Il popolo degli Alphi Blu si era ordinatamente schierato nella
piazza. Tutti erano armati in prevalenza di archi e frecce ma si
contavano anche un certo numero di spade lunghe e sottili talmente
ben fatte e lucenti che sembrava impossibile fossero destinate a
togliere la vita a qualcuno. Indossavano un elmo, delle pettorine e
dei gambali di cuoio che li rendevano più resistenti ma al
contempo li mantenevano leggeri. Fìnrel era davanti a loro e
li osservava triste, mai avrebbe pensato di dover portare quella
gente in guerra contro suo fratello gemello. Nonostante questi
pensieri era fermo e risoluto e avrebbe fatto ciò che andava
fatto: salvare un amico ricambiando il favore di anni prima.
Le donne con i bambini e gli anziani erano in disparte, ma le donne
nubili era anch'esse armate e pronte a combattere, non meno temibili
degli uomini.
-“Popolo degli Alphi!” esordì
Fìnrel attirando su
di lui lo sguardo di quello che si era trasformato in un esercito
“combattete per il Dottore e ricordate che voi siete Alphi e
che lo
sono anche coloro contro cui andrete. Vi dico: mostrate
pietà
nei loro confronti, ma non fidatevi di loro.” fece un lungo
sospiro
e li fissò tutti, uno ad uno.
-“Per il Dottore!” esclamò infine.
-“Per il Dottore!” urlò l'esercito.
.................
-“Andate da tutte le tribù di Alpha nei dintorni.
Dite loro
che siamo stati traditi da Fìnrel che ci ha rubato il
Diadema
Gemma Nera e che ora lui vuole conquistare Alpha e sottomettere al
suo potere tutte le tribù. Dite loro che va fermato e che
abbiamo bisogno di tutti per farlo. E siate convincenti”.
Fìrnen
si girò guardando il paesaggio fuori dalla finestra. Ormai
era
calato il buio su Alpha ed i suoi messaggeri si sarebbero mossi con
più agilità. L'oscurità era il loro
elemento
dopotutto. Si sentiva compiaciuto perchè il suo piano stava
funzionando perfettamente. Si voltò e fece chiamare i due
Alphi che avevano portato la bombola per il Dottore.
-“Quanto ci metterà a contaminarsi?”
chiese schietto.
-“Sire, mi sorprenderebbe se non lo fosse
già” rispose
schietto uno dei due.
-“Il Dottore è decisamente un essere sorprendente.
Ma questa
volta non può niente contro la malattia.” un
ghigno malvagio
solcò il suo volto. Con un gesto della mano
congedò
tutti e restò solo davanti alla finestra immerso nei suoi
pensieri malvagi.
..................
Lìvoras tese una mano per fermare Licia.
Ormai erano vicini alla tribù degli Alphi Neri e bisognava
fare più attenzione che mai. Non parlavano se non a gesti e
avanzavano cercando di fare meno rumore possibile, cosa non molto
semplice quando ci si trova in un bosco.
Lìvoras stava indicando a Licia qualcosa davanti a loro che
però lei non riusciva a distinguere. Scrollò la
testa e
con essa i folti capelli ricci per fargli intendere che non capiva.
Lui le fece segno di attendere e portò una mano alla faretra
sulla sua schiena, l'arco nella mano sinistra. In quel momento lei
capì e si sporse fino a toccargli una spalla. Lui si
girò,
interrogativo e Licia gli fece segno di no con la testa.
Lìvoras
la guardava spaesato, ma poi capì e lasciò
perdere.
Affidò l'arco a lei e si inoltrò poco
più
avanti. Tornò trascinandosi dietro un alpho nero svenuto. La
ragazza annuì sorridendo all'amico e sussurrò
più
piano che poteva: -“Grazie, non mi piace uccidere.”
-“Questo tuo buon cuore ci farà
scoprire” ribatté.
-“Questo mio buon cuore, come lo chiami tu, ci
farà entrare
razza di alieno ignorante!” disse lei stufa di essere
trattata come
una ragazzina.
Lìvoras la guardò molto contrariato e stava per
ribattere ma lei gli tappò la bocca con la mano:
“Ascolta
Lìvoras, questo lo leghiamo ad un albero, ma prima lo
svestiamo”.
La guardò come se fosse una pazza, lei se ne accorse e gli
tolse la mano da davanti alla bocca, ma solo per tirargli uno
scappellotto sulla nuca: “Brutto imbecille ma che ti viene in
mente
secondo te mi metto a svestire la gente senza motivo?!? Ancora non ci
sei arrivato? I suoi vestiti te li metti tu! Non ti riconosceranno
mai perchè loro indossano quella specie di passamontagna che
gli copre il viso.”
-“E tu? Come maschererai il fatto di essere una ragazza? Non
passerai mai per un' alpha!”
-“E infatti io sarò me stessa! Catturata da te. La
povera
ragazzina che cerca di salvare il Dottore. Entriamo e mi sbatti in
cella con lui non prima di aver trovato il cacciavite del Dottore.
Quel coso sembra molto importante ed utile per lui dato che
è
arrivato fin nella mia camera da letto per trovarlo...”
-“Lui che?!?” fece Lìvoras.
-“Shhhh!” rispose lei ritappandogli la bocca
“Avevo sei anni
cretino!”
-“Ignorante, imbecille e cretino non sono dei complimenti
vero?”
chiese lui.
-“Assolutamente no” rispose lei schietta, ma
abbozzando ad un
sorriso furbo.
-“Oh, fantastico” disse lui.
Spogliarono l' alpho e lo legarono come poterono con il poco che
avevano a disposizione, poi Lìvoras si spostò di
qualche metro e si cambiò d'abito. Quando tornò
da lei
era davvero irriconoscibile e Licia si sarebbe spaventata a morte se
non fosse stato per gli occhi verdi che spuntavano dal passamontagna.
Si augurò che nessuno li notasse o il piano sarebbe saltato.
Licia e Lìvoras si guardarono, l'uno davanti all'altra si
abbracciarono e si augurarono buona fortuna a vicenda.
Procedettero fianco a fianco e quando furono a pochi metri dal
limitare del bosco Lìvoras se la caricò su una
spalla e
Licia cominciò ad urlare e dimenarsi:
-“Ehi tu, lasciami andare, lasciami! Dove mi stai portando?
Mettimi
giù!!!” mentre urlava tempestava di pugni la
schiena di
Lìvoras.
Uscirono dalla vegetazione ed imboccarono la strada che portava al
villaggio degli Alphi Neri.
A differenza delle altre tribù, i neri avevano deciso di
tornare alla tecnologia. Le case erano in muratura e su una
collinetta poco lontana svettava un palazzo imponente rispetto al
resto delle abitazioni: si trattava del palazzo di Fìrnen.
Lìvoras vi si diresse deciso con Licia che urlava e
scalciava
attirando l'attenzione di tutti. Nessuno lo fermò
fortunatamente e arrivò senza intoppi alle porte del palazzo.
............
Il Dottore era seduto nell'angolo più lontano alla bombola.
La
rudimentale mascherina che si era creato sacrificando anche il suo
amato cravattino era diventata umida e l'umidità era
ricettacolo di microbi. Guarda caso l'ambiente ne pululava!
La mascherina ormai era inutile.
Scosse il capo sconfitto e si arrese.
Lentamente sciolse i nodi e trattenendo il fiato si rimise il
cravattino.
Respirò.
Sentì uno ad uno i microbi che entravano nel suo corpo e
cominciavano ad attaccare le cellule.
-“Licia...” sussurrò.