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Autore: Nightshines    16/06/2013    1 recensioni
"La forza di parlare era nascosta nelle nuvole di vapore che si materializzavano davanti alle labbra. Lente gocce d'acqua correvano lungo il suo viso così come sul mio, ogni muscolo del corpo era immobile,come paralizzato, sentii unire lentamente le mie lacrime alle sue e da quel momento posso dire di sapere che sapore ha l'infinito.."
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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When you get tired of fighting.

- Tornassi indietro non rialzerei la testa, non lo rifarei. Non meritavo il passato, giusto?
Con le iridi che svolazzavano intorno ai passanti, li inseguivo con lo sguardo, cercando il sapore dell’amore sui visi, e lo trovai. O sì che lo trovai. Sotto l’imminente luna, mi distinse in mezzo al mondo.-

Si sedette accanto a me, così, come se niente fosse, non preoccupandosi di aver sconvolto il mio mondo, ignaro che dentro di me in quel momento si stava scatenando una rivoluzione, che ogni cosa non era al suo posto, che le mie certezze facevano a pugni con la mia vita. Oltretutto, si era seduto lì, con il suo sorriso fresco e l’aria spensierata, il peso chino sulle braccia appoggiate alle gambe e gli occhi rivolti all’orizzonte nel grigiore dell’attesa sera. Non mi guardava nemmeno, ma era pienamente consapevole di quello che stava facendo, e ne era anche contento, secondo me.
Ero totalmente incoerente con il mio corpo, perché ero seduta sulla mia panchina così tranquilla che nessuno avrebbe mai creduto alla confusione dentro la testa, ma è classico, no? La testa è sempre quella che sbaglia, quella da paroloni troppo grossi, discorsi ragionati o pensieri lasciati metà che alla fine venivano accantonata  in quell’angolo polveroso delle nostre decisioni perché diciamo tutti che è sempre quella che sbaglia dando retta al cuore accorgendoci troppo tardi, ormai, che quelli che sbagliavamo eravamo noi.
A prescindere da quello che avrei voluto fare io, la mia testa era troppo occupata a rincollare i cocci delle mie idee per potersi prendere anche il disturbo di decidere cosa fare, quindi rimaneva solo un’alternativa.
“Ehy” era nella stessa posizione di prima, aveva solo voltato il capo, aspettando una risposta con le labbra leggermente tirate ai lati, formavano quasi un sorriso. “ciao”. Dissi poggiando lo sguardo si fili d’erba sotto le mie scarpe, lui rese libere le iridi di prendersi quello che volevano mentre lasciava scorrere le morbide e affusolate dita tentando di disegnare il profilo del mio braccio, era serena l’atmosfera, ma mi sorprende come ci si possa sentire soli stando con qualcuno, specialmente con l‘amore della tua vita, credo. Sentivo la sua presenza, i suoi respiri erano corti e silenziosi ma riuscivo a  catturarli, il diaframma  non aumentò d’intensità, non incrociavo il suo sguardo ma sapevo che sai rimasta sempre sotto la sua sfera, ci ignoravamo consapevoli che in realtà non lo stavamo facendo. I vuoti nella parte più profonda di me si rimarginarono in quell’aria così carica di notte. 

Non so cosa sia successo, ma so di certo che il passato non ti merita”  Non scossi il capo per la troppa paura che fosse pallido, il corpo s’irrigidì come i muscoli del viso, lo disse con un tono dannatamente inappropriato che accentuò ancora di più lo spiffero al cuore. Aveva colpito nel bersaglio, come quando lanci le freccine ed esulti per essere riuscito a mandarle nel piccolo cerchio giallo all’interno del tabellone, quella era la sua espressione. La risposta bruciava, viva, all’interno dei miei occhi. Lasciò scivolare entrambe le mani fuori dalle tasche dei pantaloni, mantenendo il portamento innocente con cui lo ospitai sulla panchina. Era l’unica cosa che avrei sempre voluto che qualcuno mi dicesse, ora, non volevo credere a come fosse riuscito a rapirmi e capirmi lui, con una sola frase che conteneva una vita di battaglie.

Gli occhi verdastri di Harry seguirono la traiettoria dei movimenti delle mie labbra. Sorrideva con gli occhi, aveva capito che non avrei accettato un sorriso vero, ma era troppo testardo per non sorridere. E il suo sorriso, poteva fermare una rivoluzione.
“Grazie” dissi accompagnando la famigerata parola con un velo di dolcezza fuori dalle labbra “quando diventerai stanca di combattere, sai che sarò l’unico su cui potrai contare” diede un ritmo alla frase di nuovo ingiusto, rendendola faticosamente tranquilla e normale. Il discorso mi morì in bocca, ma sembrava che avesse afferato tutto.
Nel mentre si avvicinava al contorno del mio viso, con i pollici timidi che si sporgevano sulla mia pelle liscia, una goccia ci divise, facendo rivolgere i nostri visi verso il cielo, al cospetto delle nuvole grigie che piangevano su di noi. Riabbassò i ricci, nella posizione di prima, ne aveva uno, leggermente bagnato, che s’intrufolò sulla sua fronte. Allungai la mano, incerta su cosa fare, l’accompagnò lui sul suo stesso viso per riportare il ricciolo al posto.  Allontanati urla qualcuno, allontanati subito urla dal mio stomaco.
Prima ancora che lasciassi andare il mio labbro torturato tra gli incisivi inferiori, si avvicinò lui, e lo fece al posto mio.
Con le mie labbra tra le sue, lì, così facilmente, lui mi rubò qualche battito.


Faceva freddo.
Il vento ci tagliava le guance. 

Ero senza fiato.
Non ero mai stata poiù felice.

 

  
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