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Autore: moni93    20/05/2013    5 recensioni
E se i cavalieri dei Lost Canvas avessero dei figli?
Se vi siete fatti questa domanda, ma non avete mai osato chiedere, ecco a voi la risposta! Una fic nata per caso, per farvi fare due risate (ma anche quattro o cinque, se riesco). Spero vi piaccia! ^^
Ps: non ho idea di quello che ne uscirà fuori, quindi non mi prendo alcuna responsabilità sui risultati! xD
Tratto dal primo chappy:
“Ehi! Con quello ci stavo giocando!” protestò, indicando con l’indice la fonte dei suoi passatempi.
L’altro adulto lo fulminò con uno sguardo al di sotto dello zero assoluto.
“Quello, sarebbe nostro figlio.” gli fece notare, mentre stringeva con ancora più forza il piccolo.
“Oh certo, quando ci gioco io è nostro, però se mi dimentico di cambiargli il pannolino diventa improvvisamente mio figlio! Gli farai venire una crisi identitaria!”
Genere: Comico, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Personaggi Lost Canvas
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Second Family (episode 1): Quando il troppo amore si tramuta in veleno

 

“Ma quanto è bella la mia Gioca? Quanto è bella la mia picciridda?”

Matteo stava giocherellando con i piedini di un’adorabile esserino dagli occhioni celesti. I capelli erano ancora corti, ma molto folti e morbidi come nuvole. La tonalità era la stessa di quella del genitore che la reggeva tra le gambe, facendole il solletico ora alla pianta dei piedi, ora al pancino. Lei si dimenava scalciando e ridendo, diffondendo per la stanza quel suono cristallino che sapeva d’innocenza.

Seduto nella poltrona a fianco, un altro uomo, dai tratti delicati, leggeva un libro con un sorriso luminoso che non accennava ad andarsene. Sebbene stesse rileggendo la stessa frase ormai da mezz’ora, non gli importava.

La consapevolezza di aver redento quella testa calda di Manigoldo, il delinquente del paese malvisto da tutti, che rubava e vandalizzava la città, lo rendeva di giorno in giorno più orgoglioso. Ancor più adesso che poteva chiamarlo con il suo vero nome, Matteo, e non più con quel soprannome inquietante.

Senza farsi notare, sbirciò con la coda dell’occhio suo marito. Se qualcuno avesse visto il temibile Manigoldo adesso, mentre faceva le moine a sua figlia, probabilmente mezza cittadina sarebbe svenuta per lo shock.

“Albafica, puoi rifarle il fiocchetto?”

La voce di Matteo lo fece tremare per la sorpresa.

“C-come?” domandò il giovane, voltando completamente il capo in direzione del coniuge.

Questi gli mostrò la bambina come fosse un trofeo di pesca.

“Il fiocco le si è disfatto, glielo puoi rifare tu?” ripeté l’uomo.

Meccanicamente, Albafica afferrò Gioca e la posizionò tra le sue gambe, mentre, con qualche abile mossa delle mani, le risistemò il nastro celeste che le ornava i capelli corvini.

“A venticinque anni, ancora non sei capace a fare un fiocco?” domandò con falsa cattiveria il giovane.

Terminata l’operazione, avvicinò una mano alla guancia della bambina, con il chiaro intento di volerla carezzare. Giunto a pochi centimetri dalla sua pelle morbida e paffuta, però, si bloccò. Osservò per un istante gli occhi di sua figlia e poi, con un gesto quasi brusco, la riconsegnò a Matteo.

L’italiano notò ogni cosa, ma decise di tacere e tornare a dedicarsi al piccolo miracolo.

“E a che serve? Tanto tu sei capace!” rispose in seguito, cercando di risollevare l’umore dell’amante.

Albafica sospirò e tornò alla sua lettura, con fare leggermente malinconico. L’altro, invece, si mise sul tappeto con la bambina facendola giocare con la miriade di bambole che nel corso di quel breve anno di vita aveva accumulato, sia per via di feste sia per il semplice fatto di essere tanto adorabile.

Ad un certo punto, l’ex Manigoldo si alzò per andarsene in cucina a bere un bicchier d’acqua. Tanto Albafica era in salotto con la piccina, quindi non correva alcun rischio. Quando rientrò in sala, con il bicchiere ancora alla bocca, mancò poco che si strozzasse. Con voce tremante e leggera, quasi temesse di spaventare un animale esotico, l’uomo si rivolse al marito.

“Al... Albafica.” mormorò.

Preso com’era dalla lettura, il ragazzo non si accorse del richiamo.

“Albafica!”

Stavolta, alzò il capo.

Gli occhi zaffiro rimasero imprigionati dalla visione di Gioca che si reggeva in piedi, aiutandosi con le manine saldamente appoggiate alla gamba del tavolino.

“Sta, sta...” balbettò Albafica, sporgendosi dalla poltrona e lasciando cadere a terra il libro.

“Sta facendo i primi passi!” gioì Matteo, battendo le mani esaltato.

Dopo qualche minuto di esitazione, la bambina mollò il suo appoggio e tentò il primo passo. Non andò molto bene, dato che cadde in ginocchio, ma subito si rialzò. Il secondo andò meglio e a quello seguì un terzo e poi un quarto.

“Brava, Gioca! Continua così!” la incitò Matteo.

Albafica, però, si era d’un tratto irrigidito.

La piccola oramai non osservava più i piedini, ma la figura del padre ancora seduto nella sua poltrona. Sembrava intenzionata a raggiungerlo e questo Matteo lo capì subito.

“Vai, Gioca! Vai da papà Albafica!” disse infatti.

L’altro, però scosse il capo e mosse la mano come a voler scacciare una mosca.

“No, no... vai da Matteo... non venire qui...”

Né lei né il marito gli diedero ascolto.

Lui continuò a fare il tifo battendo le mani, mentre la creaturina proseguì nel suo cammino, cadendo a terra ogni tanto. Dopo cinque interminabili minuti, raggiunse la sua meta e cadde tra le braccia di Albafica che, preoccupato che potesse farsi male, l’afferrò al volo.

Matteo applaudì come se avesse assistito ad un numero mozzafiato.

“Ma brava la mia picciridda!!!” urlò, andando da lei e baciandole i capelli.

Una volta terminate le lodi, osservò il consorte con aria seria.

“Perchè hai paura che si affezioni a te? Mica sei velenoso!” gli disse in tono canzonatorio, ma non troppo duro.

Sapeva quanta fragilità celasse il suo uomo, per quanto tentasse di apparire forte e indistruttibile. Non a caso, giunse una confessione.

“E se... non fossi all’altezza?” mormorò Albafica, guardando con desiderio e timore la sua bambina.

Matteo rise.

“Vabbè che hai tutte le ragioni per pensarlo, essendo più basso di me...” lo prese volutamente in giro lui, facendo così arrossire l’altro per la vergogna.

Non era facile per Albafica parlare di certe cose, Matteo lo sapeva bene. Però non poteva evitare di prenderlo anche un poco in giro, era troppo divertente. Per rimediare, gli diede un buffetto sulla fronte.

“Vedrai, sarà orgogliosa di te... anzi, già le piaci un sacco: hai visto che voglia matta aveva di venire da te?”

Realizzando solo allora quel dettaglio, Albafica non poté evitare di sorridere nuovamente come un ebete.

Suo marito sarà pur stato Manigoldo un tempo, ma adesso era diventato un padre davvero speciale.

E anche lui.

 

ANGOLO DELL’AUTRICE:

 

Holaaaa!! ^^

Nuova coppietta, nuovi dilemmi esistenziali e risate!

Dato che amo alla follia Mani-Mani e Alba-chan, non potevo non metterli assieme e, come loro figlia, chi meglio di Gioca? Per chi non lo sapesse, è una ragazzina ladruncola che i due incontrano nel Gaiden dedicato a Manigoldo. Ce li vedo proprio a fare la mamma e il papà a turni alterni! <3

Ah, dato che la mia cara Tsubaki3 non l’ha ancora capito, lo dico chiaramente ora: queste storie tanto fluffose sono per lei, anzitutto perchè è tanto dolce e carina, e poi perchè mi auguro tanto che, un giorno, possa vivere certi momenti. (magari con un bel figo come Mani-Mani o Kardia, sei d’accordo Tsu? ;)) Ovviamente, tale augurio vale per tutti voi, cari lettori! Che la vostra vita in famiglia possa essere ricca di momenti felici e dannatamente dolci!

Un grazie enorme a tutti quelli che mi seguono, non mi stancherò mai di dirlo!

Moni =)

   
 
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