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Autore: zavarix    12/05/2013    6 recensioni
“Dai Jack! Aspetto questo momento da anni! Non puoi muoverti più in fretta?”, chiese Elder agitato.
“Tranquillo Mike, i fogli non scappano”, rispose tranquillo Jack, anche se in verità era ansioso pure lui. Finalmente avevano raggiunto l'ultimo anno dell'accademia e per i prossimi due mesi, in gruppi da tre, avrebbero affiancato una squadra della BAU.
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aaron Hotchner, Jack Hotchner, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il tempo passa e i bimbi crescono!'
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Prologo.



“Uscito per buona condotta, bravo”, disse il secondino mentre gli restituiva i suoi oggetti personali. Non rispose, prese le sue cose e se ne andò. Di fuori non c'era nessuno ad aspettarlo, cosa che lui si aspettava, ma strinse comunque le mani per la rabbia.
“È colpa loro! È tutta colpa loro!”, mormorò tra i denti. Andò alla fermata più vicina e prese il primo autobus diretto verso la città. Non che avesse qualcosa da fare, o qualche posto in cui andare, qualcuno da incontrare. Quella città non aveva niente a che fare con lui. In effetti, niente sembrava avere più qualcosa a che fare con lui. Si fermò ad una fermata a caso e si incamminò per la strada. Alzò lo sguardo accorgendosi di essere arrivato davanti al tribunale. Sputò per terra ricominciando a muoversi, quando un uomo, visibilmente di fretta, gli finì contro perdendo a terra tutte le sue carte. Le raccolse di fretta senza togliere il cellulare dall'orecchio.
“Perché non guardi dove vai?”, lo aggredì prima di riprendere la conversazione al telefono. Non con cattiveria, ma solo perché era troppo di corsa per pensare alle buone maniere. Lui guardò uno dei fogli che gli erano rimasti in mano, su cui campeggiava il nome e il titolo del suo possessore: avvocato Dyne.
“Non è colpa mia!”, disse ancora tra i denti incominciando a seguire l'avvocato dentro ad un vicolo, dove probabilmente aveva lasciato la macchina.
“Sì! Lo so che sono in ritardo! Sì, no. Non- no! Sì, lo so! No, ok , aspettami lì che arrivo. Che ti devo dire? Mi hanno trattenuto in tribunale! Dai, tranquillo che adesso arrivo”. L'uomo chiuse la chiamata e mise la mano sulla maniglia della porta, ma non fece tempo ad aprirla che lui lo raggiunse alle spalle e lo tramortì. Poi lo mise in auto e partì.
“Non è colpa mia”, continuava a mormorare guardandosi intorno. “Non è colpa mia!”, gridò poi pestando con forza i pugni sul volante.

 

 

 

 

Il professore finì di parlare proprio quando suonò la campanella che segnava la fine della lezione. Tutti gli studenti, solitamente non troppo attivi, erano già pronti per uscire e, appena il professore si era alzato per andarsene, incominciarono ad accalcarsi alla porta. Tutti gli studenti a parte due, anzi uno, che, apparentemente con calma, stava finendo di mettere le sue cose nella borsa.
“Dai Jack! Aspetto questo momento da anni! Non puoi muoverti più in fretta?”, chiese Elder agitato.
“Tranquillo Mike, i fogli non scappano”, rispose tranquillo Jack, anche se in verità era ansioso pure lui. Finalmente avevano raggiunto l'ultimo anno dell'accademia e per i prossimi due mesi, in gruppi da tre, avrebbero affiancato una squadra della BAU
“Secondo te saremo nello stesso gruppo?”, chiese Elder mentre arrivavano finalmente alla massa di studenti che si affollava davanti alla bacheca nel corridoio.
“Spero di sì”, disse Jack alzandosi in punta di piedi, forse avrebbero fatto meglio ad aspettare che il gruppo si sfoltisse, tanto non sarebbero riusciti a passare.
“Sì, siete finiti nella stessa squadra”, disse un loro compagno uscendo dal gruppo. “E siete stati i soliti fortunati... Siete finiti nella squadra migliore della BAU, quella di Aaron Hotchner”, continuò guardandoli con invidia e aspettandosi un'esclamazione di felicità. Ma dovette accontentarsi di due sorrisi tirati.
“E dai, avrete da faticare ma ho sentito dire che sono simpatici”, scherzò dando poi un colpo sulla spalla ad Elder e andandosene.
“Come facciamo? Se fossimo solo noi due non ci sarebbero problemi ma...”, disse Jack allontanandosi.
“Non credi che sia ora di rivelare chi sei? Infondo siamo all'ultimo anno!”, provò a convincerlo Mike.
“Ti ho già detto con non-”
“-voglio uscire a pieni voti solo perché ho un padre famoso”, lo scimmiottò Elder. “E provare a dirlo al terzo compagno facendoli promettere di non dire niente a nessuno?”, suggerì.
“Ehi! Compagni di avventure!”, li salutò una ragazza bruna allegramente. “Sarò con voi allo stage! Sono così eccitata! Incredibile essere finiti nella migliore squadra della BAU, vero?”
I due ragazzi si guardarono e Jack scosse la testa leggermente.
“Che succede ragazzi? Non siete contenti?”
“Siamo solo stanchi, Margaret, abbiamo giocato a basket fino a tardi ieri sera”, disse Elder stiracchiandosi e mimando uno sbadiglio. La ragazza li guardò poco convinta ma poi alzò le spalle.
“Vedete di non far tardi stasera, domani si incomincia!”. Detto questo li salutò.
“Tra tutti lei! Se gli rivelo tutto dopo due minuti lo saprà tutta l'accademia!”, disse Jack appena lei se ne fu andata.
“Non è che hai paura di rivelarti? Forse temi di non reggere il confronto con tuo padre...”, lo stuzzicò Elder guadagnandosi un'occhiataccia. “Stavo scherzando!”

 

 

 

 

“Avanti”. JJ, che aveva appena bussato alla porta, entrò nello studio di Hotch. Ormai tutti se ne erano andati e rimanevano solo loro due in ufficio. “Ancora qui? Credevo fossi già andata”, commentò Hotch.
“Aveva del lavoro da sbrigare e poi mi dovevano ancora arrivare i nomi degli studenti che ci affiancheranno da domani per le prossime settimane...”, spiegò lei.
“Giusto. Jack era ansioso di scoprire dove sarebbe finito”, si ricordò l'agente sorridendo pensando al figlio.
“Ecco... A proposito di questo. Mi hanno finalmente inviato i nomi di chi ci è toccato”. JJ posò la cartelletta che aveva in mano sul tavolo.
“C'è qualcosa che non va? Ci hanno affidato studenti dai pessimi voti?”
“No, direi di no”, disse lei aspettando che il capo si accorgesse di qual'era il problema, cosa che avvenne qualche decimo di secondo dopo.
“Jack. Ecco il problema”, commentò Aaron.
“Se vuoi posso chiamare all'accademia e inventarmi una qualche scusa...”, propose la bionda mettendosi i capelli dietro le orecchie.
“No, Jack continua a dire che non vuole favoritismi e questo gli sembrerà un mio modo di non metterlo in difficoltà...”, l'interruppe Hotch. “Sarà difficile, ma credo che voglia che noi facciamo finta di non conoscerlo”
“Allora avverto la squadra, domani mattina inizieranno il loro stage. Buona notte Hotch”, lo salutò lei.
“Buona notte”

 

 

 

 

“Buongiorno!”, disse Hotch facendo entrare la luce del sole aprendo le imposte della stanza del figlio. Il quale, disturbato dal sole, si girò nel letto grugnendo.
“Non è divertente papà”, si lamentò cercando di aprire gli occhi ma non riuscendoci a causa della luce.
“Non sei contento? È il tuo primo giorno di lavoro”. Jack si tirò su come se l'ultima frase detta dal padre fosse stata una specie di campanello d'allarme.
“Ehm... Hai saputo..?”
“Si”, sospirò Hotch. “Come pensi di fare? Rivelerai al mondo che sei mio figlio o ti vergogni ancora così tanto di me che non vuoi farlo?”, chiese Hotch facendo una faccia seria. Jack lo guardò male.
“Lo sai che non lo faccio per questo”, ribatté, ancora troppo addormentato per accorgersi che lo stava prendendo in giro. “Dovremo fare finta di non conoscerci”. Jack si stiracchiò mentre Hotch annuiva.
“L'avevo immaginato. Ho già avvertito tutta la squadra”. Detto questo uscì dalla stanza. “Io vado di già! La colazione è pronta in tavola”, urlò dal corridoio mentre Jack si sollevava pian piano dal letto.

 

 

 

 

 

“Jack verrà a lavorare con noi e dovremo far finta di non conoscerlo?!”, chiese scandalizzata Garcia. Stranamente JJ non era riuscita a rintracciarla la sera prima e così era venuta a sapere tutto la mattina.
“Esatto. Nessuno all'accademia sa che è figlio di Hotch e Jack non vuole che si sappia”, spiegò JJ.
“Un giorno o l'altro dovrò fargli un bel discorsetto a quel giovanotto!”, disse Garcia decisa.
“State parlando di Jack?”, chiese Morgan entrando in quel momento. JJ e Garcia annuirono. “Riesco a capire la sua decisione solo pensando al fatto che è figlio di Hotch... E dovremo far finta che non lo sia!”, commentò incrociando le braccia.
“Ora è meglio andare, Jack e i suoi due compagni arriveranno tra poco e dovremo presentarci a loro”, disse JJ avvicinandosi alla porta.

 

 

 

“Benvenuti nella nostra squadra”, disse Hotch ai due giovani che aveva di fronte a sé. Uno era l'alto ragazzo di colore che già conosceva, il grande amico di Jack, Michael Elder, che però, come anche con suo figlio, doveva far finta di non conoscere. L'altra era una ragazza dai capelli molto corti e marroni, con degli occhi praticamente neri e un enorme sorriso.
“Io sono l'agente supervisore Aaron Hotchner, loro sono gli ag-”
“Scusate il ritardo”, disse Jack entrando in quel momento con il fiatone.
“Stavamo iniziando adesso”, disse l'agente sforzandosi di non dare a vedere di conoscerlo. “Come stavo dicendo... Io sono l'agente speciale supervisore Aaron Hotchner, il capo dell'unità. Se ci sono problemi di qualunque genere dovete rivolgervi a me”, disse presentandosi. “Loro invece sono l'agente speciale supervisore David Rossi, che, come saprete sicuramente, è uno dei creatori di questa unità; il dottor Spencer Reid, il nostro esperto di qualunque cosa; l'agente speciale Dereck Morgan, specializzato in crimini ossessivi; l'agente speciale Jennifer Jerau, si occupa della parte burocratica del lavoro, come decidere quale casi accettare tra tutti quelli che arrivano; e infine Penelope Garcia, il nostro tecnico informatico, qualunque informazione chiedetela a lei”, concluse Hotch.
“Benvenuti nella nostra squadra”, intervenne Rossi facendosi avanti e stringendo la mano a tutti e tre, subito imitato dal resto della squadra.
“Per ora non abbiamo niente da fare quindi vi consiglio di sistemarvi in tre scrivanie nell'openspace e fare un giro nell'edificio, per ambientarvi”, disse Hotch come congedo, e così tutti uscirono dalla sala riunioni.

 

 

Finito il giro di ambientamento i tre stagisti poterono sistemarsi nell'openspace: Jack prese posto nella scrivania davanti a Reid, Elder in quella vicina alla sua e Margaret quella di fronte a lui.
“Visitato tutto l'edificio?”, chiese Morgan ai tre, che erano stati accompagnati da Garcia, ansiosa di conoscere meglio i nuovi venuti.
“Sì, signore”, disse esitante Jack, più perché, come con Garcia, non sapeva come comportarsi con loro, piuttosto che per la normale agitazione di un cadetto rispetto ad un agente più anziano.
“Non siamo così formali, chiamatemi pure Morgan”, disse l'uomo sedendosi sulla scrivania di Reid. “Avete visto anche l'area relax?”, chiese ancora.
“Esiste un'area relax?”, chiese Elder stupito. Morgan rise.
“Con il lavoro che facciamo è il minimo. Venite, ve la mostro”. Detto questo si alzò dirigendosi verso una porta lì vicino.

 

 

“Lo sai che prima o poi dovrai dire a tutti di chi sei figlio?”, disse Morgan quando Margaret ed Elder se ne furono andati, 'sequestrati' di nuovo da Garcia, che si era messa d'accordo con l'uomo di colore per fare in modo che lui rimanesse da solo con Jack. Il quale, dopo che Morgan li aveva invitati a lasciare perdere le formalità, si era quasi affrettato a dire a Morgan di chiamarlo pure per nome.
“Ma contavo di farlo dopo il diploma, in modo che nessuno possa dire che sono passato solo perché sono figlio di mio padre”
“Non lo direbbe nessuno conoscendo Hotch”, contestò Morgan.
“Ne sei sicuro? E poi direbbero che bastava la fama di mio padre, che potrebbero aver fatto tutto i professori senza neanche coinvolgere per forza papà”. Diede un sorso al caffè mentre Morgan scrollava la testa.
“Sei impossibile ragazzino... Volevo solo dirti una cosa. Per noi sarà difficile, per Garcia praticamente impossibile e per tuo padre ancor di più...”
“Quindi dovrei prepararmi al fatto che Margaret potrebbe scoprirlo?”, chiese Jack.
“Esatto... Aspetta. Perché hai parlato solo di Margaret?”, chiese curioso Morgan inclinando la testa.
“Perché Elder lo sa già”, gli comunicò Jack sorridendo.
“Allora l'hai detto a qualcuno! È già un passo avanti”. Gli batté la mano sulla spalla mentre si dirigevano di nuovo verso l'openspace.






 

Ed eccomi qui con un'altra storia! :) Come vedete è in un certo senso il seguito dell'altra, ritroviamo Jack all'accademia e con l'amico Elder a fianco!
Lo so, vi ho anticipato l'SI eppure la squadra non sa ancora di nessun caso... Ma non preoccupatevi, lo saprà presto :)
RECENSITE PLEASEEE!! :)
Zava

  
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