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Autore: Marco1989    10/05/2013    1 recensioni
[Alien]
"Credevano che fosse tutto finito. Credevano di essere al sicuro. Si sbagliavano."
Fanfiction sulla saga di Alien, seguito alternativo di Alien 3.
Genere: Azione, Drammatico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Allora, chiedo scusa a quelli che hanno seguito l'inizio di questa storia per averla interrotta, ma quando smisi, sembrava che a nessuno interessasse!
Adesso ci sono tornato sopra casualmente, e vedendo che, invece, ad alcuni piaceva, ho deciso di metterci nuovamente le mani, sperando che ancora interessi! Procediamo perciò con il quarto capitolo! A partire dal prossimo, inizierò a rispondere alle recensioni!
 
 
NIGHTMARE
 
 
Agganciarsi alla nave sconosciuta fu un’impresa tutt’altro che facile: il comandante Freeman fu costretto a prendere personalmente il comando di una delle navette da sbarco, e, con estrema attenzione, riuscì a portarla a pochi metri dal relitto. Fu lì che iniziarono i guai: il normale condotto di salvataggio magnetico era inutile, e nessuna delle sostanze adesive presenti sulla “Stonewall” riuscì a far presa sulla fiancata della nave. Fu perciò necessario far lavorare gli uomini nello spazio aperto, con le tute.
 
Lo strano materiale di cui era composta la nave sembrava un incrocio tra plastica, gomma e un qualche tipo di resina, ma probabilmente non aveva alcun punto di contatto con nessuna di queste sostanze; aveva l’aspetto di qualcosa di biologico, ma si dimostrò incredibilmente resistente, più di qualsiasi metallo. Quando i tecnici della “Stonewall” tentarono di aprire un passaggio con i saldatori a plasma, risultò evidente che era praticamente ignifugo: il plasma a 2000 gradi non scalfì neanche la fiancata. Furono costretti a usare i laser ad anidride carbonica, ma lo strano composto cedette comunque soltanto ad una temperatura quadrupla rispetto a quella di fusione dell’acciaio.
 
Inizialmente fu aperto solo un varco di pochi centimetri, sufficiente per inserire una sonda che analizzasse la composizione dell’aria all’interno della nave. Il risultato fu pessimo: c’era solo il 6% di ossigeno, e una miscela di vari gas, tra i quali anidride carbonica e idrogeno, più diversi altri sconosciuti. La nave non aveva perso atmosfera, ma la miscela era comunque irrespirabile per l’uomo. L’esplorazione sarebbe dovuta avvenire con le tute spaziali.
 
Finalmente fu aperto un varco di due metri e mezzo di altezza per due di larghezza. Il condotto venne inserito direttamente nell’apertura. La squadra da sbarco era già a bordo della navetta; il primo a scendere fu il tenente Adams: indossava una tuta USMC SS-X, una attrezzatura di nuova concezione, poco più ingombrante di una muta da sub, che permetteva una notevole facilità di movimento. Era quanto di meglio possibile per azioni militari in assenza di aria respirabile. In mano il tenente stringeva un fucile d’assalto USCM M41-A, e si guardava in giro con circospezione assoluta; sembrava pronto a scattare al minimo imprevisto.
 
Lo seguirono il comandante Freeman e due degli scienziati, tutti e tre vestiti con le tute SS-X. Uno dei due biologi non se l’era sentita di prendere parte alla spedizione, ma era stato sostituito dalla biochimica, incuriosita dalla strana composizione della nave. Il biologo, Michael Barras, quarantenne laureato in biologia ad Harward, sembrava a dir poco spaventato: non era mai stato tipo da ricerca sul campo, e l’idea di dare la caccia a una creatura come quella che aveva visto sui computer. Totalmente diverso era invece l’atteggiamento della sinuosa dottoressa Simone Xanders, che più che spaventata sembrava affascinata. Per quando riguardava il capitano, era un fascio di nervi: sembrava volersi trovare in qualsiasi altro posto dell’universo. Fissava insistentemente il rilevatore di movimento che teneva in mano.
 
Infine, salirono sul relitto cinque soldati, quattro uomini e una donna, marines del reparto di Adams. Tre stringevano tra le mani i fucili d’assalto, mentre gli altri due portavano dei lanciafiamme. Tutti sembravano molto nervosi: non avevano capito perfettamente con cosa avevano a che fare, ma da quello che il tenente aveva raccontato loro, sembrava che in quella nave morta fosse annidato il diavolo.
 
Il gruppo era entrato in un corridoio; le luci poste sui caschi delle tute non riuscivano a mostrarne la fine. Sembrava quasi una caverna, ma il suo aspetto era inquietante: le travature sembravano quasi delle costole; i rilevatori delle tute indicavano una umidità prossima al 100%. Gli uomini del gruppo di esplorazione avevano la sensazione di essere nell’organismo di un immenso animale.
 
Il tenente Adams, di fronte a quello spettacolo, rimase immobile per alcuni secondi; poi ingoiò un blocco di saliva che sembrava intenzionato a cementargli la gola, accese la radio della tuta e, rivolto alla sua squadra, disse:- Va bene, dobbiamo darci un assetto. Reese e De Rosa, in testa alla formazione; io starò subito dietro di voi - i due soldati con i lanciafiamme, un uomo e una donna, si portarono davanti a tutti gli altri - Il capitano e gli scienziati staranno al centro. Novacek e Britt, ai loro fianchi. Il sergente Aaronson chiuderà la formazione.- tutti si disposero nelle posizioni assegnate. Il tenente concluse:- Ok, proviamo ad andare a destra. Occhi aperti e dito sul grilletto.- prese fiato - Muoviamoci.
 
Il gruppo si mosse, con i soldati che prendevano di mira ogni angolo buio, aspettandosi di veder uscire qualcosa di orrendo. Il corridoio era lunghissimo, e si intersecava con diversi altri. Il soffitto si alzava fino ad almeno sette metri. Ogni tanto sbucavano in stanze simili a piccole caverne, dalle quali si dipartivano nuovi corridoi. Ovunque imperava il buio più assoluto. Benché la nave fosse evidentemente priva di energia, e il freddo dovesse aver gelato qualsiasi liquido, i muri sembravano impregnati di una sostanza viscosa, una sorta di lubrificante. Secondo la dottoressa Xanders, se quella che componeva le pareti era realmente, come sembrava, una materia biologica, quella sostanza poteva servire a impedirne l’essiccamento. Nessuno però era realmente interessato a questo.
 
Il dottor Barras, in particolare, sembrava stare camminando sui chiodi: ogni pochi secondi il suo sguardo passava dalle pareti al soffitto, e poi al rilevatore di movimento del capitano Freeman, che continuava a rstare muto. – State ben attenti ai muri e al soffitto.- disse alla fine con voce tremante – Se veramente si tratta di quelle creature, sono in grado di camminare su superfici verticali e addirittura a testa in giù, e possono mimetizzarsi perfettamente nell’oscurità. Secondo i rapporti, ti arrivano addosso senza che tu li veda, ti attaccano e ti uccidono prima che tu capisca cosa ti ha colpito; questo se sei fortunato.
 
- Ricevuto, ragazzi?- chiese il tenente Adams, - Se vedete muoversi qualcosa, prima sparate e poi controllate di cosa si tratta.- nella sua voce serpeggiava una vena di paura.
 
 
 
Il gruppo stava camminando da circa dieci minuti quando si trovò di fronte lo scheletro. Tutti gli uomini si bloccarono di colpo, allibiti di fronte alla creatura morta da chissà quanti anni.
 
- Oh, mio Dio…- mormorò la dottoressa Xanders, allibita – E’ enorme!
 
In effetti, lo scheletro era gigantesco: era alto almeno cinque metri, e dalle dimensioni doveva essere appartenuto ad una creatura molto possente. Aveva un aspetto vagamente umanoide, nel senso che era dotato di una testa, un tronco, due braccia e due gambe; le somiglianze però finivano lì: la testa dell’essere mostrava una protuberanza simile ad una proboscide ossea, che sembrava quasi fusa con la parte alta del tronco. Impossibile capire bene quale aspetto potesse aver avuto: sulle ossa non era rimasta la minima traccia di carne o pelle. Alcune erano spezzate.
 
Il dottor Barras si chinò sulle ginocchia accanto allo scheletro, affascinato e per la prima volta dimentico della paura:- Incredibile, mai nella mia vita avrei pensato di vedere una cosa simile. La prima creatura extraterrestre evidentemente dotata di intelligenza che la razza umana abbia mai scoperto.- passò la mano sulle enormi ossa, fino a fermarsi su quelle del torace, paralizzato, il terrore che tornava a montare come un fiume in piena: le gigantesche costole dell’essere erano spezzate, dalla seconda fino alla sesta coppia. L’equivalente dello sterno sembrava essere scomparso, e i pezzi delle costole sembravano essersi aperti verso l’esterno, come un macabro fiore.
 
- Guardate qui…- riuscì a mormorare.
 
Gli altri si avvicinarono, osservando l’enorme buco nello scheletro. Il tenente Adams chiese:- Quale arma può aver provocato un simile disastro?
 
- Non è stata un’arma…- balbettò ancora il biologo – Le costole sono aperte verso l’esterno, e la rottura è troppo netta; qualcosa è uscito dal corpo di questo essere.
 
Un gelido terrore calò sul gruppo: le loro peggiori paure sembravano essere confermate.
 
 
 
La definitiva prova giunse pochi minuti dopo; il gruppo aveva attraversato altri corridoi, trovando altri cinque scheletri di giganti; due avevano il petto devastato come il primo, gli altri, semplicemente, erano stati fatti a pezzi. Avevano trovato segni di bruciature sia sul pavimento che sui muri: inizialmente avevano pensato al sangue acido delle creature, ma alla fine le avevano accostate a degli strani oggetti a forma di tubo, con una parte posteriore che ricordava una impugnatura, alcuni oggetti simili a pulsanti e una parte anteriore che andava a sfinarsi. Nonostante i tentativi dei soldati Reese e Britt, non fu possibile ottenere alcuna reazione da quegli oggetti, ma il tenente suppose che fossero le armi di quegli esseri.
 
- Deve esserci stata una battaglia.- affermò Adams.
 
Ne ebbe la conferma quando il gruppo entrò in una stanza gigantesca, simile ad una immensa caverna; le pareti mostravano strane e inquietanti protuberanze, simili a tubi, o piuttosto a vasi sanguigni; al centro, sopra una sorta di piattaforma, era posto uno strano oggetto, del quale Freeman e il tenente Adams avevano letto sul rapporto della nave ritrovata su LV-426: una sorta di gigantesca sedia, simile ad un trono, con lo “schienale” quasi disteso, posta davanti ad una apparecchiatura scura simile ad un telescopio. Freeman non poté che concordare con lo sfortunato equipaggio della “Nostromo”, che aveva ipotizzato che quella fosse la postazione del pilota, ma degnò quella interessante apparecchiatura soltanto di uno sguardo: la sua attenzione era concentrata su qualcos’altro, così come quello del resto del gruppo.
 
Il pavimento intorno alla piattaforma sembrava un cimitero, o meglio, un ossario: c’erano i resti di almeno una dozzina di giganti, e nessuno di loro sembrava essere morto in pace: le loro ossa erano spezzate, divelte, sparpagliate per tutta l’immensa sala. Nessuno di loro mostrava aperture particolare all’altezza del torace, ma non vi era alcun dubbio su chi – o meglio, che cosa – li avesse uccisi.
 
Perché in mezzo ai loro scheletri c’erano i resti di altre creature, esseri che sembravano usciti dall’inferno. Il tempo era riuscito ad intaccare il duro esoscheletro degli xenomorfi: in molti posti aveva ceduto, portando alla decomposizione della carne sottostante e mettendo a nudo il secondo scheletro, quello interno. Le ossa esposte erano di un malsano colore giallastro, le strutture tubolari si levavano dalla colonna vertebrale come rami secchi, le orbite vestigiali poste sui crani fissavano il niente, i denti sembravano atteggiati a sadici sorrisi. Nei punti dove l’esoscheletro aveva resistito, aveva assunto un colore verde marcio, ed aveva la consistenza del cuoio invecchiato.
 
Il capitano, Adams e i due scienziati, che avevano visto le immagini sul computer, non faticarono a riconoscere in quegli esseri i Linguafoeda Acheronsis, le mostruose creature trovate su LV-426.
 
- In nome della Creazione Divina…- mormorò terrorizzato il soldato Novacek.
 
La dottoressa Xanders scosse la testa:- Non vedo la mano di Dio in queste creature.
 
C’era una sostanziale differenza con gli esseri scoperti su LV-426: le dimensioni.
 
- Perché sono così grandi?- chiese il tenente Adams, inginocchiandosi accanto ad uno degli scheletri – Secondo i rapporti, dovrebbero essere tra i due metri e i due metri e mezzo. Questi devono arrivare quasi a quattro e mezzo.
 
- Quelli erano nati da esseri umani.- rispose il dottor Barras - Evidentemente le dimensioni dell’ospite influiscono su quelle della creatura.
 
Freeman si guardò in giro: tutti i giganti avevano accanto gli strani oggetti a forma di tubo, e c’erano dozzine di segni di bruciature in giro per l’enorme stanza; dagli scheletri degli xenomorfi sembravano mancare alcuni pezzi, e attorno alle pari mancanti si vedevano segni di bruciature; alla fine asserì:- Qui deve esserci stata la resistenza finale. L’ultima battaglia. Però qualcosa non mi torna: nessuno di questi sembra essere morto perché infettato; abbiamo trovato solo due o tre di questi giganti con il petto sfondato, e soltanto qui ci sono i cadaveri di almeno sei di quelle creature. Da dove arrivano gli altri?
 
Adams si guardò in giro: c’era un altro tunnel che usciva dalla stanza:- Credo che lo scopriremo presto. Continuiamo.
 
 
 
Lo spettacolo era terribile, la scena più orrenda e inquietante che quegli uomini avessero mai visto. Tutte le pareti della stanza, apparentemente grande meno della metà della precedente, erano coperte da una sorta di resina nera, che si mostrava con forme astratte e impressionanti. Una intera parete era occupata da una serie di formazioni simili a bozzoli; ce n’erano per lo meno una ventina, forse di più; all’interno di ognuno c’era lo scheletro di un gigante, con il petto sfondato, e davanti a ciascuno c’era uno strano oggetto, alto circa ottanta centimetri, di forma quasi ovale, con la parte superiore aperta come un fiore, con tre “petali” spalancati.
 
- Uova… questo è il loro nido - borbottò Freeman, spaventato; immediatamente buttò un occhio al rilevatore di movimento, e il fatto di non vedere nulla non lo rassicurò. Perché c’era ben altro, in quella stanza, oltre alle uova. Il pavimento era praticamente coperto di ossa e pezzi di esoscheletro. Ci dovevano essere i resti di almeno quindici xenomorfi enormi. Non c’era neanche uno scheletro intatto: tutti sembravano essere stati fatti a pezzi con violenza. In un angolo, però, c’era un corpo intatto, con l’esoscheletro perfettamente conservato, benché coperto di segni e cicatrici. L’alieno era raggomitolato in posizione fetale, e sembrava essere morto serenamente, se una simile parola significava qualcosa riferita a quegli esseri.
 
- Ma cosa diavolo è successo qui?- chiese Adams a nessuno in particolare - Sembra che in questa stanza sia passato un tornado.
 
Sul momento non rispose nessuno; la dottoressa Xanders si avvicinò a uno dei muri, prese il coltello dalla fondina cucita nella gamba destra della tuta ed iniziò ad armeggiare per staccare un campione della strana resina che lo copriva; il dottor Barras, intanto, mentre i soldati si guardavano in giro senza comprendere, si inginocchiò e si mise a scavare tra gli scheletri, prendendo in mano le ossa abbastanza piccole da poter essere sollevate. Alla fine ne mostrò uno agli altri:- Ci sono segni di denti. Se volete la mia opinione, uno dei giganti che componevano l’equipaggio è stato infettato casualmente da questi esseri. La prima creatura è nata e ha diffuso l’infestazione; i giganti hanno tentato di difendersi, ma sono stati annientati. Questi mostri hanno mangiato i corpi dei loro ospiti e qualsiasi altra cosa commestibile; poi, spinti dalla fame, hanno cominciato ad uccidersi e mangiarsi tra loro, finché l’ultimo rimasto non è a sua volta morto di fame - si alzò – Deve essere successo decenni, forse secoli fa. Questa nave è sicura.
 
- Io non ci giurerei.- borbottò il tenente.
 
- Perché? Questi esseri sono tutti morti da chissà quanto tempo.
 
Adams indicò un corridoio che usciva dalla sala:- Perché non abbiamo ancora trovato la stiva di carico. Sull’altra nave c’erano centinaia di uova, e qui sono nate solo una ventina di creature. Tremo al pensiero di ciò che troveremo più avanti.
 
 
 
L’ultima caverna assomigliava ad un enorme capannone dalle pareti butterate; al centro la stanza era occupata da una sorta di gigantesca vasca rettangolare, interamente occupata da centinaia di oggetti ovali. Tutto il gruppo d’esplorazione rimase ammutolito di fronte a quell’impressionante spettacolo. Alla fine fu il soldato Britt a sbottare:- Cazzo… saranno un migliaio!- e fece per avvicinarsi.
 
- NO!- urlò il tenente Adams, e il soldato rimase come paralizzato – CHE NESSUNO SI AVVICINI A QUELLE UOVA!
 
Tutti gli uomini del suo reparto si voltarono verso di lui: non avevano mai sentito una simile nota di paura nella voce del loro comandante.
 
- Se vi doveste avvicinare, succederebbe qualcosa di molto brutto. Subito dopo, io sarei costretto a piantarvi una pallottola in testa, e non sarebbe la cosa peggiore che potrebbe accadervi.
 
I soldati non si mossero più. Dopo un paio di minuti il tenente si scosse:- Va bene, abbiamo visto abbastanza. Rientriamo sulla “Stonewall”; dobbiamo preparare un rapporto e inviarlo allo Stato Maggiore sulla Terra. Questa è una situazione troppo grossa per noi, dobbiamo chiedere istruzioni su cosa fare.
 
  
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