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Autore: verichan    08/06/2013    1 recensioni
Fu una cosa piuttosto veloce: il giorno prima completava il suo Tormento, il giorno dopo lasciava il Circolo.
Ma partiamo dal principio.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La prima cosa di cui si premurò fu evitare la zona maghi come la peste. Avvistata Wynne, in piedi accanto a un albero in contemplazione dei dintorni, tenne il cappuccio sollevato e la aggirò. Wynne la Sparasentenze, mancavano solo le sue ramanzine a illuminargli la giornata. Già immaginava l'inizio conversazione “che cosa ci fai qui?”, seguito dalla miriade di domande relative alla sua uscita di scena dalle grinfie di Greagoir che avrebbero condotto a Jowan e alle sue scelte questionabili e “Elmer, decisamente non è un comportamento degno di te, come hai potuto? Dovevi scegliere la fedeltà alle regole della Chiesa e condannare a morte il mago del sangue ancor prima di raggiungere i sotterranei”. Eh, la solita dolce vecchia Wynne.

«Qualcosa non va?» domandò Sereda notando l'andatura veloce e il cappuccio usato come scudo.

«Preferisco rimanere lontano dai templari.»

«Capisco.» comprese, lanciando una fugace occhiata all'area a loro riservata. «Che ne dite di cercare le reclute e il Custode Alistair?» propose.

«Devo meditare.» borbottò di cattivo umore, sapendo che il demone travestito da vecchio non avrebbe saltato la visita.

I ripassi scolastici l'avevano decisamente tranquillizzato: il modo di agire del mostro era normale amministrazione. Per lui erano trucchetti insoliti poiché essendo caratterialmente forte i demoni ci pensavano due volte prima di tendergli un'imboscata. La situazione era perfettamente gestibile, non bisognava lasciarsi condizionare dall'astuzia del nemico.

“Se apprendisti più deboli l'hanno scampata, io ce la farò sicuramente. Devo solo meditare a sufficienza.”

Che si facesse avanti, il vecchio bastardo, era pronto a dargliele di santa ragione.

«Potrete meditare stanotte. Andiamo.»

L'ex principessa gli agguantò la mano e si trascinò dietro il mago recalcitrante.

«Ma che volete?» sbottò sorpreso da tanta intraprendenza.

«Non ho intenzione di vagare da sola in un accampamento umano, ser Elmer, e mi occorre il vostro denaro per un'armatura più adatta al mio rango.»

«Sempre che abbiano la vostra taglia.» commentò acido.

L'educazione di Sereda, tranne per il mantenimento del voi, era calato drasticamente dopo lo schiaffo sul carretto. Solitamente non si sarebbe lamentato della comoda informalità ma qui si era agli estremi. A sua memoria, soltanto Jowan, Neria e pochi eletti avevano avuto il permesso di maneggiarlo alla stregua del bambolotto di pezza da tirarsi dietro in ogni dove. Elmer lasciava correre per amicizia. Sereda non era un'amica, non ancora, almeno. Probabilmente viaggiare e vivere insieme li avrebbe legati ma adesso le sue maniere scadevano nell'inappropriato. Non si liberò con uno strattone per non iniziare una ridicola scenata.

Il quartiermastro non aveva nulla da vendere alla piccola nana. Sulla punta della lingua aveva un “te l'avevo detto”.

«Nemmeno un elmo?» supplicò con i suoi occhioni la donna.

«No, signora. Questi vi coprirebbero la visuale.» si rammaricò l'uomo porgendole il casco pesante di modo che verificasse da sé, tuttavia offrì un compromesso per accontentarla. «Posso provare ad aggiustarne uno di pelle, e sistemare guanti e bracciali, forse stivali, sempre in pelle, ma gli articoli d'armatura pesante sono fuori dalla sua portata fisica. Sono spiacente.»

«Per quando saranno pronti?» si informò il moro mentre Sereda litigava con l'elmo troppo grosso.

«Per domani mattina, ser.»

Gli venne il dubbio che il venditore non avesse menzionato un pagamento extra per merito degli occhioni dolci.

“Ti pareva.”

Depositarono un acconto e si guardarono attorno, non sapendo dove fossero le persone che cercavano in mezzo al marasma di frenetica attività del campo. Erano nel cuore delle rovine tevinter di Ostagar, il luogo in cui avevano allestito le tende rappresentative dei vari gruppi e da cui venivano diramati gli ordini. Bastava spostarsi sul lato sinistro e si incappava negli alloggi del re e del suo generale, a destra i maghi e il quartiermastro, in alto vi erano l'infermeria, il canile e una mensa. C'erano soldati ovunque, elfi di corsa, fabbri al lavoro, templari sull'attenti, medici e pazienti deliranti, ufficiali che illustravano le debolezze del nemico e rari nullafacenti.

«Stupido pervertito di un Custode Grigio.» borbottò un soldato femmina oltrepassandoli.

«Potrebbe essere la nostra ultima notte!» le urlò dietro la fonte della sua stizza.

Umano e nana adocchiarono un uomo dai corti capelli scuri, un filo di barba sulle guance, un brutto pizzetto e l'espressione malandrina. Quello era il Custode Alistair? Aveva un arco lungo sulle spalle e un'armatura leggera però niente che indicasse la sua appartenenza all'ordine. Lo sconosciuto si accorse del loro interesse e senza imbarazzo li approcciò.

«Siete nuovi.» azzeccò a colpo sicuro. «Benvenuti a Ostagar, soprattutto lei, mia signora.» ardì un baciamano.

«Le parole sono sufficienti, vi ringrazio.» dichiarò la nana nascondendo l'arto minacciato. «Siete un Custode Grigio?»

«Ebbene sì.» disse fiero. «O meglio, lo diventerò presto, per ora sono una recluta. Daveth, al vostro servizio.»

«Visto, ser Elmer? Ne abbiamo trovato uno.»

Il moro lo scrutò con attenzione. Cosa avevano in comune lui e l'arciere? Il Comandante non si era dilungato molto sui requisiti per divenire Custode Grigio e il mago non aveva chiesto nello specifico, d'altra parte credeva che l'avesse coscritto per compassione e per la raccomandazione di Irving. Alla fin fine doveva trattarsi di prestanza fisica e specializzazione in una disciplina di combattimento per le persone normali e padronanza della magia per i maghi. Daveth probabilmente era un portento con arco e frecce.

«Mi stavate cercando?»

«Siamo appena arrivati con il Comandante Duncan. Ci ha riferito della presenza di altre due reclute e un Custode.»

«Siete reclute anche voi, allora.» si rallegrò l'uomo. «Meno male. Chi lo sopporta il ser cavaliere senza macchia e senza paura come unica compagnia?»

«Io non sono una recluta, mi spiace, ma ser Elmer sì.»

«Molto piacere.» disse neutro.

Contrariamente all'apparenza, Elmer non era propenso a scomodarsi per fare nuove conoscenze. Sì, aveva le frasi giuste, il sorriso giusto, la risata giusta, ma chi glielo faceva fare? Se dovevano conoscersi per qualche ragione, bene, altrimenti no; non fosse stato per Sereda si sarebbe rintanato nella tenda dei Custodi a meditare e lì avrebbe atteso la combriccola per le presentazioni.

«Frena l'entusiasmo, così mi ucciderai.» ironizzò l'altro. «Perché quel muso lungo?»

Fece spallucce, sprizzando disinteresse da tutti i pori, tuttavia la donna si intromise con affabilità per limitare i danni d'antipatia, desiderosa di partire col piede giusto a tutti costi.

«Cose da maghi, perdonatelo. È da quando abbiamo sconfitto la maga del sangue nei pressi di Redcliffe che è scorbutico.»

«Ho bisogno di tempo per riprendermi da un attacco del genere.» si difese, piccato dall'atteggiamento solare in riferimento a un'esperienza tanto sofferta.

«Sei un mago?»

Il tono incerto lo distolse dal principio di un battibecco; Elmer lo associò all'ignorante pregiudizio popolare e d'istinto partì all'attacco.

«Mi auguro che non sia un problema.» sfidò.

«No, no, per carità, amico. Non ci tengo ad essere trasformato in un rospo, davvero.»

L'arciere sollevò le mani e arretrò con una postura tesa mentre Elmer sfoderava un sorrisetto tagliente.

«Bene. Ne ho già mangiati troppi durante il tragitto, con quei banditi per le strade.» mentì, e Daveth, con suo sommo piacere, sbiancò.

«Smettetela di spaventarlo, ser Elmer, e toglietevi quel sogghigno dalla faccia.» lo rimproverò amichevolmente la nana. «Non temete, ser Daveth, sta scherzando.»

Ancora una volta rimase stupito dalla sua sfacciataggine. Sembrava tornata la principessa Aeducan sicura di sé, dotata di parlantina, occhi ammiccanti e senso dell'umorismo. Era un miglioramento, non lo negava, però lo infastidiva la disinvoltura con cui prendeva l'iniziativa e parlava in vece sua: le concedeva di monopolizzare l'attenzione, in fin dei conti era una prerogativa che lo coinvolgeva in campo magico e lì non aveva concorrenza, ma nel momento in cui non voleva ricevere attenzioni o raccontare i fatti suoi, che diritto aveva lei di immischiarsi? Chi credeva che fosse, il suo guardaspalle Gorim? Col cazzo.

«Uno scherzo, certo.» ridacchiò nervosa la recluta. «Beh... Una maga del sangue, eh? Vittoria notevole.» lusingò.

«Ser Elmer ha una tattica segreta per la magia del sangue. È imbattibile, credetemi.»

«Ci credo, ci credo.»

Se lo sguardo potesse uccidere, l'ex principessa si sarebbe sbriciolata in cenere, da lui poeticamente dispersa al vento. La tattica dell'umorismo a spese degli altri, tsk! Farlo diventare lo scemo del villaggio per accattivarsi la simpatia altrui era improponibile, non avrebbe rovinato la sua fantastica prima impressione per una vomitata provvidenziale. Elmer era permaloso, non era un segreto, e stuzzicarlo senza una solida base di affiatamento le avrebbe guadagnato una sonora batosta.

«La finite con questa storia? Non è divertente.» la mise in guardia.

«Vi sbagliate: è molto divertente.» sottolineò spiritosa, ignara del pericolo.

“Crede di essere in cima alla catena alimentare ma qui non siamo a Orzammar.”

Nell'ambiente privilegiato in cui era cresciuta si era amiconi dopo uno schiaffo? Si ripromise di farle un discorsetto sull'affrettare i tempi nei rapporti interpersonali.

«Sai niente del rituale dell'Unione?» troncò le sciocchezze, impaziente di concludere.

Daveth li aggiornò sulle voci secondo le quali avrebbero dovuto addentrarsi nelle Selve Korcari e si accomiatò ribadendo di non aver nulla contro i maghi, tranne le streghe delle Selve di cui aveva udito storie raggelanti da bambino. Per insistenza di Sereda (ormai tanto valeva esplorare) si soffermarono ad ascoltare i sacri auspici di una sacerdotessa, poi sostarono ai canili dove la donna ammirò gli esemplari e dialogò cordialmente con il capo dei Guerrieri della Cenere. Terminata la perlustrazione, domandarono indicazioni a un elfo che li indirizzò dal Custode Alistair, che fece una pessima figura.

«Non è poi così male.» mediò Sereda. «Un pochino infantile.»

«È un templare, che ci si può aspettare?»

L'incontro gli aveva rammentato le prepotenze templari al Circolo e gli era montata una rabbia tale che il Custode, non più vecchio di lui e per giunta suo superiore (umiliante!), aveva rumorosamente inghiottito a vuoto sotto gli occhi viola dalla nota omicida. Ah, si era defilato alla svelta, il codardo!

«Sicuramente non è terribile come lo dipingete. Abbiate pazienza, conoscetelo un po' prima di giudicare.»

«Credete forse che lui si prenderà la briga di fare lo stesso con me? Oh, Sereda, sapete talmente poco della Chiesa di Andraste e dei suoi lacchè.»

«Non siate prevenuto. Ha detto di aver abbandonato l'ordine prima della nomina, quindi tecnicamente non è mai stato un templare.»

«La dottrina e l'addestramento rimangono. Non avete visto il modo in cui ha trattato quel mago?»

«Neanche quel mago mi è parso incline alla gentilezza.»

«Ha colto il significato nascosto dietro la scelta del messaggero, e quella stupida testa di rapa non ha smentito le aspettative.» si impuntò. «Sentite, ci sono dibattiti che vanno avanti da secoli, entrambe le fazioni hanno torto e ragione, non ha senso discuterne. Io assolverò ai miei doveri di Custode, aiuterò... il mio futuro compagno d'armi, ma nessuno mi costringerà a farmelo piacere.»

«Chiaro.» assecondò la nana. «È quasi ora di cena. Andiamo da Duncan?» cambiò prontamente argomento.

«Vi raggiungerò dopo. L'aria fresca mi gioverà alla salute.»

Passeggiò lungo le mura, origliando i soldati appostati di vedetta e sporgendosi verso la vallata in basso dove una miriade di tende erano state erette per ospitare l'esercito. Caspita, il re doveva aver chiamato a raccolta la maggioranza dei bann vicini. Il pensiero che fanteria e cani da guerra avrebbero corso contro il nemico affrontando la morte di petto come nei romanzi epici era ammirevole ma non invidiabile. Lui non l'avrebbe mai fatto, non aveva una grande vena patriottica a stimolargli azioni eroiche. Anzi, fosse per lui e non per Duncan non si sarebbe trovato a Ostagar. Perché rischiare la pelle contro la prole oscura? Che cosa aveva da proteggere se non la sua vita?

“E ora dovrò combattere in una guerra di cui non me ne frega niente.” meditò con un sospiro. “Che dovrei fare? Lanciare incantesimi a raffica? Oppure c'è una strategia da seguire per i maghi. Non ditemi che dovrò unirmi ai ranghi del Circolo per non creare scompiglio nella tattica militare.”

Non ci teneva a riabbracciare gli incantatori anziani e gli adorati carcerieri. Chissà se nella lettera esplicativa Greagoir aveva espresso intenti violenti verso la sua persona. Perché ovviamente ne aveva spedita una riguardante le circostanze del suo arrivo a Ostagar.

“Potrei davvero essere assassinato per ripicca? Roba da romanzo.” ironizzò, per poi sospirare nuovamente all'immagine sanguinosa di una morte orribile.

Aveva scoperto la libertà da nemmeno tre mesi, gli seccava enormemente tirare le cuoia così presto, nel fior fiore della giovinezza. Aveva diritto a un po' di indulgenza visto che era un novellino? Magari Duncan lo avrebbe relegato nelle retrovie, maggiormente al sicuro rispetto ai coraggiosi davanti.

Perso nelle proprie riflessioni, si accorse di Daveth soltanto quando lo ebbe a quattro metri di distanza. La recluta ciondolava al limite della zona dei maghi e, sebbene lo dissimulasse molto bene, occhieggiava un certo scrigno a cui un Adepto della Calma teneva compagnia.

Ecco una delle ragioni per conoscere qualcuno: curiosità.

«Aspetti qualcuno, Daveth?» L'uomo scattò come una molla e si voltò coi pugni alzati. «Bei riflessi.»

«Oh, sei tu. Mi hai fatto prendere un colpo... Elmer, giusto?» si riprese in un attimo.

«Esatto. Che stai facendo?» andò dritto al punto.

«Ah, ora ti interesso, eh?» ridacchiò poggiando le mani ai fianchi. «Niente di che. Cammino, chiacchiero con i passanti, tento la fortuna con le donne. Tu?» fece innocente.

«Cammino, osservo, mi chiedo perché non stacchi gli occhi da quello scrigno.» lo imitò amabile.

Daveth rise e Elmer si ritrovò a sorridere di rimando; aveva un buonumore contagioso. L'arciere lo contemplò per lunghi secondi e qualcosa lo convinse a confessare di essere stato beccato e di non essere un uomo pio; lui e Duncan si erano incontrati quando Daveth lo aveva borseggiato a Denerim. Di conseguenza il mago indovinò le sue intenzioni e lo smontò con una breve osservazione.

«Senza la chiave non lo aprirai mai.»

«Perché?»

«È sigillata con la magia, riconosco gli intagli.»

L'uomo imprecò e rimirò avidamente la serratura. Non si sarebbe arreso.

«La chiave.» calcolò. «Ce l'avrà uno dei templari, o un mago. Non è che tu potresti...» lo imboccò speranzoso.

«Scordatelo.» liquidò immediatamente.

«Dai, non mi sembri un tipo molto attaccato alle regole. Scommetto che il bottino lo condivideresti volentieri.» lo allettò con complicità.

«Vero, però non ho voglia di parlare con loro. Duncan mi ha coscritto alla Torre del Circolo più di un mese fa, contro la volontà del Comandante Templare; li avrà già avvertiti dell'increscioso incidente.»

«Quanto increscioso?» misurò affatto turbato dalla possibilità di star complottando con un eretico.

«Diciamo che non è stato il migliore degli addii.»

«Dunque non riusciresti ad ottenerla con le buone. È per questo che non ti levi il cappuccio?» colse nel segno, divertito, invitandolo a mettersi comodo con lui su delle botti con un gesto della mano.

«Esatto. Comunque, cosa c'è lì dentro?» volle sapere, accettando l'invito.

«Boh. Un tizio ci ha provato, il disertore appeso nella gabbia, e, come diceva la mia mamma, “se qualcosa ha valore per qualcuno, allora con tutta probabilità ha valore anche per te”.»

«Strano consiglio.»

«Era una donna concreta.» asserì passandogli un pezzo di formaggio ricavato da una tasca.

Smangiucchiarono in pace, senza sentire il bisogno di riempire il silenzio. Elmer lo apprezzò molto, Daveth sarebbe stato un buon compagno tra i Custodi; di sicuro più di Alistair. Spinto da un'ispirazione e dalla voglia di fraternizzare con una scusa, andò a fondo della questione scrigno.

«Il disertore ha risolto il dilemma della chiave?»

«So che una sera ha fatto ubriacare un mago, dopodiché l'hanno arrestato che si aggirava furtivo per l'accampamento. Hanno dato per scontato che volesse disertare.»

«Scambiamoci due parole. La prospettiva della vicina impiccagione magari gli ha aperto il cuore alla generosità verso il prossimo.»

«Mi piace come ragioni.»

Sogghignarono come due truffatori e si diressero verso l'obiettivo. Disgraziatamente la gabbia era piantonata da una guardia a dir poco scorbutica. La studiarono un po', fingendo di bersi gli incoraggiamenti alla messa andrastriana nelle vicinanze, bisbigliando un piano.

«Quello, amico mio, non è un uomo felice della sua posizione.» concluse l'arciere.

«Forse riusciamo ad attirarlo più in là con un pretesto.» rifletté il mago. «Hai un mazzo di carte?»

«Sai giocare a carte?»

«E barare.»

«Allora è un peccato che non ne abbia uno a portata di mano.» gli rincrebbe. «Potremmo parlargli.»

«E dirgli cosa?»

«Non lo so, improvvisiamo.»

«Ehm, ehm.» si schiarì la voce un'ascoltatrice disturbata dai loro sussurri.

Gli uomini si scusarono e abbassarono diligentemente il capo. Fu grazie a lei che Elmer ebbe una trovata decente, una variante dell'iniziata ingenua che finì per convincersi dell'innocenza di un ladro imprigionato (Quel che non ti ho detto, da pagina ventidue a centosettanta).

«Potremmo portare conforto al condannato per conto della sacerdotessa.»

Daveth approvò eccitato e, recitata l'ultima preghiera della funzione, si avvicinarono al soldato con i visi più onesti di cui erano capaci.

«Buonasera, buonuomo.» cominciò solenne l'arciere. «Siamo qui per conto della sacerdotessa.»

«Che vuole la sacerdotessa?» ribatté rude l'uomo assottigliando gli occhi.

«Confortare l'animo del condannato.» rispose Elmer. «È giusto che anche lui riceva della gentilezza prima di raggiungere l'Oblio.»

«Puah. Questo codardo non si merita la pietà di Andraste.» sputò a terra. «Perché la sacerdotessa non è venuta di persona?»

«È molto impegnata, ci sono malati incurabili in infermeria.» spiegò Daveth.

«Mmmh.» ponderò. «D'accordo. Vedete di non metterci troppo.»

Al contrario della guardia, il prigioniero li accolse con gratitudine e anticipò qualsiasi loro richiesta pregandoli per cibo e acqua di cui era a digiuno da giorni. Volendo ingraziarselo, Daveth raccattò un piatto formato da pane, formaggio, pancetta affumicata e un boccale di idromele. Lo sventurato fu così riconoscente che non ci fu alcuna necessità di nominare la faccenda della chiave, la consegnò e basta, raccontando di averla ingoiata quando quegli idioti l'avevano erroneamente arrestato per diserzione. Elmer la avvolse in un fazzoletto (provenienza intestinale, bleah...) e mentre si dirigevano alla tenda dei Custodi gli dispiacque per il poveraccio accusato ingiustamente (pazienza se aveva in mente un furto invece che una fuga). Che sfiga alle volte.

«Siete in tempo per cucinare, ser Elmer.» salutò Sereda, seduta tra Alistair e un uomo alto.«Il cibo della mensa non è buono quanto il vostro.»

«Sai anche cucinare?» esclamò Daveth.

«Il nostro palato ha giovato della sua esperienza con le erbe, non c'è dubbio.» disse Duncan, intento ad arrostire la carne avanzata dalla cavalcata. «Vedo che vi siete conosciuti. Mi auguro non abbiate combinato guai.» li valutò con uno sguardo che ce la sapeva lunga.

«Assolutamente no.» «Cosa te lo fa pensare?» dissero in coro; il Comandante scosse la testa e rinnovò mentalmente la sua arma segreta: la pazienza.

«Ne approfitto per presentarmi.» gli si rivolse lo sconosciuto dai capelli rossicci alzandosi e offrendogli la mano. «Ser Jory. È un piacere fare la vostra conoscenza.»

Così era lui il cavaliere senza macchia e senza paura citato da Daveth. Beh, la stazza c'era. Era bello alto e muscoloso, le mani erano grandi e callose, il volto era sincero e disponibile, se il Creatore gli avesse donato un aspetto più attraente sarebbe stato perfetto in un romanzo con damigella svenevole al seguito.

«Elmer, dal Circolo dei Maghi.» contraccambiò la stretta, evidenziando fin da subito di che pasta era fatto.

«I maghi sono potenti alleati, i loro prodigi sono famosi in tutto il regno. Il Comandante Duncan e lady Sereda mi hanno raccontato della vostra impresa a Redcliffe, sono onorato di servire i Custodi Grigi al vostro fianco.»

Daveth esibì una significativa roteata di occhi al cielo per la sviolinata tuttavia i complimenti colpirono al cuore il mago che sorrise e chiacchierò volentieri con l'omone. Cominciarono a cenare e scoprì che in precedenza Jory abitava proprio a Redcliffe ed era cavaliere al servizio di arle Eamon; dopo aver incontrato la futura moglie si era trasferito ad Altura Perenne e ora lei era incinta. Era una persona educata e gentile, non capiva perché a Daveth non andasse a genio. Pregiudizi sul ceto sociale, sicuramente.

Prima di coricarsi Duncan diede la notizia che tutti bramavano: il rituale si sarebbe compiuto appena le tre reclute e Alistair avrebbero riportato tre fiale di sangue di prole oscura da una gita nelle Selve, oltre a ciò, c'era da accertarsi della conservazione dei trattati di cui il barbuto aveva recuperato la mappa a Orzammar. Spenti i fuochi, Elmer e Daveth sgattaiolarono nell'oscurità rischiarata dalle fiaccole dell'accampamento, diretti allo scrigno. In men che non si dica il coperchio fu sollevato: c'erano un bastone magico e un berretto poco allettanti che non toccarono, un cappuccio incantato che finì nelle tasche del mago e monete d'argento e alcune pozioni curative che si divisero. Tornati alla tenda Daveth estrasse dal suo zaino un astuccetto con forbici, fili e aghi, e si sorprese con un divertito «C'è qualcosa che non sai fare?» quando Elmer glieli sottrasse e modificò da solo il nuovo indumento affinché non fosse immediatamente riconoscibile.

La visita all'Oblio lo colse alla sprovvista. Le novità diurne gli avevano fatto trascorrere un placido pomeriggio perciò l'apparizione del vecchio con la fissa delle due paroline attorno al fuoco fu una secchiata d'acqua gelida. Ricordava benissimo la mortificante sconfitta sulla maledetta seggiola e non era desideroso di una ripetizione.

«Hai passato una bella giornata?» curiosò il demone strofinando i palmi sulle fiamme.

«Sì.» rispose lapidario.

«Si vede.» indicò il suo abbigliamento, tunica da mago, soprabito e bastone di Orzammar. «Stai riacquistando fiducia in te stesso. È una buona cosa.»

Considerando che la tunica era il solo capo della vecchia vita del Circolo non poteva dargli torto. Nonostante la meditazione pre-dormita fosse stata minima il risultato era quantomai eccellente: era armato e in grado di uccidere.

«Sono più forte, adesso.» attestò in una velata minaccia.

«Mi fa piacere. La forza ti servirà se vorrai sopravvivere là fuori. Che stagione hai detto che era? Inverno?»

«Autunno.»

«Allora ci sarà molta pioggia dalle vostre parti. Copriti bene o ti beccherai un malanno, giovanotto.»

Anche stavolta lo sollecitò a rilassarsi ma il mago rifiutò. Non voleva combatterlo, sebbene il suo aspetto fosse migliore del precedente sogno. Se fosse stato aggredito avrebbe contrattaccato, nel frattempo avrebbe atteso prudentemente il segnale di un chiaro vantaggio sulla creatura. Stabilì che quando fosse stato capace di creare con la volontà un'uscita dalla grotta, quello sarebbe stato il via libera alle maniere forti.

La notte trascorse serena, il demone blaterò, Elmer ascoltò con mezzo orecchio, e al mattino le reclute si prepararono per la giornata nella macchia verde paludosa.

«Ricordate il fiore delle Selve per il cane e state attento, ser Elmer, voglio vedervi tornare tutto d'un pezzo.» raccomandò la nana mentre Elmer gli affidava il denaro per il lavoro del quartiermastro.

«Non preoccupatevi, lady Sereda, in quattro e con ser Alistair a percepire il nemico le chance di un ritorno illeso sono alte.» incoraggiò il cavaliere avviandosi verso il cancello.

«Badate a loro, ser Elmer, voi li avete già affrontati.» ridacchiò lei.

«Ultimamente la vostra fiducia nelle mie capacità è aumentata a dismisura. Per non parlare delle mie prodezze: a quanto pare quella maga del sangue l'avrei sconfitta in posizione eretta e con un incantesimo alquanto improbabile. Come mai?» indagò diffidente.

«Beh...» esitò. «Ho perso il mio stato principesco, dovrò pur vantarmi di qualcosa.»

«Vantarvi del sottoscritto come se fossi una vostra proprietà non mi pare molto carino.» si lamentò.

«Indossate più di Orzammar che di una boutique umana, direi che ho qualche diritto sulla vostra persona.» ribatté incrociando le braccia, decisa a mantenere la cosa su un piano giocoso.

«Continuate a sognare, Sereda.»

Le diede le spalle e raggiunse i compagni; il discorsetto avrebbe dovuto attendere.

Agguantare mostri e riempire fialette fu quasi noioso, gli uomini erano addestrati e le previsioni di Alistair affidabili. Le Selve Korcari si rivelarono comunque un luogo insidioso e pieno di sorprese: aiutarono un soldato sopravvissuto a un attacco, Daveth trovò un sacchetto di cenere e un foglietto con informazioni di natura ambigua che il mago bruciò per sicurezza, una moltitudine di lupi affamati, il benedetto fiore per il cane, prole oscura, il contenitore rotto dei trattati dei Custodi e una presuntuosa strega delle Selve di facili costumi, la quale li condusse dalla madre fuori di testa (per favore, se quella era la vera Flemeth lui era un nug) che ciarlò a vanvera e riconsegnò il maltolto.

Al ritorno diede il fiore a Sereda che schizzò al canile a salvare la bestiola, mentre il quartetto si riuniva a Duncan. Non era ancora notte e il barbuto consigliò di recuperare le forze poiché non appena le fiale fossero state preparate dai maghi avrebbero svolto l'Unione.

“Dai maghi?” si domandò stranito.

Perché le fiale dovevano essere ritoccate dalla magia? Non erano un semplice espediente per testate la tempra delle reclute?

La conversazione proseguì e la gravità con cui Duncan si esprimeva lo turbò.

«Intendi dire che il rituale potrebbe ucciderci?» interpretò correttamente.

«Come potrebbe uccidervi qualsiasi prole oscura in battaglia.»

«Come?» pressò, e il Comandante svicolò con una vaghezza snervante.

Lo aveva coscritto e salvato da Greagoir soltanto per ucciderlo in seguito? Non ci credeva! La sua costernazione totale doveva essere trapelata dato che il barbuto i cui punti simpatia stavano calando drasticamente disse che non li avrebbe scelti se non avesse creduto in una loro chance di successo.

“Ma vaffanculo!”

Gli altri due vollero coraggiosamente affrettare l'evento, il mago faticò a comprendere l'improvviso pallino del suicidio. I deficienti avevano capito o no a cosa sarebbero andati incontro? Che cazzo avevano da gioire?!

«Riposate. Quando giungerà il momento Alistair verrà a prelevarvi.»

I due Custodi si congedarono e ciascuna delle tre reclute occupò l'attesa a modo suo: Jory si ritirò nell'alloggio con una candela accesa, Daveth controllò arco e frecce con pignoleria, Elmer si accomodò su un ceppo a pensare.

“Qui gatta ci cova.” si disse agitato. “Non ci avrebbe scelti se non avesse creduto in una nostra chance di successo.” ripeté.

Che cosa significava? Che il test era superabile con le loro capacità fisiche? O magari il rischio mortale era tutta una balla per spaventarli... Il sangue era stato davvero mandato dai maghi? Intuì che il Comandante non avrebbe scherzato su un ordine del genere, e la faccia da funerale di Alistair era tutto dire.

“Fiale di sangue...” rimuginò.

Non era magia del sangue, ovviamente, i templari non avrebbero acconsentito all'utilizzo dei loro protetti, ma cosa si otteneva con quel particolare ingrediente se non la magia proibita o l'incantesimo di localizzazione dei filatteri? A cosa diamine serviva il sangue? Quel liquido era veleno: la corruzione uccideva con terribili febbri o trasformava in ghoul dalla breve durata vitale, schiavetti deliranti e cannibali al servizio del nemico, che motivo c'era di...

“Le abilità dei Custodi Grigi!”

Sì, le due cose dovevano essere collegate, forse una dipendeva dall'altra. Ma come era effettivamente adoperato il sangue? Per tatuaggi? No, non ne aveva notato nessuno su Duncan o Alistair, e il primo l'aveva visto interamente spoglio salvo per le mutande. Quindi, escluso il disegno di un grifone sulle parti intime, rimaneva... un bagno? Tre fiale non erano sufficienti e dubitava che le avrebbero diluite in acqua. L'ingerimento?

“Ingerimento.” considerò. “Ingerimento...”

Si figurò la scena, il fluido scuro e nauseabondo che scivolava nella gola, si raccoglieva nello stomaco e lì sfrigolava e corrodeva gli organi interni. Gli venne la nausea. Come si combatteva un cancro che ti distruggeva dall'interno? Che razza di prova era?!

“No, devo essere sicuro. Non devo entrare in panico per una supposizione.” si contenne.

«Sereda.» chiamò. «Posso parlarvi?»

Era appartenuta alla famiglia reale di Orzammar e i nani avevano uno stretto rapporto con l'ordine dei Custodi Grigi, scommetteva che un segreto o due l'avessero svelato e il re di solito era il primo ad essere informato di certe cose. Insomma, quella donna doveva pur avere una qualche utilità, dannazione!

«Ditemi, ser Elmer.»

Studiandola capì che sapeva. Il tono di voce era serio e un poco triste, lo sguardo fisso su di lui per donargli attenzione incondizionata, manco fossero le ultimissime ore della sua giovane vita.

«Cosa sapete dell'Unione?» interrogò senza preamboli.

E lei glielo disse, senza indugio. E quando concluse, l'istinto di sopravvivenza gridò a Elmer di fuggire prima che lo legassero a una sedia e gli ficcassero un imbuto giù per la gola. Provò a dire qualcosa ma la bocca si apriva e chiudeva senza emettere suoni; la chiuse e la sigillò appoggiandovi un pugno, le pupille dilatate e incatenate al suolo.

“Un sacrificio mortale.”

Bere del sangue di prole oscura e augurarsi che andasse per il meglio. Che cazzo di ragionamento era? Non aveva senso! Tanto valeva lanciare una monetina e ammazzarlo adesso! Oh, quel traditore di Duncan!

“Un cazzo di sacrificio mortale!”

No. Col cazzo. No. No, no, no. Se lo scordavano! Si voltò, in cerca di una via di uscita.

Non c'erano mura a rinchiuderlo, non c'erano templari a seguire ogni suo movimento, c'era il mondo oltre quella fortezza. Mai avrebbe assunto volontariamente un veleno che l'avrebbe dolorosamente ucciso o ridotto alla pazzia dissacrando il suo corpo e la sua mente, ne aveva avuto un assaggio con la maga del sangue.

“La gente pensa che stia con Duncan, me la svignerei con una scusa, addormentando le guardie che mi ostacolano il passo.” Sì, ma dopo? “Morrigan e quella rincitrullita di sua madre! Sono eretiche, e la vecchia è abbastanza eccentrica da assistere un giovane mago in fuga.”

«Ser Elmer?» L'ex principessa lo riscosse dalle sue frenetiche riflessioni. «È normale essere nervosi, l'Unione è-»

«Datemi pure del vigliacco, Sereda,» interruppe impossibilitato a trattenersi oltre, «ma non sono scampato a una condanna a morte per cadere in un'altra.»

«Dove state andando?» domandò confusa vedendolo partire verso la generale direzione del ponte.

«Me ne vado.»

La nana strabuzzò gli occhi, incredula. Con uno scatto gli afferrò saldamente un polso e con uno strattone lo obbligò a nascondersi dietro un albero, lontano dall'indiscrezione altrui.

«Non oserete!»

Elmer non stava scappando dal proprio destino, no, era impossibile! Dov'erano l'onore e la lealtà che aveva visto lungo il cammino? Non provava vergogna a voltare le spalle al Comandante e ai suoi compagni? No, c'era una spiegazione... La paura. La paura gli stava giocando un brutto tiro, accadeva perfino ai guerrieri migliori, era un attimo di debolezza. Fortunatamente lei era lì e l'avrebbe aiutato a non commettere un errore irreparabile.

«Io non devo niente a nessuno se non a me stesso, non ho motivo di sacrificarmi per una causa non mia.» disse il mago, e la nana pensò di essere nel giusto perché l'Elmer che conosceva non avrebbe detto seriamente una cosa del genere.

La vittima tentò di sganciarsi ma non ci riuscì, lei era troppo forte. Ci fu uno scontro di sguardi senza vincitori né vinti.

«Duncan vi ha salvato coscrivendovi, non è così?»

«E allora?»

«La vostra vita gli appartiene.» Prima che il mago saccente aprisse la ciabatta per comunicarle che la schiavitù in superficie era illegale, continuò. «Cosa sarebbe successo se Duncan non fosse passato per il vostro Circolo?» Elmer si limitò a odiarla. «Rispondete.» intimò.

Il moro contrasse la mascella e trattenne un urlo, un incantesimo, o un cazzotto, chissà. Serrò le palpebre e inspirò profondamente.

«Sarei morto.» rispose a denti stretti.

«Sei un morto che cammina, Elmer, come la nostra Legione dei Morti. Il funerale ti è stato processato all'inizio del tuo viaggio, il tuo destino è segnato.»

«Potrei fuggire. Andare per i continenti del Thedas.» si ribellò. «Non voglio fermarmi, non voglio morire. Sono libero!»

«Ti sbagli, quella libertà non è tua. Non l'hai mai avuta. E la tua vita l'hai perfino gettata via.»

«Che cosa ne sai tu della mia vita?!» ringhiò.

«Non so cosa sia accaduto eppure mi è parso di capire che sei stato condannato alla pena capitale per qualcosa che tu hai fatto. È stato Duncan a prolungare il battito del tuo cuore, è stato Duncan a farti conoscere la libertà, è stato Duncan a mostrarti rispetto. Non ho ragione?»

Il mago avvampò al discorso veritiero e distolse lo sguardo, lucido per la collera. Il mana ribolliva dentro di lui, smanioso di avviluppare e sopprimere l'essere che lo tormentava.

Porca di quella Andraste! Era suo sacrosanto diritto avere voglia di vivere, non era nato per fare la vittima sacrificale in un folle rito barbaro! Duncan credeva di averlo in pugno con quella stupida coscrizione, pensava di avergli tolto la possibilità di scegliere, ma si sbagliava.

«Lasciami, Sereda.» comandò minaccioso.

Trasmise calore all'arto prigioniero e una luce apparve sul suo palmo riverso. La morsa ferrea non si allentò e l'ex principessa lo trafisse con un'occhiata.

«Sono più veloce di te.» disse ponendo la mano disimpegnata sull'elsa della spada. «Il tempo che impiegherà la tua fiamma a divorarmi, io ti avrò già infilzato con la mia lama.»

La stronza non voleva cedere. Preferiva condannarlo a morte, come Greagoir, come Duncan. Traditrice pure lei. Era solo. E in trappola. L'incantesimo del sonno era un azzardo con un avversario vigile e concentrato, lo stordimento uguale. Era impotente di attaccare, sconfitto, come con il demone.

“Ho perso.” si disse tremante. “O muoio qui o tento la sorte con l'Unione.” realizzò.

Nella sua rettitudine la nana non lo avrebbe liberato neanche se l'avesse supplicata in ginocchio. Fu grazie alle delusioni sperimentate al Circolo che non si mise a piangere per l'ingiustizia. Con il viso contratto in una smorfia sofferta, chinò il capo; rilasciò la tensione nei muscoli e pian piano regolò il respiro affannato per le emozioni impetuose che l'avevano travolto.

«Se sopravviverai, un giorno mi ringrazierai.» profetizzò la stronza con un tono più gentile. «Ognuno di noi deve affrontare le proprie sfide, non possiamo tirarci indietro altrimenti non vivremo mai per davvero. Supererai questa prova, Elmer, me lo sento. Sei troppo forte per perdere.»

Lo attirò giù e lo baciò sulla fronte. Nessuna pietà.

Lo ricondusse al fuoco e si sedettero in attesa di Alistair insieme agli altri. Non mollò mai il maledetto polso. All'arrivo di Alistair lo accompagnò fino all'entrata di quello che in tempi antichi era stato il tempio principale di Ostagar dedicato a divinità aborrite dal Creatore; lì sciolse la presa e tornò indietro lanciandogli un sorriso d'incoraggiamento. La maledisse.

Le due reclute entrarono in un dibattito che Elmer per lo più ignorò. Il cavaliere pensava alla sorte della moglie incinta se fosse morto, il ladro rimarcava che senza Custodi Grigi la prole oscura avrebbe spazzato via tutto, lui e moglie incinta inclusi. Il mago avrebbe considerato entrambi i punti di vista validi se di lì a poco non avesse subito uno dei più subdoli tranelli della sua esistenza. Oh sì, Duncan aveva una brillante carriera da demone del Desiderio, non c'era dubbio: gli aveva regalato ciò che desiderava, la libertà, e ora pretendeva il pagamento in anima.

“Cretino io a farmi raggirare così.” si biasimò.

Nel frattempo Alistair se ne stava zitto invece di intervenire e calmare gli animi, cosa che gli rammentò un concentrato cane da guardia, che bloccava la strada agli eventuali rinunciatari.

La comparsa di Duncan evocò un silenzio immediato. Illustrò in sintesi in cosa consisteva l'Unione: bere sangue di prole oscura, come aveva ipotizzato. Purtroppo per l'ignaro cavaliere fu un ulteriore trauma. Alistair mise da parte il mutismo per aggiungere che assumendo il sangue di quei mostri i Custodi erano in grado di percepire la loro presenza e sconfiggere l'arcidemone, dopodiché Duncan lo invitò a recitare un augurio tradizionale pre-Unione, inquietante e affatto promettente. Con la coda dell'occhio Elmer notò il sempre più nervoso ser Jory mirare la coppa che il Comandante aveva poggiato sull'altare. Anche lui aveva avuto quella faccia da cerbiatto incastrato all'angolo dai lupi famelici quando si era confidato con Sereda?

«Daveth, vieni avanti.» annunciò il barbuto.

Invidiò e disprezzò l'assenza di indecisione con cui il ladro avanzò, strinse il calice e ingollò la velenosa bevanda. I suoi pensieri corsero a mille. Vivo o morto? Cinquanta e cinquanta, come il Tormento, solo che qui non dipendeva dalla sua bravura ma dall'inaffidabile fortuna.

Daveth riconsegnò la coppa e in un attimo cominciò a tremare, rantolare in gemiti soffocati, piegarsi a causa di un dolore sconosciuto. In automatico lo soccorse con della magia curativa. Lo sorresse, facendolo inginocchiare, e fece penetrare il mana nel suo corpo, aggredendo l'origine del malessere, la tossina letale che si stava espandendo a vista d'occhio nelle membra sane. Daveth, i bulbi oculari a mostrare il bianco della sclera e il respiro mozzato, si aggrappò a lui con gli ultimi spasmi di energia, i loro visi vicinissimi, e in brevi istanti agonizzanti trapassò tra le sue braccia. Elmer deglutì con la gola secca; gli abbassò le palpebre e lo adagiò al suolo.

Non erano stati amici di lunga data ma gli dispiacque enormemente per quell'uomo simpatico e determinato con cui aveva riso e scherzato. Cinquanta e cinquanta. Daveth aveva lanciato la sua moneta ed era stato sfortunato. E lui? Si sentiva fortunato stasera? Fu costretto a pregare, perché se non dipendeva da lui, allora non dipendeva da nessuno o dal Creatore.

«Mi dispiace, Daveth.» disse contrito il Comandante. «Vieni avanti, Jory.»

Ma ser Jory era troppo attaccato alla sua famiglia per sottomettersi al procedimento e sfoderò la spada per farsi largo tra loro. Ecco quello che avrebbe desiderato fare, rivoltarsi, scatenare i suoi incantesimi e andarsene lontano da quella pazzia. La reazione di Duncan lo sconvolse a tal punto che quando il Comandante estrasse la spada insanguinata dal torace di ser Jory e gli porse il bicchiere incriminato, il mago rimase imbambolato a fissarlo per parecchi secondi.

«Perché...» farfugliò esterrefatto.

«Era necessario.»

“Ma perché?” pensò incapace di usare la propria voce. “Perché non lasciarlo andare da sua moglie e suo figlio? Non era coscritto come me e Daveth, aveva una scelta!”

«Elmer. È il tuo turno.» ribadì il concetto il barbuto.

Fu allora che da istupidito passò al furioso. Lo stupore venne sostituito dal famigliare meccanismo di autodifesa dell'incazzatura, solo che al posto di annientare le persone che lo stavano mandando al patibolo, fu lui stesso annodarsi il cappio attorno al collo. Perché la velocità con cui Duncan aveva ucciso Jory avrebbe ucciso anche lui, perché se per miracolo avesse sconfitto i due Custodi ce n'erano altri a vendicarli, il re a dare loro manforte con segugi dall'olfatto infallibile e i templari a supportarli per puro sport. Era fottuto, irrimediabilmente fottuto. Maledetto Duncan che l'aveva tenuto all'oscuro della verità e maledetta Sereda che gli aveva impedito la fuga.

“'fanculo tutto. Lancio la mia moneta.”

Si appropriò del calice e ingurgitò l'immonda brodaglia semidensa d'un fiato, rischiando di strozzarsi per la fretta. Si costrinse a ignorare il gusto vomitevole che gli scendeva dentro e ricacciò l'oggetto tra le mani del traditore. Tre secondi dopo la testa gli esplose in mille bisbigli assordanti. Si premette la fronte e urlò ma le corde vocali gli accordarono soltanto un gemito strangolato; gli occhi rotearono all'interno delle orbite e la sua mente inorridita ebbe la più agghiacciante delle visioni: un drago in carne ed ossa, con manto scaglioso e spinato nero e rosso, una criniera di aculei, uno spuntone sul naso, grossi denti affilati e sporgenti, emanante un'aura malvagia in un cielo verde e nuvoloso. Quella cosa spaventosa ruggì e lo fissò. Il peso di quello sguardo biancastro e opprimente lo stava per schiacciare, lo avvertiva nelle viscere talmente era intenso, e solo grazie ad un notevole sforzo di volontà riuscì a sottrarglisi. Poi il nulla.

I pensieri si formavano a metà, slegati tra loro. Dov'era? Si era perso nelle nebbie dell'Oblio? La sua coscienza vagò leggera nel vuoto per un tempo indefinito e gradualmente riprese i sensi. Il suo corpo formicolava, il suo cuore batteva, vivo, la fredda aria notturna gli soffiava sulla faccia. Sollevò le palpebre con le figure del drago maligno e del volto morente di Daveth impressi nel cervello.

Duncan e Alistair parvero sollevati dal suo risveglio, e lo aiutarono a rialzarsi.

«Elmer?» sondò Duncan.

«Dammi un minuto.» disse, tenendo a bada le vertigini ed eseguendo degli esercizi respiratori per tornare padrone di se stesso.

«Hai avuto incubi?» chiese subito Alistair. «Io ho avuto terribili incubi dopo la mia Unione.»

Quale parte del “dammi un minuto” quel tipo non riusciva a comprendere? Rispose di sì e il biondo aggiunse che durante la sua iniziazione solo uno di loro era morto ed era stato orribile. Ma che cazzo gliene fregava?! Porca di quella trota, un cazzo di minuto, non pretendeva poi molto!

Spostò il viso sopra la sua spalla: i cadaveri erano scomparsi, a testimoniare il loro passaggio era rimasta la chiazza scura del sangue di Jory.

«Sono stati cremati.» lo informò il barbuto.

«Non avete perso tempo.»

Duncan non raccolse la provocazione.

«Come ti senti?» domandò Alistair.

«Di merda.» lo trucidò con un'occhiataccia.

«Ah, ehm, sì, comprendo.» Elmer lo mandò interiormente a 'fanculo. «Ho qui il tuo ciondolo.» disse mostrandoglielo. «Ci mettiamo dentro un po' del sangue dell'Unione, per ricordare chi non ce l'ha fatta.»

Il mago fissò basito il penoso articolo di bigiotteria. Ricordare chi non ce l'aveva fatta? Come poteva anche solo pensare che avrebbe voluto ricordare quel fottuto rituale?!

«Tienitelo.» ringhiò tra i denti, per poi scostarlo dalla sua strada con una spinta. «Mi trovate alla tenda.»

La sua prima setta, il suo primo sacrificio umano, il suo primo drago, il suo primo esperimento sulla propria persona; questi suoi primi passi nel mondo stavano andando magnificamente! Era un miracolo se non era morto!

“Creatore, che serata di merda. Ma grazie per avermi risparmiato, sempre che tu abbia a che fare con la faccenda.”

Se la divinità c'entrava qualcosa era consigliabile rendere grazie, nonostante si considerasse ateo. Più o meno.

“Sereda adorerà riavermi vivo e vegeto.” rimuginò vendicativo.

Lì per lì gli sovvennero le scene di tortura lette nei libri. Non era un esperto, le uniche vendette portate a termine erano costellare il sonno di incubi, avvelenare il cibo con il lassativo, boicottare le performance scritte e pratiche, cospargere lenzuola, calzini o mutande di polvere urticante e altre sciocchezze simili. Ma Sereda non era un apprendista che gli aveva fatto uno stupido torto risolvibile con uno scherzo, qui si parlava di vita o di morte e lui era incazzato nero. In qualche modo, non sapeva come, la donna avrebbe rimpianto-

«La nuova recluta!» lo colse impreparato una voce che non riconobbe. «Elmir, se non sbaglio.»

Aggrottando la fronte, si girò e desiderò aver finto di non udire: era lui, re Cailan Theirin in tutto il suo splendore.

“Che ho fatto di male, Andraste? È per il pensiero di vendetta?” si lamentò.

«Elmer, Vostra Maestà.» corresse per nulla intimorito dalla bionda regalità in compagnia di un secondo uomo dall'armatura poderosa e una piccola scorta.

«Elmer, giusto. Vedo che avete superato l'Unione. Congratulazioni, Custode.» sorrise.

Era stanco, il capo doleva per l'emicrania portata dalla potente visione e immaginare la mutazione a cui le sue membra sarebbero andate incontro nei giorni e mesi successivi grazie a succo di mostro non lo elettrizzava, conclusione: non aveva voglia di sorbirsi la felice stupidità del regnante.

«Vi ringrazio. Ora, se volete scusarmi...»

Non fece in tempo a muovere un piede che re Cailan circondò le sue spalle con un braccio avvolto da pesante metallo e se lo trascinò dietro nella direzione da cui era venuto.

«È un grande onore essere un Custode Grigio.» proseguì gioviale. «Combattere prole oscura, arcidemoni, abbattere mille pericoli negli anfratti delle Vie Profonde. Che esistenza avventurosa vi attende!»

Avrebbe fatto volentieri a cambio, essere re non sembrava poi così complicato.

«Cailan.» ammonì il suo compagno.

«Oh, perdonatemi, non vi ho presentati.» cinguettò il giovane re. «Elmer, vi presento il mio generale e fidato braccio destro, teyrn Loghain Mac Tir. Loghain, il Custode Elmer.»

Detto questo si voltò e il mago con lui, intrappolato dalla protezione dorata che gli gravava sul collo.

“Ma porca di quella... Voglio dormire, dormire!”

«Abbiamo un consiglio di guerra, Cailan, non è ammesso chiunque.» fece contrariato il generale.

«Elmer è riuscito nella sua prova, quale premio migliore di presenziare al consiglio di guerra che stroncherà sul nascere un possibile quinto Flagello?» ribatté il signorino.

Cailan riempì con un inutile chiecchiericcio la distanza dalla lunga tavola dove stavano Duncan, una donna di mezza età con la tunica da reverenda madre e un rappresentante del Circolo che aveva visto sì e no due volte nella torre ma che sapeva essere un amico di Irving. Si posizionò a fianco del Comandante e fece spallucce alla sua espressione interrogativa, accennando al re.

I presenti studiarono la mappa, teyrn Loghain illustrò la sua strategia e criticò l'atteggiamento irresponsabile e infantile del re, il re lo rimbeccò a ogni parola, gli screzi tra incantatore anziano e madre vennero sedati immediatamente con la decisione di inviare Elmer e Alistair ad accendere il fuoco di segnalazione in cima alla torre di Ishal. Ipotizzò che il re si ricordasse correttamente il nome di Alistair poiché erano entrambi biondi e dall'intelletto affine.

«Sono così tutti i consigli di guerra?» domandò sarcastico una volta finita la riunione.

«Qualsiasi cosa sia collegata alla politica, non solo i consigli di guerra.» sospirò Duncan. «Dovresti riposare, Elmer.» consigliò apprensivo notando la stanchezza sul suo volto. «Non manca molto alla battaglia, due giorni al massimo, secondo le stime dei ricognitori.»

«Lo so. Il re mi ha intercettato.» si giustificò infastidito dall'illusorio affetto del traditore numero uno.

Il suo superiore annuì e non si dissero altro. Non salutò Sereda, la traditrice numero due, contenta di vederlo sano e salvo, e si fiondò subito a letto per allontanare una conversazione che sarebbe inevitabilmente sfociata in un'accesa discussione.

I letti e le sacche di Daveth e Jory erano ancora lì nell'ampia tenda. Avevano dormito tutti insieme soltanto la sera precedente e ora non c'erano più. Rammentò la chiacchierata con Jory, la sua amata moglie, l'eccitazione per il figlio in arrivo, la sua faccia schizzinosa di fronte al primo prole oscura nelle Selve. Rammentò Daveth, il sorriso malandrino, il carattere alla mano, la comica paura della magia, la sorprendente integrità mostrata poco prima dell'Unione. Li paragonò agli apprendisti che venivano prelevati nella notte per il Tormento e non tornavano più. Nessuno faceva domande. Ma non era giusto. Soprattutto per Jory non era giusto. Si era rifiutato di procedere e Duncan l'aveva ammazzato su due piedi. Perché?

Steso sul lettuccio scomodo, si strofinò il viso e buttò fuori l'aria dai polmoni. Basta pensare, voleva dormire, perdersi in un sonno senza sogni né ricordi e riprendere energie per affrontare il domani.






Note dell'autore:
Sììììììììììì, dopo milioni di anni posto un capitolo che come lunghezza è due capitoli e mezzooooooooo! XD Purtroppo non sono completamente soddisfatta ma non sapevo che scrivere su Ostagar senza mettere praticamente tutti i dialoghi del gioco... Ho cercato di non farlo troppo pesante, spero di esserci riuscita ^^
Che dire? Beh, le uniche cose che realmente mi premono sono Elmer e Jory.
Fossi stata in Elmer me la sarei data a gambe levate. E poverino, lui ci prova! Se non ci fosse stata Sereda a tenerlo prigioniero, lui sarebbe davvero scappato, al diavolo tutto! Se Duncan gliel'avesse anticipato prima, già all'inizio del viaggio, come con la battaglia a Ostagar, lui si sarebbe psicologicamente preparato al fattaccio e l'avrebbe affrontato senza fuggire, tipo il Tormento di cui la Chiesa ti avverte subito.
Insomma dal suo punto di vista Duncan l'ha preso per il didietro facendogli la bella faccina sorridente davanti e accoltellandolo a tradimento alle spalle ç_ç Duncan ma che uomo seiiiiiii?!?!?
E Jory, per me, rimarrà per sempre un mistero. A parte il fatto che già la prima volta che ho visto la scena ci sono rimasta di cacca: Duncan, tutto bello pacioccoso con la voce saggia e gentile che mi diventa un assassino di futuri padri °_° E manco avevo parlato con Jory, mi era antipatico; la seconda volta ci ho parlato un sacco ed è una BRAVA PERSONA! E il complimento ai maghi c'è davvero nei suoi dialoghi! Perché? PERCHÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉÉ?!?!?!? L'unico stupido motivo per ucciderlo era tenere segreto il rituale, ma cacchio, durante il gioco sembra che lo sappia mezzo mondo, quindi che senso ha?!?!?
Okay, basta, se no esplodo ù_ù
Spero di postare il prossimo capitolo a una data decente ma non credo che sarà possibile, quindi, gentili lettori, non vogliatemi troppo male XD
Bacioni! ^^
  
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