Capitolo 4- Due abbracci
Dove mi trovo? Che posto è questo?
La mia vista è appannata, come se ci fosse un velo opaco davanti agli occhi, mi devo riprendere un attimo.
Che sogno devastante.
Un momento, qui accanto c’è quella ragazza, inginocchiata. Non stavo sognando.
L’ho visto! Questa donna aveva le ali! Non sto impazzendo!
Ne sono certo, lei è un angelo, ed esiste veramente!
Mi alzo a fatica da terra, barcollo e sto per cadere.
Quella donna-angelo mi prende in tempo per le braccia e m’issa su.
Ora sì che vedo bene.
I nostri sguardi s’incontrano.
Ha degli occhi bellissimi, è impossibile resistergli.
Lei abbassa la visuale, mentre io non smetto di scrutare quelle due pietre preziose.
Dovrei chiederglielo. Lei è veramente un angelo?
“Ora puoi dirmi il tuo nome, signorina?”
“Somber, mi chiamo Somber Flame, e sì, nel caso te lo stessi chiedendo, sono un angelo.”
É la ragazza più bella che abbia mai visto, ma non per il suo aspetto fisico. Ha qualcosa che mi attira, come una calamita.
“Allora non stavo sognando! È successo tutto veramente? Chi era quell’uomo vestito di piume nere?”
“L’uomo vestito di piume nere? Ma di cosa stai parlando?”
Non capisco, o sono pazzo io, o lo è lei, o lo siamo entrambi. Io opterei per l’ultima, giusto per fare in modo che nessuno rimanga solo.
Eppure se è accaduto tutto realmente, se lei è un angelo, allora non posso essermi immaginato quella creatura.
“Parlo di colui che ci stava inseguendo, dalla quale siamo scappati. Ammesso che sia successo veramente.”
“Azar Black, chiedo umilmente perdono per aver sfruttato i tuoi desideri per scappare. Se vuoi, posso andarmene e tornare da dove sono venuta.”
Ma chi le hai mai chiesto di venire qua! Per me può andare dove vuole, di certo non è colpa mia se si trova qui.
Un momento, e se quando parlavo al cielo ci fosse stato veramente qualcuno che mi stava ascoltando?
Comunque cosa c’entra questa sua affermazione con la mia domanda?
“Non hai risposto alla mia domanda.” Mi limito a dire.
“Stai parlando del corvo?”
Ah, era un corvo. Un corvo gigante, direi. È impossibile che quella creatura fosse un corvo, ma chi sta cercando di prendere in giro?
“Non ho tempo per giocare, cos’era?”
“È così che loro vengono chiamati. Pronunciare la loro vera specie si dice porti male.”
Davvero anche gli angeli credono alle superstizioni? Nominare un semplice sostantivo per loro è così importante?
“Comunque, Somber, sbaglio o prima hai detto di voler imparare ad avere una personalità? Voi angeli non ne avete una?”
“Non è esattamente così, gli angeli provano emozioni, sentimenti, ma io…”
Sta cominciando a balbettare.
Pare che lei non senta nulla. È sempre monotona, cupa e vuota.
Di certo non ho chiesto al cielo di ricevere un angelo senza carattere.
Io ho bisogno di una spalla, non di qualcuno a cui darne una.
Però lei è dannatamente… magnetica.
“Tu?” provo a spingerla a continuare.
“Io… sono un angelo un po’ particolare. Tecnicamente non dovrei esistere, ecco perché il demone ci stava inseguendo prima.”
“Aspetta, ma non era un corvo?”
“Sì, un demon… ops, l’ho detto.”
Mette le sue dita sopra la bocca, come per annullare la sua affermazione, mentre guarda in basso. Si accascia a terra.
È questo ciò che non può dire? Non può pronunciare la parola “demone”?
Quindi l’uomo vestito di piume nere era un demone?
È tutto così complicato.
Non bastavano il mio lavoro estenuante e la mia famiglia ora inesistente?
Era proprio necessario che un angelo piombasse in questa vita, rendendola ancora più confusa di quanto non lo sia già?
Posso solo giungere a una conclusione. Il cielo mi odia.
“Somber… prima mi hai chiesto se desideravo che tu tornassi da dove sei venuta. Vale ancora come proposta? Insomma, la mia vita è già un disastro completo, non sono pronto a dare il mio appoggio a qualcun altro. Lo dico per il tuo bene!”
È impassibile, come al solito. Non dice una parola, e non leggo nessun segno di dolore o delusione nei suoi splendidi occhi.
“Quella proposta varrà sempre. Ti ho sfruttato per scappare, è vero, ma non verrei mai meno ai miei patti. Io sono il tuo angelo, tu mi hai chiamato.”
Lei è il mio angelo. Ridicolo. Gli angeli sono, per caso, degli oggetti?
“Lascia che ti dica una cosa. Tu non sei un arnese, non appartieni a nessuno, sei libera. Non permettere mai che qualcuno ti sfrutti. Sei una persona come le altre, meriti di avere le tue scelte. Io ho fatto la mia, quella di rimanere solo. Ora tocca a te.”
Mi scruta dalla testa ai piedi e poi si rialza.
“Mi dispiace, ma io non sono una persona. Sono un angelo fuori dal comune, che va eliminato. Non sono libera. E se dovessi scegliere, in questo momento, rimarrei con te. Pare che tu abbia bisogno del mio aiuto. Non l’hai scelta tu quest’esistenza in solitudine.”
Diamine se ha ragione.
Io ho bisogno di lei, e lei di me. Nessuno dei due può vivere senza l’altro.
Meglio cominciare subito con l’addestramento.
Mi avvicino a lei. La abbraccio. Lei rimane in piedi, con le mani distese lungo i fianchi.
“Questo si chiama ‘abbraccio’, Somber. Una persona, o un angelo nel tuo caso, lo dà quando vuole bene all’altra. Di solito viene ricambiato. È un gesto di amicizia.
Quest’ultimo è uno dei sentimenti che t’insegna più emozioni, sia positive che negative.
Che ne dici, ti va bene come prima lezione?”
Mi abbraccia.