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Autore: Electra_Gaunt    29/04/2013    1 recensioni
Alex ha vent’anni adesso e ricorda ancora quell’anno in cui incontrò l’amore della sua vita, che la distanza e l’età avevano distrutto.
“Guardai le stelle, lui era così lontano, mi chiesi se mi avesse dimenticato...”
Dal primo capitolo:
Stava nevicando e c’era fottutamente freddo, fuori. La casa era accogliente e piena di persone, ma io continuavo a sentirmi solo. Essere diventato ventenne significava molto per me e riportava alla memoria momenti che volevo solo dimenticare.
Erano passati cinque anni.
Fanfiction di Caletitah, che gentilmente mi ha concesso di tradurre (il link della storia originale è all'interno). Spero vi piaccia!
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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NOTE DELLA TRADUTTRICE: 
Devo ringraziare Caletitah per aver scritto questa splendida storia. Dico davvero. Probabilmente in italiano perderà quell'eleganza puramente inglese, ma mi impegno nel tradurla al meglio. 
Devo anche ammettere che questa è la mia prima traduzione ufficiale che pubblico su EFP quindi siate clementi. 
Bene! 
Per chi volesse leggere l'originale (cosa che vi consiglio) il link è here :)

PS: Ripeto, la storia NON è mia ma di Caletitah e non è stata scritta a scopo di lucro. I personaggi non ci appartengono (né a me, traduttrice, né alla scrittrice).

PPS: spero vi piaccia!
PPPS: dal prossimo aggiornamento, i capitoli saranno più lunghi. Questa parte è solo introduttiva :)



THANKS TO YOU
New in Town.


 

Uscii dall’aeroporto, presi un taxi e diedi l’indirizzo della mia nuova casa al conducente.
“Perciò... sei nuovo di qui, eh?” Disse il tassista, guardandomi attraverso lo specchietto retrovisore.
“Già. Vengo dall’Inghilterra. Programma di scambio.” Risposi all’anziano uomo.
“Bene.. benvenuto nella città di Baltimora, ragazzo. Quanti anni hai?” Chiese.
“Ehm.. quindici.” Mi stava infastidendo.
Profondamente.
 “Davvero giovane, eh?” Era un uomo inquietante. “Quindi…per quanto tempo starai qui?” Stai zitto, cavolo.
“Un anno.” Stai zitto cazzo! “Uh.. quanto tempo ci vuole per arrivare?” Chiesi, cambiando argomento.
“Oh.. non preoccuparti, ci siamo ormai.” Rispose, voltando nuovamente lo sguardo verso la strada.


Quando finalmente arrivammo a destinazione, dopo un’ora di sofferta conversazione con il tassista inquietante, pagai il conducente e camminai verso il portico di una grande casa rossa.
Bussai alla porta un paio di volte e incominciai a riflettere sul fatto che magari fosse la casa sbagliata, ma doveva essere lì. Dopo un paio di minuti di attesa, un’anziana donna finalmente aprì l’uscio. Era bassa e indossava un vestito giallo a fiori, aveva capelli bianchi e corti ed un sorriso gentile. “Oh.. tu devi essere il ragazzo del Programma di Scambio, entra caro, sembri stanco.” Disse, aprendo il portone e sorridendo maggiormente. “Charlie, vieni qui e prendi i bagagli del ragazzo!” urlò a voce molto alta per essere una donna anziana. “Mio marito sta arrivando per portare le tue cose in camera tua, caro. Mi chiamo Rose.” Altro sorriso.
“Alexander e grazie”. Risposi al sorriso.

Dopo due ore di spuntino, chiacchiere, firmare documenti e parlare ancora, la piccola Rose
mi portò in camera da letto. Era grande, davvero grande, molto più bella di quella che avevo lasciato ad Essex.
Era in soffitta, sembrava una tenda, eccezionale, le pareti erano bianche e vi era un enorme armadio con un letto di fronte ad esso. Sulla parte superiore del letto era posta una finestra mentre vicino alla porta c'era un bel tavolo con un computer ed altre cose sopra. E, infine, tra il giaciglio e la scrivania vi era la soglia del bagno, altrettanto enorme, con la vasca.
Mi sentivo in paradiso.
Vedendo l’enorme sorriso sul mio viso, la piccola Rose rise con energia.
“Sono contenta che ti piaccia, caro.” Disse, continuando a ridacchiare. “Le tue lezioni inizieranno tra una settimana, prenditi del tempo per decorare la stanza e andare a conoscere la città, ti chiamerò quando è pronta la cena.”
“Wow, è magnifica.” Sorrisi. “Grazie.” L’abbracciai, come fosse una nonna.
“Oh, smettila, hai detto troppo volte ‘grazie’.” Sghignazzò e mi lasciò solo in quella stanza favolosa.

Trasferirmi lì non era stata una così cattiva idea dopotutto. 

  
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