Film > Un mostro a Parigi
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Autore: Claudia Ponto    22/04/2013    1 recensioni
Lucille è una cantante scontrosa e vanitosa.
Si sente migliore di tutti e questo causa a lei un isolamento dalle altre persone. Canta di gioia, ma nel suo cuore non vi è nulla di questo sentimento. Ma forse una sera, in compagnia del suo "peggior nemico" Raoul, un incontro mostruoso potrebbe aiutarla ad intraprendere un cammino per la ricercà della felicità
AVVISO: ho deciso di riscrivere completamente dall'inizio la Fiction Monster Heart: a causa di mancanza di ispirazione che mi impedisce di proseguirla come vorrei, ho deciso di cambiarla drasticamente. modificherò tutto: dalla trama in generale al genere di storia, il rating (se necessario) e il ruolo dei personaggi.
chiedo scusa ai lettori che hanno commentato fino adesso, ma sto soffrendo nel non riuscire a continuare questa fiction su un film che adoro sul serio
Genere: Fluff, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Francœur, Lucille, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 7: Barlume di speranza
 
Era un miracolo che Maynott fosse ancora vivo quando, telefonato il collega, non gli raccontò le deduzioni e le prove acquisite.
Era furioso come una bestia lo sconosciuto, la cornetta del telefono vibrava a causa della potente voce che sputava veleno a raffica, l’ultima persona che lo aveva “innervosito” non aveva lasciato nessuna traccia.
<< Non c’era poliziotto che non si è occupato del caso, gli elementi coincidono ad un unico risultato: il Mostro di Parigi sta andando a San Michel. >>
<< QUESTO L’HO CAPITO! ANCORA NON MI È CHIARO PERCHÉ NON TI SEI MOSSO PER FERMARLO! >>
Se il collega la finisse di chiedere costantemente informazioni, volendo sapere ogni cosa, avrebbe potuto spiegarli che stava dietro al mostro e che, sebbene avesse molto vantaggio, lo aveva quasi raggiunto. Tentò più volte di calmarlo, stare lì a discutere non avrebbe accelerato le operazioni, continuava a rinnovare la promessa che lo avrebbe catturato presto e che glielo avrebbe consegnato.
<< Se riesce a mettere piede in quella dannata montagna, io non potrò vendicarmi… E SARAI TU A PAGARNE LE CONSEGUENZE! RICORDATELO MAYNOTT! >>
Maynott sospirò impaurito, comprendeva le ragioni dell’amico, ma non poteva accontentarlo schioccandolo solamente le dita.
<< Sto facendo tutto il possibile, aspetta ancora qualche giorno e questa storia sarà finita. >>
<< LA MIA PAZIENZA HA UN LIMITE!>>
 
Lo sconosciuto chiuse la chiamata sbattendo la cornetta.
Urlava, non riusciva a calmarsi, aveva sperato fino all’ultimo di ricevere buone notizie e invece tutto stava andando a rotoli; aveva commesso un grosso errore sottovalutando quel maledetto, se riusciva a toccare anche solo una briciola di quella terra santa, per lui era finita. Gli venne una folle idea, l’unica che riuscì ad elaborare in quello stato: doveva intervenire lui stesso! Doveva costringere quel dannato a porre fine a quel conflitto!
Gli rodeva troppo, adesso si era davvero stancato.  
Abbandonò i suoi affari, non poteva correre il rischio che qualcos’altro potesse accadere; in quel modo perse lentamente la ragione, calmarlo ora sarebbe stato inutile, una reazione che metteva in pericolo chiunque gli stesse attorno. Nel silenzio della notte parigina, oltre ai i rintocchi di una campana lontana, si udì un suono animalesco che solo i vagabondi senza fissa dimora o i poliziotti di pattuglia ebbero la sfortuna di sentire, raccapricciante come il peggiore dei romanzi horror…., fissavano le ombre chi si allarmava di quel verso, aspettando con timore che comparisse qualcosa.


E intanto l’individuo proseguiva il suo viaggio, ardente di furia
 
                                                                                  ****
Il sonno di Francoeur fu agitato, al risveglio si rese conto di tremare.
Aveva avuto un sacco di incubi, era stanco e triste, tutto il corpo gli faceva male come se avesse compiuto chissà qualche immenso sforzo. La locomotiva del treno fischiò, il movimento era più lento, provò a sbirciare all’esterno ma era troppo buio per avere una vaga idea di dove si trovassero; viaggiare di notte confondeva le idee.
Con cautela scese dal letto troppo piccolo per lui, stiracchiandosi per sgranchirsi le zampe; erano anni che non si coricava in un morbido materasso di piume, staccarsi da esso, nonostante le dimensioni, fu davvero difficile…. il timore di rivivere gli incubi, però, lo desistette dalla tentazione: quando ci pensava il suo cuore subiva una specie fitta.
Non c’era nulla lì, eppure avvertiva una gelida presenza… come se una vecchia conoscenza fosse costantemente nei paragi per tormentarlo… si strinse la coperta addosso per riscaldarsi un poco, ma soprattutto per proteggersi dal pericolo che non vedeva.
Il treno ad un certo punto si fermò, probabilmente dovevano fare rifornimento o qualcosa di simile, ora che il frastuono delle ruote era cessato poteva sentire russare dalle stanze accanto gli altri occupanti: stavano dormendo tranquillamente a differenza di lui, pensò a Lucille e Raoul, chiedendosi come stavano, ormai se ne stavano per i fatti loro da qualche tempo, più di quanto avesse progettato per lasciarli da soli a perdonarsi a vicenda dei propri errori.
La sera precedente, prima di andare a dormire, li aveva sentiti chiacchierare nella stanza di lei con molta tranquillità e soprattutto allegria,.
Francoeur non potè non emozionarsi a quello che era successo tra i due, non aveva avuto dubbi quando aveva pensato che insieme formassero una bella coppia, c’era stato solo bisogno di un piccolo aiuto per far nascere quel sentimento che così bello e innocente, e lui era fiero di aver potuto contribuire alla causa.
 
Il treno riprese a muoversi, dall’esterno si udirono delle voci. La luce di una delle lanterne dei ferrovieri si riflettè sul finestrino, permettendo così alla sua immagine di riflettersi sul vetro sbiadito.
Quando si vide fece ritorno frettolosamente ritorno nella sua cabina, chiudendo a chiave la porta, a volte dimenticava come era fatto e finiva per spaventarsi da solo, tremando come una foglia.
Sospirò, era stanco di nascondersi, troppi erano gli anni passati a celarsi dal mondo intero, costretto da quell’apparenza mostruosa che gli era stata data con la forza da chi aveva considerato una volta un amico. Gli mancava la sua vecchia vita, anche se i suoi nuovi amici sarebbero riusciti a portarlo a casa, sarebbe stato impossibile recuperare gli anni persi…
Casa.
Quanto suonava splendida quella parola.
Incantevole quanto una canzone intera.
 
In quel momento dalla finestra entrò una piccola farfalla, l’insetto si adagiò stanco muovendo debolmente le ali che parevano vibrar per lo sforzo compiuto dopo essere riuscito ad entrare nella cabina del treno che adesso andava veloce.
Sorrise Francoeur, ammirando la forza che una creatura così piccola poteva sprigionare, la prese nelle sue zampe per poi adagiarla sul cuscino, lui si accoccolò come un cucciolo lì di lato tentato a riaddormentarsi. Il semplice movimento della farfalla era rilassante, tutti i dubbi e le incertezze che aveva parvero scomparire, scacciati via dal bianco neve delle ali. Diede un’ultima fugace occhiata dal finestrino, poi, con il sorriso sulle labbra, si riaddormentò, pensando all’imminente arrivo a casa.
                                                                                  ****
<< Signori, oltrepassata questa città, saremo finalmente giunti a Mont Saint Michel. >>
L’annuncio del Professor Amber sprigionò una gioia indescrivibile, in particolar modo per Francoeur.
Dopo un lungo viaggio in treno, varie soste, e alcuni spostamenti in carrozza, Beauvoir era l’ultimo borgo che precedeva l’arrivo alla meta tanto agognata, distava alcuni chilometri oramai, si doveva procedere sempre dritto verso l’orizzonte che al mare aperto conduceva. Si provò a scorgerla anche se era ovviamente impossibile, l’annuncio aveva scatenato una sorta di incontrollabile entusiasmo, significava il compimento di un’importante missione… ma soprattutto la fine di una lunga storia.
Era strano ora che ci pensavano, avevano fatto tutto per una creatura che la gente considerava un mostro.
<< Pronto a tornare a casa amico? >> chiese Emile all’insetto.
Lui rispose con un sorriso molto allegro, stringendosi le mani per controllare la propria felicità, si sentiva con una voglia irrefrenabile di saltare sotto e sopra per poter meglio manifestare quanto la notizia era importante per lui.
<< Dalla faccia si direbbe di si. >> commentò Raoul.
<< Mi fa piacere apprende che ci libereremo presto di questa grossa seccatura. >> disse Lucille con serietà.
Francoeur si sentiva un poco in colpa, arrivati a quel punto si sentiva come costretto a dover abbandonare suoi amici e non voleva questo di certo, il cuore si spezzò pensando a quando il momento della separazione sarebbe giunto. Finalmente era riuscito a ritrovare la felicità, e non aveva intenzione di perderla di nuovo…. c’era la paura costante che questo potesse accadere, il timore che rischiasse di tornare preda di colui che nemmeno voleva nominare lo agitava.
Se “lui” non fosse mai apparso, quell’angoscia non sarebbe mai nata.
Francoeur scosse forte la testa, non doveva permettergli di prevalere su di lui.
<< Domani? Perché non oggi? >>
La sorpresa nella voce del giornalista distolse l’insetto da quei pensieri.
<< Il Monte Saint Michel è a ridosso del mare, in certi periodi l’unica strada per accedervi viene sommersa dalla marea. Proprio adesso è inaccessibile, perciò sarebbe inutile recarci lì adesso, troveremo solo acqua ad accoglierci. >>
Sussultò la pulce, aveva dimenticato quel dettaglio, come molte cose della sua vita passata, la solitudine aveva minato oltre allo spirito anche i suoi ricordi. Timidamente Lucille afferrò la sua mano, era la prima volta che la fanciulla entrava in contatto con lui, fino a quel momento non aveva nemmeno provato poiché il fatto che fosse un insetto la disgustava.
<< Dovresti riposare, domani ci sarà un gran lavoro da fare e tu più di tutti dovrai rimboccarti le maniche. >> disse lei con un’espressione più gentile del solito.
La voglia di vivere di Francoeur tornò a galla, scoppiettante come un petardo di capodanno.
Tutti erano felici di rivederlo così positivo, il sorriso che mostrò in quel momento cancellò l’oscurità che li aveva oppressi all’inizio di quella storia iniziata all’improvviso, dissolvendosi grazie al buon umore ritrovato. Francoeur, per poter manifestare la sua felicità, costrinse Lucille a danzare con lui a lungo ignorando le proteste di questa che diceva di voler essere lasciata in pace.
 
Per festeggiare si organizzò una specie di festa all’ultimo alloggio del viaggio.
Cibo, bevande e musica si susseguirono tutta la sera, non c’era voglia di riposare prima dell’ultimo viaggio, si doveva manifestare fino all’ultima briciola la contentezza, altrimenti non sarebbe stato giusto dopo tutto ciò che avevano fatto.  
<< un - deux – troi… un - deux – troi... Forza Francois, non essere così rigido! Sei un ballerino, non un manico di scopa! >>
<< Piantala sciocco, lo sai che non può ballare! >>
Lucille rimase in disparte ad ammirare gli amici che festeggiavano con scherzi vari l’insetto, divertita soprattutto da quanto impegno Raoul ci metteva per mantenere un costante sorriso su quella creatura. Solo quando la coppia di ballerini fece un caschè si resero conto che lei lo stava osservando, diventando rosso per l’imbarazzo: nessuno dei due riusciva ancora a credere al genere di differenti sentimenti che avevano iniziato a provare l’uno per l’altro, non si vedevano più come prima, si erano trasformati, non erano gli stessi individui che si conoscevano da quando erano bambini.
<< Complimenti messieurs, le vostri doti mi hanno lasciata davvero senza parole. >> disse la ragazza sorridendo.
<< Che c’è di strano? Te l’avevo detto che oltre a essere un brillante inventore, sono anche un bravissimo ballerino. >> disse spavaldo Raoul.
<< Ora capisco il perché dell’ispirazione di quella macchina per la danza, ma non potevi dire semplicemente che eri capace di ballare? >>
<< Ecco… diciamo che tra gli uomini al club non c’è l’abitudine di vantarsi delle proprie abilità di ballerini. Temevo di apparire ridicolo. >>
Lucille si avvicinò a Raoul con un atteggiamento particolare, gli prese entrambe le mani stringendole delicatamente per posarle una sulla spalla e l’altra sul fianco, facendo sì che lui diventasse ancora più rosso.
<< Allora controlliamo se davvero sei così bravo. >>
Il grammofono lì accanto fece ripartire la musica, la coppia cominciò a ballare subito dalle prime note, lui senza distogliere lo sguardo dai suoi piedi per paura di inciampare o di calpestare quelli della ragazza, lei invece tranquilla e divertita perché di esperienza e sicurezza ne aveva molta in quel campo. Tra un passo e l’altro quei passi inizialmente meccanici acquistarono eleganza, tenendo il ritmo in perfetta sincronia: i ballerini avevano trovato l’equilibrio perfetto, iniziando a divertirsi.
Erano felici, è quella felicità per loro era più preziosa di tutto l’oro del mondo.
Senza che se ne rendessero conto vennero lasciati soli, poco alla volta gli altri approfittarono della distrazione della danza per lasciarli in reciproca compagnia.
Non fu un dispiacere per loro, ne approfittarono per poter restare per conto proprio, uscendo dalla taverna.
Passeggiarono spensierati nel piccolo borgo, circondati dal verde degli alberi e dei prati che di notte poco si notava; a Raoul piaceva stare in un luogo come quello insieme a colei che stava cominciando a voler bene in un modo che andava oltre l’amicizia, si sentiva davvero bene. 
<< Mi piace questo posto, mi ci potrei trasferire. >>
<< E lasceresti il caos di Parigi? Non ti ci vedo in un luogo così noioso.>>
<< Mio nonno abitava in un posto ancora più tranquillo di questo, e non era affatto male. Aveva un bel panorama che oserei definire perfetto... Come te. >>
Lucille arrossì al complimento, stringendosi forte al braccio del suo accompagnatore che, come per magia, fece apparire una piccola rosa che le offrì come gentile omaggio. Lei lo accettò con piacere, annusandone il delicato profumo che proveniva dai petali rosso cremisi.
<< Monsieur, lei mi mette in imbarazzo con tutte queste attenzioni. >>
<< Nessuna attenzione è mai troppa per lei madame. Le offrirei anche il mondo se potessi, con tutte le meraviglie che esso può offrire e che solo in pochi possono godere. >>
<< Che sorpresa, non sapevo che fosse anche un poeta. Dovrò farmi scrivere qualche cosa. >>
<< Le prometto che non appena avrò carta e penna realizzerò solo per lei tutte le rime che desidera. >>
<< Tutte quelle che voglio? >>
<< Tutte quelle che vuole. >>
Raoul fece per avvicinarsi al viso di Lucille, accarezzandole delicatamente le guancie e ammirando il luccichio dei suoi occhi smeraldini; intuendo le sue intenzioni lei lo spinse via e ridacchiò imbarazzata, arricciandosi alcune ciocche di capelli. Nonostante si fosse molto avvicinata al ragazzo, Lucille era confusa: si era resa conto che lui non era strampalato e stupido come sempre aveva creduto, si era rivelato sensibile e colto, divertente e responsabile al tempo stesso, elementi che lo rendevano interessante. Era proprio quello il problema: non sapeva fino a che punto era “interessante”.
Gli voleva bene, di questo era certa… e proprio quel volere bene la spaventava oltre che renderla felice; temeva di poter rimanere delusa se quella cosa fosse proseguita in un modo che poi le avrebbe potuto spezzare il cuore, aveva bisogno di altro tempo per capire cosa il suo cuore provava davvero.
<< Ehm… direi che è ora di tornare indietro. Si è fatto davvero tardi. >> disse Raoul, rendendosi conto di essere andato troppo veloce.
La cantate annuì in silenzio, avviandosi in sua compagnia alla locanda.
 
In cuor suo sperava di poter sciogliere il gelo, che lei stessa si era formata in tanti anni, in modo tale che potesse provare serenità.
Qualcuno però era deliziato dalle sue incertezze e sarebbe stato ben contento di confonderle ulteriormente le idee.
 
                                                                                  ****
Un tiepido raggio di sole svegliò Lucille.
La ragazza si stiracchiò nel letto morbido come una piuma, sbadigliando e stropicciandosi gli occhi.
Il gran giorno era arrivato finalmente, poche ore e Mont Saint Michele sarebbe comparso, Francoeur avrebbe dato l’opportunità a loro di dar spiegazione del perché del suo desiderio di voler raggiungere un posto tanto remoto. A volte credeva di aver capito la ragione, le contraddizioni però annullavano queste idee e l’ignoranza riprendeva foga, l’immaginazione che tornava a lavorare freneticamente.
Si pettinò, si vestì e si truccò, nello specchio vedeva un riflesso diverso dal solito a cui era abituata, non seppe dire perché, ma non era una cosa da intendersi negativamente, al contrario, apprezzava quei dettagli che non riusciva a cogliere. Pensò che fosse merito del parlare con Raoul, si sentiva molto rilassata nel poter condividere con lui dubbi e pensieri celati per tanto tempo; si era resa conto che non l’aveva ringraziato per questa sua disponibilità e voleva assolutamente rimediarvi. Bussando alla porta della sua stanza non ottenne risposta, aprendola con richiami senza risposta la trovò vuota: ordinata, pulita di recente, i bagagli riposti con cura in un angolo e alcuni appunti delle sue invenzioni sull’unico tavolino.
Fu sorpresa della sua mancanza, dalla loro vicinanza non aveva mai mancato ad avvisarle un qualsiasi allontanamento, ipotizzò che la sua tipica distrazione fosse il vero colpevole…. ma non potè fare a meno di guardarsi intorno per cercarlo e domandarsi tante cose: Dov’era finito? Perché non l’aveva svegliata?
Uscì dalla stanza chiamandolo a gran voce, chiese ai proprietari se lo avevano visto e anche al Professor Amber in persona, ottenne solo informazioni frammentarie che vedevano l’inventore impegnato in diverse attività o insieme a diverse persone. A dargli una concreta indicazione fu un bambino: disse di averlo visto in compagnia di un signore alto, ovviamente Francoeur, che insieme si dirigevano verso la campagna.
 
Non c’era motivo quindi di preoccuparsi, una sensazione strana, però, costrinse la ragazza a ripercorrere i passi dei due.
 
La ricerca la portò lontano dalla cittadina, la giornata era leggermente nuvolosa e vento caldo spirava quel giorno; anatre selvatiche formavano grandi stormi nel cielo mentre si dirigevano in lidi migliori, qualche abbaiare di cani poteva essere udito in mezzo al coro di grilli e altri insetti. Apparentemente non pareva esserci nulla nel paesaggio che potesse motivare l’allontanamento, se non per una semplice passeggiata; fu allora che apparve in lontananza una casa abbandonata… anzi, una villa per le dimensioni e i tratti preziosi che si scorgevano in quel poco di struttura rimasto in piedi, forse appartenuta a qualche ricca famiglia ormai decaduta.
Il cancello che doveva tener fuori gli intrusi era aperto, impronte di piedi erano impresse per terra, dirette verso l’ingresso anch’esso aperto.
<< Accidenti a quello stupido, con la sua curiosità finirà per farsi male. >> disse sbuffando la cantante.
All’interno del rudere non c’era nulla se non polvere, mobili marci, ragni e parassiti di ogni sorta. anche se spoglio il salone d’ingresso colpiva per la sua maestosità: il soffitto a cassettoni attraverso il quale, nei punti in cui era crollato, il sole sbiadito entrava; il pavimento di marmo era rimasto integro con le sue piastrelle nere e grigie; davanti all’ingresso una rampa di scale malandata collegava il piano terra con quello superiore.
Non c’erano impronte lì, Lucille si dovette affidare all’istinto per trovare Raoul e Francoeur.
Li chiamò insistentemente, esplorando prima le due sole sale lì vicine; con molto coraggio poi si avviò al primo piano, risalendo con cautela gli scalini che cigolavano rumorosamente, a parte le camere da letto ancora intatte e alcune stanze vuote l’unica cosa che trovò fu una nidiata di topi grossi quanto i suoi piedi.
<< Argh! Ok! Ne ho abbastanza! Me ne vado! >> disse nauseata.
Si ripulì i vestiti e sbuffando si diresse verso l’uscita, la veste leggermente sollevata per non inciamparvi. Quando giunse alla scalinata però si fermò, udendo delle voci: si affacciò dalla balaustra per curiosare di sotto, c’erano delle ombre che la luce di una finestra proiettava, un eco di passi veloci che accompagnarono la comparsa di Raoul.
Stava per chiamarlo Lucille quando una sedia gli venne catapultata addosso.
Fu colpito in piena schiena, per il dolore non fu in grado di alzarsi, costretto a restarsene sdraiato sul pavimento digrignando i denti con imprecazioni; il rumore di passi non era cessato, qualcun altro si stava avvicinando ma con più calma, l’ombra distorta che lo copriva.
<< Sei più furbo di quanto pensassi, non dovevo sottovalutarti. >>
La voce parlante non diede familiarità, la cantante non riusciva ad immaginare a chi potesse appartenere… perciò fu traumatica la scoperta del suo “possessore”.
<< Perché fai questo?! >> urlò Raoul, tentando di allontanarsi strisciando nientemeno che da Francoeur.
<< Perché ho degli affari personali da condurre, e tu mi sei d’intralcio. >> disse l’insetto con freddezza.
Era diverso in tutto: il suo modo di camminare, di muoversi, di interagire… se non lo stesse vedendo con i propri occhi non ci avrebbe mai creduto, eppure era lì, ad atteggiarsi come una specie di boss mafioso… ben differente dalla mite apparenza che avevano fino ad allora mostrato.
Si era trattata di una finta… aveva ingannato tutti quanti con perfetta teatralità.
Raoul stava per dirgli qualcosa ma non fece in tempo perché Francoeur lo prese per il bavero della giacca e lo trascinò dall’altro capo della stanza, dove il soffitto era leggermente in pendenza verso il basso; lo buttò la sotto bloccandogli le gambe con una corda assai robusta che “ancorò” ad un mobile semirotto… poi si avviò all’unica trave che sorreggeva la parte cadente… prese una mazza nascosta lì vicino e la sollevò con poca fatica fino al petto.
<< è stato breve ma intenso, ti auguro un buon viaggio all’altro mondo. Oh, e non ti preoccupare per i tuoi degni compari, gli farò fare la stessa fine. >>
 
Bastò un colpo per far cedere il sostegno.
Il tetto crollò rovinosamente su Raoul, schiacciandolo.
Il rombo del legno fu assordante, il corpo dell’inventore sparì in un attimo, Lucille si premette la bocca per non urlare disperata.
Fu assurdo e incredulo, il suo cuore andò in pezzi allo stesso modo in cui la struttura era caduta, e faceva male… terribilmente.
 
Sentendosi osservato l’insetto si guardò intorno prima di andar via, a fatica si trattenne la giovane per non emettere alcun suono ed essere scoperta, i suoi occhi bruciavano per le lacrime che non poteva frenare così come il tremar convulso del proprio corpo. Ancora non capiva cosa era accaduto e se davvero aveva assistito all’omicidio, era confusa e spaventata, tutto il mondo avverso nei suoi confronti.
Ebbe l’impressione di poter sentire la voce di Raoul… ma era solo un’illusione… lui era morto proprio davanti a lei… la sua voce che le diceva “Ti voglio bene”. 
Solo quando l’assassino andò via potè sfogare il proprio male di vivere, disperata di aver perduto una persona che aveva capito di amare sul serio.
Di nuovo era sola… aveva perso di nuovo una persona a lei cara… ma stavolta avrebbe reagito e avrebbe fatto pagare a quel mostro tutto il tradimento fatto.
 
                                                                                  ****
Il Professore Amber erano impensieriti dall’assenza di Raoul, Lucille e Francoeur.
Poca della calma tornò quando il grosso insetto apparve con il suo solito mite sorriso, per Lucille sarebbe stata un quasi completo rilassamento se non fosse stata in compagnia del Prefetto Maynott. Voleva il caso che l’uomo fosse da quelle parti per questioni di lavoro, la cantante non appena l’aveva visto aveva raccontato l’intera esperienza vissuta e della fine che aveva fatto fare a Raoul, senza tralasciare nemmeno il minimo particolare.
Insieme ai suoi uomini catturarono Francoeur prima che potesse scappare, la gente intorno che osservava la scena a debita distanza, Amber che cercava di impedire l’atto.
<< Professore, capisco la vostra confusione, ma mi creda, questo criminale è pericoloso. La signorina Lucille può confermare. >>
<< Ma non è possibile. Io sono stato assicurato che era…! >>
<< Anche la signorina pensava la stessa cosa, e mi creda quando le dico che è più rammaricata di lei. >>
<< Io… non so cosa dire. >>
Se il professore era confuso, Emile addirittura era scioccato.
Di nascosto stava osservando lo svolgersi degli eventi: aveva fatto in tempo a fermarsi quando aveva visto comparire Maynott, incrociando il suo sguardo la ferita provocatagli con un proiettile riprese a bruciare, ti strinse il petto per sforzarsi di non svenire dalla paura che quell’individuo gli infondeva dopo aver provato ad ucciderlo.
Ma Lucille?
Perché li aveva traditi?
Non poteva crederci, parevano quasi un insulto, una vera e propria offesa.
Da lontano la osservo stare in disparte, rassicurata da una equipe medica, nei suoi occhi poteva scorgere il fuoco di una smisurata collera, il suo sorriso luminoso era spento, si era trasformata in una persona… disperata, e Francoeur che cercava aiuto con lo sguardo mentre veniva caricato sul cellulare della polizia.
Si sentiva davvero male per lui, ma non poteva far niente per aiutarlo; gli diceva l’istinto di aspettare che le acque si calmassero prima di far qualcosa.
Ma dov’era finito Raoul?
C’era bisogno di lui!
<< Madame, le prometto che quel mostro avrà il castigo che si merita. Le chiedo però di aiutarmi un’ultima per aiutarmi a far luce su questa vicenda, così saprò come dar giustizia all’amico che ha perso. >> La voce di Maynott era profonda e sdolcinata, la ragazza gli sorrideva, dimostrando di sentirsi sicura con quelle sue parole.
<< Ha bisogno di qualche cosa in particolare? >>
<< Ho solo bisogno di superare la cosa, tutto qui. >>
<< Vederla così mi sconvolge, perché il suo splendido volto è offuscato dalla tristezza e non voglio che questo accada. Quindi d’ora in avanti mi impegno solennemente a proteggerla a costo della mia vita. Voglio renderla felice mon cher, farò qualsiasi cosa per riuscirci >>
Lucille non riuscì a rispondere a quella promessa, annuì solamente, lasciandosi convincere da parole che avevano in sé tutt’altro che amore e devozione.
  
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