«È cosa ormai risaputa che
uno scapolo in possesso di un vistoso patrimonio abbia bisogno soltanto
di una
moglie. Questa verità è così radicata
nella mente della maggior parte delle
famiglie che, quando un giovane scapolo viene a far parte del vicinato
– prima ancora
di avere il più lontano sentore di quelli che possono essere
i suoi sentimenti
in proposito – è subito considerato come legittima
proprietà di una o dell’altra
delle loro figlie» lesse Iori, con la sua voce
calma e tranquilla, da
dietro il sipario.
«Caro
Mr. Bennet, hai sentito che Netherfield Park è finalmente
affittato?» recitò Miyako, nel ruolo di Mrs.
Bennet.
Nessuna risposta
seguì
questa domanda. Tutti si voltarono verso Daisuke, che interpretava il
ruolo di
Mr. Bennet e che, teoricamente, doveva rispondere che non lo sapeva
affatto.
Il
ragazzo, però sembrava paralizzato al suo posto, seduto su
una
sedia di legno piuttosto scomoda, che al momento dello spettacolo
sarebbe stata
sostituita da una poltrona.
Con un
sospiro, l’insegnante responsabile
dell’arrangiamento
teatrale, il signor Tawada, ordinò: «Stop!
Motomiya, si può sapere che ti
prende?»
«Signore,
non ce la posso fare» mormorò come se fosse in
punto di
morte il povero ragazzo.
Dietro
le quinte, Hikari e Takeru ridacchiarono, imitati prontamente
da Ken. La situazione era troppo divertente per trattenersi.
«Dove
sta il problema?» tentò di capire
l’insegnante.
«Il
problema è lei, signore» rispose il ragazzo,
indicando Miyako,
che stava sbuffando sonoramente e che, a questa affermazione, si
infiammò
peggio di un fiammifero.
«Io?
Io sarei il problema?? Come ti permetti, razza di idiota!!»
«Inoue,
calmati o sarò costretto a mandarti dal preside. Motomiya,
non mi sembra una scusa valida, quindi impegnati e vedi di fare la tua
parte. È
solo finzione» dichiarò il signor Tawada,
stancamente. Era abituato a quei due,
ma non poteva cambiare i loro ruoli. Erano perfetti così e
quei due se ne
sarebbero fatti una ragione, volenti o nolenti. «Orgoglio e pregiudizio, capitolo 1, prova
due. Azione!» esclamò, battendo
le mani per riportare tutti all’ordine.
«Signor
Tawada!» esclamò Miyako, interrompendo di nuovo la
scena,
dopo nemmeno cinque minuti dall’ultima interruzione, in cui
Daisuke si era
quasi rifiutato di recitare la battuta in cui il signor Bennet
commentava la
bellezza di sua moglie.
“Ma
chi me l’ha fatto fare” pensò il signor
Tawada. «Cosa c’è
Inoue?»
«Signore,
non credo di poter continuare a recitare nel ruolo di
Mrs. Bennett.»
«Perché
no, Inoue?»
«Signore,
credo che il mio personaggio lusinghi troppo quello del
deficiente qui presente.»
«Inoue,
nell’Ottocento funzionava così, devi
abituartici.»
Mentre
Miyako e l’insegnante discutevano, dietro le quinte la
gente aveva cominciato a stancarsi: erano passate due ore buone ed
erano ancora
a metà del primo capitolo. Ormai si poteva vedere gente
addormentata su una
panca o impegnata in tornei di carte, come Hikari, Takeru e Ken. In fin
dei
conti si stava bene là dietro, a far niente.
Finalmente,
il professore riuscì a calmare la ragazza e la scena
riprese.
Dopo
qualche altra interruzione, finalmente i due ragazzi
riuscirono a recitare l’intera scena.
Dietro
le quinte, i ragazzi, cominciarono a ringraziare tutti i
kami e tutte le reincarnazioni di Buddha. Forse sarebbero tornati a
casa per la
notte, dopotutto.
«Bene,
ragazzi, per oggi mi sembra che abbiamo fatto abbastanza. Ci
vediamo domani e voi due, vedete di risolvere i problemi tra
voi» li congedò l’insegnante,
filandosela quasi più in fretta dei suoi studenti.
I
Digiprescelti, tutti e dodici, si riunirono al loro solito bar.
Miyako
e Daisuke si lanciavano occhiate assassine, da un capo
all’altro
del tavolo.
«Ragazzi,
credete che reciteremo anche noi?» gli chiese ad un
certo punto Takeru, ridendo.
«Non
sei divertente, Takeru. Io non posso recitare con questa oca
starnazzante!» rispose piccato Daisuke.
«E
io con questo pezzo di cretino» ribadì Miyako.
«Ma
dai! Secondo me eravate davvero carini!» si intromise Hikari,
sorridendo.
«Carini?!?»
esclamarono i due, dimenticando gli attriti fra loro
per un momento.
Tutti
quanti scoppiarono a ridere, mentre i due, irritatissimi,
tornavano a sorseggiare le loro bevande.
«Comunque
sono molto contenta di questa cosa, non vedo l’ora di
entrare in scena» commentò Mimi, una volta
calmatasi. Davanti ai suoi occhi si
parò la sua vita da sogno come stella di Broadway.
«Mimi,
a Broadway non si recitano romanzi ottocenteschi. Solo musical.
E tu sei stonata come una campana» le fece presente Sora,
beccandosi un’occhiataccia.
«Pane
e simpatia a colazione, signorina?» le chiese la castana,
storcendo il naso.
«Dai,
lo sai che ti voglio bene lo stesso» rispose
l’altra,
facendole un sorriso che avrebbe fatto sciogliere chiunque.
«Immagino
di sì» ammise Mimi, soffocando un sorriso.
«Ragazzi,
io devo andare. Ho le prove della band…»
annunciò
Yamato, alzandosi e posando sul tavolo una banconota per pagare la sua
bibita.
«Vengo
con te!» esclamò Sora, tracannando la sua
aranciata, per
poi posare anche lei dei soldi sul tavolo. «Ci vediamo
domani, ragazzi!»
I due
uscirono mano nella mano, sotto gli sguardi inteneriti degli
altri.
«Eeeeh, l’amore!» esclamò Taichi, facendo scoppiare tutti a ridere.