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Autore: Halina    15/05/2013    6 recensioni
[Les Miserables; AU – Parigi 2013 - College World]
[Enjolras/Grantaire; Marius/Cosette; Courfeyrac/Eponine; altri]
Parigi 2013, un nuovo anno accademico ha inizio e la society de "Les Amis" è pronta ad affrontare nuove crociate e sfidare la nuova riforma dell’istruzione che il governo vuole attuare. Il piccolo café Musain, a pochi isolati dall’università, diventa il quartier generale del club, il rifugio di cuori infranti e il tempio di nuove speranze. E’ tempo di tornare ad avere fiducia, tornare a credere, che se un cambiamento può avere luogo in noi anche il mondo può cambiare. E cambierà.
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5 – Combeferre


Combeferre iniziava a non sentirsi più le ginocchia: il freddo della neve iniziava a trapelare attraverso i pesanti calzoni in velluto beige che indossava. Ciò nonostante, non abbandonò la sua posizione, accanto alla portiera della sua vecchia Renault, da dove stava cercando senza troppo successo di infilare la chiave nella serratura.

Era vagamente consapevole dello sguardo di disapprovazione che gli stava perforando la nuca. Enjolras era immobile sul marciapiede, le braccia conserte sul petto, grandi fiocchi bianchi che si stavano posando tra i ricci biondi. Era pallido, decisamente infreddolito nella sua immancabile giacca rossa, che si ostinava ad indossare anche in pieno inverno.

Aveva nevicato ininterrottamente tutto il giorno. In pieno stile “Bianco Natale”, Parigi si era svegliata già sommersa da una delicata coltre bianca che, entro sera, era diventata una coperta uniforme su tutta la città.

“Te l’ho detto, ‘Ferre. E’ tempo perso!” la voce di Enjolras era dura come sempre, ma una punta di stanchezza faceva capolino: “Se anche riuscissi a sgelare la serratura abbastanza da far girare la chiave, dovresti ancora spalare la neve tutto intorno, montare le catene, guidare nel traffico di Parigi con il ghiaccio e la possibilità di fare incidenti, e poi dovresti trovare parcheggio. Senza contare il tasso d’inquinamento che la tua auto senza il catalizzatore produrrebbe dato che c’è una temperatura inferiore a …”

“Va bene! Va bene! Va bene!” lo interruppe Combeferre,alzando le braccia al cielo e ruotando il capo sulla spalla per guardare l’amico: “Mi arrendo! Certo che per te il concetto di“a Natale siamo tutti più buoni” proprio non fa testo, eh?”

“Sei ingiusto, Ferre!” rispose Enjolras scrollandosi con una mano guantata i ricci biondi, liberandoli da qualche fiocco di neve: “Mi sono lasciato convincere a trasformare la riunione di stasera in una festa, direi che più buono di così è impossibile!”

“Per la miseria, ‘Joras!” esclamò Combeferre, alzandosi e infilando in tasca le chiavi della macchina, sconfitto: “E’ la Vigilia di Natale! Ci mancava solo che t’incaponissi a voler fare una riunione anche oggi!”

“Nello statuto c’è scritto tutti i martedì e tutti i giovedì, nessuno ha mai parlato di eccezioni.” rispose l’altro. Quindi estrasse dalla tasca interna un’agenda di pelle e fece scorrere l’indice su una pagina: “Se ci muoviamo, riusciamo a prendere la prossima metro, e se tu mi avessi dato retta fin dall’inizio, saremmo riusciti a prendere quella prima.”

“Pietà, Enjolras, ti prego. Dammi tregua!” sospirò Combeferre asciugandosi gli occhiali con un lembo della sciarpa: “Capisco che tu sia agitato perché è la prima festa a cui vai in anni, ma non è il caso di riversare la tua ansia sul sottoscritto.”

Gli occhi di Enjolras si sgranarono in un’espressione indispettita: “Agitato? Non sono affatto agitato! E non è la prima festa a cui vado da anni!”

Combeferre gli sorrise con affetto, prendendolo sotto braccio e incamminandosi. Enjolras lo lasciò fare, Combeferre sapeva di essere l’unico che potesse permettersi di invadere il suo spazio personale, ma solo in momenti particolari, e solo quando erano soli.

“Sono stato il tuo compagno di banco dal primo giorno dalle elementari all’ultimo di liceo, e penso di conoscerti abbastanza bene da capire quando sei palesemente a disagio. Inoltre, ti ricordo che sono il tuo coinquilino dal primo anno di università, e so per certo che in questi cinque anni non hai mai partecipato a nessuna festa, se non a un paio di compleanni a cui ti ho trascinato di peso e da cui sei fuggito appena spente le candeline.”

“Mmm…” rispose solo Enjolras, per poi schiarirsi la voce: “Ci sei mai stato in quel posto?”

“Al Corinthe?” chiese Combeferre, mentre i due imboccavano le scale della metro, reggendosi al corrimano per non rischiare di scivolare:
“No, ma so che è il club preferito di Joly, Bahorel e Bossuet. Courf ci è stato e mi ha detto che è carino, pista da ballo con bar al centro e tutto intorno delle alcove, tipo privè. Ne hanno prenotata una così abbiamo occasione di fare due chiacchiere e bere qualcosa in pace.”

Arrivarono al binario giusto in tempo per l’arrivo della metro e presero posto seduti uno accanto all’altro, in silenzio.

“A che ora passa a prenderci tuo padre?” chiese alla fine Combeferre, guardando l’orologio che segnava le nove e mezza passate.

I due amici venivano dallo stesso paese, a un’oretta di auto da Parigi, e il padre di Enjolras si era offerto di andare a prenderli entrambi l’indomani per portarli a casa. Enjolras non aveva mai fatto la patente; era un ambientalista convinto e credeva nell’utilizzo dei mezzi pubblici. Inoltre sapeva che Ferre gli avrebbe sempre dato un passaggio quando necessario, a patto che la sua vecchia Renault non gli giocasse qualche scherzo.

“Verso le 9.” fu la risposta “Il tempo di fare colazione e si mette per strada, non sai quanto è stato felice di avere una scusa per fuggire a mia madre e alle sua manie di grandezza del pranzo di Natale! Come tutti gli anni inizierà a tirare fuori l’argenteria alle sette del mattino.”

Ferre rise: “I pranzi di Natale a casa tua sembrano le cene di gala del Presidente…” commentò, pensando al grande salone di casa dell’amico, con i suoi mobili d’altro secolo tramandati da generazione in generazione.

“Ci raggiungete per il dolce?”

“Certo, le buone abitudini non si cambiano.”

Combeferre era figlio unico, viveva con i suoi genitori, ormai non più giovanissimi, a un isolato da casa di Enjolras, e tutti gli anni per Natale, dopo il piccolo pranzo, si univano alla sua numerosa ed elegante famiglia per un aristocratico caffè.

Proseguirono il viaggio in silenzio, e riemersero nelle strade di Parigi nella gioiosa atmosfera del Quartiere Latino. Davanti all’insegna luminosa del Corinthe, i buttafuori stavano controllando i documenti di una lunga fila di persone in coda. Ferre diede di gomito a Enjolras, alzando una mano in saluto:“Hei, Bahorel!” chiamò.

Bahorel era appoggiato al muro dell’area fumatori, nonostante il freddo era in maniche di camicia, sfoggiando il tatuaggio sull’avambraccio destro. Stava flirtando con una tizia molto appariscente e molto poco vestita. Al richiamo di Combeferre le strizzò un occhio e spense la sigaretta sotto la suola di uno stivale per poi scambiare qualche parola con uno dei buttafuori, quindi fece cenno ai due amici di raggiungerlo.

“Non è molto etico saltare la coda…” provò a protestare Enjolras, prima che Bahorel lo salutasse con una pacca sulla schiena che rischiò di sfasciargli una scapola.

“Rilassati, capo, è un amico che mi deve un po’ di favori, e gli altri sono già tutti qui! Aspettavamo solo voi!”

Appena aperta la doppia porta del locale, una folata di caldo, alcool, corpi in movimento, luci stroboscopiche e musica a palla si riversò fuori. Combeferre sorrise tra sé, sentendo la mano di Enjolras afferrargli un polso con tutta l’aria di volerglielo stritolare. Trascinandoselo dietro, seguì Bahorel, che si stava facendo largo tra la folla scalmanata che invadeva la pista da ballo.

Per la prima volta Les Amis avevano deciso di festeggiare la vigilia insieme. Alcuni di loro abitavano a Parigi, gli altri avrebbero affrontato il breve viaggio fino a casa la mattina dopo, per raggiungere le famiglie per il pranzo. Per quasi tutti loro era l’ultimo anno di università, l’ultimo Natale insieme.

Quando Combeferre ed Enjolras fecero il loro arrivo insieme a Bahorel, dal tavolo si levò un entusiasta e già alticcio coro di benvenuto.

“Hei!” li apostrofò Joly, alzandosi e lasciando loro posto sul divanetto: “Bene arrivati alla nostra seconda casa!”

Il quasi medico raggiunse Bossuet, che stava chiacchierando con una cameriera che sfoggiava uno sfilacciato caschetto rossiccio e un succinto costume da babba natale. La afferrò per la vita, facendola voltare verso i nuovi arrivati: “Enjolras, Combeferre, lei é Musichetta.” disse fiero, indicandola.

La ragazza ammiccò sorniona ed Enjolras bofonchiò un “Piacere…” lasciandosi cadere tra Grantaire e Feully. Bahorel prese posto a capotavola e Combeferre occupò l’ultimo posto vuoto, sullo spigolo. Stava ancora osservando Musichetta, sovrappensiero, quando realizzò che c’era qualcosa di stonato.

Sbatté un paio di volte le palpebre, notando come le mani di Joly e quelle di Bossuet si intrecciassero attorno ai fianchi della cameriera, ciascuno dei due le stava mormorando qualcosa ad un orecchio e lei, nel mezzo, rideva.

“Non ti stupire” commentò la voce divertita di Bahorel “non chiedermi come, ma va avanti da qualche mese, e funziona. Io non mi lamento, con loro due che si concentrano su Musichetta io ho il campo libero con tutto il resto del campionario!” gli strizzò un occhio e Combeferre tossicchiò, con il sospetto di aver appena capito perché il Corinthe era il club preferito dei tre amici.

“Posso portarvi qualcosa da bere?” chiese Musichetta poco dopo, liberatasi dalla stretta dei due.

Combeferre ordinò un Martini e Grantaire chiese a gran voce un secondo giro di shot per tutto il tavolo, ma Enjolras scosse il capo: “Un analcolico alla frutta per me, grazie.”

“Oh, anche per me!” cinguettò Cosette, seduta con Marius poco lontano.

Seduta di fronte a Combeferre, Eponine sbuffò sonoramente: “Oh anche per me, non bevo alcolici perché la mamma non vuole, e sia mai che mi senta la testa leggera e diventi inopportuna!” la mimò sottovoce, e Courf, al suo fianco, rischiò di strozzarsi con la caipirinha che stava mandando giù.

“Chetta, annegala nella vodka!” continuò Eponine con un sorrisetto.

“Sì, e anche il biondo!” rincarò Courfeyrac a bassa voce “mettici tanta frutta in modo che copra il sapore dell’alcol, mi raccomando!”

Combeferre li osservò scambiarsi un cinque mentre Musichetta se ne andava con gli ordini e scosse il capo con un sospiro divertito: “Voi due siete un’associazione a delinquere.”

In attesa del suo cocktail, Combeferre si concesse un attimo per passare in rassegna il tavolo, guardando con affetto gli amici, uno a uno.

Alla sua destra, Cosette cinguettava nell’orecchio di Marius che la guardava con la sua solita espressione da pesce lesso, accanto a loro
Feully e la sua fidanzata polacca, Agata, avevano deciso di rimediare al problema della barriera linguistica impegnando la bocca in altro modo. Prouvaire stava scribacchiando su un tovagliolo una poesia mentre Sophie lo guardava ridendo e, seduti tra le due coppie, stavano Grantaire ed Enjolras, il moro che continuava a cercare di convincere Enjolras ad assaggiare il suo assenzio.

Alla sua sinistra, Leigle e Joly erano in piedi fianco a fianco, appoggiati alla ringhierà del privé, e osservavano Musichetta che stava arrivando con un vassoio carico, Bahorel era tornato a flirtare con la tizia di prima mentre Courf cercava – momentaneamente senza troppo successo – di convincere Eponine a ballare.

Sospirò, realizzando improvvisamente di essere solo tra gli amici. Spaiato.

Prese il suo cocktail e lo sorseggiò piano, pensando a Claire. Avevano iniziato a frequentarsi quando erano entrambi matricole, erano stati insieme per quattro anni e già Ferre stava pensando al mettere su casa insieme quando lei lo aveva piantato in tronco, prima dell’estate.
Erano passati sei mesi, sei mesi in cui Ferre non aveva più pensato né guardato una donna, senza sentirne la mancanza. Certo, abitare con un coinquilino asessuale come Enjolras aveva aiutato. Ma ora, per la prima volta da molto, molto tempo, si sentiva abbandonato. Solo. 

Rimase immerso nei suoi malinconici pensieri fino a quando un’improvvisa agitazione attorno al tavolo lo fece riscuotere. Cosette si era alzata, prendendo Marius per mano e conducendolo verso la pista da ballo.

Subito, Eponine sogghignò, battendo una mano su una spalla a Courfeyrac: “Ed ecco l’alcol che entra in circolo amico mio! Andiamo, è tempo che ‘Ponine faccia vedere a Monsieur Marius di che cosa è capace!” annunciò sistemando le spalline del vestitino nero che indossava, accentuandone la scollatura, già generosa.

Courfeyrac deglutì vistosamente, alzandosi a sua volta, cercando di non guardare con troppa insistenza il decolté dell’amica o l’orlo sfrangiato del vestito che lasciava ampiamente scoperte le lunghe gambe.

“Certo.. Marius, sempre Marius…” bofonchiò in un tono sconsolato che sfuggì ad Eponine ma non a Combeferre, che gli lanciò un sorriso solidale per poi osservare i quattro immergersi nella calca.

Poco dopo Eponine aveva iniziato a strusciarsi contro Courf in modo molto ambiguo e con un equilibrio molto precario. Probabilmente, l’intento originale era stato di far ingelosire Marius, ma quello non aveva occhi che per Cosette che, resa un po’ più coraggiosa dall’alcol, sembrava divertirsi un mondo.

Non ci volle molto prima che Eponine sembrasse dimenticarsi completamente dell’altra coppia, lasciandosi andare e ballando senza contegno. Combeferre sogghignò bonario, notando come Courf avesse un’aria molto accaldata e sembrasse fortemente indeciso tra il tenere Eponine a distanza di sicurezza o stringerla ancora più vicino.

A quel punto Feully e Agata si unirono alle danze e Sophie si alzò, dando un bacio sulla guancia a Jean e infilandosi il cappotto: “Io devo scappare, ragazzi, ho due fratellini piccoli a casa e i miei mi aspettano per preparare la grande apertura dei regali domattina. Buon Natale!”


Sophie stava per imboccare i gradini verso la pista da ballo quando si voltò con un sorrisone sul viso, strizzando un occhio al suo ragazzo: “Bhe, fa piacere vedere che Courf si è trovato una donna! Fatemi sapere se dura, le premesse sembrano buone!”

Sganciata quella bomba, era sparita nella folla, lasciando Combeferre e Prouvaire con i colli protesi, curiosi di capire a cosa alludesse.

Bastarono due secondi ai due per individuare Courfeyrac, e rimanere di sale. Lui ed Eponine erano avvinghiati in un confuso agglomerato di gambe e braccia contro una colonna, inequivocabilmente impegnati in una sessione di convinto pomiciamento.

Prima che uno dei due potesse commentare qualcosa, una sonora risata li fece girare di scatto. Enjolras stava ridendo, di cuore. Davanti a lui, sul tavolo, c’erano un paio di bicchieri vuoti e gli occhi chiari iniziavano ad essere un poco appannati.

“Che è successo di così divertente da far ridere il nostro marmoreo capo?” chiese Prouvaire, allibito.

A rispondergli fu Grantaire, decisamente alticcio: “Apparentemente Apollo trova divertente il fatto che gli abbia proposto di ballare con me.”

Jean e Ferrre si scambiarono uno sguardo a metà tra il divertito e il preoccupato, mentre Enjolras litigava con i primi bottoni della camicia, sbottonandoli, con Grantaire che lo mangiava con gli occhi.

“Sarà una lunga notte…” mormorò Jean.

“Molto lunga” confermò Ferre, buttando giù l’ultimo sorso di Martini.

Tempo di mezzanotte meno un quarto, Marius e Cosette avevano diviso un taxi con Feully e Agata, facendosi portare a casa. Bahorel stava cercando di convincere il suo rimorchio a passare la notte con lui, Legle e Joly erano seduti al bancone in attesa che Musichetta finisse il turno, Enjolras, Combeferre e Jean erano pronti ad andare e Grantaire era ubriaco marcio.

Eponine e Courfeyrac si erano finalmente scollati e aspettavano i quattro amici fuori dal locale. Aveva smesso di nevicare, e una bellissima stellata brillava nel cielo.

L’aria gelida sembrò dare una scossa ad Enjolras, che si passò una mano sugli occhi, tornando mediamente lucido.

“Un secondo” commentò, notando Eponine e Courf tenersi per mano “quello quando è successo?”

“Mentre tu eri impegnato altrove…” gli rispose Courfeyrac con un sogghigno, osservando Grantaire ciondolare lì accanto.

“Mmm, che piani avete ora?” chiese il biondo, soprassedendo.

Eponine sorrise: “Passiamo a prendere mio fratello e ci dirigiamo verso Maison Courfeyrac. Mia madre andrà in prigione da mio padre domani, e voglio che mio fratello abbia un Natale come si deve. I genitori di Courf sono stati così carini da invitarci a trascorrere le vacanze con loro, facciamo il viaggio nella notte così Gavroche può aprire i pacchetti sotto l’albero domani mattina.”

Combeferre sorrise, genuinamente felice. Diede una pacca su una spalla a Courf e abbracciò Eponine, posandole un bacio leggero sulla fronte: “Sono davvero felice, passate delle buone feste. Quando riapre il Musain?”

“Oh, quello devi chiederlo al mio socio.” Rispose Ponine, adocchiando Grantaire, che si sorreggeva a Jean: “Magari quando gli passa la sbronza…”

Scambiati gli ultimi auguri, i due si incamminarono, abbracciati, avanzando il più velocemente possibile nella neve verso la macchina di Courf.

“E così rimangono i tre Moschettieri.” commentò Combeferre con un piccolo sospiro.

Jean ridacchiò: “Andiamo, vi accompagno alla fermata della Metro e poi porto a nanna D’Artagnan, tanto sono di strada.”

Enjolras faceva strada, Ferre e Jean che, un lato ciascuno, sorreggevano Grantaire, che aveva iniziato a canticchiare tra sé.

“Bhe, almeno gli ha preso la sbronza allegra…” commentò Combeferre.

“Sì, ma allegro o no, se continuiamo a questa velocità perdiamo la metro!” borbottò Enjolras, inarcando un sopracciglio con aria di disapprovazione.

“Via, via, capo” ridacchiò Jean “con tutto l’alcol che ti sei scolato stasera, non hai proprio alcun diritto di fare il moralista. Per uno normalmente astemio come te è già un miracolo che tu non sia agonizzante a terra.”

“Io non agonizzo…” ribatté Enjolras, mettendo il broncio.

Alla sua espressione infantile gli altri due risero. Quando arrivarono alla metro però, il buon umore si infranse davanti al cancello chiuso. Tra la neve e il peso morto di Grantaire da trascinarsi dietro, avevano mantenuto una velocità di crociera decisamente lenta, perdendo l’ultima corsa.

“Oh, perfetto!” esclamò Enjolras, alzando gli occhi al cielo.

Grantaire nel frattempo si era liberato dalla presa dei due amici e si era aggrappato ad un lampione, girando in tondo canticchiando la vie en rose.

Gli altri tre erano riuniti in un capannello, cercando di discutere il da farsi. Fu in quel momento che Grantaire si staccò dal lampione, avvicinandosi ad Enjolras con passo sbilenco. Gli passò le braccia dietro alla nuca, aggrappandosi al suo collo e mormorò un “Buon Natale, Apollo” prima di chiudere gli occhi e annullare la distanza tra i loro visi, baciandolo.

Tutto era accaduto così rapidamente che, per un istante, nessuno reagì.

“Oddio!” esclamò infine Jean, aggrappandosi al braccio di Combefferre: “Chiama un’ambulanza, ora lo ammazza di botte! Anzi no, chiama direttamente la polizia e denuncia un omicidio!”

Combeferre gli posò una mano sulla bocca, zittendolo: “Shhhh… stiamo assistendo ad un momento unico nella storia.”

“Cosa?” riuscì a mugugnare Jean.

“Il primo bacio di Enjolras.”

A quel punto Jean non disse più nulla, a bocca aperta spostò lo sguardo su Enjolras, che se ne stava impalato, gli occhi chiari sgranatissimi, le mani infilate nelle tasche com’erano prima che Grantaire gli si avvicinasse. Sembrava congelato.

Grantaire era ancora appeso al suo collo, il capo posato sulla sua spalla destra e gli occhi chiusi, con tutta l’aria di uno in pace con il mondo, un sorriso sognante sulle labbra.

Dopo qualche istante, Jean si chiarì la voce, senza lasciare andare Combeferre e iniziando a tirarlo verso il lato opposto della strada: “Ok, visto che Marius è da Courgette e Courf sta tornando a casa, Ferre può venire a dormire da me.”

A queste parole Enjolras sembrò riscuotersi. Tolse le mani dalle tasche, esitando, senza ben sapere dove metterle. Spostò gli occhi da Grantaire ai due amici, a metà tra lo spaventato e l’arrabbiato: “E mi lasciate qui così? Che ci faccio con lui?”

“Bhe qualcuno deve pur riportarlo in ostello, giusto? Buonanotte, capo!”

“Ci vediamo sotto casa alle 9 e mezza per quando arriva tuo padre, Enjolras. Buon Natale!”

Detto questo, Prouvaire e Combeferre si avviarono a passo svelto, combattendo l’impulso di voltarsi a guardare cosa stesse succedendo alle loro spalle, tra i due che si erano lasciati dietro.

“Non avevo mai pensato che potesse essere la risposta!” commentò Jean poco dopo.

“Di cosa stai parlando?” chiese Combeferre, perplesso.

“Enjolras! Non è assessuale, è semplicemente gay! E’ per quello che non si è mai filato nessuna ragazza ma non ha ammazzato di botte Grantaire! Perché sotto sotto gli è sempre piaciuto!”

“Dici?”

“Trovi altre spiegazioni?”

“No, in effetti, no.” Rispose Ferre con un sospiro, prima di chiedere con tono preoccupato: “Credi sia saggio fargli passare la notte insieme?”

“No, ma di certo è divertente. Aspetta che dica a Courf che cosa si è perso…”

“Per carità, Prouvaire! Se questa storia diventa di dominio pubblico, sarà noi che Enjolras ammazzerà di botte!”

“Vedremo. Secondo me presto o tardi ci ringrazieranno entrambi, ‘Ferre. Non avremmo potuto fargli un regalo di Natale migliore neanche provando ad organizzare il tutto.”

Ferre scosse il capo: “Ammesso che entrambi sopravvivano alla notte.”

Jean gli strizzò un occhio, arrestandosi davanti alla porta di casa: “Una birra su Enjolras?”

Combeferre alzò gli occhi al cielo con un gran sospiro. Si passò una mano sul viso, pensando al bambino dai riccioli d’oro che non aveva amici perché passava gli intervalli a leggere invece che a giocare a pallone, all’adolescente riservato che buttava nel cestino con aria imbarazzata i bigliettini che le ragazze gli facevano trovare nell’armadietto, al giovane uomo che si trincerava dietro a ideali e sogni, rifugiandosi in biblioteca fino a notte fonda ogni volta che Combeferre passava la sera a casa con Claire.

“Non sopravvalutare il nostro marmoreo Apollo, Jean. Se uno dei due deve uscire a pezzi da questa storia non è di sicuro Grantaire.”

E sapeva che, come sempre, lui sarebbe stato lì, con la sua presenza costante e sicura, pronto a fare da parafulmini, in qualsiasi modo Enjolras avrebbe reagito. 


  
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