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Autore: Lady_Sticklethwait    13/06/2013    4 recensioni
«Sig.ina Barbrook» una voce ben nota piombò dal sentiero opposto, accompagnata dalla splendida visione del duca di Bekwell, vestito come sempre in modo impeccabile nel suo abito color beije intonato al colore dei capelli scombinati .
Aveva un sorriso divertito e, sebbene non potesse ben vederlo, riusciva ad immaginare quelle scintille d'ironia che trasparivano spesso negli occhi color acquamarina.
«Sig.or Bekwell…» disse guardandolo come se si fossero appena incontrati in una circostanza assolutamente normale. « Come mai da queste parti? »
Colin rise. La sua non era una risata comune ma bensì qualcosa che scaldava l'animo, che rimbombava nella testa e poi scivolava via, lasciando delle adorabili fossette sul volto giovane e dai tratti raffinati dell'uomo.
«Devo dire che riesce sempre a sorprendermi , signorina Babrook»
«Come prego?»
«Avrei molte domande da farle, come qualsiasi persona normale penso voglia porle, ma, per il momento, penso di potermi trattenere e godermi lo spettacolo».
Scese dal cavallo, incrociò le braccia e la guardò con ludibrio.
«Ebbene?» proseguì sostenendo il suo sguardo a mò di sfida.
« Ebbene, sig.ina Barbrook, non capita tutti i giorni di vedere alle 8 del mattino una selvaggia molto affascinante su di un albero»
Genere: Comico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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                          Capitolo 43.





 

(Purtroppo) domani partirò per Vienna e non potrò pubblicare capitoli per almeno una settimana...
Non potrò scrivere per tutto questo tempo? No, non ci credo.
Forse impazzirò.
Già.
Destino crudele...


Un bacio a tutte e buona lettura!






 

 


Elisabeth, condotta dalle sue sorelle, entrò in un salottino che le piacque subito a prima vista.
L'arredamento era sontuoso, come del resto lo era sempre stata la camera personale di Georgie, ma quella sembrava proprio arredata per lei con arazzi broccati che spiccavano sulle pareti color crema, il soffitto affrescato, il comodo sofà e le grandi poltrone disposte in cerchio davanti il caminetto spento.
C'era un tocco femminile in quella stanza che la rendeva antica ed affascinante, assolutamente speciale.
Una domestica dall'aria dolce e devota si avvicinò alla padrona di casa, sussurrandole che i bambini avevano finito di fare il bagnetto e che era ora della prima poppata mattutina.
Georgie si allontanò a fatica dalle sorelle, mormorando un triste «Scusatemi» e sparendo dietro una rampa di scale maestosa.
Katherine strinse forte il braccio di Elisabeth « E' sempre una novità, per lei, dover lasciare gli ospiti per assecondare i bisogni dei piccoli.»
«Oh, lo immagino» rispose facendosi spazio tra le poltrone e scegliendo quella più vicina al camino.
Katherine, la bella ed inimitabile Katherine, le si sedette a fianco con le mani in grembo.
Sembrava quasi che fosse nervosa, o infastidita, oppure entrambi; poi, con sua immensa sorpresa, parlò «Uomini. Quando non hai bisogno di loro, sono sempre lì a sorriderti con l'immancabile espressione angelica ed adorante.»
Elisabeth ridacchiò quando vide che Katherine aveva pronunciato quelle parole con l'aria di chi aveva appena fatto un commento sul tempo.

Il tutto, ovviamente, era avvenuto anche davanti a suo marito ed Anthony che, ignari di tutto, l'avevano salutata con un sorriso sornione sulle labbra.
«Non capiranno mai» continuò alzando il mento e ricambiando il saluto.
Elisabeth si morse il labbro e prese a giocare con i guanti bianchi.
Era un fascio di nervi, non poteva negarlo. Quale signora, che fosse sana di mente, sarebbe scappata di casa con l'agilità di un ladro professionista senza avvertire suo marito?
Ripeté: Quale signora, che fosse sana di mente, sarebbe scappata di casa senza avvertire un uomo imprevedibile?
Non si sarebbe meravigliata se Colin fosse spuntato da un momento all'altro in casa di Georgie.
In realtà, per dirla tutta, dopo l'incendio e la terribile rivelazione di Colin, Elisabeth aveva fatto di tutto per evitarlo in casa. C'era riuscita per un giorno, ma poi, la sera prima, Colin era entrato nella sua stanza a mezzanotte passata.
Elisabeth aveva finto di dormire ed aveva pregato a più non posso mentre l'uomo si avvicinava con passo felpato al suo letto; durante quei pochi secondi, aveva persino preso in considerazione l'idea di rifugiarsi sotto il letto, ma il suo orgoglio glie lo impediva.
Per farla breve, egli si era chinato su di lei e le aveva lentamente accarezzato la guancia con l'indice.
Elisabeth aveva trattenuto il fiato, cercando di non darne mostra, ma poi il cuore aveva iniziato a battere così velocemente che le sembrava di averlo in gola.

Poi se n'era andato, e non lo aveva visto più per il resto della giornata.
«Eccoci qui!» sbottò Georgie portando in braccio un fagottino ricoperto da una coperta blu.
Doveva essere Michael, il figlio maschio. Sorrise quando Georgie si avvicinò e mostrò loro il volto di un bimbo bellissimo.
Due occhietti incredibilmente vispi studiarono tutta la stanza per poi posarsi su di Elisabeth che, istintivamente, gli sorrise con fare materno.
Il bimbo ricambiò il sorriso mostrando la bocca sdentata e prese a muovere freneticamente i pugnetti sul petto di Georgie.
«Ha fame» si scusò, accarezzando la fronte lucida ed ombrata da una lieve peluria bruna.
«Ehi, voi due» urlò Katherine, rivolgendosi agli uomini che stavano in disparte in un angolino a parlare freneticamente di politica «perché non andate fuori e regalate il vostro magnifico sottofondo virile alla natura? Qui ne abbiamo abbastanza.»
Katherine. Oh, la
dolce, tenera e sfrontata Katherine.
Gli uomini sorrisero all'audacia della donna e, esibendo un inchino di commiato, si affrettarono ad uscire dalla porta principale.
«Oh, finalmente!» esclamò la donna, poggiando un gomito sulla poltrona e mantenendo la testa con una mano «non ce la facevo più a sentir parlare di Napoleone e della battaglia di Lutzen »
«Non capisco cosa ci trovino di così eccitante gli uomini nella guerra.» osservò Georgie e prese a sbottonarsi il corsetto «Oh» alzò lo sguardo sulle sorelle che sedevano di fronte «Posso?» chiese, indicando il vestito sbottonato.
«Certo» risposero in coro con un lieve sorriso sulle labbra.
«Comunque, stavo dicendo... Ah, sì, Napoleone. Pf, sbruffone ed insolente. Godrò e sarò la prima a festeggiare quando lo uccideranno.»
Elisabeth corrucciò la fronte «Come fai a sapere che verrà assassinato?»
«Bhè» fece Katherine con un cenno di mano «queste cose finiscono sempre così. Già è stato avvelenato una volta ma è miracolosamente sopravvissuto. Quanto pensi che vivrà, ancora? Cinque? Dieci anni?»
Georgie prese ad allattare Michael, che bevve famelico il latte «Comunque, spero solo che il suo interesse rimanga vivo nei confronti della Russia. Non mi piacerebbe se adocchiasse la Gran Bretagna.»
Elisabeth rimase in silenzio ad ascoltare i commenti delle sorelle, poi si decise a parlare « Sapete, il nostro presunto padre vive a Parigi.»
Georgie e Katherine le puntarono gli occhi addosso.
«Lo sappiamo»
«Bene.»
Katherine prese la mano di Elisabeth e se la portò in grembo«Elisabeth... Non è un uomo per cui dobbiamo preoccuparci. Se fosse stato un bravo e vero padre, non ci avrebbe abbandonato.»
«Io non mi preoccupo affatto!» sbottò, alzandosi dalla sedia. «Sapete che vi dico? Spero che rimanga ferito sotto le macerie quando la Francia verrà distrutta- perché verrà annientata, vero? - e, quando ci chiederà aiuto per...»
«Elisabeth» la interruppe Katherine.
«...quando ci manderà una lettera per...»
«Elisabeth, calmati»
«...noi... noi non lo aiuteremo.»
Calò il silenzio nella stanza, ed Elisabeth si risedette. Inspirò ed espirò lentamente, poi ricacciò indietro le lacrime e guardò Georgie «quell'uomo non merita compassione.»
Le sorelle annuirono con silenzio religioso.
Georgie, Katherine, Ruark e Simon erano gli unici cui lei aveva rivelato il suo viaggio oltre i confini dell'Inghilterra.
In un primo momento, quando aveva confidato a Georgie cosa aveva dovuto fare per arrivare in Francia, sua sorella l'aveva guardata con diffidenza, ribadendole continuamente che 'il troppo bere portava a seri problemi mentali, oltre che alla dipendenza fisica'.
Poi, quando Elisabeth le aveva spiegato il motivo per cui si era sposata, o meglio, chi l'aveva obbligata a quel matrimonio di convenienza, Georgie aveva dichiarato guerra al padre brandendo sedie e bottiglie vuote.
Fu il silenzio a distrarla e, con un sussulto colpevole, si accorse che le sue sorelle la stavano guardando ansiosamente, come in attesa della sua risposta.
«Si, certo, mi sembra... giustissimo» disse, anche se non aveva ascoltato una parola.
Katherine e Georgie si guardarono dubbiose.
«Quindi» dedusse la prima con un sorriso malizioso «non vuoi parlare di tuo marito e per questo motivo non lo hai portato con te, nevvero?»
«Povera cara...» iniziò la seconda, accarezzando dolcemente la testolina di Michael «hai ragione. Spesso i mariti possono complicare terribilmente le cose. Hai fatto bene a non viaggiare con lui fin qui... Non che io lo odi, sia chiaro, ma... Non è lui il motivo della tua preoccupazione, vero, cara? Cos'è che ti turba?»
Katherine alzò una mano, come se fosse alle elementari «Io lo so, io lo so!»
Elisabeth alzò un sopracciglio «Ma la smettete? Cielo, sono appena arrivata ed in tutta sincerità vi preferivo mentre parlavate di Napoleone.»
Katherine ridacchiò ed abbassò la mano «Ehi, non siamo così impiccione come credi» si guadagnò un'occhiataccia incredula da parte di Elisabeth.
«E va bene, Napoleone era solo un argomento per rompere il ghiaccio, lo ammetto.»
«Molto carino da parte vostra» commentò la duchessa.
«Suvvia, Elisabeth, noi vogliamo solo aiutarti.»
«Infatti, Eli, non risentirti. Le buone sorelle fanno così, vero, Georgie? Si aiutano a vicenda.»
«Giusto, Katherine. »
Elisabeth alzò gli occhi al cielo. Cosa poteva farci, dopotutto? Era andata a casa di Georgie, se l'era cercata, ed ora non poteva fare la preziosa dopo aver viaggiato per più di un'ora.
In fin dei conti era giunta a Rothen Hall, ed era risaputo che chiunque avesse delle sorelle impiccione ed un segreto abbastanza importante diventava automaticamente una vittima da interrogare fino allo sfinimento.
«E va bene, vi dirò il motivo del mio tormento ma...»
«Ma?» chiesero in coro, pendendo letteralmente dalle sue labbra.
Elisabeth sorrise con aria maliziosa «Non vi dirò nulla fin quando la padrona di casa non mi porterà una grossa guantiera contenente biscotti e tè senza zucchero.»
Georgie sorrise e, con Michael in braccio, prese a suonare il campanellino vigorosamente.










In questo capitolo sentivo il bisogno di spiegare alcuni concetti riguardanti non solo il racconto ma anche il quadro storico degli altri paesi.
Prometto che nel prossimo capitolo ci saranno i Glossip che tanto bramate; riguarderanno Colin e soprattutto la psicologia di Elisabeth che, poverina, è rimasta così scossa dal comportamento dell'uomo che ha paura di rivelare i suoi segreti alle sorelle.
Un bacio e alla prossima!


Lady Sticklethwait.

   
 
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