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Autore: Lennyk192    26/05/2013    2 recensioni
Quinn lo studiò atterrita per qualche secondo, prima di urlare e riprendere a muoversi, tirando i ceppi con strappi violenti, con l'unico risultato di provare ancora più dolore.
Sentì la sua guancia bruciare quando uno dei demoni le assestò uno schiaffo da rivoltarle la faccia.
La testa vorticò e quasi svenne per la violenza dell'impatto, ma prima di scivolare nell'oblio qualcosa pizzicò i suoi polsi e gli avambracci e uno stupido pensiero le sfiorò la mente.
Il giorno dopo sarebbe stata la Vigilia di Natale.
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From beneath you it devours'
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Capitolo 22: Superhuman touch (part 2)



Alec lasciò la fortezza e proseguì lungo il tunnel. Guardando a destra e a sinistra si assicurò che non ci fossero demoni nelle vicinanze, attivò il Varco e tornò in superficie.
Le parole aspre di suo padre gli risuonavano ancora nella testa. Non aveva potuto replicare nulla a sua discolpa.
Aveva dato il via ad un bel casino e lasciato che Zane raggiungesse Quinn e le mettesse in testa strane idee.


Quella notte l'intera fortezza era deserta, e questo non aveva fatto che accrescere il suo disagio.
Dahak non si liberava mai di nessuno dei demoni al suo servizio, se non per evitare che ascoltassero conversazioni di massima importanza. Alec aveva attraversato il grande salone centrale, sempre dominato dal lampadario di cristallo che, da quanto poteva ricordare, non aveva mai visto acceso.
Suo padre amava il buio, per muoversi come il predatore che era, silenzioso e letale, e quella condizione di luce gli giovava fin troppo.Lo vide emergere da un cono d'ombra, gli occhi rossi attraversati da un lampo d'ira.
Fece per aprire la bocca e concedergli il solito saluto, ma lui lo interruppe con un gesto stizzoso della mano.
In meno di un secondo gli si parò davanti.
"Non so neanche da dove cominciare per esprimerti la mia frustrazione. Hai lasciato che un succubo rintracciasse la tua posizione, che prendesse l'umana, la portasse a fare accordi con il nostro nemico...e infine le hai offerto il tuo sangue!"
Quell'ultima frase venne sputata con più disprezzo delle altre e Alec capì che era ciò che gli bruciava di più.
"Sarebbe morta"
"Non spettava a te salvarla!" urlò a pochi centimetri dalla sua faccia. Solitamente lui non si scomponeva mai, neanche in preda all'ira più feroce.
Prese a girargli intorno, studiando la sua espressione accondiscendente e Alec pensò che volesse punirlo di nuovo.

"Ti chiedo scusa" sibilò allora tra i denti "Mi avevi detto di tenerla in vita e l'ho fatto"


"Dal momento in cui ha messo piede nel territorio di Zane, la sua vita non rientra più nei miei interessi"
"Non ha fatto alcun accordo..."
"Come lo sai? Te l'ha detto lei?"
Il suo silenzio fu eloquente e il demone proseguì.
"Dunque credi ad un'inutile umana. Sei disposto a disonorare il mio nome, per lei" Erano affermazioni, come se desse per certo ciò che stava semplicemente presumendo.
"Vuoi che partecipi attivamente alla conversazione oppure il tuo è solo uno sfogo?" borbottò sarcastico beccandosi un'occhiataccia.
Sospirò, rassegnato. "Ti sbagli" si affrettò ad aggiungere.
"Eppure è ciò che hai fatto. Prima era solo un debole involucro senza alcuna importanza, ora potrebbe rivelarsi problematica"
"Non accadrà, io..."
"Credo che tu abbia già fatto abbastanza" lo mise a tacere, lanciandogli uno sguardo truce con i suoi occhi rossi. "Qualunque sia la sua decisione, rischieremmo troppo. La faccenda non è più nelle nostre mani"
"Ma la sua parte demoniaca si è già attivata. Anche se in minima parte è una di noi"
"E chissà se Zane vorrà ancora prendersi la briga di tenerla in vita, se anche il suo piano andasse a buon fine" lo schernì Dahak, lasciandosi andare ad uno dei suoi sorriso crudeli.
"Morirà in ogni caso" convenne Alec, sforzandosi di non mostrare alcun segno di protesta.
"Voglio che torni qui il prima possibile. Puoi ucciderla per evitare che lo faccia qualcun altro in modo peggiore, se proprio lo desideri. E' più di quanto abbia mai concesso. Poi sarà finita. Ci occuperemo dei ribelli uno ad uno, a modo nostro"


                                                                                                                              ***


Il silenzio della stanza era interrotto solo dal rumore delle pagine che venivano girate e dal gracidare degli animali del posto. Le rane dello stagno vicino, creavano una sinfonia di suoni alquanto fastidiosi e le cicale frinivano dagli alberi in un sottofondo che invadeva la mente e faceva cozzare i neuroni tra loro, in quella che altrimenti sarebbe stata una tranquilla mattina.
Tipica quiete dopo la tempesta di quella notte.
Eppure, la ragazza che se ne stava seduta sulla poltrona imbottita vicina al fuoco, muoveva veloce le dita sulla tastiera del portatile, senza fare caso a nulla di tutto questo.
Alec si fermò sulla soglia della porta, solo per osservarla.
L'espressione concentrata, le gambe accavallate e i capelli ricci che ricadevano sulle spalle lasciate scoperte dalla maglia di almeno due taglie più larga del dovuto. Era stupenda. 
Perché il sacrificio a Thren non è un umano di sesso maschile, timido e taciturno?
Sarebbe stato tutto più facile.


Ma no, invece doveva essere una bellissima bionda con degli occhi da favola, espressivi e profondi, il sarcasmo nelle vene e un corpo da sballo. Per la centomillesima volta si domandò quale potenza superiore avesse orchestrato un insieme di geni così perfetto. Chi ha deciso che una singola persona al mondo meritasse quella pelle?
Era davvero troppo per i suoi gusti.
Quinn si sentì osservata e arrossendo lievemente, probabilmente riconoscendo il suo sguardo colmo di desiderio, gli sorrise.
Il demone guardò altrove mentre si gettava a sedere scompostamente sul divano e si lasciava andare ad un sospiro amareggiato.  
"Tutto ok?" chiese la ragazza inclinando il capo e spostandosi al suo fianco. Aveva un modo tutto suo di studiare la gente.
Un modo sexy, constatò lui. Ti guardava come se potesse leggerti nella mente e analizzarne ogni singolo pensiero.
Cosa che, grazie al cielo, ancora non immaginava di saper fare.
Alec sbuffò e si mise disteso appoggiando la testa sulle gambe della ragazza.
Sì, devo ucciderti o lasciare che lo facciano altri, ma nel contesto va tutto alla grande, le rispose nella sua testa. Si limitò ad annuire, non volendo inventarsi qualche bugia che, detta ad alta voce, non avrebbe retto minimamente.


Per qualche secondo lei trattenne il respiro, sentendo il cuore battere furiosamente. Poi si calmò respirando a fondo e finalmente i battiti rallentarono. Sapeva che lui aveva appena mentito.
Odiava parlare di sé. Come se fuggisse dalla profondità di certi argomenti.
Quindi si limitarono a rimanere in silenzio per un po', mentre le mani di Quinn si immergevano tra i capelli di Alec, cercando di rammentare le sensazioni che provava quando sua madre lo faceva per lei e trasmettergliene qualcuna. Lo vide chiudere gli occhi ed abbandonarsi completamente alle sue attenzioni.
Il tempo in cui rimasero zitti sembrò durare un'eternità, e infine fu lei a parlare per prima.
"Ti eri già accorto che c'è qualcosa di strano in me, vero?" chiese guardando fisso il fuoco davanti a sé.
Alec alzò lo sguardo, avvertendo la preoccupazione nella voce della ragazza.
"Forse sbagliavo quando mi dicevo che sarebbe stata una cosa provvisoria"
Il demone tentò di parlare ma lei proseguì prima che lui riuscisse a dire una sola parola.


"Nell'ultimo periodo mi sono successe delle cose che, se le raccontassi a qualcuno, mi garantirei una stanza in un istituto psichiatrico per il resto della mia vita. Ma il punto è questo. Io so quello che ho visto, so che è reale" fece una pausa di qualche istante in cui lo osservò con la coda dell'occhio. Lui aveva la fronte ancora corrugata, ma l'ascoltava paziente.
La cadenza melodiosa di quella voce, il suono delle parole, il movimento delle sue labbra, lo avevano rapito completamente.
"E sono sicura di non essermi immaginata niente circa i miei...sintomi. Questa mattina, mentre eri fuori, mi sono spazientita perché non riuscivo ad aprire una stupida confezione di caffè e gli occhi hanno cominciato a bruciare"
Normale amministrazione, rifletté lui tra sé.
"Quando sono corsa in bagno ho visto che il nero della mia pupilla stava letteralmente inghiottendo l'iride. Un pò come...come succede a te. Mi sono spaventata a morte" ammise con voce tremante.                                             
Alec la guardò per qualche istante perplesso. Avrebbe voluto dirle qualcosa che potesse esserle di conforto, ma non aveva idea di quanto ci si potesse sentire sperduti a seguito di un'esperienza del genere. Quando era successo a lui, aveva rappresentato il raggiungimento di una meta, non qualcosa di cui essere terrorizzato.
Schiuse la bocca mentre lei gli faceva scorrere la punta dell'indice sul labbro inferiore, con aria assente. "Che cos'ho che non va?" gli domandò poi con voce flebile. In quel momento lui si sentì davvero un mostro.
Si sollevò, sedendole accanto e la sentì tremare leggermente.
"Shh, andrà tutto bene" mentì, afferrandole la mano e deponendole un bacio sul palmo.                                      
Avrebbe dovuto dirle la verità, ma in quell'istante riusciva solo a lasciarsi trascinare dall'eccitazione, da quella voglia irrefrenabile di lei, che lo portò ad incontrare le sue labbra, a lambirne lentamente i contorni con la lingua, prima di insinuarsi all'interno e rendere il bacio più intenso, facendo passare tutte le altre questioni in secondo piano.


Qualche tempo dopo, le dita di Alec giocherellavano fra i ricci della ragazza, in un gesto che sembrava essere diventato usuale.
Lesse nei suoi occhi quella confusione che era diventata parte integrante di lei, da quando l'aveva inconsciamente spinto alla trasformazione. Provava rimorso per quello che le aveva fatto e si odiava. Stava diventando seccante quel senso di vergogna per aver commesso un atto che avrebbe trovato perfettamente naturale in passato. Aveva semplicemente omesso qualche particolare, ma non era giusto che lei soffrisse per questo. "E' colpa mia" le confessò a mezza bocca.
"Che dici..."
"La verità. Il motivo per cui noti certi cambiamenti...è il sangue"
La mente di Quinn si annebbiò. "Quale sangue?"
"Il mio. Non ho avuto l'occasione di dirtelo prima" bugiardo "e probabilmente non farà molta differenza nel quadro generale, ma il fatto è che la notte in cui ti ho curato, tu hai bevuto il mio sangue"
L'espressione della ragazza sembrava concentrata a seguire il filo del discorso.
"Vista la tua discendenza però…penso abbia rimesso un po' in moto la tua parte demoniaca" concluse lui, non riuscendo più a sostenere il suo sguardo sconcertato.


Un brivido le percorse la spina dorsale. Era indecisa se chiedergli di smettere di scherzare o credergli.
Doveva essere pronta in ogni caso. Sarebbe diventata un demone dagli occhi neri e lunghe zanne anche lei?
No.
"Ha messo in moto cosa esattamente?" sibilò, alzandosi di scatto dal divano.
"L'istinto di scatenare la furia è un tratto tipico dei demoni della rabbia. Ma è una parte veramente minuscola di te, Quinn. Probabilmente dovrai solo allenarti un po' a mantenere la calma" disse con una tale noncuranza che lei divenne rossa dal nervoso.
Tirò indietro la mano, ma lui l'afferrò prima che lo schiaffeggiasse, poi le prese l'altra mentre la sollevava verso la sua guancia.
"Non provarci, sai che ti faresti male" si sentì dire in tono beffardo.
Passarono alcuni secondi e quando le liberò i polsi, Quinn li massaggiò dove l'aveva stretta.
"Ascolta..." cominciò in tono conciliatorio.
"Tu…come hai...non riesco a credere che tu non mi abbia detto niente!" lo interruppe urlando. Come si aspettava, la ragazza si scagliò su di lui e gli tempestò il petto di pugni, la furia e il dolore davano forza a ogni colpo. Stavolta Alec non cercò di fermarla.
"Non ero sicuro che sarebbe successo"
"Come no! Che cosa mi hai fatto diventare?"
"Perché diavolo fai tante storie? Ti ho salvato la vita! Avresti preferito morire in un lago di sangue?" ringhiò alla fine, bloccandole i polsi con una mano.


Purtroppo aveva ragione.
Ma non poteva essere vero. Era come se le stesse crollando il mondo addosso. Ancora una volta.
Desiderava solo scappare dalla verità e restare da sola, lontana anche da Alec. S'incamminò verso la porta con aria risoluta, ma lui fu più veloce, allungò il braccio, appoggiandolo allo stipite per impedirle di uscire.
"Dove credi di andare?"
"Fuori. Io n-non riesco a stare chiusa qui dentro con te. Mi sento...soffocare" Maledizione, non balbettare!
La ragazza gli piazzò una mano sul petto e lo spinse. Lui non si spostò di un millimetro e questo la fece sentire piccola e quasi indifesa. "Spostati" soffiò a denti stretti.
"Non puoi andartene"
"Ah no? Beh, sta a vedere!" Rabbia, frustrazione e dolore le ribollirono dentro, rischiando di farla soffocare mentre lo spingeva di nuovo, questa volta con più forza.
Alec provò a sfiorarle una mano, ma lei si ritrasse bruscamente. "No. Non ti azzardare a toccarmi"
"Va bene" alzò le mani, in segno di resa "Tu resta qui, me ne vado io"
"No! Non voglio, odio questo posto!"
"Non fare la bambina, uscire da sola sarebbe un errore" protestò lui, mortalmente serio.
Quinn deglutì il nodo che le serrava la gola e si sforzò di ritrovare la voce. Sollevò il mento, scoccandogli un'occhiata gelida.
"L'unico errore che abbia mai commesso è stato quello di fidarmi di te. E ora lasciami andare" riuscì finalmente a dire, seppur con una nota disperata. Forse colpito dalle sue parole, lo vide scostarsi dalla superficie di legno per permetterle di sorpassarlo.
Lei chiuse la porta sbattendola forte, un secondo prima che le lacrime prendessero a scorrere lungo le guance.


                                                                                                                                      
                                                                                                                                       ***


La tempesta di quella notte aveva reso il terreno morbido e bagnato, e le ruote slittarono facendola finire quasi fuori strada più di una volta, mentre tentava contemporaneamente di asciugarsi rabbiosamente gli occhi e mantenere il volante dritto.
Non era certa di voler raggiungere una meta precisa, voleva solo allontanarsi il più possibile. 
Era già buio quando Quinn parcheggiò l'auto sul lato di una strada semideserta. Non riusciva neanche a respirare.
Voleva riprendersi, in qualche modo.
Si abbandonò contro il poggiatesta, stringendosi le gambe al petto, in attesa che quella sensazione di pizzicore sotto la pelle passasse e la vista tornasse lucida.
Ogni piccolo rumore all'esterno della vettura la spaventava e, nel giro di pochi minuti, aveva già i nervi a fior di pelle.
Un'ora dopo, era esausta, al punto da voler piangere ancora.
Il dolore e l'orrore combattevano dentro di lei con la rabbia, lasciandola in un costante stato di shock.
Era una stupida.
Quando Alec l'aveva curata, si era sentita in colpa per essere uscita di nascosto e aver fatto rischiare la vita ad entrambi.
L'aveva stretto a sé, pensandolo il suo salvatore, di nuovo.
Invece l'aveva ingannata, trasformata in un mostro irascibile e violento. La cosa che più la feriva era il fatto che, nonostante tutte le bugie che si era raccontata e che gli aveva detto, si era sempre fidata di lui. Iniziava a provare dei sentimenti profondi nei suoi confronti, pensando che, in fondo, non fosse così male. Che fosse un demone con un cuore e che tenesse realmente a lei, anche se in un modo lievemente contorto. Cretina, cretina...
Non avrebbe potuto sbagliarsi di più.


Rientrò alla dependance, intenzionata a raccogliere le sue cose e andarsene subito dopo.
Sembrava che non ci fosse nessuno ad attenderla, ma lei sentiva che il demone si sarebbe materializzato presto.
"Quinn" la sua voce era roca, poco più di un sussurro. La raggiunse in camera, mentre era intenta a riempire la sua valigia. L'avrebbe lasciata a casa sua e poi sarebbe tornata da Zane per accettare l'accordo.
Non le importava nemmeno che funzionasse o meno, quello era l'unico piano che aveva per liberarsi di tutto. Si sentì chiamare ancora.
"Cosa?" grugnì lei, consapevole di comportarsi da perfetta idiota.
"Hai intenzione di continuare ad evitarmi?" le chiese Alec in tono sommesso.
"Ieri mattina te ne sei andata e sei sparita per tutto il giorno"
"Non ti sto evitando. Sto solo cercando di farmi passare l'incazzatura e l'odio nei tuoi confronti" rispose lei, soffocando un verso di frustrazione. Il demone le accarezzò la spalla con un tocco delicato, gentile, comunicandole una strana dolcezza che Quinn fu sorpresa di riconoscere. C'era qualcosa che la legava a lui, una specie di consapevolezza che amplificava ogni sensazione.
Che la rendeva ipersensibile a ogni respiro, a ogni gesto, a ogni ombra di turbamento che attraversava il suo volto.


No, accidenti.
Non poteva cavarsela così. Incontrarlo le aveva cambiato la vita in molti sensi, la maggior parte poco positivi.
Si scrollò la sua mano di dosso.
"Vuoi dirmi dove sei stata?" gli domandò con calma, abbassando il braccio lentamente.
"Non sono affari tuoi. Sono tutta intera, no?" farfugliò. L'esca è ancora perfettamente in grado di svolgere il lavoro.
Represse l'impulso di dirgli che si era fermata da sola, in mezzo ad una strada buia, con il pericolo di essere aggredita.
Si sarebbe arrabbiato e non sarebbe stato giusto. Sono io quella ingannata!
Lo sentì sbuffare e Quinn si voltò verso di lui. Lo sguardo cadde sulle sue labbra piene, e ricordò il loro sapore, la loro consistenza.
"So che avrei dovuto dirtelo subito, ma sapevo che ti avrebbe sconvolta"
"Non fingere di averlo fatto per il mio bene" sibilò ostinata.
"Assolutamente no. Sai che non sono il tipo. Sono esattamente come mi vedi: uno stronzo, un egoista bastardo che usa la gente. Ti desidero e non volevo farti allontanare da me"
Figlio di...
Avrebbe voluto gridare, infuriarsi di nuovo, ma ormai sapeva che non avrebbe portato a nulla. Quel che è fatto è fatto.
"Però, non ti sforzi neanche di mentire, eh?"
Lo vide sollevare le spalle come a dire 'che posso farci?'.  Era in preda all'irritazione e alla frustrazione, cui si aggiungeva il senso di impotenza e un'acuta consapevolezza del fatto che il suo intervento le avesse salvato la vita.
"Sei la bestia più arrogante che abbia mai incontrato!" soffiò acida a pochi centimetri dal suo viso.
"Lo so" affermò lui, limitandosi a sorridere davanti all'espressione indignata di lei.
"Ti detesto"
Lui le scoccò un'occhiata dubbiosa, così decise di rincarare la dose. "Dico sul serio. Disprezzo la tua persona a livello molecolare, come non mi succedeva da anni"
"Cercherò di abituarmi all'idea"


Quinn gli diede nuovamente le spalle, dirigendosi impettita e silenziosa in salotto.
Alec si sforzò di non costringerla a parlargli con la forza. Non sarebbe stato giusto, dopo tutto quello che le aveva già fatto, ma non sopportava quella finta indifferenza da parte sua.
"Voglio accettare l'offerta di Zane" Forse era meglio il silenzio.
"Scordatelo" sbottò, sentendosi stordito come se fosse stato colpito violentemente sulla testa. Quella frase appena sussurrata era penetrata nella sua mente azzerando ogni pensiero.
"Non puoi impedirmelo, è una mia scelta"
"E sappiamo benissimo quanto tu sia brava a fare quella giusta" la schernì, rancoroso.
"Va all'inferno! Voglio darci un taglio il prima possibile. Farla finita con tutta questa follia. Qualunque cosa tu voglia, non mi interessa. Avrei dovuto accettare fin dall'inizio, senza perdere tempo"
"Non permettere alla rabbia di parlare per te. Cerca di ragionare, lui non ti proteggerà"
Lentamente, con il cuore che gli martellava furioso contro le costole, la vide voltarsi a guardarlo. "E neanche tu" sibilò con gli occhi carichi di delusione mista a qualcosa che non riuscì a decifrare, mentre si lasciava cadere sulla poltrona blu, come priva di forze.
"Cosa cazzo pensi che abbia fatto finora?"
Calò un silenzio spezzato solo dal sommesso mormorio di lei. "A parte prenderti il lusso di distruggere la mia vita? Non molto"
Prima che Quinn riuscisse a far altro che trasalire, si ritrovò strappata in malo modo dalla poltrona. Alec le stringeva le braccia fermamente, tenendola dritta davanti a sé mentre la fulminava con lo sguardo.
"Non hai la minima idea di quello che ho dovuto subire a causa tua, ragazzina. Stavo alla grande prima che arrivassi tu a risvegliare la mia fottuta umanità. Ho sempre detestato quella parte di me e adesso mi ritrovo a farci i conti, di nuovo. E come se non bastasse, ogni volta che combatto rischio di crepare prima che la trasformazione s'inneschi. Dici che ho distrutto la tua vita? Tu hai fatto mille volte peggio con la mia"
"Non è vero" soffiò, incredula davanti a quell'accusa.
"Sì invece. Avrei dovuto eseguire l'ordine e ucciderti la prima volta che me l'ha chiesto!" ringhiò, più duro di quanto avesse voluto. Il senso del dovere lottava contro i sentimenti che gli provocavano un senso di costrizione al torace.
Il conflitto pesava una tonnellata su quel po' di coscienza rimasta in lui.


"Che significa la prima volta?"
L'occhiata che le lanciò fu più che eloquente e la vide portarsi una mano al petto, il battito cardiaco impazzito.
"Te lo ha chiesto di nuovo. Per questo mi hai aspettata qui? Devi terminare il lavoro"
"Sì…in teoria" biascicò. La vide alzare lo sguardo e vi riconobbe un velo di delusione.
Sapeva di dover fare la cosa giusta, per se stesso, per la sua gente. Ma non poteva cancellare quella sensazione di calore che provava quando si specchiava nei suoi occhi. Avrebbe dovuto odiarla, e la parte demoniaca di lui lo faceva, però gli era in qualche modo entrata dentro con prepotenza e non riusciva a liberarsene.
"Forse non te ne rendi conto, ma questa cazzo di situazione è tutta un gran casino" le disse allora dando voce ai suoi pensieri, con tono calmo, come una carezza sulla pelle di lei.
"Già" lo assecondò tesa, indecisa se cercare una via di fuga o restare e farla finita.
"Però…" cominciò il demone, sfiorandole una guancia con la punta delle dita, per poi scendere lentamente lungo la gola, facendola rabbrividire "Si può sempre fare di meglio" proseguì, sfiorandole le labbra con dolce malizia. Poi appoggiò la fronte liscia e calda contro la sua, inspirando lentamente per recuperare il controllo.
Quinn si tirò indietro con uno sforzo evidente, mentre tentava di capire il senso di quelle parole. "Che vuoi dire?"
Alec cominciò a spingerla verso la parete e lei lo lasciò fare, ancora confusa.
Lui posò una mano contro il muro, accanto al suo viso e si inclinò in avanti. Poi, depositando una scia di baci bollenti sul suo collo, le mormorò all'orecchio: "Lo capirai"
Incredibilmente, Quinn rimase immobile, aspettando che si decidesse a baciarla. Ridicolo, nonostante tutto, ancora riusciva ad imbrogliarla e incantarla. Come ho potuto anche solo immaginare di provare dei sentimenti per un manipolatore del genere?
Non doveva dimenticare di avere a che fare con un demone, un demone molto vecchio e con troppa esperienza.
"No, basta" protestò debolmente puntandogli le mani sul petto, nel tentativo di allontanarlo. "Non voglio che mi tocchi, devi stare lontano da me" 
"Non ci penso nemmeno" le bisbigliò sulle labbra prima di unirle alle sue. Passò il pollice sull'angolo della bocca, in un silenzioso appello ad accoglierlo più in profondità.


Quinn sentì la sua mano salirle alla nuca, per portarla più vicina, il profumo pungente di lui le annebbiava i sensi.
Sopraffatta da un'ondata di panico, provò a liberarsi, con tutte le sue forze. Ma lui non si spostò di un centimetro.
Era come essere bloccata da un blocco di cemento.
Lottò per resistere, cercò di pensare ad altro, ma dopo un lungo momento di resistenza, si lasciò trasportare con un fremito di anticipazione. Appariva così sicuro di sé, sensuale, con lo sguardo ardente.
Il sangue le ribollì nelle vene, mentre un desiderio intenso le invadeva il ventre e la risposta alla sua domanda si faceva strada nella mente. Provo dei sentimenti per lui perché è un manipolatore dannatamente eccezionale.
Se anche fosse stato un diversivo, per distrarla nel caso in cui stesse per conficcarle un'enorme lama nella schiena, non le sarebbe importato. Sentiva le ginocchia deboli e, dopo quella nottata d'inferno, persino il tocco di un demone rappresentava qualcosa di bello a cui aggrapparsi.
  
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