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Autore: Lennyk192    22/04/2013    1 recensioni
Quinn lo studiò atterrita per qualche secondo, prima di urlare e riprendere a muoversi, tirando i ceppi con strappi violenti, con l'unico risultato di provare ancora più dolore.
Sentì la sua guancia bruciare quando uno dei demoni le assestò uno schiaffo da rivoltarle la faccia.
La testa vorticò e quasi svenne per la violenza dell'impatto, ma prima di scivolare nell'oblio qualcosa pizzicò i suoi polsi e gli avambracci e uno stupido pensiero le sfiorò la mente.
Il giorno dopo sarebbe stata la Vigilia di Natale.
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From beneath you it devours'
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Capitolo 15: Trust





Quinn restò impietrita davanti alla soglia della porta per un tempo indefinito. Non era certa di quello che aveva appena visto.
Ricordò di avere già sentito quella sorta di elettricità nell'aria: quando i demoni avevano cercato di rapirla a casa dei suoi genitori e quando era stata aggredita al deposito.
Era come se la loro forza li circondasse, un'aura maligna di cui si servivano per terrorizzare la gente.
Non le era mai capitato di vederla attorno ad Alec. Fino a quel momento. Rifletté che doveva essere legata alle emozioni o più semplicemente alla furia omicida. Meglio tenersi alla larga in ogni caso.
Non sapeva se considerarsi in qualche modo offesa per le sue parole aspre. Dopotutto, lei gli aveva rinfacciato il suo aiuto.
Nessun demone avrebbe rischiato di ospitare una prigioniera a casa, astenendosi dal farle del male, per quanto tentato dall'istinto. Anche se non è stata una permanenza piacevole, puntualizzò la sua coscienza.
Probabilmente, quando l'aveva lasciata andare, non immaginava tutto quello che avrebbe dovuto affrontare, altrimenti l'avrebbe uccisa all'istante.
Quinn sentiva di dovergli essere grata, ma non riusciva a mandare giù il groppo in gola che le saliva ogni volta che la trattava come se il suo valore fosse uguale a quello di una qualunque esca per pescecani.
Lei era un essere umano, accidenti, meritava rispetto e...
Ma chi diavolo voglio prendere in giro?
Io sono un'esca. Per questo sono qui, con un demone a farmi da baby sitter.


Erano passate più di tre ore, mezzanotte era volata e i programmi decenti da seguire in tv, miseramente finiti.
Quinn poteva sentire Alec aggirarsi nervosamente per la stanza. Sebbene le sue palpebre si fossero fatte pesanti, non poteva dormire al suo fianco. Avrebbe potuto aggredirla in un raptus improvviso.
Le tornarono in mente quegli occhi neri...così attraenti nonostante la ferocia che emanavano. 
Niente da fare, di là non ci vado.
Sicuramente si sarebbe aspettato le sue scuse o qualcosa del genere, ma lei non aveva alcuna intenzione di assecondarlo.
Tendeva a scusarsi raramente quando aveva torto, un vizio regalatole da suo padre. Una questione d'orgoglio.
Fissò lo sguardo ostinato sul televisore e fece zapping finché la faccia orrenda e simpatica di Stewie Griffin non fece capolino fra i canali. Perfetto.
Magari ridere un pò le avrebbe alleviato il freddo penetratole nelle ossa.


Alec abbassò lentamente la maniglia della porta.
Il piccolo salotto era illuminato da una luce azzurrina e la testa bionda di Quinn era appoggiata mollemente alla testiera del divano. Sospirò contrariato e le tolse il telecomando dalla mano abbandonata sul cuscino.
Si addormenta ancora sul divano come una bambina, pensò scuotendo la testa.
Si sarebbe meritata di restare a morire congelata, avvolta in quella mini trapunta di cotone, ma spinto da chissà quale impulso, si sforzò di prenderla tra le braccia e portarla in camera.
Durante il breve tragitto, la sentì gemere soddisfatta, la guancia gelida a contatto con il suo petto caldo.
Poi si svegliò cauta, una volta a letto.
Sbatté le palpebre e borbottò un lamento circa il suo non essere capace di tenere gli occhi aperti, mentre si allontanava da lui strisciando su un fianco, con un'espressione alarmata e truce allo stesso tempo.
Il demone sollevò una mano per arrestare qualunque sproloquio avesse intenzione di mettere in piedi.
"Dormi. Potrai insultarmi domani" le concesse con un ghigno divertito.
Lei lo guardò con quei fari azzurri che sembravano risplendere anche al buio, si mise a sedere e incrociò le braccia al petto.
"Non mi scuserò con te, nemmeno se ti impegni per farmi sentire in colpa" bofonchiò con voce roca per il sonno.
"Te l'ho chiesto?"
La sua voce si era fatta improvvisamente più tagliente. Sbalzo d'umore numero 13469...Quinn aveva perso il conto.
"No, ma volevo mettere le cose in chiaro. E' una di quelle cose che non faccio mai, e specialmente con chi è la causa dei miei casini" sottolineò acida.
"Buono a sapersi, l'aggiungerò alla lista di cose che ti rifiuti di fare. Sei una donna della peggior specie, eh?" osservò lui.
"Come sarebbe a dire?"
"Sei fottutamente viziata"
Era incapace di tenere la bocca chiusa per più di cinque secondi, doveva mettere bocca su ogni decisione o avvenimento. Qualunque cosa sentisse o pensasse, glielo faceva sapere. Non doveva indovinare niente.


Quinn si trattenne appena dal dargli un pugno, solo perché sapeva che poi sarebbe stata lei quella bisognosa di ghiaccio.
"Niente affatto. Sono solo un pò orgogliosa, ma..."
"Sei peggio"
"Beh, anche tu!" urlò, arrossendo furiosamente.
Fortunatamente il riverbero della luna non la illuminò abbastanza da farglielo notare.
Si passò nervosamente le mani tra i capelli e cercò di respirare profondamente quando lo sentì ridacchiare, quindi ritentò il dialogo con un tono più calmo.
"Senti, so che hai rischiato tanto quando mi hai riportata a casa e poi di nuovo quando mi hai salvata. Ma l'hai fatto di testa tua, ok? Io non ti ho mai chiesto niente!"  Se proprio doveva sorbirsi le sue lamentele, voleva almeno poter ribattere.
Vide il corpo del demone irrigidirsi.
"No. Tu aspettavi solo di morire" mormorò con voce vagamente severa, come di rimprovero. Incredibile!
"Certo, che altro avrei potuto fare?"
"Non hai neanche lottato"
"Ti ho chiesto di lasciarmi andare" gli ricordò.
"Mi hai pregato" sottolineò il demone.
Infido e crudele, non c'era bisogno di dirlo. Era stato il momento più umiliante della sua vita.
"Ed è stato patetico" continuò lui sghignazzando.
Ride.di.me. 
"Però mi hai ascoltata"
Alec scoppiò in una fragorosa risata che le fece vedere rosso. Avrebbe voluto schiaffeggiarlo tanto forte da fargli rivoltare la faccia, ma probabilmente se solo avesse sollevato il braccio nella sua direzione la situazione si sarebbe scaldata troppo.
E non le sembrava il caso. Così si limitò a guardarlo piena di livore.
"Sei esilarante, piccola. Come se a me potesse importare delle tue preghiere. Faceva solo parte del piano"
Oh, giusto. Stanare i demoni che volevano Thren vivo e vegeto, più assetato di vendetta che mai.
Lo aveva già spiegato. Chissà perché sperava che una piccola parte di lui lo avesse fatto per lei.


                                                                                                                                ***


La mattina seguente, quando Alec entrò in cucina, venne accolto da una deliziosa mescolanza di musica jazz e profumo di pancake e caffè. Colazione. Non ne faceva una decente da anni.
Si fermò sulla soglia, l'anca appoggiata allo stipite della porta. Incrociò le braccia sul petto e osservò Quinn.
Sembrava stranamente a suo agio, nonostante tutto.
Si muoveva sicura tra i fornelli, assaggiando lo zucchero a velo, mentre faceva saltare le frittelle in padella.
Scosse la testa, divertito. Non aveva mai pensato di imbattersi in una creatura del genere.
Coraggiosa e forte, fragile e innocente allo stesso tempo.
Alec si rese conto che mantenere pensieri casti era davvero arduo quando aveva vicino quella ragazza.
E perché diavolo la trovasse sexy quando si arrabbiava restava ancora un mistero.
Aveva trascorso l'ennesima notte in bianco, un po' per via del fuso orario demoniaco che lo portava a dormire di giorno e un po' per il pensiero di lei stesa al suo fianco. Era un ingombro piuttosto piacevole da sentire. 
Assurdo.
Non aveva mai avuto di questi problemi: non era il tipo che passava una notte intera con una femmina (non con la stessa comunque) e di sicuro non ci mangiava insieme.


Come se avesse avvertito la sua presenza, Quinn volse la testa verso di lui. Quando lo inchiodò con il suo sguardo penetrante, il demone restò senza fiato, come se avesse preso un pugno nello stomaco.
Lei gli rivolse un sorriso raggiante. Sicuramente finto. "Ciao. Hai fame?"
Alec annuì e varcò la soglia della camera, pur sapendo che avrebbe dovuto girare sui tacchi e andarsene.
Per il bene di entrambi.
Quel profumo, quella ragazza...e la panna spray sul bancone avrebbero minato i suoi prossimi sogni.
Quando le si fermò davanti, Quinn allungò un braccio verso di lui offrendogli un piatto con una montagna di pancake.
"Credo di avere esagerato un po' con le porzioni" gli disse ironica, mordicchiandosi un labbro.
Lui avvertì il battito precipitoso del suo cuore e si portò a breve distanza. "A cosa devo l'onore? C'è qualcosa sotto, vero?"
"Come sei malfidato"
"Dimmelo" le ordinò perentorio, mentre prendeva a mangiare. Il silenziò calò tra loro, con il sottofondo mielato di Ella Fitzgerald.


"Voglio proporti un accordo"
Il demone la guardò con un'espressione indecifrabile sul viso. "So già che non accetterò"
Lei lo fulminò con lo sguardo. "Ho deciso che non ti creerò più problemi, o almeno ci proverò" riprese fissandolo negli occhi.
Di nuovo grigio-verdi. Meno male.
"Mmh, quindi d'ora in poi farai tutto quello che ti ordinerò?" chiese con una strana inflessione carezzevole nella voce.
"Nei limiti del possibile. Però sì"
"Bene"
"In cambio voglio uscire" aggiunse lei in fretta, un sorriso spontaneo spuntò sulle sue labbra quando lo vide inarcare un sopracciglio, con fare scettico.
"Una volta al giorno" piagnucolò quando lui non rispose. Non lo avrebbe pregato mai più, ma un po' di buon vecchio 'lecchinaggio', magari avrebbe funzionato. Era stufa di passare le giornate chiusa in casa o sul terrazzino.
Lui sbuffò sonoramente.
"Siamo a Coventry, piccola. E' la città più brutta e noiosa che l'uomo abbia mai concepito" rispose poi, disgustato.
"Mi basterà, davvero"
"Non mi fido di te. Dovrei comprarti un guinzaglio"
Lei sbuffò e lo fissò in tralice. "Dove vuoi che vada da sola? Mi hai ripetuto in continuazione che senza di te sono morta!"
Alec alzò gli occhi al cielo, mandando giù un grosso boccone. Grosso come il 'no' che avrebbe voluto dirle.
"Vedremo" mormorò invece, prima di accendere la tv.
Per ora sarebbe stato sufficiente.

                                                                                                                                       
                                                                                                                               ***


I suoi passi riecheggiavano per la sala spoglia, mentre l'arazzo da parete oscillava sotto i forti colpi del vento.
Aud voltò l'angolo speditamente, tentando di non attirare l'attenzione su di sé.
Un gruppo di vampiri l'aveva adocchiata all'entrata e lei poteva avvertire i loro sguardi alle spalle.
Conosceva così bene il suo tocco che non si spaventò quando lui l'afferrò bruscamente per un braccio trascinandola per diversi corridoi  che non aveva mai visto prima nella fortezza e poi in una stanza buia.
"Nuovo passaggio. Meno scocciature" le mormorò per giustificarsi, prima di calare le sue labbra su di lei.
Aud rispose con entusiasmo e passione, come sempre, prima di ricordarsi il vero motivo del loro incontro.
"Zane" tentò di richiamarlo mentre scendeva a baciarle il collo, le sue mani che frugavano dappertutto. Aud sollevò lo sguardo mentre cercava di allontanarlo debolmente da sé.
I suoi occhi neri suggerivano che la desiderava, e lei avrebbe dato qualunque cosa per assecondarlo.
Dopo.
"Cosa?" le ringhiò contro scocciato, mentre insinuava una mano sotto la sua gonna ad accarezzarle le gambe.
"Dobbiamo parlare" sospirò, gelandolo.
Quella frase suonava tanto come un avvertimento. Una di quelle cose che nel mondo umano anticipavano chiarimenti a livello sentimentale. Il succubo sospirò e sollevò una mano per sfiorargli la guancia resa ispida dalla barba corta.


"Bene. Ti ascolto" le fece roco, ricominciando a stuzzicarla senza sosta.
"Ti ho...già detto che l'umana e Alec sono al sicuro, adesso" riuscì a dirgli tra un sospiro di piacere e l'altro.
Lo vide socchiudere gli occhi in una minaccia silenziosa, come ogni volta che si nominava il fratello. Tasto dolente.
"Sì" sibilò irritato, staccandosi da lei.
"Beh, ho sentito delle voci a riguardo. Durante un mio...lavoro ad un Satariel, ho trovato nella sua mente informazioni su un possibile demone intricato nei vari tentativi di rapimento"
Tecnicamente avrebbe dovuto utilizzare la sua capacità di penetrare nella mente solo per realizzare le fantasie dei 'clienti', ma restava pur sempre una creatura degli inferi e le piaceva avventurarsi per certi sentieri proibiti.
"Chi?"
"Questo è un po' complicato..." cominciò Aud, visibilmente a disagio.
Zane la osservò con impazienza, bisognoso di chiudere la conversazione al più presto.
"Dimmi il nome" le ordinò senza però utilizzare il suo solito tono severo, portandosi nuovamente vicino a lei.
"C'erano tante immagini, tutte confuse, ma..." s'interruppe di nuovo il succubo, facendogli domandare cosa la spaventasse tanto. Il demone portò una mano al suo mento per sollevarle il viso.
"Sta tranquilla. Sai che puoi dirmi ogni cosa" le sussurrò mellifluo sulle labbra.
La vide deglutire e arrossire leggermente, mentre scuoteva il capo.
Aud si alzò in punta di piedi e raggiunse il suo orecchio mormorando qualcosa.


Qualcosa che lo fece scostare con rapidità disumana che le mozzò il respiro.
Delusione e dispiacere veleggiavano gli occhi viola di lei.
Zane la fissò con astio per un tempo indecifrabile e poi, semplicemente, le ordinò di andarsene.


                                                                                                                                ***


"Allora, non vuoi proprio dirmi come mai conosci Coventry? Non mi sembri il tipo di demone che visita città, zaino in spalla, annotando i posti più in!" lo stuzzicò Quinn, camminando per la via arricchita da luci colorate.
Natale era alle porte e, a quanto pareva, anche la gente della più noiosa città del mondo si era data da fare per addobbare ogni quartiere. La strada principale era adorabile: c'erano boutique caratteristiche, ristoranti a gestione familiare e negozi di ortofrutta, inframmezzati ogni tanto da un'enoteca o una galleria d'arte.
Alle sue spalle Alec sbuffava ad ogni passo, fulminando ogni Babbo Natale che chiedeva loro delle offerte. Più di una volta lei aveva dovuto trascinarlo via, prima che scatenasse una rissa con uno di quei panciuti individui.
In confronto al demone Scrooge era un fanatico della festa.
"Non c'è molto da dire. Ho vissuto qui per un tempo limitato, una cosa come tre milioni di omicidi fa" le rispose, smorzando il suo tono scherzoso, mentre la sorpassava.
"Beh, sei già stanca?" la schernì vedendola immobile in mezzo alla strada con aria incredula.
Quinn incrociò le braccia al petto guardandolo in cagnesco. "Tanto lo so che lo dici solo per farmi zittire"
"Lo dico perché è vero" ribatté senza ripensamenti.
"Tu hai davvero ucciso tutte quelle persone?" chiese sottovoce, evitando la spallata dell'ennesimo passante.
Dì di no.
Lo vide alzare gli occhi al cielo. "Definisci persone quelli che possiedono tratti caratteristici dei demoni?"
Grazie a Dio!
"Quindi non hai mai fatto del male agli umani?" fece, visibilmente sollevata.
"Non ho detto questo" esclamò lui sogghignando, facendola bloccare di nuovo.
Ok, ritiro tutto.


Quando rientrarono alla dependance, a notte fonda, lei si diresse veloce come un proiettile in camera da letto, non prima di aver lanciato sul divano giaccone e tracolla, e si gettò a capofitto sul materasso rimbalzando più volte.
Alec la osservò seccato.
Prima insisteva per sapere la verità e poi si rifiutava di rivolgergli la parola se non riusciva ad accettarla.
Con passo pesante si avviò alla porta, l'aprì e la vide sdraiata, i capelli biondi sparsi sul copriletto blu notte, il petto che si alzava e abbassava rapidamente. Stava per dare di matto.
Mmh, si prospetta un'altra notte indimenticabile.
Alec si sistemò vicino allo stipite e attese in silenzio. Dopo qualche attimo lei sollevò la testa fissandolo intensamente.
"Beh? Perché sei qui?" abbaiò con voce tesa. La vide mettersi seduta e appoggiarsi alla testiera del letto, abbracciandosi le ginocchia.
"Mettiamola così, piccola: non sono il demone adatto per sentire le tue proteste, ma se vuoi so come farti distrarre" sorrise malizioso, ritrovandosi accanto a lei in una frazione di secondo.
Quinn si spostò sul materasso per porre una decisa distanza tra loro. "Grazie, ma le tue distrazioni" disse mimando le virgolette "non mi interessano affatto!"                                           
"Non essere perversa, volevo solo offrirti un drink!" replicò allora lui, esibendo un'adorabile espressione ingenua.
Quasi angelica.
Assolutamente estranea alla sua persona.


"Un...drink? Alle tre del mattino?" domandò confusa. Solo lui poteva proporre una bevuta dopo averle confessato certe cose, della serie 'tirati su con un goccetto e butta tutto nel dimenticatoio'.
Lo vide annuire e poi smaterializzarsi, prima di udire dei rumori in cucina.
Quando tornò al suo fianco, aveva in mano una bottiglia di Scotch ancora sigillata.
"Non sapevo che ci fosse alcol qui" borbottò lei, prendendo il bicchiere che le offriva. Era ancora incerta, ma in fondo non avrebbe potuto fare altrimenti, se non assecondarlo.
"Io riuscirei a trovare alcolici anche nel Sahara" mormorò, lanciandole quel suo sguardo obliquo, sexy da morire.
Oh no, non lasciarti incantare Quinn Taylor!
"So cosa stai cercando di fare"
"Ah sì?"
"Mmh, cerchi di rendermi docile. Ma non accadrà, io reggo bene questa roba!" Come no.
"Allora non hai niente da temere"


Un'ora dopo, la testa iniziava a girarle. Cavolo, quella era stata ben più di una distrazione, era praticamente sbronza.
Già cominciava a sparare parole a vanvera, mentre raccontava delle assurde feste al college e il concorso di Miss Maglietta Bagnata a cui la sua amica Cassidy l'aveva convinta a partecipare, facendo sorridere il demone che aveva di fronte, perfettamente sobrio. Ma come era possibile dopo aver fatto fuori un'intera bottiglia?                                                                                 
"Sai, dovresti ubriacarti di più. Sei quasi più divertente del solito" le soffiò lui all'orecchio.
"Dovrebbe essere un complimento?" borbottò Quinn, infastidita, mentre si sdraiava sul letto in posizione opposta a quella di lui.
"Direi di sì, essere divertenti anche da sobri, non è cosa facile per voi umani! Fidati"                           
"Beh, grazie!" disse incerta. Ha appena insultato la mia razza o me lo sono solo immaginato?
"Bisogna essere demoni per esserlo davvero?" aggiunse poi, mentre fissava il soffitto sopra le loro teste. 
Alla sua domanda seguì un lungo silenzio e lei si domandò distrattamente se non l'avesse offeso.
Immaginò la sua espressione omicida della serie 'riesci sempre a rovinare i momenti di calma'.
"Ehi...sei svenuto?" scherzò sentendo subito dopo una debole risata provenire da vicino. Si rilassò leggermente e le scappò un gemito sommesso quando provò a sollevarsi e si ritrovò a respingere un capogiro. Imprecò e ripeté l'operazione, che fallì ancora.
"Perché non resti così? Mi sto godendo la visuale" mormorò il demone attirando la sua attenzione.
Oh, cavolo.
Indosso una maledetta gonna sopra il ginocchio.


Quinn si lasciò scappare un sorriso nervoso, mentre chiudeva gli occhi compiaciuta e incrociava le caviglie, per impedire che lui sbirciasse oltre il consentito.
"Smettila, non sei il mio tipo"
Voleva essere un commento ironico, per chiudere l'argomento e tornare a parlare di frivolezze.
Ma evidentemente Alec non era dello stesso avviso.
Il calore del suo corpo muscoloso sopra il suo la riportò immediatamente alla realtà. Doveva ancora abituarsi alla super velocità in stile  Clark Kent. Sollevò le palpebre e inquadrò l'espressione di lui, così straordinariamente intensa da farle venire i brividi.
"Bambina cattiva. Lo sai che non si dicono le bugie" sussurrò con note di rimprovero e divertimento nella voce.
"Non era una bugia" disse respirando a fatica, dicendosi che il groppo che aveva in gola era solo una combinazione di sindrome premestruale e troppo
Scotch.
Quello scintillio negli occhi di lui la metteva a disagio. Sembrava volesse divorarla, ed essendo un demone, non c'era nulla di lusinghiero in quel desiderio.
"Mmh, continua a ripeterlo"
"Levati di dosso" borbottò, cercando di spostarlo puntandogli le mani sul petto. Inutile.
"No" fu la risposta arrogante.


Alec si prese il suo tempo, sfiorandole prima la bocca con la sua e poi seguendo la linea del labbro inferiore con la lingua e iniziando a mordicchiarlo. Voleva farla impazzire?
Il respiro l'abbandonò lasciandola ansante e irrequieta sotto di lui. Era crudele e provocante.
Stupendo da strangolare.
Non appena le loro labbra si unirono in un contatto più profondo la sua opinione mutò radicalmente.
Quell'uomo era passionale, la sua lingua bollente. La ragazza, dopo i primi secondi di smarrimento, si abbandonò languida a quel bacio, posandogli delicatamente le mani sulle spalle.
Il suo corpo era rigido sopra di lei. Per qualche ragione, si appoggiava sul palmo delle mani in modo che solo le bocche si toccassero. Come
se non volesse forzarla ad andare oltre.
Aveva uno strano modo di comportarsi da creatura maligna. Nonostante lo sguardo da predatore che gli aveva incupito gli occhi, l'istinto le diceva che lui avrebbe smesso subito, se lei lo avesse voluto. 
Per una volta Quinn avrebbe voluto lasciarsi andare, ma sapeva che se l'avesse fatto non sarebbe riuscita a gestire la situazione, nemmeno con la mente obnubilata dall'alcol.
Sarebbe stato un errore enorme.

Anche se i suoi baci le facevano pulsare tutto il corpo.
L'autocontrollo era la chiave. Quante volte si era chiesta se fosse giusto controllarsi sempre e comunque, oppure se qualche volta era meglio non pensare troppo e accettare qualche rischio?
Troppe, e ogni volta la risposta era stata una sola.
"Non posso farlo" sussurrò lei, sorpresa per aver trovato la forza di formulare quel pensiero e di dargli voce. Farfugliò qualcosa di indistinto contro se stessa, spingendolo via e saltando in piedi come una molla.
Poi si precipitò in bagno chiudendo la porta a chiave.
  
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