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Autore: morgana85    16/11/2007    7 recensioni
"Mezzosangue, io non sento proprio niente" sbuffo spazientito.
"Perché non stai ascoltando con sufficiente attenzione" la sua voce è sommessa e remota come il suono di un’arpa "Devi imparare a sentire con l’anima, non con i sensi".
Cerco di concentrarmi, anche se per me ha tutto dell’assurdo. Improvvisamente, insieme ad un refolo d’aria calda e dal profumo misterioso, un’eco lontana mi raggiunge, parole sussurrate da una voce sconosciuta e al tempo stesso nota fin dagli albori del tempo. Faccio fatica a comprendere, perché pronunciate in una lingua antica di cui poco conosco, ma che riescono ad infondermi una profonda sensazione di tranquillità, di pace con me stesso.
Genere: Malinconico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Parole perse nel vento
 
 

Il Destino.
Chi non conosce questo amabile ed infame burattinaio, che gioca con gli invisibili fili delle nostre vite? Le sue mani tessono impeccabili arazzi di cui noi diventiamo a turno protagonisti, mescolando con sapienza emozioni, passioni, rimpianti.
È l’unica cosa in cui credo. Perché spesso sono diventato la preda di questo arcano saggio, desideroso di mettere alla prova il mio cuore peccatore e la mia anima dannata. Una specie di gioco perverso in cui, in un modo o nell’altro, sono sempre risultato vincitore.
Ma non questa volta.
Non davanti a lei, ai suoi occhi di oro fuso e ambra, misteriosi come l’oceano d’inverno, che mi lasciano disarmato e confuso. Facendo fremere il mio corpo di un primordiale desiderio di cui non ero a conoscenza.
Anche adesso, sola ed abbandonata qui, nella Sala Grande completamente deserta, non distoglie lo sguardo ardente di orgoglio e determinazione. Le mie iridi di argento e piombo fuso incatenate alle sue da un legame apparentemente indissolubile. Occhi che si cercano e si sfiorano in uno strano rincorrersi.
Il silenzio permea questa stanza, senza che nessuno dei due osi interrompere la sua sensuale danza con l’aria. Forse stanca di questo insolito valzer di sguardi carichi di significati ancora sconosciuti, torna ad ignorarmi, posando il capo sulle braccia incrociate, sicuramente sperando che la lasci nuovamente sola.
Ma non demordo, continuando ad osservare la sua esile figura. Quasi rannicchiata su se stessa, respira tranquilla seduta all’altisonante tavolo dei Gryffindor, circondata dalla notte e dagli spiriti inquieti delle stelle che fungono da commensali in questo inesistente banchetto. Sembra una farfalla dalle ali strappate, impaurita e persa nell’immensità della Sala, incapace di ricordare come tornare a volare. Ma nonostante tutto adornata di quell’aura che la rende incredibilmente bella e perfetta.
«Lo sai Granger che è pericoloso girare soli la notte?», muovo qualche passo verso di lei, silenzioso e felpato come un felino pronto alla caccia. «E’ il regno del buio e delle ombre… potresti fare brutti incontri», la mia voce marcata di ironia, mentre un perfido ghigno si dipinge sul mio volto.
Sbatte con violenza le mani sul tavolo, alzandosi di scatto e guardandomi con occhi dardeggianti furore. Con gesti nervosi mi si avvicina, non così tanto da permettermi di sfiorarla, ma a sufficienza per avvertire il calore invitante del suo corpo. «Sai Malfoy, non ho più paura del buio da quando avevo tre anni… e il peggio che potrei incontrare è proprio di fronte a me», sempre diretta, senza alcun timore, senza mai cedere al mio sguardo freddo e indagatore. Scrutandola con attenzione mi accorgo di quanto i suoi occhi siano lucidi, ma non di pianto. Una strana cortina offusca quelle iridi di solito vigili e severe.
«Dovrei prenderlo come un complimento Mezzosangue?», dote indispensabile di noi Slytherin, approfittare della momentanea debolezza dell’avversario. Ed ora lei non è in grado di difendersi.
«Fai come ti pare», mi scosta brutalmente con una spinta, una mano posata sulla fronte e il capo chino. Ha un’andatura incerta, quasi le gambe non avessero la forza di sorreggerla, i passi lenti e scostanti. Le ginocchia cedono, facendola rovinare a terra con un tonfo sordo.
Mi avvicino a lei e quando le sono accanto mi abbasso, passandole un braccio attorno alla vita e l’altro sotto le ginocchia. La sollevo da terra con una strana premura, accorgendomi di quanto sia incredibilmente leggera, un fragile fiore di cristallo affidato a me dal Destino. Un gemito di protesta esce dalle sue labbra rosse e voluttuose, mentre si muove scomposta tra le mie braccia in un vano tentativo di ribellione. I gesti si fanno lenti e faticosi, finché non perde i sensi, stremata.
Percorro sicuro i corridoi debolmente illuminati dalle fiaccole, nascondendomi tra le ombre oltre gli opachi aloni di luce. In breve tempo raggiungo la mia dimora di Caposcuola Slytherin, chiudendomi la porta alle spalle. Un angelo dalle ali candide è appena entrato all’Inferno. Di cui io sono l’indiscusso sovrano. Prigioniera delle mie brame verso il suo corpo tentatore e la sua anima purificatrice.
La adagio tra le morbide coltri del mio letto a baldacchino. Con movenze leggere le sfilo il maglione, la gonna e le slaccio i bottoni della camicia, cercando di controllare il tremore delle mie mani. Si presenta così, davanti ai miei occhi, in tutta la sua sfolgorante bellezza. La voglia di possedere quelle membra dalla pelle serica e d’avorio si diffonde nel mio spirito come i raggi insistenti del sole che perfora le nubi di una tempesta.
Ma devo resistere.
Quando sarà mia, completamente mia, voglio che sia cosciente e lucida. Voglio vedere quegli occhi di rara preziosità velarsi di paura e inconscia passione.
Sarà la mia vendetta.
Il mio personale castigo verso la sua anima innocente e quasi divina, l’unica capace di guardare la mia, tenebrosa e perversa, con una tale intensità da farmi sentire vuoto e incompleto.
Riesco ad infilarle la maglia del mio pigiama, accorgendomi di quanto sia grande per il suo corpo esile.
Poso le dita sulla sua fronte. Scotta maledettamente.
Apro il baule riccamente intarsiato che giace ai piedi del letto. Per fortuna tengo sempre con me qualche boccetta di pozione, pronta per ogni evenienza. Mi siedo sul morbido materasso, passandole una mano dietro la nuca e sollevandola leggermente. Lascio che il liquido incolore scivoli con misurata lentezza tra le sue labbra. Poso lo sguardo su quella bocca finemente disegnata, morbida e rosea come i petali di un fiore. Riesco a malapena ad arginare la voglia che ho di farla combaciare con la mia, saggiandone il sapore. Mi accontento di sfiorarle il viso, scostandole una ciocca di capelli che impertinente le è scivolata davanti agli occhi.
Ed è in quell’istante che mi rendo conto che è sveglia. Le palpebre leggermente dischiuse, intente a svelare due lamine d’oro, ora opaco ed offuscato dal calore crescente nel suo corpo. Scorgo una flebile luce in quello sguardo, dubbiosa ma stranamente colma di gratitudine. È solo un attimo, prima che i suoi occhi si chiudano nuovamente, accompagnandola tra le accoglienti braccia di Morfeo.
 
Le ore trascorrono pigre, ed allo stesso tempo troppo veloci, rincorrendosi in una perpetua ricerca dell’eternità. Le prime luci dell’alba stanno dilagando, tingendo di un tenue azzurro sporcato di rosa il cielo blu, mentre le stelle si spengono. La luna, sovrana di quell’impero celeste, abbandona il suo scranno impreziosito dal buio, cedendo il serto degli imperatori al suo corrispondente diurno. I raggi del sole iniziano a fare capolino oltre le montagne, accarezzando con la loro piacevole luce dorata il mondo.
Non ho dormito un solo minuto.
Per tutta la notte non ho fatto altro che osservare quel viso addormentato, talmente perfetto da sembrare scolpito nel marmo più pregiato. Incantato dal fascino quasi trascendentale sprigionato da quel corpo, pacatamente sdraiato tra le coltri del mio letto. E una volta ancora non posso che pensare che quelle membra innocenti saranno mie, solamente mie. Marchierò a fuoco quella pelle d’alabastro, rendendola incapace di dimenticarmi, di non desiderarmi, di non concedermi ciò che voglio.
Il mattino ha ormai iniziato la sua ascesa, le lezioni cominceranno tra poco. Sono quasi restio ad abbandonare per qualche ora la mia preda, ma non voglio perdermi le facce preoccupate dello Sfregiato e del suo amico idiota, quando si accorgeranno che la loro preziosa Mezzosangue non si presenterà.
Prima di uscire le rivolgo un ultimo sguardo. Sembra che niente possa disturbare il suo sonno tranquillo, cullata dalle arcane melodie di Morfeo sulla sua isola paradisiaca, irraggiungibile dai comuni mortali, se non attraverso il sogno.
Esattamente come lei, troppo lontana e difficile da raggiungere. Forse anche per uno come me.
Scaccio questo fastidioso ed inutile pensiero con un gesto nervoso della mano. Mi consola il fatto che quando tornerò in questa stanza, lei non avrà più alcuna via di scampo.
Oltre il fruscio del mio mantello, sento la porta chiudersi alle mie spalle con un tonfo.
 La giornata trascorre pigra, uguale alle altre nella sua monotonia, se non fosse per il costante pensiero rivolto alla creatura che dimora nelle mie reali stanze di Principe Slytherin. Qualunque cosa faccia, non riesco a togliermela dalla testa.
«Draco…mi stai ascoltando?», una voce pacata e profonda irrompe nella mia mente, distogliendomi dalla mia strana ossessione. Mi volto verso la persona in piedi accanto a me poggiata al muro con fare elegante, senza tuttavia rispondere alla sua domanda. «Non hai sentito una sola parola di quello che ti ho detto…», l’eco della sua voce è l’unica risposta che riceve. «Ormai ho perso le speranze», un sorriso ironico si dipinge sul volto del mio interlocutore.
Blaise.
Il mio migliore amico.
A dire il vero, l’unico. L’unico in grado di riportarmi alla ragione nei miei frequenti eccessi d’ira, l’unico in grado di ascoltare i miei silenzi senza porre sciocche domande, l’unico a non essere invadente con la sua costante presenza. L’unico di cui mi fidi ciecamente.
Butto con un gesto secco il mozzicone di sigaretta, sollevandomi dal davanzale della finestra su cui ero seduto a godermi qualche istante di tranquillità.
«Avanti, di chi si tratta questa volta?», chiede curioso, mentre percorriamo il corridoio deserto che conduce all’aula della prossima lezione.
«Cosa stai dicendo Blaise?», glisso con curata indifferenza la sua domanda, apparentemente ignaro di ciò di cui sta parlando.
«Eh no amico mio, con me non funziona… il tuo trucchetto non attacca, ti conosco troppo bene». Mi volto verso di lui, fermo a qualche passo da me, le braccia incrociate al petto e un’espressione maliziosa dipinta sul viso.
Maledizione a lui! Ancora mi meraviglio di quanto riesca a comprendermi. «Solo un altro divertimento, niente di speciale», un ghigno da perfetto Slytherin increspa le mie labbra.
«Ne sei proprio sicuro?», incontro i suoi occhi, dello stesso colore del mare in tempesta. Sono incredibilmente seri e indagatori.
«Ma certo», rispondo con tono incolore, «Perché me lo chiedi?».
«Perché nessuna di quelle che ha scaldato le tue lenzuola è riuscita ad occupare i tuoi pensieri per più di un minuto. Ma soprattutto, non hai mai avuto quella strana luce nello sguardo».
«Niente è più lontano da ciò che pensi», gli volto le spalle, considerando quell’argomento definitivamente chiuso.
«Sarà come dici tu, ma sta attento», continua imperterrito, «Vorrei tanto sapere cosa ti ha fatto, visto che non solo è riuscita ad entrare nella tua testa, ma sembra aver raggiunto persino la tua anima».
«Non mi ha fatto proprio niente Blaise, non l’ho nemmeno sfiorata», parole dure e intrise di una strana amarezza. Senza occuparmi del suo sguardo stupito, mi allontano con la consapevolezza che ha perfettamente ragione.
 
Apro la porta della mia stanza, sperando di riuscire a trovare qualche attimo di requie in cui mettere ordine ai miei pensieri. Ma soprattutto, sperando di trovarla ancora lì, pronta a diventare fresca creta tra le mie mani esperte.
Rimango pressoché incredulo, pietrificato sulla soglia della camera, la mano ancora posata sulla maniglia di ottone, quando noto le lenzuola accuratamente scostate e il letto vuoto. Dura tutto il tempo di un battito di ciglia, finché non sento l’aria tornare ad occupare i miei polmoni.
Resto in perfetto silenzio, rendendomi conto che non si è accorta della mia presenza. Osservo la sua figura esile e proporzionata, seduta con grazia sul davanzale della finestra, i vetri spalancati e l’espressione lontana da questo luogo, sperduta in angoli remoti dei suoi pensieri. La luce densa del sole al tramonto le scivola sul corpo come la languida carezza di un amante, creando delicati riflessi tra le ciocche castane dei suoi capelli, vezzeggiati da un timido venticello che le solletica il viso. Indossa ancora la camicia del mio pigiama. Non posso che sorridere soddisfatto alla vista delle sue gambe snelle e ben modellate, lasciate abbondantemente scoperte, e della dolce curva della spalla, da cui il tessuto pregiato è incautamente scivolato. Una splendida vestale clonata di purezza, la cui ombra ha l’effige di un maestoso grifone dalle ali immacolate che mai cederà ai miei subdoli fini. «Vedo che ti sei ripresa Mezzosangue», mi avvicino con lentezza, il solito ghigno beffardo a decorarmi il volto.
Si volge verso di me, così che io possa finalmente incontrare i suoi occhi. I raggi del sole morente si infrangono in infiniti cristalli in quelle iridi dorate. «Ti preferisco quando resti in silenzio Malfoy, come poco fa», mi fissa senza indugio, sicura di sé. Con movimenti eleganti si rialza, infastidita dal mio disturbo che ha interrotto le sue tenui fantasie.
«Quello era un tentativo per farti tornare la febbre, per rimanere ancora mia ospite? Non avrei mai pensato che nutrivi certi desideri verso di me Granger».
«Non preoccuparti Malfoy, non ho intenzione di respirare la tua stessa aria ancora per molto», la sua voce risuona fredda e indifferente alle mie provocazioni, mentre continua a cercare i suoi vestiti.
«Allora cosa facevi con la finestra spalancata al mese di febbraio?». Questa volta non risponde. Il suo silenzio improvviso fa ribollire di una strana rabbia il sangue nelle mie vene. La prendo per un braccio, strattonandola con forza verso di me, stringendo convulsamente le dita sulla sua pelle. «Nessuno ti ha insegnato a rispondere?», parole sussurrate con asprezza, veleno mortale per coloro che non hanno alcuna capacità di difesa. Tuttavia, non è paura quella che scorgo nei suoi occhi.
«Anche se te lo dicessi, non capiresti comunque», cerca di allontanarsi, tentando in ogni modo di divincolarsi dalla mia presa. «Vorrei andarmene Malfoy», tono autoritario che non ammette risposte negative.
Ma non le concedo un solo centimetro, assuefatto dal calore invitante de suo corpo così vicino al mio, dal suo profumo intenso e delicato al tempo stesso, che non ho sentito su nessun’altra.
Sa di lei. Di lei soltanto.
Prendendole anche l’altro polso, la costringo ad indietreggiare.
«Eh no mia cara Granger, la mia ospitalità ha un prezzo», una lasciva litania sussurrata al suo orecchio, «E poi, non si abbandona mai l’ospite senza i dovuti ringraziamenti». Le sue gambe si piegano a contatto con il bordo del materasso, facendoci rovinare entrambi sul letto. Ora nemmeno l’aria ci divide, i nostri corpi separati solo dalle labili barriere delle vesti.
«Lasciami andare Malfoy!», urla, dimenandosi senza tregua sotto di me, «Lasciami!», ordina, austera come un’imperatrice di antiche dinastie.
«Non ci penso neanche», tenendole i polsi ai lati del viso scendo a baciarle il collo, inebriandomi del sapore della sua pelle. Noto che la leggera camicia di seta che le ho prestato è salita ben oltre i suoi consueti limiti. Con irruenza e ben poca delicatezza riesco a farle schiudere le gambe, stendendomi completamente su di lei. Uno strano tremore mi percorre improvviso la schiena, deciso ed intenso, tanto da raggiungere anche le mie mani. Cerco di ignorarlo, concentrandomi sul desiderio che ho di lei.
Ma accade qualcosa che, nella mia ingenua superbia, non avevo calcolato. Sollevo lo sguardo sul suo viso, cercando i suoi occhi. Ho l’assoluta necessità di naufragare in quegli specchi di bronzo dai riflessi dorati, lasciarmi condurre da mani gentili attraverso le nebbie del suo animo. Il mio cuore perde un battito quando scorgo quelle iridi vitree e vacue, private di ogni loro arcano mistero.
Distoglie lo sguardo fissandolo sulla luce calda del sole ormai quasi completamente calato, avvolto dal regale mantello della notte che avanza con la sua corte di stelle. È la prima volta che non mi fissa negli occhi. «Bè, perché ti sei fermato Malfoy? Perché non ti prendi ciò che vuoi e la facciamo finita».
Sento la furia, che fino a qualche istante fa imperversava tra i miei pensieri, svanire completamente, dissolta come neve in una tiepida giornata di marzo. «Dannazione a te Granger!», mi scosto da lei con movimenti bruschi, irritato da quella strana sensazione che mi ha assalito, impedendomi di comportarmi con lei esattamente come ho fatto con tante altre. Prendendomi ciò che più mi aggradava senza alcuna remora.
La vedo rannicchiarsi su se stessa, stringendosi le braccia intorno al corpo in cerca forse di protezione, forse di conforto. Senza trovare la forza di aprire le sue splendide ali da angelo ed andarsene da questo antro infernale, imprigionata tra le fiamme che tuttavia non riescono a lambire il suo corpo. Troppo puro e sacro per essere corrotto.
Mi avvicino alla finestra, passandomi distrattamente una mano tra i capelli. Solo silenzio ad accogliere i miei pensieri, reso meno denso dal lento susseguirsi di un respiro tranquillo. Evidentemente si è addormentata.
Osservo la luna, una splendida falce che ora inizia a rifulgere in un cielo quasi completamente tinto di scuro. La mia unica compagnia in lunghe notti insonni, in cui ero forse incapace di abbandonarmi ai sogni. Lascio che la sua luce pallida e antica mi avvolga completamente, mentre una strana stanchezza mi assale. Trovo la forza di arrivare fino al letto, sdraiandomi accanto alla mia Dea Gryffindor. Sento il suo corpo tremare con violenza, simile ad una fragile foglia sferzata dal gelido vento d’inverno. Senza pensarci, le passo una mano attorno alla vita, attirandola più vicina a me. Si dimena tra le mie braccia con le ultime energie, indomita e orgogliosa. «Stai tranquilla, non ti mangio mica», le sussurro ad un orecchio, stringendola leggermente. Sento le sue membra rilassarsi e un sospiro profondo uscire da quelle labbra voluttuose, mentre si rannicchia di più contro di me, poggiando la schiena contro il mio petto. Cullato dal suo calore, sprofondo nell’oblio ristoratore del sonno.
 
È buio…qui in fondo.
I miei occhi aspettano l’alba
La mia voce non trova eco
 
Mi sembra di aver dormito per ore infinite, sereno come non ero da tempo, o forse non lo sono mai stato. Passa qualche istante prima che mi accorga di due cristalli d’ambra che mi osservano in silenzio. Ed io non oso infrangerlo, lasciandomi sfiorare dal suo sguardo delicato come seta pregiata. Quasi con sollievo ritrovo in quelle otri di ambrosia il loro coraggio, la loro meritata fierezza e la scura sfumatura dell’orgoglio. Tornati a rilucere come fiamme ardenti di un fuoco sacro e inestinguibile.
Vedo la sua mano avvicinarsi al mio viso, carezzandolo con dolcezza. Assaporo ogni istante di questo inaspettato contatto, lasciandomi andare alla piacevole sensazione di averla ancora accanto. Anni luce separano i nostri mondi, seppure accostati in un unico universo. Ma in questo preciso momento, così vicini e uguali da sembrare l’esatta unione di due idilliache metà.
I suoi occhi tentano di inoltrarsi con fare discreto nei meandri delle mie iridi, sfuggenti come fumo di un falò ormai spento da tempo, toccando angoli del mio essere di cui io stesso non ero a conoscenza. Cercando una muta risposta ad una domanda non ancora pronunciata. Si avvicina, posando il capo sul mio petto. «Perché ti sei fermato?».
«E tu perché non te ne sei andata?», un solo profondo respiro mi giunge come risposta.
«Vieni», scende dal letto con movenze silenziose, rabbrividendo al contatto dei suoi piedi nudi con la fredda pietra del pavimento. Si accosta alla finestra, aprendola nuovamente. Una folata di vento la investe facendo danzare i suoi capelli, inondando la stanza di un soave profumo di libertà. «E’ lui che mi ha detto di restare, di non lasciarti solo».
Alzo un sopracciglio, guardandola con fare scettico, «Lui chi?».
«Il vento», un timido sorriso le increspa le labbra, mentre si volta per potermi guardare negli occhi. «Vieni», ripete ancora, tendendo la sua mano verso di me.
Quando le sono vicino, sento le sue dita delicate intrecciarsi con le mie, stringendole piano. «Granger, ma cosa…».
«Ssshh, chiudi gli occhi», una richiesta gentile ed innocente, alla quale non posso dire di no, affidandomi completamente a lei. «E ora, ascolta».
Il silenzio torna imponente, carezzando i nostri corpi con impalpabili mani.
«Mezzosangue, io non sento proprio niente», sbuffo spazientito.
«Perché non stai ascoltando con sufficiente attenzione», la sua voce è sommessa e remota come il suono di un’arpa, «Devi imparare a sentire con l’anima, non con i sensi».
Cerco di concentrarmi, anche se per me ha tutto dell’assurdo. Improvvisamente, insieme ad un refolo d’aria calda e dal profumo misterioso, un’eco lontana mi raggiunge, parole sussurrate da una voce sconosciuta e al tempo stesso nota fin dagli albori del tempo. Faccio fatica a comprendere, perché pronunciate in una lingua antica di cui poco conosco, ma che riescono ad infondermi una profonda sensazione di tranquillità, di pace con me stesso. Un sorriso spontaneo, forse il primo da anni, mi sale alle labbra. Ma non sento il bisogno di nasconderlo.
«Col tempo imparerai anche a capire», la sua voce calda e suadente mi riconduce al mondo reale. Anche lei sorride, ed ancora una volta non posso far altro che pensare di non aver mai visto niente di più bello di lei, dei suoi occhi innocenti e radiosi, delle sue mani che si stringono premurose alle mie. «Adesso sai perché non me ne sono andata». Mi torna in mente quando l’avevo trovata accanto a questa stessa finestra, la mente concentrata su qualcosa che per me era incomprensibile.
«Ti starai chiedendo come sia possibile tutto ciò», mi stupisco della sua capacità di leggere nel mio sguardo ogni singolo pensiero. «E’ un dono che ho ereditato da mia bis-bis nonna. A suo tempo, era stata una sacerdotessa dell’antico culto. Grazie al suo sangue, che scorre in parte anche nelle mie vene, ho acquistato una particolare sensibilità alla magia, e specialmente a quella degli Elementi. E grazie a lei, ho imparato ad ascoltarla». In questo momento, sfiorata dai raggi ancestrali della luna che l’avvolgono come seta, anche lei sembra un’arcana sacerdotessa di tempi antichi, di cui avevo letto solo sui libri.
«Sono tutte fantasie per bambini», ricompongo con impeccabile maestria la mia maschera impassibile.
«Forse Malfoy, forse. Ma a quanto pare, stasera ci hai creduto anche tu». Mentre lei torna ad indossare i suoi abiti, io non riesco a non pensare a quel lieve sospiro, che ha sussurrato al mio spirito parole che sapevano di libertà, di futuro. «Tieni, questo è tuo. Grazie», mi porge la camicia del pigiama, ancora calda per la vicinanza con il suo corpo. E prima che possa rendermene conto, mi abbraccia. Un contatto delicato, intimo. Avverto il suo respiro infrangersi contro la mia pelle, calmo e regolare. La stringo a me, carezzandole la schiena, inebriandomi del profumo soave dei suoi capelli. Sto maledettamente bene con lei tra le mie braccia. Sento il suo corpo abbandonarsi contro il mio, accogliendo con piacere le mie carezze vellutate. «Quando avrai bisogno di qualcosa, dillo al vento e ascolta ciò che ha da dirti», prima di allontanarsi prende il mio viso tra le mani, posandomi un lieve bacio sulla fronte.
Qualche istante dopo se ne è andata, svanendo come uno spirito della notte ai primi raggi rivelatori di un nuovo giorno.
 
Non è lontano il giorno,
quando la luce vincerà sul buio
E nel silenzio esploderà il mio pianto,
ricco di rabbia e di felicità.
 
Molte volte, negli anni a seguire, ho ripensato alle parole di Blaise. “Vorrei tanto sapere cosa ti ha fatto, visto che non solo è riuscita ad entrare nella tua testa, ma sembra aver raggiunto persino la tua anima”.
E non solo la mia Mezzosangue l’aveva raggiunta. Ma l’aveva guardata e non era inorridita, l’aveva carezzata e poi presa in custodia tra gli infiniti veli d’oro dei suoi occhi.
Ed è rimasta sua.
Nonostante ora abbia una moglie che amo e una splendida bambina, la notte non faccio altro che sognare quello sguardo sicuro e fiero, ma permeato da profonda sapienza e dolcezza. Quelle iridi incandescenti che hanno saputo togliermi il respiro con la loro luce mistica.
Quando il vento scorre indomito su questo mondo, ricordo quella notte e ricordo le sue parole. Adesso ho imparato a capire quegli arcani sussurri, ed ogni volta trovo in loro risposte, consolazione e calore.
Mi parlano di lei.
Il Destino, infine, ha ottenuto la sua vendetta.
  
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