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Autore: Fallen Star 91    23/05/2013    1 recensioni
4 agosto 1914, l’Impero Britannico dichiara guerra alla Germania entrando nel primo conflitto mondiale.
Il capitano James Nicholls non ha ancora trenta anni ed è costretto a partire per la Francia insieme alla 54° divisione della cavalleria britannica lasciandosi alle spalle sogni e speranze. Accanto a lui c’è Sylvia, la sua fidanzata di qualche anno più giovane ma non per questo meno coraggiosa, che assiste impotente alla partenza del giovane. Nei primi tempi i due si tengono in contatto, ma quando le lettere di James smettono di arrivare la ragazza decide di lasciare la sua fattoria nel Devonshire e partire alla ricerca del fidanzato affrontando un viaggio pericoloso in una terra lontana e martoriata dalla guerra.
Genere: Avventura, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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14. FAVOLA TRISTE

Sylvia respirò a fondo quel profumo di pulito e casa che la avvolgeva in quella coperta che pizzicava sulla pelle. Per un attimo pensò di essere tornata a casa, lentamente si mise a sedere e ancora mezza addormentata si guardò intorno cercando di riconoscere, nella tavolozza di luci ed ombre della stanza, la cassettiera e lo specchio della propria camera. Era stato tutto un sogno: James la aspettava seduto al tavolo della cucina e nell’attesa discuteva con suo padre di cavalli e di caccia, presto li avrebbe raggiunti ed insieme sarebbero usciti nei campi per estirpare le erbacce e chiudere le tane delle talpe.
Sollevata dal pensiero che si fosse trattato di un lungo incubo la ragazza si stropicciò le palpebre e fu allora che scorse, ai piedi del letto, una ragazzina che la osservava incuriosita con i suoi grandi occhi azzurri.
Sconcertata Sylvia strabuzzò gli occhi e, non appena si accorse di essere vista, la bambina si abbassò continuando a guardare di sottecchi la ragazza attraverso le sbarre del letto.
- Ciao.-
La piccola si nascose sotto il letto scomparendo del tutto alla vista di Sylvia. Non era stato che un sogno, non si trovava a casa e James non la stava aspettando seduto al tavolo della cucina in compagnia di suo padre. Sylvia si sentì stringere lo stomaco a quel pensiero, ma cercò di non pensarci e di concentrarsi sul posto in cui si trovava. Ricordava di essersi addormentata sotto la nicchia, ricordava un uomo che le aveva allungato una forma di pane e un’ombra che, poco prima che perdesse conoscenza, le si era avvicinata e le aveva fatto delle domande a cui lei non aveva risposto.
- Perdona mia figlia.-
Una donna entrò nella stanza e senza esitazione si avvicinò a Sylvia appoggiandole una mano sulla fronte.
- La febbre è scesa, bene.-
- Chi siete? Dove mi trovo?- la ragazza guardò disorientata la donna cercando di ordinare le idee che le si accalcavano nella testa. La testa. Sylvia si portò una mano alle tempie e cominciò a massaggiarle cercando di alleviare il dolore che le attraversava il capo come uno sciame di stilettate.
- Sei al sicuro,- la donna cominciò a ordinare alcuni abiti nei cassetti dei comò – mio marito ti ha trovato sotto la pioggia, deliravi per la febbre e non se l’è sentita di lasciarti per strada in quelle condizioni.-
- Come vi potrò mai ringraziare? Mi avete salvato la vita.-
- Non ti preoccupare, eri in uno stato talmente pietoso che sarebbe stato un crimine lasciarti a dormire sul fango e con solo la pioggia come coperta.- la donna si avvicinò nuovamente al letto e si sedette sulle coperte guardando Sylvia negli occhi – Ora riposa e tra qualche minuto ti porterò un po’ di brodo.-
La signora si alzò e tese una mano alla bambina che scivolò fuori del suo nascondiglio e seguì allegra la madre fuori della stanza.
- A proposito, io sono Amy Lewis. Mentre lei è Maggie.-
- Sylvia Stone.-
La donna le sorrise e rapidamente lasciò la camera chiudendosi con delicatezza la porta alle spalle.

Sylvia scivolò lentamente sotto il velo dell’acqua, era bollente, ma il desiderio di lavarsi era talmente forte che la ragazza non ci fece caso e si lasciò avvolgere dal calore e il vapore senza preoccuparsi troppo della temperatura.
Senza pensare la giovane affondò sempre di più nella vasca fino a scomparire totalmente sotto quella coperta calda e trasparente, nemmeno ricordava l’ultima volta in cui aveva fatto un bagno degno di tale nome ed ora era quanto mai decisa a godersi quel momento di totale ristoro.
Con decisione la ragazza cominciò a frizionare i capelli con una lozione e in poco tempo il suo capo cominciò a profumare come un mazzolino di mughetti e fiori di campo. Dopo essersi sciacquata dai capelli la schiuma, Sylvia cominciò a massaggiare con delicatezza il suo corpo facendo attenzione ai diversi tagli ed ematomi che le coprivano la pelle. Dopo settimane vissuta all’ombra di alberi e costretta a mascherare le sue sembianze le faceva uno strano effetto vedersi completamente nuda e così vulnerabile.
Rientrando in camera la ragazza trovò sul letto degli indumenti puliti che emanavano un delicato odore di sapone di Marsiglia e lavanda. Con soddisfazione Sylvia osservò il proprio riflesso nello specchio del comò: la malattia le aveva segnato il volto, ma i due giorni di convalescenza, i pasti caldi che Amy le aveva offerto e il bagno caldo le avevano in parte ridato la sua consueta energia, ancora qualche giorno e Sylvia sarebbe stata nuovamente in grado di riprendere il cammino.
La scala cigolò appena sotto i passi della ragazza e i lamenti dei gradini attirarono l’attenzione della bambina che rivolse i suoi meravigliosi occhi azzurri all’ospite salutandola con un sorriso.
- Arrivi in tempo per il pranzo.-
Amy appoggiò sul tavolo una zuppiera bianca da cui salivano pallide volute di fumo e indicò una sedia alla giovane.
- Mio marito è andato a fare visita ad un vecchio amico, sarà di ritorno tra poco. Immagino sarà contento di vederti in piedi.-
- Immagino di sì.-
Sylvia prese posto a tavola e cominciò a giocare con la bambina.
- Parlate molto bene inglese, signora Lewis.-
- Per favore, chiamami Amy.- la donna si sedette accanto alla bambina e cominciò a tagliare dei tocchi di formaggio da una grossa forma – Io e mio marito ci siamo trasferiti in Francia sei anni fa. L’Inghilterra ci piaceva, ma Arthur voleva viaggiare, conoscere persone nuove e vedere posti nuovi, per cui ci siamo trasferiti al di là della Manica ma i nostri grandi viaggi sono finiti quasi immediatamente.-
La donna sorrise ed allungò un pezzo di formaggio alla piccola che lo addentò con avidità.
- Tu invece? Qual è la tua storia?-
- Una storia?- la bambina alzò gli occhi dal boccone e guardò interessatissima la ragazza – Racconta! Racconta!-
La piccola cominciò a battere eccitata le manine guardando con sguardo languido Sylvia.
- Sei proprio una piccola impertinente, lo sai?- Amy diede un buffetto sulla guancia della figlia che rise ancor più allegra tornando a mangiucchiare il suo pezzetto di formaggio.
- Dopo pranzo la nostra ospite ci racconterà la sua storia, ma per il momento devi lasciarla mangiare in pace. Va bene?-
La bambina sorrise e si mise a sedere composta accarezzando con soddisfazione la promessa fattale dalla madre.
- Buon giorno a tutti!-
Un uomo entrò in quello stesso istante e, nel momento stesso in cui si tolse il berretto, Sylvia riconobbe i lineamenti dell’uomo che l’aveva avvicinata per offrirle il pane.
- Voi, voi siete l’uomo che mi ha dato da mangiare, non è così?-
L’uomo si inchinò leggermente sorridendo alla ragazza che era scattata in piedi come alla presenza di un nemico.
- Arthur Lewis, al vostro servizio.-
- Sylvia Stone, al vostro.-
Sylvia rimase per qualche istante ad osservarlo con attenzione: era alto, questo lo aveva visto fin dal loro primo incontro, e il suo volto ispirava simpatia e bontà, al centro del viso brillavano due allegri occhi verdi e i lineamenti del volto, resi duri dal lavoro e dagli stenti della guerra, erano incorniciati da una rada barba rossa che lo faceva assomigliare a Vincent Van Gogh. L’uomo si avvicinò alla moglie e dopo averla baciata si rivolse alla piccola a cui porse un fiore di campo raccolto lungo il cammino.
- State meglio oggi, quando vi ho portato a casa eravate pallida come la luna e calda come un pezzo di carbone, per non parlare dei deliri della febbre.-
L’uomo si sedette a tavola e si versò un po’ della zuppa preparata dalla moglie.
- Ma ditemi, cosa ci facevate in quella nicchia? So di avervi già fatto questa domanda, ma devo ammettere che non ho capito granché del vostro farfugliare.-
- La mamma ha detto che Sylvia mi racconterà una storia dopo pranzo!-
Maggie sorrise soddisfatta al padre quasi a volersi vantare di quella conquista.
- Una storia?- l’uomo allungò una mano verso la figlioletta e la accarezzò con dolcezza la guancia – Una storia che parla di cosa?-
- Mi dispiace, non fornisco anticipazioni.-
Sylvia fece l’occhiolino alla piccola che le rispose con un sorriso, segno che per il momento quella risposta le andava bene.

Seduta al tavolo della cucina Sylvia pensava e ripensava alle parole con cui avrebbe raccontato alla figlia di Arthur e Amy la sua storia. Come poteva raccontare ad una bambina di appena di cinque anni di guerre e di orrori senza turbarne l’animo? Come poteva rendere le sue avventure e disgrazie una bella storia? Una di quelle che la piccola avrebbe rivissuto ancora ed ancora nei suoi sogni o nei suoi giochi? La sua era una favola triste, una di quelle favole che si vorrebbero raccontare e sentire una volta sola per poi dimenticarle per sempre. Già, dimenticare, Sylvia sapeva benissimo che mai avrebbe dimenticato quel viaggio in Europa specialmente se avesse trovato una croce e una lapide al termine del suo cammino.
- Allora la mia storia?-
Maggie aveva appoggiato il mento sulle braccia incrociate ed ora guardava con avidità e occhi carichi di aspettative la ragazza.
- Sì, non me ne sono dimenticata.- Sylvia sorrise e trasse un profondo respiro prima di cominciare a raccontare la sua favola triste – Bene, da dove comincio?-
- Dal titolo! Tutte le favole hanno un titolo!-
Maggie le sorrise e scosse il capo domandandosi come ad una ragazza così grande fosse sfuggita una simile banalità.
- Giusto! Il titolo.- Sylvia rifletté un momento cercando di trovare qualcosa che potesse riassumere in modo accattivante la sua storia – Questa favola si intitola: il cavallo, il soldato e la ragazza.-
La bambina sorrise e si rimise in ascolto sgranando gli occhi. Anche Amy e Arthur si sedettero accanto alla figlia interessati ad ascoltare il racconto della loro ospite e curiosi di scoprire come avrebbe reso le sue avventure materia di favole.
- C’era una volta un regno, governato da un re buono e amante della pace. In questo regno vivevano un soldato e la sua fidanzata, i due giovani amavano andare a cavallo e passare le loro giornate a spasso per i campi e le colline del regno. Un giorno però un uomo cattivo dichiarò guerra e il re buono fu costretto a preparare il suo popolo alla battaglia.-
- Come si chiamano i due giovani?-
- James e Sylvia.-
- la ragazza si chiama come te!-
- Sì, ma se vuoi le posso cambiare nome.-
- No, no!- Maggie scosse con convinzione il capo – Mi piace come nome.-
- Come dicevo. Il re dovette preparare i suoi soldati per la guerra e ordinò che tutti i ragazzi si preparassero per partire. Quando la notizia arrivò alle orecchie di James e Sylvia i due giovani furono molto tristi, Sylvia infatti temeva che James potesse morire e non voleva perderlo. James però aveva una cosa che nessun’altro soldato aveva: un cavallo veloce come il vento, furbo come una volpe e coraggioso come un leone, con un simile animale al suo fianco James era sicuro di riuscire a sopravvivere e che un giorno sarebbe tornato da Sylvia.-
Sylvia fece una pausa cercando di capire a chi stesse veramente raccontando quella storiella, se ad una bambina o a se stessa nel tentativo di mettere a tacere, almeno per un momento, le voci che dentro di lei le gridavano quanto disperato e futile fosse il suo viaggio.
- James partì per la guerra e per le prime settimane scrisse a Sylvia ogni volta che poteva in modo da non farla mai sentire sola. Poi però le lettere smisero di arrivare e Sylvia fu molto triste per questo motivo e si domandava perché il suo soldato non le scrivesse più. Così, una notte, la ragazza scappò di casa e, dopo aver preso una nave, raggiunse la terra lontana in cui James era stato mandato a combattere.-
Sylvia fece nuovamente una pausa gustandosi per un istante l’espressione rapita sul volto della bambina.
- La ragazza cominciò a percorrere quella terra straniera alla ricerca del suo fidanzato. A volte aveva la fortuna di avere dei compagni di viaggio, mentre altre si muoveva da sola e doveva fare ancora più attenzione perché quella terra era piena di pericoli. Un giorno però Sylvia si ammalò e cercò riparo dalla pioggia e dal freddo sotto una piccola nicchia, pioveva tanto quel giorno e la ragazza stava veramente male quando, tra la pioggia, avanzò un signore che la portò a casa sua per curarla e darle da mangiare.-
Sylvia terminò il suo racconto traendo un sospiro di sollievo: aveva raccontato tutto quello che poteva raccontare e la sua sciagurata avventura era davvero diventata una favola triste al pari di quelle con cui era cresciuta da bambina.
- Ti è piaciuta, piccola?-
- Finisce così?-
Maggie incrociò le braccia guardando contrariata Sylvia.
- Sì, suppongo di sì.-
- Ma questo non è un finale.- la bambina cominciò a gesticolare scocciata dal fatto di dover spiegare ad una ragazza grande come terminavano le favole – Alla fine il principe e la principessa si incontrano, si sposano e vivono per sempre felici e contenti.-
- Mi dispiace piccola, ma io non so coma va a finire questa favola.-
Sylvia abbassò triste il capo prima che una nuova idea le balenasse nella mente.
- Come vorresti che finisse?-
La bambina assunse un’aria concentrata e si portò una mano alla fronte valutando molto bene la domanda della giovane.
- Perché James non ha più scritto lettere a Sylvia?-
- Non lo so, qualcosa glielo ha impedito.-
Maggie rifletté ancora un momento prima di prendere le redini della situazione.
- Ecco come sono andate le cose.- la bambina si aggiustò sulla sedia e si guardò con fierezza intorno per accertarsi che tutti ascoltassero la sua versione della storia – James non ha più scritto a Sylvia perché è stato preso prigioniero dai nemici, è vivo, ma non può farlo sapere alla sua fidanzata e per questo sta male e piange tutte le sere.-
Sylvia si irrigidì e per un momento il fiato le morì in gola, l’ipotesi che James fosse prigioniero dei tedeschi non l’aveva nemmeno lontanamente sfiorata e quella nuova possibilità demoliva le sue già flebili speranze di ritrovare il suo capitano.
Non curante del turbamento della ragazza, Maggie continuò imperterrito la sua narrazione.
- Però Sylvia è coraggiosa e furba e, con uno stratagemma, riesce a liberare il suo fidanzato e, con l’aiuto del cavallo di James, a tornare a casa.-
- E vissero per sempre felici e contenti.- Amy batté entusiasta le mani applaudendo al lieto fine ideato dalla figlioletta – Veramente una bella storia, Maggie. Tu e Sylvia potreste scrivere un libro, avete una promettente carriera da narratrici!-
La donna ammiccò alla ragazza cercando di farle tornare il sorriso.
- E vissero per sempre felici e contenti.- Sylvia ripeté a bassa voce quella formula chiedendosi se davvero la sua storia si sarebbe conclusa con quelle parole.
   
 
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