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Autore: _Freiheit_    05/06/2013    4 recensioni
D’un tratto sbattei contro qualcosa di caldo e quasi caddi, ma quel qualcosa, o meglio qualcuno, mi trattenne. Dallo spavento avevo chiuso gli occhi, gli riaprii e mi ritrovai faccia a faccia con il ragazzo sconosciuto. Mi staccai bruscamente da lui e mi piegai a raccogliere le mie cose, che erano cadute nello scontro.
«I’m so sorry!» disse il ragazzo piegandosi a sua volta per aiutarmi.
Quindi era pure straniero, perfetto. Adesso come potevo insultarlo ben bene?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aprile.

Da pochi giorni era appena uscito un film al cinema che mi ispirava molto, quindi decisi di andarlo a vedere. Chiesi a tutte le mie amiche se mi volevano accompagnare già da una settimana prima, ma a nessuno piaceva quel film e Chiara e Laura l’avevano già visto. In effetti avevano avuto una strana reazione quando seppero che ci sarei andata, ma le ignorai. Quindi quel giorno mi stavo dirigendo al cinema “Metropolis” da sola, peccato.

Dal trailer non avevo capito molto la trama, ma l’attore protagonista era un gran figo e, in più, non lo avevo mai visto prima. Comunque presumevo che si trattasse di una storia d’amore un po’ drammatica.
 
Parcheggiai e mi diressi all’ingresso. Alla biglietteria c’era la solita signora, l’unica che lavorava in quel posto da secoli, ormai. Probabilmente sarebbe pure morta in quel cinema.
 
Feci la fila con calma, c’era un sacco di gente, anche se era un giorno settimanale, tutti a vedere quel film. La maggior parte erano ragazze della mia età, tutte eccitate. In quel momento mi venne in mente il concerto di un anno fa, quando... No. Mi bloccai per non fare affiorare i ricordi, che, se mi avessero travolta, mi avrebbero di nuovo trascinata nell’oblio, che mi aveva assalita per un anno intero. Quando ci pensai, mi venne in mente che quel giorno era proprio un anno esatto, che sfiga.
 
Finalmente arrivò il mio turno e mi accinsi a prendere il biglietto. Stavo pagando quando mi si affiancò un ragazzo alto, tutto incappucciato. Assieme a lui arrivò pure una ventata di un profumo che conoscevo, ma la mia mente si rifiutò di ricordare di chi fosse. Mi voltai verso il ragazzo e, in quell’istante mi si raggelò il sangue. I miei occhi caddero subito sui suoi piercing alla bocca, continuando a salire fino a incrociare i suoi occhi. Aveva tagliato i capelli, ora erano del suo colore naturale e li teneva semplicemente corti. Al contrario mio, lui non sembrava affatto sorpreso nel vedermi anzi, sembrava mi stesse aspettando. Solo dopo mi resi conto che lui era pure l’attore principale del film che stavo andando a vedere, ma arrivata a quel punto ci sarei comunque andata?
 
Distolsi lo sguardo a mi avviai a grandi falcate verso la sala del cinema, ma appena dopo due passi Bill mi trattenne.

 
«Wait!» implorò. Il suono della sua voce non mi fece avere più dubbi sulla sua identità e tutti i ricordi che avevo disperatamente seppellito riemersero, travolgendomi completamente.
 
«Cosa vuoi da me, Bill?» chiesi sprezzante in inglese. Mi tremava la voce e non potevo farci niente. Mi sentii crescere dentro l’istinto di piangere, ma non permisi a me stessa di apparire debole ai suoi occhi.
 
«Ti prego, perdonami!» anche a lui tremava la voce. «Io ho sbagliato! Sono stato uno stupido e sono stato malissimo!». Come era già successo un anno prima, capii pochissimo di quello che mi disse, ma, per quello che intuii, non volevo credere a niente.
 
«No, invece. Avevi ragione tu. Io non sono del tuo mondo e sono stata una stupida ad illudermi» sputai tutto acida.
 

Bill sembrò colto da un vecchio dolore. Possibile che anche lui avesse sofferto? No, cancellai subito quella possibilità e mi divincolai dalla sua presa sul mio braccio.

 
«No!» urlò lui afferrando anche l’altro braccio. «Lasciami spiegare!» continuò.

 
Mi ritrovai faccia a faccia con Bill e venni travolta dalla vecchia sensazione di impotenza quando incrociai i suoi occhi.

 
«Ti prego, ascoltami.» implorò ancora.
 
Con calma risposi:«Hai avuto un anno intero e non ti sei mai fatto sentire. Non mi hai mai cercata in nessun modo e quando ne avevi la possibilità non mi hai fermata.» dissi scandendo ogni parola in inglese, poi aggiunsi:«Lasciami andare, Bill. Ora sono io che me ne voglio andare».
 

Allora lui lasciò la presa da entrambe le mie braccia e finalmente potei andare a vedermi il film. Capii perché non lo avevo riconosciuto subito: il suo personaggio era senza piercing, senza tatuaggi, senza barba e con i capelli scuri e corti. Insomma era normale che non lo avessi riconosciuto.
 
Come avevo supposto, il film trattava di una storia d’amore, ma ormai quello non mi interessava più. Non riuscivo a vederlo semplicemente per il personaggio che interpretava, ma per la persona che io avevo conosciuto, con cui mi ero legata, perciò mi salì un enorme nervoso quando lo vidi baciare la protagonista appassionatamente.
 
D’un tratto si spense lo schermo, lasciando la sala nel buio. Tutta la sala attese che tornassero le luci che davano il via all’intervallo, ma non arrivarono. La gente cominciò ad agitarsi nei sedili e presero inizio pure i commenti scortesi. Da parte mia non ci trovai nulla di strano. Le luci erano spente: e allora?
 
Poi, inaspettatamente, partì una musica familiare e apparvero tre figure che cominciarono a suonare intonando in perfetta sincronia il tempo e le note dell’introduzione. Ed infine arrivò il cantante. Ovviamente riconobbi subito la band e, dalle urla isteriche della sala, seppi che anche le altre persone avevano capito chi erano.
 
Era una canzone vecchia e si intitolava “Love is dead”, “L’amore è morto”. Cantando Bill non staccò mai gli occhi da me e sembrava volermi parlare tramite la canzone. Non volevo ascoltare. Feci per andarmene, ma dietro di me apparvero Laura, Chiara, Eleonora e Rachele che mi costrinsero a restare lì. Cercai di parlare con loro, ma la musica copriva le mie parole e quindi mi rimisi seduta al mio posto. Bill sembrava felice e diede più sfogo alle sue parole contando con più energia. Dopo seguì un’altra canzone che Chiara mi informò che si intitolava “Sacred”.



“Remember
To me you’ll be forever sacred
I’m dying but I know our love will live!”
 

“Ricorda
Tu per me sarai per sempre sacra
Sto morendo ma so che il nostro amore vivrà!”


 
Sentii Bill scandire quelle parole del ritornello per mandarmi il messaggio chiaro delle sue scuse. Mi sentivo piuttosto in imbarazzo avendo tutte quelle attenzioni, infatti l’intera sala del cinema spostava lo sguardo da me a Bill e viceversa. In più mi sentivo in imbarazzo per il resto della band che stavano suonando a causa mia.
 
Alla terza canzone, “Rescue me”, “Salvami”, notai che non le stavano eseguendo a caso, ma i testi andavano in maniera progressiva a formare un discorso di senso compiuto. Mi convinsi di questa teoria quando eseguirono “By your side”, “Al tuo fianco”.
 
Mi stavo addolcendo nei confronti di Bill, ma se sperava di risolvere tutto con qualche canzone si sbagliava di grosso. Infatti, mentre li ascoltavo, cominciarono a riaffiorare i ricordi del dolore che avevo provato in tutto quell’anno. No, non potevo perdonarlo così. Poi senti:
 


“That day
never came,
that day
never comes
I’m not letting go,
I keep hanging on
Everybody says
 that time heals the pain
I’ve been waiting forever!
 That day never came…”

 
“Quel giorno
non è mai arrivato,
Quel giorno
non arriva mai
Non sto mollando,
continuo a tenere duro
Tutti dicono
che il tempo guarisce il dolore
Sto aspettando da sempre!
Quel giorno non è mai arrivato…”


 
E cantando quelle parole capii che anche lui aveva sofferto in quel periodo, ma ancora non capivo: perché non mi aveva fermata quando me ne stavo andando un anno prima? Era troppo facile voler essere perdonati così, come se non fosse mai successo niente.
 
Partì un’altra canzone che intuii si intitolasse “Love and Death”, “Amore e Morte”, e durante il ritornello Bill prese a scendere dal palco per venire verso me. Quando mi raggiunse stava cantando:
 


“Fragile pieces
Don’t regret the sorrows
that we’ve seen
Take it with us
Step into my world
Join me in!”
 


“Fragili pezzi
Non rimpiangere le sofferenze
che abbiamo visto
Portiamo tutto dentro di noi
Entra nel mio mondo
Raggiungimi!”


 
E mi porse la mano, ma io non la accettai. Non fu stupito, ma non si mosse da lì e continuò a cantare fino alla fine della canzone. A quel punto pensai che fosse tutto finito, invece partì quella canzone. Alzai lo sguardo e incontrai quello di Bill, che mi stava, ancora, dedicando la stessa canzone del concerto di un anno fa. Quella fu l’unica cosa che mi ero tenuta di lui, tanto che era diventata pure la mia preferita, “Forever now”, “Per sempre adesso”.
 


“…
Just your shadows touch
Makes me feel alive!”
 

“…
Solo il tocco della tua ombra
Mi fa sentire vivo!”
 


E di nuovo mi porse la sua mano, la studiai e lentamente la afferrai. Sul viso di Bill comparve un sorriso di pura gioia, che manifestò continuando a cantare più forte.
Mi trascinò dolcemente verso il palco e, puntualmente alla mia faccia poco convinta, mi si avvicinò cantando:
 


“Dont’ lose your way
I am here with you!”
 

“Non perdere la tua strada
Io sono qui con te!”

 
Sorrisi e continuai a seguirlo fino ad arrivare al centro del palco con tutti che mi stavano guardando e cominciò il mio pezzo preferito:
 


“Forever today
Forever tonight
Reset your eyes,
erase your mind
I will never let you down
Join me forever now
Forever now!”
 

“Per sempre oggi
Per sempre sta notte
Azzera i tuoi occhi,
cancella la tua mente
Non ti lascerò mai in disparte
Unisciti a me per sempre adesso
Per sempre adesso!”


 
E contemporaneamente si inginocchiò baciandomi la mano, poi si rialzò e mi dedicò il resto della canzone, sapendo già quale sarebbe stata la mia risposta a tutto quello.
 
Finì la canzone e calò il sipario su di noi. Fuori sentimmo gli applausi, ma non ci facemmo caso. Anche se non potevo vederlo, sentivo che Bill aveva il fiatone ed era leggermente sudato.
 

«”Allora?”» chiese. Sorrisi ripensando alle mie stesse parole nel nostro primo incontro.
 
«”Allora, cosa?”» risposi.
 
«Qual’ è la tua risposta?».

 
Senza dire niente, gli accarezzai dolcemente il viso e lo portai all’altezza del mio, a pochi centimetri di distanza. Sentii la famigliare sensazione del suo respiro sulle mie guance e felice lo baciai, sentendolo finalmente mio.
 


 
 
--- FINE ---







Salve a tutti!!! Grazie per aver letto fino alla fine la storia! Questa era la mia prima fic in assoluto, spero che vi sia piaciuta :)
Vorrei ringraziare in particolare tutti quelli che hanno recensito i vari capitoli, senza di loro non mi sarei spronata così tanto a cercare di renderla sempre migliore.
Fatemi sapere se vi è piaciuto il finale! ;)
Sono indecisa se mettere un ultimo capitolo oppure no.Ditemi voi!
Grazie mille!
   
 
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