Lettera VI.
Buongioro Giorgio, mi sono appena svegliato.
Sono solo le sei della mattina e tira un gran vento.
Amo la mattina, è l'unica momento della giornata che promette qualcosa.
Tutto è ancora da realizzare, tutto è possibile.
Osservo il sole che comincia a sorgere e il vento che dalla finestra mi accarezza il volto,
simile allo sciocco ma più potente e meno caldo.
Il silenzio a momenti è spezzato dal passaggio di una macchina e mi chiedo dove possa andare, da dove torni o dove sia diretta.
Tra poco inizierà la vita, tra poco tutto sarà in moto e a lavoro in questo piccolo mondo.
Intanto il colore del cielo mi infonde sicurezza,
mentre ti scrivo e la cenere della sigaretta cade sul foglio.
Spike si è svegliato, vuole le sue crocchette e la passeggiata mattutina.
Ma non lo accontenterò subito, sarò spietato ed egoista,
perché voglio ricordarti di quando prendevamo le nostre tazze di caffè
e fumavamo le nostre sigarette, pacchetti da dieci che finivano nel giro di mezz'ora.
Ti ricordi il freddo che c'era d'inverno?
La neve che ci copriva le teste e il vento che tirava e ululava come un pazzo.
E il pazzo qui sono rimasto io, che sono ancora legato ad un passato che non può darmi risposta, è come se parlassi ad un muro ma mi ostino a farlo
e a non capire che così finirò col farmi male.
Non ricevo ancora tua risposta e comincio a preoccuparmi,
ma come ti ho già detto sono un folle e continuerò a scriverti finché tu non mi dirai basta.
Pierr.