe fatta, ma voleva farlo, con tutta se stessa.
-Puoi
tirarti indietro da un giorno
all’altro- disse, aumentando però la presa sulla
sua mano –Se scapperai via
urlando non ti biasimerò-
Jude
scosse la testa con fermezza
–Non succederà-
Forse
fu il tono sicuro con cui
disse quelle parole, o forse il suo sguardo determinato a spingere
Andrew a
strattonarla per la mano per poi avvolgerla con le sue braccia calde.
E
quell’abbraccio, per Jude, in quel
momento valeva più di ogni altra cosa, perché era
l’unica cosa di cui aveva
bisogno.
Un’ora
dopo Jude ed Andrew sedevano
all’enorme isola in marmo bianco della cucina pronti a
mangiare. Alla fine Jude
aveva trovato abbastanza ingredienti per cucinare un piatto di pasta e,
inoltre, aveva scoperto che Andrew era una vera frana in cucina.
-Come
sopravvivi ogni giorno?- gli
chiese addentando un boccone di spaghetti
-Mi
nutro di hot dog- la prese in
giro, ricordando quella volta al parco quando con l’inganno
era riuscito a
farle dare un morso al suo panino farcito.
Jude
storse il naso, mandando giù il
boccone –Divertente-
Andrew
ridacchiò, per poi
soffermarsi a guardare la tavola di fronte a loro -E’ tutto
così strano-
-Cosa?-
chiese Jude aggrottando la
fronte.
-Questo…-
indicò il tavolo bandito
avanti a loro -…del cibo buonissimo cucinato da qualcuno che
si prende cura di
me-
La
ragazza sorrise, incrociando il
suo sguardo.
-E’
strano, è come se mi sentissi a
casa-
Jude
lo guardò attentamente,
studiando i suoi lineamenti che si addolcivano. Di certo trasferirsi
dall’altra
parte dell’oceano non doveva essere una cosa semplice; Lei
era in un altro
stato e sentiva terribilmente la mancanza della sua famiglia, figurarsi
se
fosse stata in un altro continente.
-Non
che a Londra ne avessi mai
avuto una vera- il tono amaro con cui pronunciò quelle
parole fece accigliare
Jude.
Andrew
intercettò il suo sguardo
dubbioso e sospirò leggermente, mentre abbassava la testa
verso il piatto.
-Non
ho mai avuto un buon rapporto
con i miei genitori, Jude- cominciò e la ragazza si
drizzò sulla sedia
consapevole che quell’evento fosse più unico che
raro.
Andrew che parlava di se stesso non era una cosa che si vedeva tutti i
giorni.
-Anzi,
non ho mai avuto alcun tipo
di rapporto- una risata amara uscì dalle sue labbra.
-Mia
madre e mio padre sono due dei
più affermati chirurghi di tutta l’Europa, due
persone fredde e calcolatrici
anche nella vita privata- Jude non toglieva un attimo gli occhi da
Andrew,
pronta a cogliere ogni inflessione della sua voce, ogni suo minimo
gesto.
-Hanno
un piano ben preciso di come
deve svolgersi la loro vita e in questo piano, ovviamente, eravamo
inclusi
anche io e mio fratello maggiore, Ben-
Al
ricordo del fratello di Andrew,
Jude riuscì a malapena a trattenersi dal fare una smorfia.
Quel ragazzo proprio
non le stava simpatico e, se aveva appreso quei modi dai genitori,
poteva
capire perchè Andrew non avesse alcun tipo di rapporto con
loro.
-Avevano
un piano anche per voi? In
che senso?- chiese, ormai del tutto interessata a scoprire ogni cosa
della sua
vita.
Andrew
giocherellò con un pezzo di
pollo nel suo piatto, prima di rispondere alla sua domanda.
-Noi
ovviamente saremmo dovuti
crescere proprio come loro, frequentare Oxford e diventare due illustri
chirurghi- un sorriso amaro si dipinse sulle sue labbra, mentre i suoi
occhi
restavano puntati sul piatto –Sin da piccoli ci hanno spinto,
quasi obbligato,
a frequentare certi ambienti: il circolo esclusivo di Tennis, i
migliori campi
estivi costati un occhio della testa e le migliori scuole. Tutti
ambienti
frequentati da stupidi ragazzini con la puzza sotto al naso-
-Quando
Ben pese il diploma e fu
accettato ad Oxford, i miei erano così fieri di lui, ed
erano sicuri che io
avrei seguito le sue orme, visto il legame che c’era tra di
noi-
Il
legame che c’era. Quindi una
volta Andrew e Ben erano stati amici, oltre che fratelli? Cosa li aveva
spinti
ad arrivare a quello che erano ora?
Jude
pendeva dalle sue labbra,
totalmente interessata al suo discorso, quando Andrew alzò
gli occhi verso di
lei, facendole un sorriso tirato.
-Quindi
potrai immaginare la loro
sorpresa nello scoprire che il loro figlio minore dopo scuola
frequentava dei
corsi di arte invece che il circolo di tennis-
La
ragazza trattenne il fiato, come
se avesse mentito lei ai suoi genitori e fosse stata beccata.
-Frequentavi
corsi d’arte?- sussurrò
sorpresa ed Andrew annuì distrattamente.
-La
mia professoressa del liceo mi
avvicinò all’arte, spronandomi ad approfondire
questo mio interesse. All’inizio
ero titubante, sapendo che i miei non sarebbero stati
d’accordo: Andrew Thompson,
aspirante futuro chirurgo, che butta al vento il suo futuro per fare
l’artista.
Potevo vedere le loro espressioni di biasimo cristalline nella mia
mente-
scosse la testa con un’altra risata nervosa –Un
giorno però mi lasciai
convincere, andai ad una delle lezioni che la professoressa teneva a
Londra e
quando per la prima volta poggiai il pennello su una tela bianca mi si
aprì un
mondo, da allora capii che l’unica cosa che sarei riuscito a
fare per tutta la
vita era dipingere-
Una
scintilla illuminò il suo viso e
Jude sorrise di riflesso.
-Al
quarto anno la professoressa mi
mise tra le mani un plico di fogli: era la domanda
d’iscrizione per “L’Accademia
delle belle arti” a Parigi-
Jude
strinse i pugni, sporgendosi
verso di lui –Ti hanno accettato?-
Andrew
rise sarcastico e lasciò
cadere la forchetta.
-Non
l’ho mai spedita. I miei hanno
trovato il modulo che avevo nascosto, hanno fatto licenziare la mia
insegnante d’arte
e hanno dato chiaro ordine all’università di
Parigi di rifiutare una mia
eventuale candidatura-
La
ragazza spalancò la bocca,
allibita. I genitori di Andrew avevano davvero così peso?
Erano così
importanti?
-Ovviamente,
così hanno fatto con
tutte le università Europee- evidentemente si, erano davvero
importanti.
-Come
ci sono riusciti?- chiese in
un sussurro basso
Andrew
scrollò le spalle –Frequentare
certi ambienti ti da l’opportunità di farti molti
amici che contano-
Jude
deglutì di fronte alla chiara
ingiustizia subita da Andrew solo ed unicamente per uno stupido
capriccio dei
suoi genitori.
-E
tu cosa hai fatto?-
-Ho
cercato di parlargli, ma
ovviamente loro non volevano sapere ragioni, dicevano che ero un
ingrato, uno
stupido immaturo che non prendeva seriamente il suo futuro. Non
capivano che io
non sono come loro, come Ben, io sono diverso- strinse i pugni
sottolineando le
ultime parole, come se fossero riferite più a se stesso che
a Jude.
La
ragazza allungò una mano verso il
pugno chiuso, stringendola nella sua.
-Si
che sei diverso- sussurrò
fissandolo intensamente. Lui non era insensibile come suo fratello, non
era
glaciale come i suoi genitori. Lui era caloroso, passionale,
intelligente,
divertente, spiritoso. Lui era fantastico e non doveva sentirsi nemmeno
un
istante come loro.
Andrew
le sorrise, prendendo un
respiro, prima di ricominciare a parlare.
-Dissi
ai miei che non volevo studiare
medicina, che se non mi avessero fatto studiare arte, sarei diventato
un
artista di strada, avrei vissuto con le mie tele e i miei colori- Jude
guardava
affascinata il viso di Andrew illuminarsi alle sue parole.
-Mio
padre mi prese in parola.
Chiuse il mio conto
in banca e bloccò tutte
le mie carte di credito. Finché non avessi ritrovato la
ragione loro non mi
avrebbero più dato nemmeno da mangiare. Subito dopo il
diploma me ne andai di
casa, prendendo in affitto una stanza nella city, con la speranza di
trovare un
lavoro per sopravvivere, ma ovviamente mio padre aveva sparso la voce e
nessuno
era disposto a darmi un lavoro- La ragazza gli strinse più
forte la mano e lo
vide sussultare leggermente.
-Dopo
un mese mio fratello venne a
farmi visita, stava partendo per l’America per collaborare
con uno dei più
grandi ospedali del nuovo continente e mi chiese di seguirlo. Sapevo
che fosse
un piano di mio padre per tenermi sotto controllo, per permettere a mio
fratello di farmi il lavaggio del cervello, ma non avevo altra scelta,
forse
dall’altra parte del mondo avrei avuto qualche
possibilità-
Jude
scosse la testa, incredula di
fronte a quella storia. Andrew aveva subito tutte quelle ingiustizie,
gli era
stato messo ripetutamente il bastone tra le ruote, dai suoi stessi
genitori, le
persone che avrebbero invece dovuto sostenerlo in tutte le sue scelte.
-Sei
ancora in tempo Andrew, puoi
ancora seguire i tuoi sogni-
Ora
era in un altro continente, l’aveva
detto anche lui, era libero di fare quello che voleva, senza sentire il
fiato
del padre sul collo.
Andrew
le sorrise con espressione
compassionevole, come se ci fosse ancora dell’altro.
-Quando
sono arrivato a New York,
per prima cosa ho fatto domanda alla Columbia e la mia domanda
è stata
rifiutata-
Jude
spalancò la bocca –Tuo padre ha
amici influenti anche qui?-
-Credo
li abbia persino in Kazakistan,
temo- rise lui, scuotendo la testa.
-Come
sei finito a fare il modello?-
Era una domanda che avrebbe sempre voluto porgergli, ma aveva sempre
avuto il
timore che lui non le avrebbe dato risposta. Visto che quella sera era
in vena
di confessioni, era meglio battere il ferro finché era caldo.
Andrew
si concentrò, aggrottando le
sopracciglia.
-Qualche
giorno dopo la lettera di
rifiuto della Columbia, ricevetti una chiamata dalla professoressa
Green-
-La
professoressa di arte?-
-Si,
la mia domanda era passata tra
le sue mani, ed era rimasta colpita da alcune foto di miei dipinti che
avevo
mandato come allegato. Voleva vedermi per parlare della mia “carriera”-
-Cosa
ti disse?-
-Che
se volevo, poteva darmi delle
lezioni private- Sorrise al ricordo passandosi una mano tra i capelli
–Ma allora
ero scoraggiato e stanco e rifiutai, dicendole che avevo bisogno di un
lavoro,
non di uno stupido corso di pittura, allora lei mi presentò
questo suo amico
fotografo, che mi fece entrare in un’agenzia di modelli-
Jude
lo guardò aggrottando la fronte,
perchè aveva rifiutato un’opportunità
del genere? Delle lezioni d’arte dalla professoressa
Green, una delle più rinomate del paese.
Andrew
captò il suo sguardo e si
affrettò a spiegare.
-Per
un periodo, un lungo periodo,
ho odiato l’arte Jude. La ritenevo la fonte di tutti i miei
problemi, ma allo
stesso tempo non riuscivo a farne a meno. Barattavo colori e tavolozze
con la
professoressa Green, in cambio io dovevo posare per lei-
puntò gli occhi in
quelli di Jude, che prontamente arrossì al ricordo di Andrew
in quell’aula.
Completamente nudo.
-Ho
provato a farne a meno, dell’arte,
ma ho capito che è stato il mio più grande
sbaglio. L’arte fa parte di me, non
è una cosa che posso cancellare, nemmeno con la robaccia che
usavo-
Jude
rabbrividì a quelle parole,
capendole a fondo. Aveva cominciato a drogarsi perchè odiava
se stesso, odiava
quella parte che non poteva modificare.
-Andrew-
Jude scosse la testa,
cercando di trovare le parole adatte –Avere una passione,
così forte, è una
cosa bellissima-
Il
ragazzo abbassò lo sguardo, per
niente convinto.
-Riesco
a capire come ti senti. La
pittura e parte di te come la scrittura lo è di me-
alzò lo sguardo
interessato, prestandole finalmente attenzione –E non
c’è niente di sbagliato
in questo, anzi, ci rende speciali-
Allungò
una mano verso il viso di
Andrew, accarezzandogli una guancia. Deglutì sentendo il
contatto con la sua
pelle contro i polpastrelli e arrossì sforzandosi di
pronunciare quelle parole.
Non era momento di essere timidi, ora.
-Tu
sei speciale- lo disse con così
tanta fermezza e convinzione che fu impossibile per Andrew trattenersi
dal
sorriderle.
Jude
gli sorrise di rimando,
sospirando in cuor suo.
Andrew
si era finalmente aperto con
lei, le aveva raccontato la sua storia e si era fidato di lei. Quel
ragazzo
aveva sofferto davvero molto e non poteva ancora credere a tutte le
ingiustizie
che aveva subito a tutti i sogni che gli avevano strappato. Solo in
quel
momento si rese conto della solitudine di Andrew e sentì
l’impulso di
trasmettergli tutto il suo calore, il suo affetto.
Ci
sarebbe riuscita, a poco a poco.
-Si
è fatto tardi, è il caso di
andare-
Andrew
guardò l’orologio che portava
al polso, per poi rivolgere uno sguardo severo a Jude.
-Non
se ne parla-
Jude
spalancò gli occhi, quasi
spaventata dal tono duro e risoluto che aveva assunto. Aprì
la bocca per
controbattere, ma Andrew fu più veloce di lei.
-E’
mezzanotte passata e tu sei
stata tutto questo tempo fuori casa a causa mia, il minimo che possa
fare è non
farti girare per la città a quest’ora-
La
ragazza si trattenne dallo
sbuffare e battere i piedi a terra come una ragazzina. Non aveva mica
tre anni,
era perfettamente in grado di tornare a casa da sola, a qualsiasi ora
della
notte o del giorno e poi l’alternativa qual’era?
Dormire a casa di Andrew?
Quella giornata aveva avuto fin troppi colpi di scena per i suoi gusti,
ci mancava
solo che le venisse un infarto.
-Chiamo
un taxi, non è un problema-
tentò, ma Andrew scosse la testa in senso negativo.
Va
bene, ora cominciava ad
innervosirla. Non poteva darle ordini, non era mica suo padre!
-Una
ragazza non può girare da sola
per le strade di New York a quest’ora-
Stava
per partire con il suo tono
polemico facendogli notare che era in uno dei quartieri più
ricchi della città,
non nel Bronx, e il suo discorsetto sulla parità dei sessi
era già in procinto
di cominciare, quando Andrew fece un passo verso di lei, con
l’espressione più
dolce che gli avesse mai visto in viso.
-Sono
solo preoccupato per te- occhi
languidi, parole sussurrate e labbro sporgente: l’aveva
già messa KO.
-Andrew,
è stata una giornata
pesante, voglio solo tornare nella mia stanza- cercò di
buttarla sul comfort
della sua stanza, ma il tono con cui lo disse non convinse nemmeno se
stessa,
figurarsi lui che trattenne a stento un sorrisino di vittoria.
-Dormirai
nella stanza degli ospiti,
non ti disturberò per nessuna ragione al mondo, per
rilassarti c’è una favolosa
Jacuzzi nel bagno in fondo al corridoio, se poi vuoi rilassarti in
altro modo…-
le lanciò una strana occhiata, che Jude non colse al volo
-la mia stanza è quella
in fondo al corridoio- concluse passandosi la lingua sul labbro
inferiore, in
un invito esplicito.
-Andrew!-
starnazzò lei diventando
paonazza, mentre gli mollava uno schiaffo sul braccio –La
Jacuzzi andrà
benissimo, grazie- quel ragazzo era incredibile, un attimo prima
sembrava la
persona più profonda del mondo, coi suoi discorsi sulla
famiglia e il senso
della vita, quello dopo di perdeva in allusioni volgari e fuori luogo.
Beh,
magari non del tutto fuori luogo. Insomma, non che lei non ci avesse
mai
pensato all’eventualità di…
-Come
preferisci- Andrew interruppe
la pericolosa piega che stavano prendendo i suoi pensieri, sorridendole
con una
scrollata di spalle.
Jude
sospirò, arrendendosi
definitivamente –Sei tremendo, non ho nemmeno il pigiama con
me!-
Andrew
alzò un sopracciglio,
arricciando le labbra in un ghigno malizioso e divertito.
-Zitto-
sibilò Jude alzando una mano
all’altezza del suo volto, bloccandolo prima che potesse dar
voce ai suoi
pensieri distorti –non importa, mi arrangerò-
-Che
mal pensante!- Andrew scoppiò
in una fragorosa risata –Volevo solo proporti di prendere in
prestito una mia
felpa!- Tirò la lingua fuori, prendendola palesemente in
giro.
La
ragazza alzò gli occhi al cielo,
scuotendo la testa. La felpa, certo.
-Vieni
su- ridacchiò allungando una
mano per scompigliarle i capelli.
Seguì
Andrew per il corridoio, fino
ad arrivare in quella che doveva essere la sua stanza. Come il resto
della casa
quella stanza era bellissima, ampia e luminosa, ma era vuota. Nessuna
fotografia, nessuna libreria o un qualsiasi segno di Andrew
lì dentro: era
totalmente anonima.
Andrew
si avvicinò all’enorme
armadio a muro accanto ad un letto a due piazze, aprendone
un’anta. Frugò per
qualche minuto mentre Jude prese a tormentarsi una ciocca di capelli
improvvisamente nervosa e ansiosa nel sapersi nella stanza di Andrew, a
pochi
metri da lui e un letto dall’aria molto comoda. Dannazione,
stava per caso
diventando una ninfomane?
-Ecco-
sentenziò in fine estraendo
qualcosa dall’enorme armadio –Questa dovrebbe
essere abbastanza grande- Le
porse un enorme felpa grigia con uno stemma strano, che non aveva mai
visto.
Quando
alzò lo sguardo verso Andrew,
lo trovò a guardarla con uno strano sorriso in volto. Non
era il suo solito
ghigno, un sorriso di scherno o malizioso, era stranamente dolce.
-Ti
accompagno nella tua stanza-
soffiò senza mai smettere di sorriderle.
Cosa
diavolo aveva da sorridere in
quel modo?
Jude
girò con lo sguardo per quell’enorme
stanza in cui Andrew l’aveva lasciata da più di
venti minuti ormai.
Se la casa e la stanza di Andrew le erano sembrate vuote, quella lo era
davvero. La stanza dalle pareti ocra, era del tutto vuota, eccezione
fatta per
il letto matrimoniale che padroneggiava accanto ad una finestra
altrettanto
grande.
Abbassò
lo sguardo sulle sue gambe
lasciate scoperte dalla felpa e si chiese cosa dovesse fare. Dal bagno
non
sentiva più il rumore della doccia, segno che Andrew ne era
uscito. Doveva
andare ad augurargli la buonanotte? Doveva andare a dormire senza dire
una
parola? Dio, quante complicazioni!
Sentì
bussare alla sua porta e si
alzò di scatto, cercando di allungare il più
possibile quella maledetta felpa,
che arrivava a coprirle fino a metà coscia.
La
testa di Andrew fece capolino
dalla porta, sorridente, ma quando la vide in piedi a pochi metri da
lui, la
sua espressione cambiò, diventando improvvisamente seria.
Cosa
aveva fatto, ora?
Aprì
del tutto la porta, facendo un passo
all’interno della stanza, mentre Jude restava ferma col cuore
a mille. Andrew
si soffermò sulle sue gambe nude, poi sui fianchi e le
spalle. Quando gli occhi
di Andrew arrivarono ai suoi, Jude ci lesse una strana brama dentro e
questo la
fece tremare come se un cubetto di ghiaccio le stesse scendendo
giù per il
collo, che invece era accaldato.
Jude
fissò Andrew, i capelli ancora
bagnati e indossava solo un pantalone largo, probabilmente di una
vecchia tuta.
I suoi occhi si fermarono sul petto scoperto del ragazzo, ancora umido,
e
desiderò di sfiorare con le sue mani la sua pelle liscia.
Si
morse un labbro imponendosi di
tornare con gli occhi a quelli di Andrew, che ovviamente non si era
perso
nessuna delle sue espressioni da malata mentale ed ora sogghignava
impunemente.
-Fa
molto caldo qui dentro, non
trovi?- Dio santissimo, doveva per forza dirlo con quel tono di voce
basso e
suadente? E doveva per forza muovere con non-chalance quella mano sul
ventre
scolpito?
-Un
po’- balbettò cercando di
allargare un po’ il collo di quella dannata felpa.
-La
mia felpa…ti sta bene- si passò
la lingua sulle labbra e Jude si sentì svenire come una
ragazzina.
-Grazie-
rispose titubante
abbassando lo sguardo, mentre univa le mani.
-Jude…-
la ragazza alzò lo sguardo e
lo vide stringere forte la maniglia della porta, mentre la fissava con
quegli
occhi timorosi, ma decisi e quel ghigno dipinto sulla faccia.
Lasciò
la maniglia con decisione,
arrivando di fronte a lei in due falcate. Fissò i suoi occhi
verdi in quelli
cristallini, di Jude, studiandoli per qualche secondo. Poi leggera ed
inaspettata arrivò una carezza sul viso di Jude, che si
sentì andare a fuoco
dalla tempia al mento. Lo sguardo che Andrew le stava rivolgendo era
così
carico di emozioni, così languido, fiducioso, speranzoso e
quella carezza era
stata così dolce che gli occhi le si fecero pesanti e la sua
mano corse
automaticamente a quella di Andrew, ancora ferma sul suo viso, per far
intrecciare le loro dita in un gesto rassicurante e spontaneo.
-La
prima volta che ti ho visto, ero
talmente cieco che non mi ero nemmeno accorto della persona che avevo
di
fronte- sussurrò carezzandole una guancia col pollice
–quando poi ti ho rivista
ancora, sai cosa ho pensato?-
Jude
cercò di sforzarsi di ricordare
le prime volte che aveva visto Andrew, non perchè aveva una
scarsa memoria, ma
perchè le mani del ragazzo che accarezzavano il suo viso non
erano di certo d’aiuto
per la sua concentrazione.
-Cosa
hai pensato?- ripeté
meccanicamente le sue parole, ormai completamente andata.
-Che
eri bellissima- sussurrò così
vicino al suo volto che Jude non riuscì più a
tenere gli occhi aperti.
Sentì
Andrew sospirare prima di
avvicinarsi e poggiare delicatamente le labbra sulle sue, senza
muoverle. E poi
sentì il vuoto sotto di lei.
Il cuore prese a batterle impazzito, lo stomaco si strinse in una morsa
assassina e il suo cervello non aveva ancora captato quello che stava
succedendo. Le sue mani furono più veloci della sua testa e
lentamente andarono
alle spalle del ragazzo, ma prima che riuscissero ad attirarlo verso di
lei,
Andrew si staccò, lasciandola interdetta.
Si
guardarono per un istante, senza
dir niente, poi Andrew le lasciò un’altra carezza
sulla guancia, questa volta
allontanandosi di un passo da lei.
-Buonanotte
Jude- nessun sorriso
dolce, solo uno sguardo pieno di qualcosa che non sapeva ancora
riconoscere.
-Buona…notte-
riuscì ad ansimare
prima che lui uscisse dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Jude
rimase impalata in quella
stessa posizione per diversi minuti, lo sguardo verso la porta ed una
mano ad
accarezzare le sue labbra dove poco prima aveva sentito il calore di
quelle di
Andrew.
Non
l’aveva immaginato, vero? Andrew
l’aveva baciata. Certo, era stato uno sfioramento di labbra
più che altro, uno
di quel baci che si scambiano i bambini all’asilo, ma cavolo,
aveva poggiato le
sue labbra su quelle di Jude.
Sospirò
sonoramente buttandosi all’indietro
verso il letto sotto di lei, portando una mano a coprirsi gli occhi,
mentre un
piccolo sorriso si faceva largo sulle sue labbra.
Ora che conosceva la storia di Andrew, capiva di più il suo
comportamento: quel
voler sembrare sempre freddo, distaccato, indifferente, era tutto un
riflesso
del suo rapporto con i genitori. Vederlo ora aprirsi, anche se a poco a
poco,
con lei, vedere che era attratto da lei, era fantastico.
Perchè poteva essere
anche la persona più ingenua del mondo, ma ormai era chiaro
che Andrew fosse
attratta da lei almeno un terzo di quanto lei non lo fosse da lui.
Lui,
al suo contrario però, sembrava
timoroso di qualcosa. Andava lentamente con lei, forse anche troppo.
Doveva
spingersi e fare la prima mossa o rispettare i suoi tempi a costo di
dover
aspettare anni?
Scosse la testa, sbuffando infastidita: lei fare la prima mossa? Non ci
sarebbe
riuscita nemmeno volendo e poi doveva andarci piano con Andrew che non
era
abituato a tutto quello, ad avere qualcuno che si preoccupa e prende
cura di
lui. Una sua mossa avventata l’avrebbe solo spaventato e
fatto allontanare da
lei. Per ora Andrew aveva problemi ben più importanti di
quelli di cuore che
aveva lei, e Jude doveva sostenerlo e concentrarsi su quello.
Non
sapeva cosa si provasse ad
essere dipendenti da qualcosa, ma sapeva che per Andrew non sarebbe
stato
facile uscirne ed era suo compito stargli accanto e sostenerlo, sempre.
Doveva
prima aiutarlo a guarire il
suo corpo poi, magari, sarebbe riuscita a guarire anche il suo cuore.
* * *
TATATATAAAAAAN!
Eccoci
qui. Ecco scoperta la storia
di Andrew, povero cucciolo, e finalmente tra i due la situazione si sta
smuovendo.
Spero
vi sia piaciuto il capitolo :)
A
presto, spero!
Futuro. Cosa volete
diventare? Lo sapete già o siete ancora
indecisi?