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Autore: Shannonwriter    19/05/2013    4 recensioni
La mia è una specie di rivisitazione della storia di Alice In Wonderland in chiave moderna che però non segue necessariamente gli avvenimenti narrati nei libri o nel cartone. Alice ha diciassette anni e vive a New York. Apparentemente ha tutto quello che le serve, è stata ammessa alla Juilliard e potrebbe diventare una grande pianista un giorno, allora perché non è contenta? L'unico a stare sempre dalla sua parte è Hartley, il suo migliore amico. è buffo, uno spirito libero e un giorno si presenta con un cilindro in testa che, sostiene, potrebbe aiutarla perché è magico. Ma sarà vero? E c'è qualcosa di più di una semplice amicizia tra Alice e Hartley? Scopritelo leggendo (è la mia prima originale, omg!).
Genere: Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Erano giunti di corsa al gazebo, la madre di Alice era evidentemente spazientita e pronta a farle una ramanzina delle sue.
“Sei quasi in ritardo per l'esibizione, Alice. Se sull'invito abbiamo scritto alle 4 in punto allora è alle 4 che tu ti devi sedere al piano” la rimproverò come previsto.
Alice riprese fiato e tenne la testa bassa. “Non sono ancora le quattro, mamma” rispose debolmente dando un'occhiata al suo bracciale-orologio.
“E non pensavi che forse sarebbe stato opportuno salutare gli ospiti prima di suonare? No, invece ho dovuto intrattenerli da sola e poi venire anche a cercarti” continuò sua madre adirata.
“Scusa, non mi ero resa conto-”
“Salve signora Abrhams, la trovo incantevole oggi. Posto stupendo” si inserì Hartley con un sorriso.
La donna lo fulminò con lo sguardo. Pareva che si fosse accorta solo in quel momento che c'era anche lui. Sollevò entrambe le sopracciglia quando notò il cappello che aveva in testa. Era inorridita. “L'hai portato tu?” chiese alla figlia continuando a esaminare ogni centimetro dell'outfit di Hartley.
“Si, ecco...è mio amico e-” iniziò a spiegare Alice ma di nuovo fu interrotta da Hartley. “Non è colpa sua, ero io che ci tenevo a congratularmi di persona per la bella notizia” la difese.
La madre di Alice rimaneva impassibile. “Mmh. D'accordo, ora ti sei congratulato. Puoi andare” tagliò corto.
“Ma mamma! Resterà per sentirmi suonare!” protestò Alice alzando la voce.
La signora Abrhams apparve presa in contropiede. “Ci sono i nostri amici” sibilò.
“Sono i tuoi amici, lui è veramente qui per me. Ti prego mamma.” la supplicò Alice.
La donna sospirò esasperata guardando di nuovo Hartley che si sistemava i vestiti in maniera poco naturale. Quel completo non lo metteva proprio a suo agio ma non l'avrebbe mai detto apertamente.
“Entri con quello?” chiese la signora Abrhams indicando il cappello e rivolgendosi per la prima volta direttamente a Hartley.
“L'idea era quella” rispose lui.
“Rimani infondo” sentenziò la donna e con questo si girò e attraversò l'arco del gazebo senza aggiungere altro.
Alice stava per opporsi ma Hartley le prese il braccio. “è ok. Ti vedrò e ti sentirò benissimo” le assicurò facendole l'occhiolino.
Alice forzò un piccolo sorriso ma restava il fatto che non le piaceva il modo in cui sua madre aveva trattato male il suo migliore amico, proprio come faceva sempre. Hartley non se lo meritava.
Alice si avviò sul palco allestito per l'occasione, una distesa di circa trenta sedie occupate da altrettante persone si profilava davanti a lei. Incrociò lo sguardo con qualcuno degli amici di sua madre che sorridevano cordiali nella sua direzione, applaudivano e sorseggiavano champagne. Eventi come quello capitavano di tanto in tanto, ai compleanni, per Natale, ma Alice non riusciva mai ad abituarsi del tutto. Doveva chiudere gli occhi e immaginare di essere sola per non andare nel panico, per non sbagliare. E così fece, una volta seduta al piano. Bloccò fuori la voce di sua madre che faceva un breve discorso, bloccò fuori le risate di circostanza e ogni altro rumore che potesse distrarla finché non rimase solo il silenzio. L'unica cosa che riuscì a fare breccia nel suo muro fu il fischio di Hartley e il suo urlo di incoraggiamento. “Vai Alice!”
Aprì gli occhi e iniziò a suonare.

~
 

Dopo l'esibizione cominciò la vera festa. La Signora Abrhams aveva chiamato un dj per mettere della musica che facesse da sfondo ai soliti discorsi tra adulti: soldi, figli, politica, persino una banalità come il tempo. Alice veniva trascinata da una parte all'altra da sua madre che con un sorriso smagliante stampato permanentemente in faccia la sfoggiava raccontando le stesse storie ancora e ancora; la ragazza dovette sorbirsi tutta quella sfilata senza dire nulla perché se avesse messo in imbarazzo sua madre allora dopo avrebbero fatto i conti e non sarebbe stato piacevole. In mezzo a tutta quella confusione ogni tanto Alice era riuscita a scorgere Hartley occupato a prendere stuzzichini e bicchieri di champagne dai vassoi dei camerieri. Sembrava cavarsela se non altro e Alice si sentì meno in colpa perché non poteva stare con lui. Miracolosamente dopo circa venti minuti di chiacchiere la signora Abrhams venne intercettata da un collega di lavoro che voleva presentarle qualcuno e parlarle di qualcosa di sicuramente noioso. La presenza della figlia non era richiesta quindi lei riuscì a divincolarsi dal braccio della madre e andò a bersi qualcosa. Si guardò intorno in cerca di Hartley ma non riusciva più a vederlo. Che se ne fosse andato? Forse si era stufato di aspettarla. Alice tornò a sentirsi tremendamente in colpa per averlo lasciato solo, ma non dipendeva da lei. Mentre si muoveva tra la gente e cercava di trovare l'amico una melodia si diffuse lentamente intorno a lei. Alice si fermò e tese le orecchie. Conosceva bene quella melodia. Era quel vecchio disco che teneva a casa, quello che ascoltava ogni volta che si sentiva giù ma solo quando sua madre non c'era. Era la canzone sua e di suo padre.
Alice puntò lo sguardo verso la postazione del dj e lì trovò un paio d'occhi verdi intenti a guardarla in attesa. Hartley se ne stava lì con le mani in tasca e un sorriso appena accennato sulle labbra. Era ovvio che ci fosse lui dietro, sua madre non avrebbe mai pensato di portare lì quel disco. Hartley doveva essersene procurato una copia apposta. Alice sentì il suo cuore battere più forte mentre si faceva largo tra la gente, avvicinandosi sempre più al suo migliore amico che appariva sempre più soddisfatto di sé. Prima che potesse arrivare da lui, Hartley le fece cenno con la testa di allontanarsi dalla piattaforma e lei lo seguì. Erano sul prato ora, Alice lo osservava con un'espressione interrogativa. Hartley le offrì la mano. Aveva capito bene? Alice gli porse la sua mano in modo incerto ma quando lui la strinse e la tirò a sé ogni dubbio svanì. Avrebbero ballato. Alice si lasciò sfuggire una risatina nervosa ed era quasi sicura che in quell'istante stava iniziando ad arrossire. Sperò che Hartley non lo notasse. Non erano troppo vicini l'uno all'altra ma la mano di lui poggiata leggera sul suo fianco e l'altra sulla sua spalla rendevano quel contatto diverso da ogni altro che avessero sperimentato prima. Anche Hartley lo percepiva? Si muovevano lentamente al ritmo della melodia a lei più cara, Alice era anche vagamente consapevole degli sguardi intorno a loro e del brusio che si stava creando ma non le importava più di tanto. “Sei un ballerino decente” disse vicino all'orecchio di Hartley con una punta di ironia. Era molto più che decente in realtà.
Hartley sghignazzò piano. “Già, sapevo che un giorno mi sarebbe tornato utile.”
“Grazie” disse Alice con un sorriso, appoggiando il mento sulla sua spalla.
“Non c'è di che, a qualunque cosa tu ti riferisca” rispose lui fingendo di non aver capito.
“Per tutto” specificò Alice. “per essere qui oggi, per aver portato quel disco...”
“...per il cappello, per la spettacolare canzone che ho composto per te...” continuò lui divertito.
Alice sollevò la testa e si mise a ridere. “Si, la canzone è veramente da Grammy!”
“Sono contento che tu l'abbia riconosciuto finalmente” si vantò Hartley con quel sorriso che faceva spuntare due fossette sulle sue guance.
Il silenzio calò di nuovo tra di loro e rimasero semplicemente lì a dondolare lasciandosi guidare dalle note. La musica terminò troppo presto, con la coda dell'occhio Alice vide la madre ai margini del gazebo, sguardo severo e braccia incrociate davanti al petto. Pareva che quel pomeriggio nulla potesse evitare a Alice un rimprovero come si deve. Anche Hartley doveva essersi accorto della donna perché lentamente le sue mani scivolarono via da Alice. “Devi andare” disse strascicando le due parole.
“Già” rispose Alice con una smorfia.
“E il cappello? Lo vuoi o no?” chiese Hartley speranzoso.
Alice osservò di nuovo quell'accessorio troneggiare sulla testa del suo amico. Più ci pensava più si convinceva che quello fosse un oggetto fatto apposta per lui. “Lo sai, credo che stia molto meglio a te. Tienilo.” disse infine.
Hartley storse il naso incerto. “Dici? Ma questo è un cappello magico, te l'ho detto. Realizza i sogni, ti porta in posti incredibili” spiegò Hartley illuminandosi.
“Buon per te allora. Ti ci divertirai un sacco” rispose Alice.
Hartley sbuffò. “Ma a me non serve, Alice. Io sono esattamente dove voglio stare” disse ancora con quel tono così convinto. Le sue parole rimasero lì a galleggiare tra di loro e dentro di sé Alice stava andando in tilt. Con quello facevano ben due momenti di impasse in un giorno, era molto più di ciò che poteva gestire. Che cosa voleva dire con quella frase?

“Torna alla tua festa ora” la incitò Hartley per rompere il silenzio. In un attimo era ritornato rilassato come al solito. Alice invece si sentiva ancora confusa e incapace di proferire parola. Hartley indietreggiò di qualche passo, si levò il cilindro e fece un inchino in modo molto teatrale, poi si raddrizzò e con il suo consueto sorriso furbo le fece ciao con la mano. Il sua cappello era tornato al suo posto, Alice rispondeva al saluto e mentre Hartley si allontanava sempre più sull'erba verde brillante, capì di avere fatto la cosa giusta a lasciargli il cilindro. Era assolutamente suo. Ormai il ragazzo era diventato un puntino lontano, oltrepassava il grande cancello di ferro battuto e scompariva all'orizzonte. Alice era rimasta ferma lì a guardarlo andarsene e ora che se n'era resa conto girò su sé stessa con un sospiro per tornare sotto al gazebo. Sua madre era proprio dietro di lei e la fece sobbalzare. Il suo sguardo non era comprensivo. “Dobbiamo parlare io e te.”


Note: ok, questo era il capitolo 2, che ve ne pare? Vi sta piacendo Hartley? Se la risposta è si allora bene perché il prossimo capitolo sarà praticamente tutto su di lui e si scoprirà qualcosa in più sulla sua vita. è ovviamente il Cappellaio Matto di questa storia ma non è solo il suo cilindro a renderlo tale. Che altro...oh, grazie a Sharon xd per avermi lasciato la prima recensione, mi ha fatto molto piacere ;) Alla prossima! xo

   
 
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