Capitolo
2: Fuga
Ore 5.35 del mattino:
tutti gli invitati se ne stavano andando, e nel salone da ballo i servitori già
correvano di qua e di là per mettere a posto... per il party successivo, che
avrebbe avuto luogo il giorno dopo.
Ariel abbracciò la sua
migliore amica.
“Ciao Aurora.... quando
ci vediamo?”
“Che ne dici se vengo da
te stasera? Per una volta voglio fare l’ospite...”
“Ma che dici? Da me non
sei un’ospite.... casa mia è casa tua”
“Grazie, Ariel... Ora
scusami devo andare a salutare anche gli altri ospiti....”
La abbracciò di nuovo e
poi si allontanò.
Ariel le disse da dietro:
“Alle otto, eeeh?”
“Sì sì, sarò puntuale!!
Ciao!!”
“Ciao!”
Un’ora dopo, Aurora era
seduta su una delle comodissime poltrone della sua camera, in vestaglia.
Filippo entrò nella loro
camera: “Ciao tesorino piccino puccioso”
“Ciao
Filippo”
“Ma uffa perchè non mi
dici mai cose carine, cucciolina birulina ciccina?”
“E perchè tu non mi
chiami mai col mio nome?”
“Ma uffa che vuoi ancora?
Sei passata dall’essere una contadinotta a una principessa, vivi nel lusso,
circondata da lacchè che ti riveriscono, hai un marito perfetto, modestia a
parte, che vuoi ancora dalla vita?”
“Niente... che posso
desiderare ancora?”
“Ah ecco brava...
pentolina mia”
“PENTOLINAAAA??”
“Perchè, uffa, non ti
piace?” chiese Filippo avvicinandosi a lei e cominciando ad accarezzarla e
baciarla sul collo.
“Ma lasciami in
PACE!”
Detto questo, Aurora se
ne andò, lasciando Filippo davanti allo specchio a guardarsi. Sembrava non
avesse nemmeno capito che lei se n’era andata.
“Che pezzo di
deficiente...”
Aurora passeggiò un po’
nel suo amato giardino.
“Cosa ci faccio
qui?”pensò la ragazza “Io non sono per questa vita! Party, ipocrisia,
etichetta... No, io non appartengo a questo mondo... stavo meglio nel bosco con
le mie ziette.... Ora loro sono con i miei genitori... nel nostro regno...
mentre io sono qui nel regno di Filippo... nel suo castello... ma non è casa
mia.... Cosa mi trattiene qui?” poi un’idea la fulminò “IO ME NE
VADO!”
La ragazza corse verso la
sua camera. Voleva scappare, andarsene da quel posto orrendo che non
riconosceva... Avrebbe viaggiato, sarebbe andata in giro per il mondo, avrebbe
scoperto e imparato tutto ciò che aveva perso in una vita di fuga da Malefica,
sonno in una torre e... matrimonio combinato.
Sì, sarebbe
fuggita.
Corse come una forsennata
fino alla porta della sua camera.
Sulla porta trovò
Filippo.
“Ciao cucciola. Perchè
hai il fiatone? Non dovresti correre... non si addice a una brava principessa...
e una brava regina, appena mio padre tira le cuoia!” concluse
sorridendo.
“Vado... vado a farmi una
passeggiata a cavallo... Anzi, per favore vai a dire allo stalliere di sellare
il mio cavallo!”
“Ok
mortadellina”
“Grazie!”
Appena Filippo se ne fu
andato, Aurora si chiuse in camera e si guardò intorno.
Cosa poteva essere
necessario in una fuga?
Decise di togliersi
l’orrendo vestito a bomboniera che ancora indossava dalla sera
prima.
Trovò una maglia blu
molto semplice, con le maniche lunghe e larghe.
Le piaceva molto perchè
aveva una fascia sotto il seno che le ricordava i vestiti degli
elfi.
Infilò i suoi pantaloni
da cavallerizza e gli stivali.
Poi prese un mantello
nero di Filippo.
Lo indossò. In quel
periodo dell’anno faceva molto freddo. Era probabilmente il dicembre più freddo
degli ultimi 10 anni.
Prese una borsa a
tracolla, la riempì di pezzi d’oro e d’argento e la nascose sotto il
mantello.
Poi prese l’unico oggetto
a cui era legata in quella casa.
Un piccolo
carillon.
Era bianco con disegni
blu.
E se si apriva, oltre
alla melodia appariva un piccolissimo ritratto di Aurora con i genitori e Fauna,
Flora e Serenella.
Lo aprì.
Come al solito la
musichetta che ne scaturì sciolse ogni suo brutto pensiero, lasciandola serena e
commossa. La magia delle fatine aveva reso quella melodia capace di calmare gli
animi più tormentati.
Per questo Aurora la
ascoltava ogni sera, prima di addormentarsi.
Ma ora era veramente
stufa. Non poteva continuare a sprecare la sua vita.
Prese il carillon, lo
nascose nella borsa e scese nelle stalle reali.
Lo stalliere aveva
eseguito gli ordini.
Aurora vide il suo
bellissimo cavallo nero che lo aspettava, perfettamente sellato, impaziente di
fare la sua passeggiata.
Aurora gli si avvicinò e
lo accarezzò sul muso.
“Ciao
Leonida”
Il cavallo nitrì in
risposta e Aurora sorrise.
Salì a cavallo con molta
naturalezza, come un uomo, senza dover stare attenta ai suoi soliti abiti
lunghi.
Con pantaloni e stivali
era comodissima, e il mantello le avrebbe coperto i lunghi riccioli
biondi.
Forse sarebbe riuscita a
farsi passare per un maschio.
Leonida cominciò a
trottare, impaziente di partire, ma Aurora si fermò quasi subito, sentendo una
voce che la chiamava.
“VOSTRA ALTEZZA!
PRINCIPESSA AURORA!”
Era lo
stalliere.
“Sì,
Victor?”
“Vostra Altezza, come vi
siete vestita? Dove andate? Quando tornate?”
“Mi sono vestita come più
mi sento comoda. Vado dove mi pare. Torno....” stava per dirgli mai, ma poi capì che se l’avesse detto,
lo stalliere l’avrebbe detto a Filippo e sarebbero partiti alla sua ricerca....
“senti, Victor, voglio fare una lunga cavalcata. Dì a mio marito che tornerò
stasera. Ho già preso da mangiare per il pranzo.”
“Ma vostra altezza...
Lasciate che io venga con voi”
“No. Ho bisogno di un po’
di tranquillità... e di solitudine. Potete capirmi vero? Con tutte quelle
feste...”
“Posso capirvi,
altezza”
“Bene, allora lasciatemi
partire. Ci vediamo stasera. Ci sarà un’altra festa stasera,
vero?”
“No, no, la festa sarà
domani sera. Un ballo in maschera.”
“Va bene, Victor. Grazie
per aver sellato Leonida.”
“Di nulla
Altezza”
“Arrivederci,
Victor”
“Fate buon viaggio,
Principessa”
E appena svoltò dietro
una collina, appena lo stalliere non fu più in grado di vederla.... Leonida,
incitato dalla sua bella padroncina, cominciò a galoppare, felice perchè la
passeggiata oggi sarebbe durata più del previsto.
Ehi ragazze (e ragazzi, se ci sono)
me la lasciate una recensioncina?
Lo sapete che ne ho tanto bisogno...
e poi mi dovete far sapere se vale la pena continuarla o no...
Lasciate un segno del vostro passaggio....Un bacio, Fede
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