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Autore: GraStew    11/06/2013    12 recensioni
Martina è la classica ragazza acqua e sapone. Ha vissuto molte esperienze tristi, ma nonostante ciò non si lascia distruggere da niente. Tutto cambierà un giorno d'estate, quando il suo cuore verrà spezzato per l'ennesima volta. Questa è la storia di una vendetta, di un'amore che non porterà niente di buono. Questa è la storia di Martina, una ragazza che avrà bisogno dell'aiuto degli altri per riuscire a sopravvivere e per continuare ad amare.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
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Hurt Lovers

*Ci sono io con te*

-Secondo capitolo-

 

 
Appoggiata allo stipite della porta sorrido guardando Marta e Greta alle prese con un arrosto di carne venuto male. Non è una novità quella che sto osservando, dato che mia sorella è davvero impedita, infatti ha cucinato lei e Marta sta cercando di rimediare. Giuseppe e l’inglese sono appena arrivati in aeroporto e tra una manciata di minuti dovrebbero essere qui. Non hanno voluto nessuno che li andasse a prendere e così noi tre fanciulle siamo rimaste a casa ad attenderli. Sono molto curiosa di vedere com’è questo famoso ragazzo che piace a Marta. Dovrei essere arrabbiata con lei perché si interessa ad altri uomini, ma non mi sembra giusto. È una donna giovane e bella e sono sicura che amerà mio padre per sempre; anche Greta la pensa come me ed è per questo che non le vietiamo di frequentare altre persone; non siamo nessuno per farlo.
«Invece di stare là a guardarci vai in soggiorno  e vedi se manca qualcosa sul tavolo», mi dice Marta facendomi l’occhiolino. Sbuffo annuendo e mi dirigo là dove dovremo consumare il pasto; controllo le posate, i bicchieri e i tovaglioli constatando che non manchi nulla.
«Tutto okay qui», urlo per farmi sentire. Mi siedo sul divano aspettando gli ospiti e penso a cosa possa volere quell’idiota di Marco. Mi ha davvero sconvolta la sua chiamata e più cerco di non pensarci, più mi viene in mente.
Non l’ho detto neanche alle mie amiche perché so cosa mi avrebbero risposto e cioè che ho accettato di vederlo perché mi piace ancora e bla bla bla.
Mi alzo raggiungendo il piano di sopra e afferro il telefono per mandare un messaggio ad Alessio, l’unico che non giudica perché a lui non importa niente.
“Ciao Ale che fai?” gli mando sperando in una risposta tempestiva. Ho bisogno di un consiglio. Come speravo un minuto dopo mi arriva la sua risposta in cui mi dice che sta studiando storia per domani, cosa che io ho già fatto fortunatamente.  Gli chiedo se posso chiamarlo e qualche secondo dopo il mio cellulare inizia a squillare.
«Che succede?», mi chiede con tono preoccupato.
«Cosa non succede, forse. Mi ha chiamata Marco», sussurro prendendo tempo, quello che gli serve per metabolizzare la cosa.
Loro due sono amici dai tempi delle elementari come me con le ragazze, ma nell’ultimo tempo il loro rapporto si è un po’ raffreddato.
«Che vuole da te?»,mi domanda serio.
Gli spiego cosa mi ha detto e la sua reazione mi fa scoppiare a ridere. «E tu cosa gli hai risposto? Ti prego dimmi che non hai confermato», borbotta sconfortato.
Rimango in silenzio ponderando bene la risposta da dargli, conscia che quello che sto per riferirgli lo farà arrabbiare parecchio.
«Martina»,urla appunto furioso, «rispondi, Martina!», esclama ancora.
«Okay, okay! Gli ho detto di sì, ma solo per dieci minuti. Sono curiosa di sapere cosa vuole», mormoro confessando apertamente il mio continuo interesse nei suoi confronti.
«Sei sempre la solita testona! So già come andrà a finire questo incontro. Tu in lacrime e lui fresco come una rosa. Perché ti ostini a voler stare male?».
«Lo so, lo so! Sono una stupida…», farnetico facendomi prendere dal panico, «hai ragione Alessio però che posso farci se mi piace ancora?», confesso con le lacrime agli occhi.
«Non piangere, stupidina. Non sono arrabbiato con te, ma voglio farti solamente capire che tutto ciò non porterà a niente di buono. Voglio che tu sia preparata ad un eventuale rifiuto», mi dice sospirando.
«Mi ha detto che gli manco», mormoro tirando su con il naso.
Il mio amico sbuffa senza dire una sola parola.
«Ti voglio bene, Ale. Grazie», gli dico sorridendo.
«Ti voglio bene anche io e voglio sapere tutto dopo», brontola serio.
«Okay, okay. A dopo!».
Chiudo la telefonata, mi guardo allo specchio e cerco di aggiustarmi alla bell’è meglio  il viso dato che le lacrime hanno fatto sbavare tutto il mascara.
«Martina vai tu ad aprire», urla Greta dalla cucina. Hanno appena suonato il campanello e stranamente sono agitata; sono curiosa di vedere i due ragazzi.
Quando apro rimango a bocca aperta per buoni dieci secondi mentre loro mi guardano straniti; gli sembrerò una demente!
«Forse abbiamo sbagliato», mormora uno di loro.
«Siete Giuseppe e…», mi fermo non sapendo come diavolo si chiama il ragazzo inglese.
«Ryan… piacere!», esclama il ragazzo dai capelli biondi porgendomi la mano.
Ammicco un sorriso e ricambio il gesto,  «io sono Martina», bofonchio imbarazzata verso i due ragazzi e senza sapere cos’altro dire.
Per fortuna a salvare la situazione ci pensa Marta che scoppiando a ridere li fa entrare in casa dopo averli abbracciati.
La serata prosegue tra chiacchiere riguardo il tempo in Inghilterra e anche con qualche domanda imbarazzante che Giuseppe pone a Greta.
Io non riesco a parlare, sono in imbarazzo e non faccio altro che stare in silenzio e mangiare e sperare che questa cena finisca il prima possibile.
«Vado a prendere il dolce», dice Marta alzandosi dalla sedia.
«No, no. Stai seduta tu, ci penso io», intervengo correndo in cucina facendo ovviamente la figura dell’imbecille.
Respiro a fatica e il cuore mi batte forte. Credo che sia per il fatto che tra un po’ dovrò incontrare Marco senza sapere cosa debba riferirmi.
Prendo dal forno la torta al cioccolato e stando attenta la porto in sala da pranzo sotto lo sguardo di tutti. Mi sento come se fossi sotto esame e come sensazione non mi piace per niente; sono la più piccola e mi osservano come se da un momento all’altro potrei far cadere il piatto con tutta la torta o chissà cos’altro.
Ammicco un sorriso di circostanza e porgo il dolce a Marta in modo che possa dividerlo nei piattini.
«Tu quanti anni hai?», mi chiede Giuseppe all’improvviso facendomi quasi strozzare.
Ingoio i rimasugli del dolce e mi schiarisco la voce.
«Diciotto», biascico guardandolo.
«E cosa studi?», continua a chiedermi dopo aver bevuto un sorso di acqua.
«Liceo scientifico», borbotto sorridendo a malapena. Che diavolo mi prende? Perché mi sto comportando come una antipatica?.
«Anche io ho frequentato una scuola simile a Londra», interviene Ryan salvandoci dall’imbarazzante silenzio che si era creato. Lo ringrazio sorridendogli e per mia fortuna la conversazione si sposta su Greta e sul suo futuro. Invidio mia sorella per la sua straordinaria loquacità e per l’essere sempre simpatica anche con persone che non conosce. Io tendo ad isolarmi per la troppo timidezza, tutto finché non entro in confidenza.
«Grazie per la cena, ragazze», dice Giuseppe mentre sale al piano di sopra insieme a Ryan. Aveva ragione Marta: è davvero un bel ragazzo!
Torno in cucina e aiuto le altre a sparecchiare e a ripulire tutto e cerco un modo per dirgli che tra poco arriverà Marco.
Loro proprio non lo sopportano, dicono che è troppo stronzo e che non si merita il mio tempo.
«Avanti sputa il rospo», bofonchia Marta scherzando. La guardo alzando un sopracciglio e scoppio a ridere perché sembra davvero mia madre.
Riesce a capirmi meglio di chiunque altro ed è una cosa talmente assurda che mi fa venire i brividi.
«Beh… ecco…», e come glielo dico?, «viene Marco tra un po’», dico tutto d’un fiato ricevendo da parte loro un’occhiata perfida e sconcertante.
«COSAAAAA?», urlano all’unisono.
«Avete capito. Deve parlarmi. Sta dieci minuti e poi se ne va», mormoro mentre mi scompiglio i capelli per ravvivarli.
«E tu ti stai facendo bella per dieci minuti?», interviene mia sorella facendomi l’occhiolino.  Strabuzzo gli occhi e sbuffo spazientita dalle continue domande a cui vengo sottoposta frequentemente. Perchè fai questo? Come mai vai da lei? Che vedi fare? Insomma, non sopporto più di essere la più piccola. Sebbene vado d’accordo con tutti, alcune cose davvero non le concepisco.
«Solo dieci minuti», brontola Marta mentre ripone i piatti puliti e asciugati nell’apposito vano.
Quando suonano alla porta il mio cuore inizia a battere più velocemente e l’ansia di non sapere cosa debba dirmi mi assale e un capogiro mi fa perdere l’equilibrio per qualche secondo.
Marco vedendo che non apro mi manda un messaggio con scritto che è fuori. Respiro sommessamente e mi decido di andare ad aprire.
«Tutto bene?», mi chiede notando sicuramente il mio aspetto malconcio.
«Sì, perché?», mento spudoratamente ma la soddisfazione non gliela do.
«Oh Martina, Martina. Vieni qua», mi afferra dalle braccia e mi stringe a se con un tale delicatezza che mi chiedo se sia davvero uno scherzo o se abbia bevuto prima di venire qua.
«I dieci minuti stanno passando», farfuglio seria e con ancora le sue braccia che mi cingono la vita.
«Perché fai così? Sento che mi vuoi!», mi dice guardandomi negli occhi.
In realtà il mio corpo lo desidera, ma il mio cuore ha paura di soffrire ancora.
«Ah sì? Da cosa lo deduci?».
«I tuoi muscoli si sono irrigiditi e le mani stanno sudando», mormora toccandomele.
«Sbagli», borbotto fissando un po’ indefinito.
«Guardami… Martina, guardami», sussurra con voce roca mentre mi afferra il viso con le mani.
No, no… se mi bacia, è la fine! Cederò e arrivederci sentimenti.
«Che vuoi, Marco? Sei venuto qua solo per fare sesso con me?», gli chiedo con tono acido.
«Ovvio che no! Te l’ho detto il perché… mi mancavi».
«Sì, okay…».
«Perché fai la stronza?», digrigna a denti stretti alzando la voce.
«Io sarei la stronza? Tu cosa cavolo credi di essere? Un santo? Ti ricordo che mi hai lasciata di punto in bianco… perché? Merda… Sai quanto ho sofferto? No, non credo. Ti prego, vai via…», mormoro con le lacrime agli occhi.
«Non gridare, Martina! Lo so, lo so… ho sbagliato e sono stato un coglione. Ti rivoglio», ribatte riprendendo la mia mano in modo brusco.
Lo scanso e mi irrigidisco ancora.
A salvare la situazione ci pensa Ryan, l’amico di Marta che è appena sceso giù e mi guarda non sapendo cosa fare.
La scena, in effetti, non è delle migliori. Io che piango e il coglione di Marco che mi fissa arrabbiato.
«Che succede qui?», dice in italiano perfetto anche se sotto sotto si sente che non lo è.
«Niente», mormoro asciugandomi le guance.
«Sicura?», continua fissando Marco.
«Sì, sì. Il mio amico se ne sta andando», rispondo dirigendomi verso il portone e aprendolo una volta arrivata davanti.
Marco mi guarda, scuote la testa e se ne va. Sia santificato Ryan!
«Grazie», mugugno quando passo accanto all’inglese.
«Sapevo che c’era qualcosa che non andava. Ti va di parlarne?», mi chiede quasi come se fosse realmente incuriosito dalla mie vicende.
«Non ti preoccupare, ma grazie comunque».
«Vieni qua, signorina, beviti un tè con me. Ti va?».
«Non ti credevo tipo da tè, ma più da super alcolici», dico alzando un sopracciglio.
«Neanche io pensavo che ti potessero piacere i deficienti», ribatte mentre apre gli sportelli alla ricerca del tè.
«In alto a destra e comunque meglio non pensarci più», gli dico sorridendo.
«Ci sono io con te ora», mi dice facendomi fermare di colpo. Lui mi guarda mentre mi passa la tazza fumante. Cosa diavolo significa? Sicuramente l’ha detto perché insieme a Giuseppe sono gli uomini di casa ora. Nonostante questo piccolo intoppo, mi piace stare in compagnia di Ryan… oltretutto ha anche un bel nome!
La serata, anzi la nottata, trascorre tra domande imbarazzanti e lunghi sbadigli. Quando l’orologio segna le tre del mattino decido di andare se non voglio saltare la scuola. Devo raccontare tutto a Eli e a Chiara!
«Grazie per la compagnia», dico a Ryan mentre salgo le scale.
«Grazie a te. Buonanotte piccola», mormora sorridendo.
Eh già… piccola! Ecco cosa sono per tutti! Quanti anni potrà avere lui? Venticinque… Trenta? Non posso combattere con una cosa più grande di me.
Con la consapevolezza di non avere nessuna possibilità di felicità, mi addormento pensando alla risata del bell’inglese.
 
Mi sveglio dopo aver posticipato cinque volte la sveglia. Mi sento come se avessi percorso ottocento chilometri a piedi, stanca e stravolta.
Come posso affrontare una giornata scolastica in questo stato? Devo, però. Oggi ho due compiti e non posso saltarli; finalmente gli ultimi due.
«Buongiorno», mormora di buonumore Greta entrando nella mia stanza.
«A te, sorellina», dico guardandomi allo specchio. Uno zombie sarebbe più bello di me in questo momento! Occhiaie profonde, labbra secche nonostante sia quasi estate  e capelli che sembrano paglia.
«Hai un aspetto orribile… che hai fatto stanotte?», mi chiede aggrottando le sopracciglia, «Marco! Che è successo, Marti?», continua a domandarmi con gli occhi sbarrati.
«Diciamo che Ryan ha salvato la situazione! Marco ha confessato di rivolermi con lui e mi ha preso dal braccio con forza dopo che io gli ho detto che avevo sofferto come un cane. Poi mi sono coricata alle tre perché ho parlato con Ryan del più e del meno», confesso ricevendo da parte sua un’occhiata molto loquace.
«Non è come pensi tu, Greta! Sei scema? Non potrei mai. È più grande di me di dieci anni circa e a quanto ho capito piace a Marta».
«Qualcuno qui dentro ha la coda di paglia. Io non ho proferito parola, mia cara», dice scoppiando a ridere.
«Sei una cogliona, Greta», le rispondo sbuffando.
«Sto scherzando, Marti. Dai, vai a lavarti che ti sistemo un po’», mormora dandomi una pacca sul sedere.
Un quarto d’ora dopo sono pronta, truccata e pettinata.
Mia sorella è una maga in queste cose! Se le andasse male giurisprudenza, potrebbe sempre fare la truccatrice, la parrucchiera o l’estetista o tutte e tre le cose insieme. Sarebbe una manna dal cielo per me!
«Andiamo a fare colazione», mormora mia sorella afferrando la borsa. Scuoto la testa ed invece di seguirla rimango in camera fino alle otto meno un quarto. Non so perché mi sto comportando così, ma sento un imbarazzo spropositato quando penso a Ryan. Mi ha visto in uno stato pietoso e alla fine mi ha chiamata piccola per la mia tenera età.
Come posso guardarlo ancora negli occhi? Marta capirebbe subito che c’è qualcosa che non va ed io non voglio che lei pensi a nulla.
Saluto tutti velocemente e scappo praticamente fuori casa con la scusa di essere in ritardo.
Giuseppe sta per uscire e mi chiede se voglio un passaggio, cosa che io rifiuto prontamente… Ryan è con lui!
«Buongiorno!», esclamo quando arrivo in classe. Elisa e Chiara sono già sedute e stanno parlando tra di loro. Dovrei essere gelosa, ma non lo sono. Noi tre siamo le MEC e niente può dividerci. Ovviamente MEC è l’insieme delle nostre iniziali.
«Ciao Martina», dicono in coro scoppiando a ridere subito dopo. Mi siedo al mio posto e le guardo; invidio la loro serenità. Sono felice per loro, ma anche io vorrei un pizzico di felicità. Sembra che tutto vada sempre nel modo più sbagliato possibile.
«Devi dirci qualcosa?», mi chiede Chiara mentre mi posiziona la mano sulla spalla.
«In realtà sì. Ieri sera tuo fratello è venuto da me», confesso portandomi le mani ai capelli.
«COSAAAA?», urla lei tappandosi la bocca poco dopo. Tutti si sono girati a guardarci e la vorrei proprio uccidere al momento.
«Hai capito bene. Eli tu non dici niente?», chiedo alla mia amica vedendola silenziosa. Lei sbuffa e scuote la testa. La conosco fin troppo bene; sta pensando che sono una cretina!
«Okay, okay. Lo so… volete sapere cos’è successo?», chiedo spazientita.
Loro annuiscono ed io inizio a raccontare tutto, senza tralasciare nulla, incluso l’incontro con Ryan e Giuseppe.
«Marco è davvero uno stronzo!», sbotta Chiara.
«Tuo fratello è», continua Elisa.
«Sicuramente è stato adottato!», dice facendoci ridere. In effetti non si assomigliano per niente e non mi meraviglierei se fosse davvero così. Lei ha i capelli biondi e gli occhi chiari, lui tutto il contrario.
«Devi fargli capire che non può trattarti così. Devi farlo morire nei suoi stessi vestiti, non so se capisci mia cara. Devi farlo ingelosire al punto che ti deve correre dietro. Devi farlo innamorare di te e poi distruggerlo», bofonchia Chiara guardandomi.
Mi chiedo se voglia bene a suo fratello arrivata a questo punto. Decido di chiederglielo.
«Perché sei così cattiva con lui? Non gli vuoi bene?».
«Ovvio che sì, ma odio quando ti tratta male. Deve imparare che le donne non sono merce di scambio o oggetti sessuali».
«Ha ragione Chiara», interviene  Elisa decisa.
Il professore di matematica entra in classe mettendo così a tacere la nostra conversazione.
Per tutte le due ore a seguire non seguo la lezione, sta interrogando ed io sono tranquilla, avendo già dato.
Il mio cervello è surclassato da mille domande, mille ipotesi.
Come mi devo comportare? Devo lasciarlo perdere o fargliela pagare?
«A che pensi?», mi scrive in un foglietto Elisa.
Afferro la penna da dentro il borsellino e rispondo pensando bene alla risposta. Lei è sempre stata un tipo piuttosto attento. Sa quando mento e quando dico la verità.
«Alle vostre parole. Sto prendendo in considerazione l’idea di vendicarmi, ma non so se ne sarò capace», le rispondo passandole il foglio.
Legge attentamente la mia frase e sorride.
«Noi saremo con te. Io di meno, ma fa lo stesso. Merita una lezione ;)».
Ha ragione.
Nuovo obiettivo prima della maturità: vendicarmi di Marco Abate.
«Lo farò», le scrivo sorridendo.
La mia amica ricambia il gesto e per tutto il resto della mattinata non ne parliamo più, anche perchè i compiti in classe non c’hanno permesso di farlo. La campanella del penultimo giorno dell’anno scolastico suona e tutta la classe inizia ad urlare e a schiamazzare. Io e le mie amiche ci incamminiamo fuori e quando siamo sole, il loro interrogatorio inizia di nuovo. Vogliono sapere tutto parola per parola. Gli racconto di Ryan e di come mi ha consigliata e fatta sentire protetta nonostante l’avessi appena conosciuto. Gli dico anche della sua frase enigmatica. “Ci sono io con te ora”, continua a ronzarmi nella testa, ma forse è meglio non darci peso. Ci conosciamo da un giorno e sono troppo scettica per credere al colpo di fulmine!
Entrambe le mie amiche hanno gli occhi a cuoricino e battono le mani incuranti delle persone che ci conoscono.
«Ma ti rendi conto?», mi chiede Chiara di punto in bianco.
«Di cosa?».
«Ryan, a quanto ho capito, è un gran figo. È più grande di te ed è inglese. Il massimo, Martina. Stai pensando quello che sto pensando io?», mi chiede guardandomi negli occhi.
Ha le mani sulle mie spalle e mi fissa come se questo servisse a passarmi i suoi pensieri.
«Sì, penso che tu ti stia facendo i film», borbotto staccandomi da lei e continuando a camminare verso l’entrata del cimitero.
«Martina so che hai capito. Pensaci più tardi», mi dice baciandomi la guancia. La stessa cosa fa con Elisa per poi sparire dalla nostra visuale.
«Un uragano, ecco cos’è», bofonchia la mia amica mora afferrandomi dal braccio.
Sorrido e ci incamminiamo verso la cappella in cui c’è mio padre.
Avrei tanto bisogno di un suo consiglio.
«Ti voglio bene», sussurra Elisa baciandomi la guancia.
«Anche io tesoro», le dico scoppiando a piangere.
Ed è sempre così. Per quanto ci illudiamo che non bisogna piangere, che loro sono accanto a noi, che non ci hanno abbandonati la consapevolezza di non averli accanto, di non poter sentire la loro voce ci distrugge. Ci annienta e non possiamo fare nulla per fermare l’ondata di dolore che arriva nel momento in cui vediamo il nome di chi amiamo sopra un marmo.
Non possiamo sopportare un dolore così grande, un dolore che ci fa mancare il respiro.
Questa è la mia vita.
Mi fingo forte, ma dentro continuo a morire lentamente.
 
 

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Buon pomeriggio a tutti :3 Appena finito di scrivere :3 L’ho riletto e non ho visto errori… se voi ne beccate qualcuno fatemi sapere :3
Cosa ne pensate?
Qui succedono tante belle cose :3 Ryan inizia a farsi sentire nonostante la conosca da un solo giorno e Marco? È uno str***o… u.u
Le amiche già le adoro *w*
Cosa pensate che voglia dire la frase che Ryan dice a Martina? :) 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e grazie a chi ha inserito la storia nei vari gruppi.
Un bacione
Grazia

 
 
 
 
 

   
 
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