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Autore: Neko no Yume    16/05/2013    5 recensioni
Fronte occidentale, la Marna a pochi chilometri e il frastuono degli eserciti che rimbomba ovunque.
Un respiro appena accennato e tremolante sotto una divisa tedesca, nemica.
Probabilmente i militari che presidiavano il suo ospedale l'avrebbero finito seduta stante, ma Sharon non era arrivata fin lì per mietere vite.

Poi, la mattina.
(wwi storical au; il titolo potrebbe o no essere una semi-citazione letteraria)
Genere: Drammatico, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Sharon Ransworth, Xerxes Break
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Le gambe le tremavano per il panico.
Non le succedeva dalle sue prime settimane al fronte, e invece ecco di nuovo quella sensazione.
Stava correndo in mezzo al bosco con le braccia strette al petto nel tentativo di non perdere il grembiule e i bendaggi che era riuscita ad afferrare prima di scappare il più lontano possibile dalla Marna.
Il più lontano possibile dagli spari e le esplosioni.
Sentirli da dentro l'ospedale, relativamente distante e al sicuro, era un conto; ma avvertire la terra che le tremava sotto i piedi per i colpi dell'artiglieria pesante era un altro.
Calpestò una radice senza accorgersene e per un istante che le parve disintegrarsi nel tempo come un proiettile pensò che sarebbe caduta, tuttavia riuscì a mantenere l'equilibrio e continuare ad avanzare verso il campo.
Probabilmente, finita la scarica di adrenalina, si sarebbe resa conto di essersi presa una distorsione.
Per il momento importava solo correre, non sentiva neanche i rami secchi graffiarle il viso e le gambe.
Era quasi arrivata in vista delle tende, quando un soldato sbucato dalle sterpaglie le si parò improvvisamente davanti col fucile spianato.
Aveva la stessa divisa di Xerxes.
Xerxes, che sarebbe rimasto solo.
Sentì lo spavento cedere il passo a una strana tristezza mentre si rendeva conto che stava per abbandonare il suo paziente a se stesso, poi qualcosa scintillò sul collo dell'uomo, che si afflosciò a terra con un rantolo soffocato.
Alle sue spalle Gilbert, uno dei soldati inglesi stanziati di guardia al campo, rinfoderò rapidamente la lama del coltello e la prese per un polso, trascinandola verso l'ospedale.
"Tu fila dentro, io resto di pattuglia," le intimò con un tono che non riusciva ad assumere neanche un briciolo dell'autorità che avrebbe voluto imprimergli lui.
"Gil, grazie," mormorò Sharon, per poi entrare nella tenda principale.
Tutto era molto più calmo di quanto avesse immaginato, anche se da un punto che conosceva sin troppo bene provenivano urla e voci concitate.
Vi si diresse a passi affrettati, cercando di ignorare i volti smarriti dei pazienti e il dolore alla caviglia sinistra che si faceva sempre più intenso.
Distorsione, come previsto.
Si conficcò le unghie nei palmi e procedette fino alla branda di Break, posò i bendaggi puliti su una sedia lì vicino e si fece largo tra la selva di infermiere e medici riunita lì attorno, il petto che si faceva sempre più pesante.
Il tedesco era bloccato al letto dal dottor Lunettes e il dottor Nightray, ma continuava ad agitarsi furiosamente.
La benda sul suo occhio era inzuppata di rosso e il volto aveva assunto un pallore spettrale, eppure aveva ancora le energie di gridare frasi sconnesse in tedesco dal tono molto poco amichevole all'indirizzo dei due uomini.
Non appena vide Sharon si pietrificò, le labbra spalancate e una gamba ferma a mezz'aria, pronta a sferrare un calcio.
"Fräulein..." sussurrò con un filo di voce che era quasi un singhiozzo, poi rovesciò all'indietro l'unica iride sana e svenne.
Non sentì il grido strozzato dell'infermiera, non la sentì inveire come una furia contro chiunque si trovasse nei paraggi pretendendo spiegazioni immediate, non sentì nulla.
Quando la maggior parte del personale si fu allontanato, Reim si schiarì la voce.
"Era preoccupato per te," esordì titubante, come se la crocerossina rappresentasse un pericolo ben più grande delle esplosioni che ancora riecheggiavano fuori dalla tenda. "Non appena ha sentito le prime raffiche e si è reso conto che non c'eri ha tentato di alzarsi dal letto per andare a cercarti."
"Inutile dire che quanto l'abbiamo costretto a letto ha scatenato l'inferno," proseguì Vincent, lo sguardo fisso su Sharon.
Era stata lei a volerlo tenere lì, la responsibilità dell'accaduto era sua.
"Io..." farfugliò, quasi incapace di sostenere quegli occhi gelidi. "Io mi occuperò di stabilizzare le sue condizioni."
I due medici annuirono, uno preoccupato e l'altro completamente privo di espressione, per poi lasciarla da sola e andare a prepararsi per l'ondata di nuovi feriti che si prospettava quando l'attacco fosse finito.
L'infermiera si affrettò a misurare la temperatura di Break, riuscendo a stento a trattenere un singhiozzo nel sentire la sua fronte così bollente.
Aveva avuto una ricaduta.
E tutto perché si era preoccupato per lei.
Si costrinse a cacciare indietro le lacrime e frenare il tremito delle mani, doveva agire in fretta se non voleva perderlo.
Disfece con quanta più cautela possibile le garze ormai completamente rosse in più punti e soffocò un moto di nausea davanti alla ferita; alcuni punti avevano retto, ma in altre zone la cucitura si era allentata e i lembi di pelle slabbrata perdevano sangue.
Stupido tedesco, era tutto ciò che riusciva a pensare mentre toglieva il vecchio filo, tamponava, spalmava l'antisettico, ricuciva e bendava.
Bagnò un panno in un catino lì accanto e lo poggiò su parte della fronte di Xerxes, nella speranza di riuscire ad alleviargli la febbre, poi gli somministrò un antidolorifico.
Non ce l'avrebbe mai fatta a riprendersi entro lo scadere della settimana.
Improvvisamente fu come se tutta la paura provata al fiume, il dolore alla caviglia, i graffi sulle guance e sui polpacci, il peso di tutto quel tempo passato in guerra le fossero crollati sulle spalle senza il minimo preavviso, tutti insieme.
Si lasciò cadere sulla sedia accanto alla branda dello straniero e scoppiò a piangere, con la speranza che le raffiche coprissero i tremiti che la scuotevano.
Pianse per un tempo che le parve infinito, finché nell'aria non tornò il silenzio.
L'atmosfera sembrava sfocata e spettrale, tesa perché tutti lì dentro sapevano che entro breve l'ospedale avrebbe pullulato di nuovi soldati feriti.
Tutto ciò che Sharon avrebbe voluto fare era posare la testa sul letto, accanto a Break, e lasciarsi cullare dal suono del suo respiro ancora irregolare, ma c'era una cosa di cui doveva assolutamente occuparsi.

L'alloggio del dottor Nightray si trovava in una piccola tenda situata vicino all'ospedale e Sharon percorse il breve tragitto che li separava con passo strascicato e lo stomaco in subbuglio.
Esitò per un istante davanti all'ingresso, cercando di raccogliere quella poca concentrazione che le era rimasta dopo l'attacco, e infine si decise a bussare su uno dei pannelli metallici che sostenevano la struttura.
Dapprima il suono echeggiò nel cupo silenzio che avvolgeva il campo, poi la voce del medico rispose dall'interno e l'infermiera scostò la stoffa per entrare.
La stanza era illuminata da una singola lampada a olio che gettava ombre spettrali sulla scrivania carica di scartoffie e sul letto in perfetto ordine, oltre che sul viso dell'uomo.
La stava osservando con sguardo assente, come in trance, ma Sharon sapeva perfettamente che stava solo aspettando che lei iniziasse a parlare.
Come se non avesse già intuito di cosa si trattava.
Cercò di ignorare il dolore pulsante che le partiva dalla caviglia, alla quale aveva applicato un bendaggio di fortuna prima di avviarsi, e si impose di non lasciarsi intimorire da quegli occhi come un topolino spaurito.
Xerxes aveva bisogno di lei.
Raddrizzò le spalle e rivolse al suo superiore un'occhiata furente, l'occhiata di chi affondava nel fango e nella morte ogni giorno ma conservava ancora la volontà di riemergere.
"Perché non l'ha sedato quando l'ha visto agitarsi?" chiese a bruciapelo, senza bisogno di specificare di chi stesse parlando. "Avrebbe potuto evitare la crisi."
L'altro parve prendersi qualche secondo per pensare, nonostante la sua espressione improvvisamente dura lasciasse già trapelare la risposta.
"Non potevo permettermi di sprecare medicinali preziosi per un tedesco," ribatté infatti in tono sprezzante, calcando la voce sull'ultima parola.
"Ma in questo modo gli ci vorrà molto più tempo per riprendersi!"
"Questo non è un mio problema."
L'improvvisa violenza di quella frase le fece morire in gola l'indignazione e la crocerossina rimase come stordita mentre il dottor Nightray continuava implacabile.
"Tu non hai idea di cosa stiano preparando entrambi gli schieramenti, si prospetta un massacro di proporzioni gigantesche."
Forse erano l'effetto della stanchezza e la suggestione, ma a Sharon sembrò che la voce del medico si fosse incrinata appena e ricordò che nel loro reggimento militava anche suo fratello Gilbert, il soldato che l'aveva salvata poco prima.
"Questo posto sarà inondato di feriti e io non posso permettermi di assecondare i tuoi propositi di buona samaritana."
"Ma potrebbe nuovamente stabilizzarsi!" protestò l'infermiera, la rabbia che tornava a montarle in petto.
"La sua piressia ha avuto un brusco peggioramento," fu la secca risposta di Vincent.
La crocerossina si ritrovò a mordersi l'interno di una guancia fino a sentire sulla lingua il sapore metallico del sangue per impedirsi di saltargli al collo; detestava quando i medici usavano di proposito termini inusuali o complicati solo per ricordare alle infermiere il divario intellettuale che li separava.
"La febbre è irrilevante, gli si abbasserà," lo contraddisse ostinata. "Mi serve solo qualche giorno. Se lo manda via ora sarà stato tutto inutile."
Ora era la sua voce a essersi incrinata, mentre le guance arrossivano appena al ricordo delle erre strascicate dello straniero e gli occhi tornavano lucidi.
Le iridi del dottor Nightray erano di nuovo assenti, perse dietro a calcoli e considerazioni inaccessibili.
Poi si focalizzarono su di lei e Sharon si sentì attraversare da un brivido ghiacciato nel vederlo avvicinarsi.
L'uomo non aveva affatto una buona reputazione al fronte e l'infermiera stessa aveva sentito da Echo storie che aveva sperato fino a quel momento essere false.
"Qualche giorno, eh?" rimuginò Vincent, fregandosi distrattamente la nuca con una mano.
La crocerossina non rispose, né si scansò quando lui si chinò verso il suo viso.
"È una richiesta difficile, fräulein."
Il dolore alla caviglia parve esplodere e Sharon contrasse le labbra in una smorfia sofferente e disgustata, che non sfuggì al suo superiore.
"Ma guardati, non ti reggi in piedi," sentenziò, sollevandole il mento con un dito. "Del resto anch'io sono sfinito."
E come per sottolineare il concetto le posò la fronte su una spalla, la bocca che le sfiorava il collo e le mani che le cingevano la vita.
"Un'infermiera devota come te dovrebbe rilassarsi un po', che ne dici?"
Le dita del medico erano fredde, la sua voce non le carezzava le orecchie con il tono tremante di Break, non c'era la minima traccia di dolcezza in quel contatto.
Eppure Sharon non si mosse, tenne gli occhi bassi e lasciò che lui le slacciasse la divisa sgualcita, affondando piano i denti nella carne della scollatura e risalendo poi fino al viso per seguire con le labbra i graffi che si era fatta al fiume.
Ignorò il fruscio dei suoi abiti che le cadevano ai piedi e liberò il dottor Nightray dei propri con lo stesso automatismo con cui scioglieva i bendaggi incrostati di sangue.
"Hai delle mani dolci," le sussurrò Vincent senza tracce di tenerezza.
"No."
Sostenne il suo sguardo con un ultimo guizzo di rabbia, poi l'immagine di Xerxes bruciante di febbre nella sua branda le serrò la gola.
Chiuse gli occhi mentre l'uomo la adagiava sul letto come una bambola di pezza e rispose ai baci e alle mani che scivolavano sotto la sottoveste conficcandogli con forza le unghie nella schiena.
Lo stava facendo per salvare una vita e non avrebbe ceduto, per quante volte Vincent l'avesse chiamata fräulein con tutta la crudeltà di cui era capace, schiacciandola tra il materasso e il suo corpo.
L'avrebbe soddisfatto in silenzio, senza lasciarsi sfuggire neanche una lacrima, e poi sarebbe ritornata da Break.
Sporca, spezzata e graffiata, ma con qualche giorno per lui.








Yu's corner.
Trolololol, salve!
Penso che dopo questo capitolo la vostra voglia di linciarmi schizzerà alle stelle, ma se può consolarvi, sappiate che ho fatto i salti mortali per finirlo dato che IL MIO PC È UN DISERTORE.
Cooomunque, disavventure tecnologiche a parte, volevo precisare una cosina: la storia è ambientata nel 1918, quindi l'attacco imminente di cui parla Vincent si riferisce alla seconda battaglia della Marna.
The more you know~.
Attendo con ansia i vostri commenti (non mandatemi a rogo pls) e vi ringrazio!
Bye bye,
Yu.
  
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