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Autore: TheHeartIsALonelyHunter    15/06/2013    4 recensioni
[L'Era Glaciale]Le femmine belle possono essere pericolose.
Molto pericolose.
Delle femmine belle ti puoi innamorare…
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L’armatura che ho da anni sulla pelle non si spezzerà solo per un ricordo lontano. Io dimenticherò. Come ho sempre fatto.
Scapperò. Come ho sempre fatto.
E non mi volterò indietro.
In effetti, ora che ci penso, tutta la mia vita è stata solo un’enorme fuga.
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La love story di Diego e Shira inventata da me. Un amore che riapre vecchie ferite e ne sana di nuove, un amore a volte doloroso, ma che è destinato a durare in eterno.
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Ti proteggerò a qualunque costo.
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Guardami e dimmi che non vuoi morire.
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Diego, Manny, Shira, Sid
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Terza persona
Nella calura di mezza estate, all’alba già cocente, un bradipo accaldato correva con passo sbilenco e barcollante verso un mammuth che, lentamente, si stava avviando verso la baia.
Sid inciampa un paio di volte prima di arrivare alle gambe dell’amico.
Con una mano artigliata gli prende una gamba e, picchiettandola, chiama debolmente:
“Manny?”
Vedendo che il mammuth non l’ha affatto notato, il bradipo ritenta, più forte:
“Manny??”
Niente.
Allora, con uno scatto di impazienza e alzandosi in piedi con violenza, il bradipo urla:
“MAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAANNY!!!!!!!”
Il mammuth si gira improvvisamente, leggermente spaventato.
“Sid!!”
“Ti devo parlare!”
Manny, portandosi la proboscide al cuore e respirando profondamente, ancora spaventato, commenta:
“Non serve che urli così tanto!”
A Sid cadono le braccia.
Rimangono per alcuni istanti zitti, Sid ancora fermo in piedi con le braccia lungo il corpo e lo sguardo vacuo, e Manny col respiro corto.
“Ti sei ripreso?” chiede poco dopo Sid, spezzando il silenzio.
Manny ancora respira affannosamente.
“Mi hai quasi fatto venire un infarto…”
“Non esageriamo, adesso. Sei una montagna di grasso, prima o poi ti verrà comunque.”
“Non sono grasso, è…”
Sid, spazientito, borbotta:
“Senti, possiamo parlare dopo del tuo quasi infarto? Ho una cosa da chiederti.”
Il mammuth tira un respiro più profondo degli altri, chiude gli occhi e poi li riapre.
“Sono a posto.”, afferma.
Sid si prepara a parlare.
“Senti, Manny…” Per spezzare l’imbarazzo, si mette a disegnare coll’unghia del piede sulla sabbia. Il mammuth lo guarda improvvisamente con fare curioso.
“Io…Io avrei…Un amico.”
Che bell’inizio, pensa Sid.
Manny lo guarda ancora più attentamente. È sicuro di averlo visto arrossire sotto il pelo giallognolo.
“E…Credo…Che questo amico…Sia innamorato.”
Manny, d’improvviso, sgrana gli occhi.
“E…Come…Dovrei fare…Per…Capire…Se…”
Sid balbetta come un bambino.
“Se…è…Inna…Morato.”
Sid deglutisce nervosamente. Sente le mani scivolose e le stringe convulsivamente.
Manny si distende e sorride. Tra sé e sé trattiene una risatina.
“Dai, dimmi, chi è?”
Sid alza improvvisamente lo sguardo.
“C…Chi?”
Manny scoppia improvvisamente in una risata fragorosa. Sid, stupito, lo guarda.
Poi, per rompere l’imbarazzo, si mette a ridacchiare anche lui, tutto rosso in viso.
Quando finalmente Manny riesce a fermarsi, il bradipo quasi tira un respiro di sollievo.
“Allora…Hai capito?” La voce di Sid è sottilissima.
Manny lo guarda ancora ridacchiando tra sé e sé.
“Ma certo che ho capito!! Non serve che fingi con me.”
Sid comincia a non capirci niente. Insomma, è normale che non capisca niente, ma ora capisce ancora meno che niente. Di che sta parlando, esattamente, Manny?
“La classica scusa dell’amico…Che stupido che sei, Sid!”
Grazie mille, vorrebbe dire il bradipo. Ma si limita a fare tanto d’occhi, mentre comincia a capire qualcosa.
Miracolosamente.
“Aspetta, Manny…”, cerca di fermarlo, prima che dica altro. Sarebbe così imbarazzante dover spiegare, poi…
Ma il mammuth neanche lo sente, e continua, sorridendo e ridendo a parlare:
“E tutto questo per nascondere… Che sei cotto di una bradipa!!! Oh, Sid…”
E ride, ancora, una grassa risata.
Sid cerca di zittirlo, si mette un dito sulla bocca, fa segni, ma Manny continua a ridere, ancora, e ancora, e ancora.
“Uh, uh, uh, Sid! Che stupida scusa hai inventato, poi!! “Ho un mio amico…”, ah ah ah!!!!!”
Sid ormai fa tutti i gesti possibili e immaginabili, in tutti i modi cerca di zittirlo, anche sospendendosi sulla testa, facendogli segno col dito con gran veemenza e sbattendo il cranio contro un albero, disperato.
“Ah ah ah! Sid!!! Tu hai solo me e Diego come amici!!! E io sono già sposato!!!! E Diego…”
D’un tratto Manny zittisce, con gli occhi spalancati e improvvisamente consapevoli.
“Oh…” sussurra.
Sid alza le spalle, come a dire “Volevo dirlo.”
Manny sembra essere morto sul posto, tanto è fermo e vitreo il suo sguardo.
Il bradipo, preoccupato, si arrampica con fatica, scivolando leggermente sulle zanne, sul cranio del mammuth, e gli passa una mano davanti agli occhi.
L’animale non da segni di vita.
Allora Sid schiocca le dita, una, due, tre volte.
Ancora nulla.
Quando finalmente Manny alza la testa e urla:
“DIEGO E SHIRA?!?!?!?!?!?” , Sid cade a terra.
POV Sid
Ahi.
Ohi.
Uuh…
Mi sono rotto qualcosa…
Manny finalmente riesce a parlare e, con ansia, comincia a pestare i piedi in giro, urlando:
“COME PUO’ ESSERE, COME PUO’ ESSERE?!?!?! E IO GLI HO ANCHE PERMESSO DI AVVICINARSI A LEI!!!!”
Urla, e nel frattempo si mette a passeggiare nervosamente attorno, con quella grazia che è tutta dei mammuth.
Oddio, adesso mi schiaccia.
Oddio, adesso mi schiaccia!!!
Mi copro con le braccia, cerco di rotolarmi da una parte o di fare qualsiasi cosa, ma non riesco a muovermi.
Manny è agitato al massimo, non riesce quasi a pensare.
Urla, e quello che urla è senza senso.
Non ci capisco niente.
So solo che sono spiaccicato a terra.
E un mammuth mi sta per calpestare.
“Manny!!”
Chi è?
Provo ad alzare lo sguardo, ma non riesco a muovermi.
Uhi..
AHI!! Il muscolo…
“DIEGO!”
Diego… Diego?
Non riesco neanche a fare nulla per spostarmi e per vedere la tigre.
L’ultima cosa che vedo è il sedere di Manny.
Cavoli…
 
Terza persona
“Allora, vediamo se ho capito bene: hai scoperto che Shira aveva una madre, naturalmente, come tutte le persone normali, ma questa madre era la tua fidanzata 18 anni fa, quando eri ancora con Soto, ma anche se era fidanzata con te ha avuto una figlia che è Shira, ovvero la tigre che ci siamo portati dietro per carità animale e che ha cercato anche di ucciderci?”
Diego si ferma davanti a Manny con un sorriso laconico.
“Riassunto eccellente.” Si mette a sedere. “Se non per un dettaglio: LEI…NON E’…MIA FIGLIA.”
La sua determinazione a ribadire quel punto quasi spaventa il mammuth.
Annuisco.
 “Come ne sei tanto sicuro?”
Diego prende fiato e poi parla, con un tono concitato e lievemente spezzato:
“Quando Enya me ne parlò, mi disse che l’aveva avuto quando era giovane.”
Manny inarca le sopracciglia.
“PIU’ giovane.” Precisa Diego.
Manny si porta la proboscide alla testa e chiude gli occhi, forse cercando di seguire un ragionamento che gli sfugge.
“Aspetta, ripetimi tutto: tu avevi 6 anni quando stavi con lei e lei…”
Diego sorride divertito, mentre ascolta l’amico che cerca di arrivare a una soluzione, e spiega, pazientemente.
“A 1 anno compiuto d’età, una tigre può già procreare.”
Il mammuth spalanca gli occhi sorpreso.
“Ah…Ah sì?”
Diego annuisce.
“Ah, bè, allora …. Allora beati voi!!”
La tigre rotea gli occhi leggermente spazientito.
“Sì, Manny, possiamo tornare al mio problema, ora?”
Il mammuth trasale, come se qualcosa lo avesse preso per la zampa e ritirato su dal mondo dei sogni.
“Sì, giusto, allora…”
Manny prende un sospiro.
“OK, adesso faccio uno di quei discorsi tipo psicoanalisi…”
Diego gli sorride, divertito.
“Non sei il tipo da psicoanalizzare.”
Manny sorride a sua volta.
“Proprio no, eh?
Diego scuote la testa.
“I discorsi motivazionali non sono mai stato il tuo forte.”
Il mammuth rotea gli occhi.
“Sì, fammi almeno provare, no? Magari ti faccio stare meglio, no?”
Diego scuote la testa, di nuovo, con il sorriso sardonico ancora stampato sul viso.
“No, Manny, no. Non è della psicoanalisi che ho bisogno.”
Manny respira, cercando di capire cosa la tigre cerchi di dire.
“E allora cosa vuoi, Diego?”
La tigre sospira anche lei, guardando un punto lontano all’orizzonte.
L’alba è ormai passata, e Shira lo starà cercando.
Con che coraggio tornerà da lei e potrà guardarla negli occhi
Ci vuole coraggio, troppo coraggio.
Un coraggio che lui non ha in quel momento.
No, non se la sente di vederla, no.
Deve stare da solo, sì.
Deve pensare.
È troppo confuso ciò che prova per lei in questo momento.
Così, di tutte le cose che vorrebbe dire a Manny, l’unica che dice è:
“Se Shira ti chiede di me, dille che sono in giro a cacciare. E che…”
Prende un altro respiro per dire ciò che deve dire.
Non vuole allontanarla, no.
Non è allontanarla quello che stai facendo, Diego.
Tutti hanno bisogno di una pausa, ogni tanto.
Tu più di tutti in questo momento.
“…Che preferirei stare solo oggi.”
Manny, con lo sguardo triste, annuisce.
Diego vorrebbe dirgli altre cose, ma non riesce a proferire parola.
Così, l’unica cosa che fa, è camminare, a passi incerti, verso la baia.
“Senti, ma…”
La voce di Manny lo fa girare.
“…E… la madre di Shira… Insomma, che…Che fine ha fatto?”
Il suo tono è imbarazzato e leggermente incrinato.
Diego stringe gli occhi.
Le lacrime salgono lentamente agli occhi.
Ma lui le trattiene.
I ricordi riaffiorano lentamente, più forti e vividi che mai.
Fa male.
Fa molto male.
Con tutta la forza che riesce a trovare, dice, con voce spezzata, che non sembra quasi sua:
“è morta.”
 
POV Diego
Quando Enya mi ha raccontato della cucciola che aveva avuto, ho creduto di morire.
Mi sembrava così astratta l’idea che la tigre che avevo amato fosse già stata con un altro uomo prima di me…
Ma in fondo, perché stupirmi? Le tigri, dopo l’anno, possono già fare figli, e prima si ha un cucciolo, meglio è.
Enya mi parlò della cucciola con le lacrime agli occhi.
Mi disse che era così bella, quando era nata, e che aveva degli stupendi occhi blu, e il pelo bianco, proprio come lei.
Mentre ne parlava, la sua voce era rotta e fiebile, e parlava tra i singhiozzi, quasi a scatti.
Mi disse che il padre era stato uno del branco di Soto, e che lo aveva amato davvero. Si chiamava Igor, ancora ricordava il suo nome… Con un leggero sorriso, mi aveva raccontato di come passavano le notti insieme, e di come il suo cuore battesse forte come un tamburo quando c’era lui. E io trasalendo, avevo rivisto in quella narrazione la storia del loro amore, quello mio e di Enya, così timido e così puro. E mi ero chiesto se quel sentimento che la tigre diceva di provare per me non fosse altro che la ricerca di un amore impossibile che se n’era andato. Perché se era così, io l’avevo amata per tutto quel tempo (perché sicuramente l’avevo amata) senza mai essere ricambiato.
Quando era nata, la bambina (di cui non aveva voluto dirgli il nome) non era sola. Altri tre cuccioli erano nati con lei.
Ma quando il parto era finito, Enya era stanca e esausta, circondata da un mare di sangue, e i cuccioli deboli e malaticci.
Non sarebbero sopravvissuti a quella notte.
E Enya si era disperata, perché, nonostante quei cuccioli per suo zio fossero una vergogna, lei li voleva più di ogni altra cosa al mondo.
Aveva pianto tutta la notte, stesa in una grotta, con Igor accanto, aspettando con angoscia, la morte dei piccoli di tigre.
Uno ad uno, poco a poco, i neonati si erano spenti tutti quanti.
Ed Enya aveva coperto di baci e lacrime ogni singolo corpicino che lentamente diventava sempre più freddo.
E così, tutti erano morti.
Tranne uno.
La piccolina col pelo bianco.
La più bella di tutti.
La prima a nascere, Enya se lo ricordava.
Era stata la prima a venire al mondo.
Ed Enya, quando quella terribile notte era passata, l’aveva presa con sé e l’aveva allattata debolmente.
Igor era stato ucciso poco dopo.
Soto non aveva approvato affatto la scappatella di sua nipote, e ancora di più non approvava quei cuccioli di tigre che erano nati e che, secondo la versione che la nipote gli aveva raccontato, erano morti tutti.
E per un certo periodo la tigre ci aveva creduto.
A Enya non aveva fatto domande, e lei, clandestinamente, aveva continuato a prendersi cura della sua piccolina.
Parlando di lei, la tigre bianca mi aveva sorriso spesso, parlando di quanto fosse bella e dolce con lei. E anch’io avevo sorriso, cercando di non pensare al fatto che la mia Enya aveva una figlia.
Non mi sembrava vero.
La storia, però, non finiva così.
No.
Un giorno, sfortunatamente, Soto l’aveva scoperta ad allattare una cuccioletta di tigre bianca come lei.
E subito tra i due era stata guerra.
Enya voleva tenere quella bambina con tutte le sue forze e, anche se da sola, crescerla.
Soto disapprovava totalmente e, anzi, aveva tentato in tutti i modi di strappargliela dalle braccia.
Forse aveva intenzione di farla crescere col branco e scacciare Enya. Addestrarla all’arte dell’assassinio e trionfare dove aveva fallito con la nipote.
Ma Enya, anche se debole, era riuscita a difendersi e a stordire Soto.
Ormai la piccola non era più al sicuro con lei.
Soto l’avrebbe cercata anche se fosse andata in capo al mondo, e probabilmente l’avrebbe trovata e uccisa. Doveva nasconderla.
E così, mi disse piangendo ancora più forte, l’aveva portata davanti alla porta di un tempio e lì lasciata.
Saputo il fatto, Soto non aveva potuto fare nulla. Per regola, se una tigre viene ospitata in un tempio e se è protetta dal sacerdote in persona, è vietato ucciderla o toccarla.
Enya aveva potuto tirare un sospiro di sollievo per la sua piccola, anche se suo zio, da quel giorno, la uccideva di botte e la puniva corpolarmente.
Erano quattro anni che la tigre viveva nell’inferno.
Erano quattro anni che la “mia” Enya viveva nell’inferno.
Il mio piccolo tesoro, il mio fiore proibito, veniva picchiata e maltrattata.
E aveva una figlia.
Ma lo shock più grande fu, per me, quando lei mi propose di scappare insieme, noi tre.
Io, lei e la bambina.
L’aveva, dopo lungo tempo, rintracciata, e aveva assolutamente intenzione di riprenderla.
Tutto ciò che le serviva era parlare col sacerdote che l’aveva accudita e andarsene.
Da sola non avrebbe mai potuto difendersi da Soto, ma con me al suo fianco…
Ancora oggi, mi chiedo se la mia partecipazione a quella fuga doveva essere perché lei mi amava o perché, da approfittatrice, aveva pensato bene di usarmi come arma di difesa.
Ma non importava, perché, nonostante la confusione che avevo in testa, le dissi sì.
E, alla fine, quell’idea della fuga, col tempo, non mi sembrò così terribile come mi era sembrata all’inizio: saremmo stati io e Enya, e poco importava se lei mi amava veramente o meno. Io la amavo e tanto bastava.
Inoltre, con Soto i ponti erano tagliati da molto. Da tempo non mi ritrovavo più negli insegnamenti e nelle lezioni di vita che mi aveva imposto. E dopo ciò che aveva fatto a Enya, il mio odio verso lui era immenso.
E così, la fuga era progettata.
Saremmo stati io, Enya e la bambina.
L’idea di poter essere padre mi spaventava e mi attraeva al tempo stesso.
L’immagine della cucciola era poco definita nella mia mente, ma cercavo sempre di figurarmela piccola, indifesa, bisognosa del mio aiuto.
E ora me la ritrovo qui, dopo più di 18 anni, grande, indipendente e assolutamente impenetrabile.
Forse l’immagine che Enya mi aveva dato di lei non era esattamente corretta.
Eccola qui, la mia bambina.
Quella che per mesi era stata la mia curiosità e la mia paura maggiore.
Una piccola, dolcissima bambolina, così me l’ero figurata.
Chissà se avevo pensato al fatto che avevamo solo due anni di differenza.
Bè, a quell’età, forse, questa differenza bastava per essere padre e figlia.
E ora, a questa età, chiamarla “figlia” mi farebbe vergogna, e la nostra differenza è quella giusta tra due amanti.
Come pensavo di vederla? Forse come una bambina?
No, io non pensavo di vederla una volta nella vita, veramente.
Ma se avessi dovuto figurarmela, me la sarei figurata ancora piccolina, attaccata alle mammelle di Enya, una sola e indifesa cucciolina…
Eccola qui, la “sola e indifesa cucciolina”.
Una pirata.
No, più, di una pirata.
Un primo ufficiale di un capitano pirata.
La mia bambina è cresciuta.
Sua madre sarebbe fiera di lei?
Forse dovevo continuare a cercarla.
Forse non dovevo arrendermi dopo i primi anni.
Dovevo provare a mettermi in contatto con lei, crescerla, forgiarla secondo la giusta via…
Non le sono stato accanto come avrei dovuto.
Ma come avrei potuto starle vicino se non sapevo neanche il suo nome?
Bella scusa Diego, ma resta il fatto che l’hai lasciata sola contro il mondo avverso.
Quella cuccioletta…
Sorrido.
Bè, in un aspetto Enya non si è sbagliata descrivendomela: è assolutamente bellissima.

Allora... Ho innanzitutto cominciato gli esami. Finisco gli scritti martedì e faccio l'orale il 25.
Poi... Tra un po' mi arriva il mio computer tutto mio.
E... 
Sul capitolo. Quasi nulla da dire.
La scena comica all'inizio ci voleva, dai!!
Per la sorte di Enya, tenetevi aggiornati e abbiate pazienza.
Forse tra un paio di capitoli al massimo, Shira scoprirà la sconcertante verità su Diego e sua madre.
Tramite chi???
Indovinate.
E...
Bò, sono stanchissima, non ragiono più, mi si è fuso il cervello.
Notte.
  
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