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Autore: Panenutella    17/06/2013    3 recensioni
Lo guardai meglio: era un angelo….
Aveva il viso cordiale e aperto. Gli occhi neri e profondi come due pozzi guardavano attenti il mondo e risplendevano come la luna. I suoi lineamenti era fini e eleganti, proprio come quelli di un Elfo. La sua stretta era gentile, la sua pelle calda. I capelli corti e neri erano pettinati in modo sbarazzino. Indossava una maglietta bianca a maniche corte e mi salutò con un largo sorriso.
Nella mia mente contorta cominciai a sbavare come un mastino.
ATTENZIONE: la protagonista interpreta il ruolo della figlia di Galadriel – ovviamente inventata da me -, Hery, che ha una storia d’amore con Legolas e segue i protagonisti nel loro viaggio.
La maggior parte degli avvenimenti narrati in questa fic sono realmente accaduti, ma sono raccontati dal POV della protagonista.
Divertitevi, leggete e recensite in tanti! :)
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lesley's World'
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La mia vita sul set – cap 28.

La voce entusiasta di Dom arrivò dal corridoio fino alla sala ristorante dell’hotel, facendomi sobbalzare e rovesciare il caffè sul pavimento.
- Diamo il benvenuto al mese di dicembre! – Esclamò entrando con un balzo. – Lezzy, sei tutta sola! Dove sono gli altri?
- Ancora a dormire, suppongo – risposi prendendo un tovagliolo di carta e asciugando la pozza. – Dopotutto sono solo le cinque meno un quarto, ed è un miracolo che ci abbiano aperto la porta di questa sala per prendere un goccio di caffè.
- Sì, può darsi che tu abbia ragione.
Dom prese la caffettiera e se ne versò un bicchiere.
- Allora, oggi ci attiviamo? – Mi voltai a guardarlo sperando che capisse quello che intendevo. Ovviamente lo fece.
- No. – Rispose – In realtà pensavo di scrivere tutto quanto su un foglio, imbustarlo, mandarlo a Oprah e parlare davanti a tutta l’America di cosa significa al giorno d’oggi attirare l’attenzione.
- Sicuramente farebbe un sacco di share – concordai divertita. Sorrise e posò il bicchiere, poi si voltò verso di me e indicò la porta con la testa. Uscimmo a braccetto a passo di marcia e ci avviammo verso le scale, diretti alle nostre camere.
- Come va il raffreddore, a proposito? – Mi chiese, dando voce a chissà quale filo logico dei suoi pensieri.
- Non mi lamento – risposi. – Il naso non è più tappato e questo è un bene. Non avrei mai voluto andare in campeggio a girare col candelotto.
Dom rise sotto i baffi. – Ci divertiremo un sacco! Ehi, ciao Sean!
Sean, appena alzato dal letto, borbottò qualcosa di rimando e continuò a scendere le scale. Io e Dom uscimmo sul corridoio delle camere e ci salutammo con un pugno sulle spalle che stava a significare “ci vediamo dopo!”.
Entrai nella mia stanza e trovai Orlando mezzo steso sul letto con il petto nudo, le scarpe infilate e i jeans slacciati. A dormire.
Era come se avesse avuto un corto circuito mentre si vestiva.
- Sei ancora a letto! – Urlai afferrando un cuscino e cominciando a prenderlo a colpi.
- Ferma! Ferma! Smettila! – Supplicava lui.
- Stai facendo tardi, Orlie!
- Sono le quattro e mezza, Les, ancora cinque minuti…. – Afferrò la coperta dall’altro lato del letto e se la tirò sulla faccia.
- No, Orlie, sono le cinque! Erano le quattro e mezza quando è suonata la sveglia, l’appuntamento al set è fra dieci minuti!
A quelle parole Orlando parve riattivarsi: scostò la coperta, saltò giù da letto, si tirò su la cerniera dei pantaloni e prese da terra la sua maglia nera da Legolas.
- Perché non mi hai svegliato prima? – si lamentò.
- Pensavo avessi recepito il messaggio quando ho cominciato ad andare avanti e indietro dal bagno.
Orlie si tirò su a sedere e sbadigliò. – Infatti – rispose. – Ma conoscendoti sapevo che ti saresti alzata un’ora prima del normale per prepararti, e che mi avresti svegliato in tempo.
- Geniale, Mr Pigro. Datti da fare, ci vediamo al set.
- Non mi aspetti? – Chiese buttandosi a sedere sul letto e infilandosi la maglietta. Mi voltai con la mano sulla maniglia della porta e gli strizzai l’occhio.
- No! Devo fare una cosa con Dom. Ciao!
Mi chiusi la porta alle spalle e la sua voce passò attraverso la porta.
- Quale cosa???

Saltai in macchina non appena Dom ebbe acceso il motore.
- Ehy Les! Ci hai messo tanto che sono passati gli altri tre Hobbit e Viggo.
- Scusa. Ho dovuto svegliare Orlie... a cuscinate.
- Questi elfi non sanno alzarsi alle cinque e mezza del mattino.
- Dannati elfi – borbottai. Dommie rise.
- Se lo dici tu è autocertificazione!
Partì in sgommata, Dom lo Spericolato.

Il set brulicava di persone già a quell’ora del mattino, come ogni giorno dal mio arrivo. Emma aveva già pensato a mettermi le orecchie a punta, e il mio costume un po’ sgualcito era stato lavato, stirato e poi stropicciato a dovere. Non sapevo perché si fossero presi la briga di stirarlo.
Non avevo ancora visto Orlando sul set: che fosse arrivato mentre ero da Emma era probabile, ma come minimo l’avrei visto passare. Di sicuro non stava parlando con Peter o Fran. Poteva essere insieme agli Hobbit, oppure si stava attardando con Viggo e Bernard all’albergo senza un motivo apparente. L’unica alternativa era che la macchina del caffè l’aveva risucchiato!
Ero l’unica della Compagnia ad essere già pronta. Me ne stavo seduta con un bicchierone di caffè in mano in attesa che cominciassimo a girare, a leggere e rileggere il mio copione della giornata.
Ripetei la mia battuta in elfico e quelle normali per la quinta volta, poi misi da parte il foglio quasi con rabbia: la testa mi pulsava e mi impediva di concentrarmi a dovere. Mi passai una mano sugli occhi.
- È tutto ok? – mi chiese qualcuno passando lì accanto.
- Vai tranquillo. – Gli risposi senza guardare chi fosse e quello se ne andò senza dire altro.
Non andava bene: dovevo fare un mucchio di cose quel giorno, non sarebbe bastato un semplice mal di testa a fermarmi.
Per prima cosa mi alzai dalla sedia e andai da Peter, che mi salutò col solito entusiasmo mettendomi in mano un mucchio di fogli perché glieli reggessi.
- Hai visto gli altri? – Gli chiesi aspettando che li riprendesse. - È da un po’ che li aspetto ma non si fanno vedere.
Peter si sistemò gli occhiali con una mano e prendendo una penna e cominciando a scrivere sul blocco che reggevo mi sorrise.
- Sì, sono arrivati qualche minuto fa. Si stanno vestendo nella saletta laggiù – indicò col pollice un piccolo edificio alle sue spalle. – Strano che non li abbia visti passare!
Sorrisi.
- Saranno diventati dei ninja!
Peter sorrise di nuovo e mi tolse i fogli dalle mani per metterseli sotto al braccio.
- A proposito, Les. Volevo informarti che dopodomani sarai tu la protagonista.
Mi lasciò interdetta. – In che senso?
- Nel senso che girerai solo tu – una luce crudele brillò nelle sue pupille. – Il resto degli attori avrà il giorno libero.
- Davvero? È grandioso! Grazie per l’opportunità, Pete.
Girai i tacchi e feci per andare dagli altri, ma all’ultimo gli ricordai che il giorno dopo saremmo andati in campeggio e che quindi non se la doveva prendere se non sarei riuscita a dare il massimo. Peter annuì, e con una pacca sulla spalla ben assestata, mi disse che io davo sempre il massimo e “fine delle comunicazioni”.
Beh, grazie Peter.

- Ehi, dico, tante grazie per avermi avvertita!
Orlie, in piedi in mezzo ad una stanza intento ad allacciarsi la cintura di sostegno per la schiena che gli avevano dato per proteggere la costola ancora mezza rotta, si girò a sorridermi.
- Ti dovevo restituire la tirata di prima, no?
Incrociai le braccia – Mi stavo perdendo tutto il divertimento di queste parti.
Il cast di Rohan era riunito: alcuni erano seduti comodamente sul divano sorseggiando caffè o parlando ad una telecamera, altri si preparavano mentalmente al lavoro incombente. Bernard si divertiva a lanciare noccioline in bocca a Dom che intanto masticava una mela, e Billy veniva aiutato da un’assistente a indossare la casacca. Viggo era a petto nudo e controllava il filo del costume.
C’era anche Barrie Osborne! Non lo vedevo da un po’.
- Ciao, Barrie! – lo salutai con un ampio gesto del braccio e lui mi ricambiò con un cenno del capo. Scrollai i capelli.
- Ti prego, non essere così vanitosa! – Mi riprese Dom dall’altra parte della stanza. Lo raggiunsi.
- Sono l’unica donna, devo essere vanitosa! – mi difesi ridendo.
– Allora, qual è il piano?
Mi voltai a guardare Orlando. – Mmmm, non so. Non mi vengono idee geniali quando ho mal di testa.
Dom s’illuminò. – Fai finta di avere un capogiro!
- Scusa?
- Sì! Ti gira la testa, inciampi in un cavo e finisci per terra: errore di percorso.
L’idea era buona. – Quando?
- Alla fine della giornata – rispose addentando la mela.
- Ragazzi! – ci richiamò all’ordine la voce di Viggo che intanto aveva finito di indossare il costume. – Ci organizziamo per stasera?
- Dovremmo finire di girare alle sette. Potremmo prendere gli elicotteri e volare alla location con la troupe, se Peter è d’accordo – propose Orlando mentre io notavo una macchina del caffè in un angolo della stanza e andavo a prendere qualcosa.
- Ma dovremmo portarci dietro dei bagagli – ribatté Billy – come faremo a prepararli?
- Partiamo dopo, verso le nove. Datevi il tempo di andare in albergo a prendere i sacchi a pelo – disse Bernie.
- O facciamoceli portare: ognuno scrive una lista di cose utili e mandiamo qualcuno… Tipo Daisy – Fece Orlando. Presi il bicchiere di caffè e iniziai a sorseggiare mentre Barrie rispondeva:
- Ottima idea, peccato che David sia in un’altra unità. – Ribatté Viggo. – Ottimo spirito di osservazione, Elf-boy.
- Ognuno di noi potrebbe correre in albergo appena finito di girare – mi intromisi sorseggiando il caffè. – Così da essere pronti qui massimo alle otto e mezza. Ci portiamo dietro del cibo e mangeremo una volta sistemato il campeggio. Tanto io, Viggo, Orlie e John non dovremmo neanche toglierci il costume, e non credo che finiremo di girare tutti insieme.
- Dici bene! – Esclamò John. – Non vedo l’ora di indossare questa stupida maschera per tutta la notte! Dannata allergia.
- Però l’idea è buona. La mia, intendo.
Viggo parve riflettere un attimo. – Sì, potrebbe funzionare.
- Oppure potremmo chiedere a Pete di finire presto le riprese. Si potrebbe fare, Barrie? – chiesi.
- Se ci sbrighiamo potremmo farcela benissimo. Sempre che una telecamera non salti per aria.
- Quindi giriamo, finiamo in fretta, corriamo in albergo, saltiamo in elicottero e andiamo in campeggio. – Riassunse Orlie e tutti annuirono. A quel punto la sirena ci chiamò tutti da Peter. Mentre gli altri uscivano mi girai verso Dom con un sorriso.
- A quanto pare la fine della giornata arriverà più presto del solito.
Dom sorrise e lanciò il torsolo della mela nel cestino. – Ci divertiremo. Comincerò a spargere la voce fra gli uomini per prestarti soccorso, come si suol dire. Li convincerò promettendo che dopo andrai a letto con tutti!
– Tu sei pazzo, Dom!

Una cosa che mi scocciava un po’ della produzione della saga era che avevo un ruolo piuttosto marginale. Certo, non avrei potuto pretendere in ogni caso di essere la protagonista del primo film che avrei girato una volta uscita da Oxford, ma Hery svolgeva più che altro un lavoro di presenza, non di attività nella storia. Avevo fatto delle ricerche su Internet: secondo il libro avrei acquistato maggiore rilevanza tra la metà delle Due Torri e nel Ritorno del Re, nelle battaglie finali. Mi era dispiaciuto tantissimo scoprire che Hery sarebbe morta nella battaglia davanti al Nero Cancello: a quanto pareva Tolkien voleva dare a Legolas un valido motivo per andare all’Ovest.
Ma questo sarebbe successo in seguito: nella prima parte delle riprese del secondo film avrei dovuto conservare il mio ruolo secondario e accontentarmi dei primi piani sui miei occhi – una cosa che faceva impazzire Fran. Quindi non facevo molta fatica, in confronto a protagonisti come Viggo. Ma a chi mi diceva che doveva essere facile recitare nella parte per le poche battute rispondevo sempre che non lo era: Hery si esprimeva a gesti e con le espressioni del viso. Quello che non diceva lo doveva trasmettere col corpo, così mi aveva spiegato più volte lo stesso Peter.
Perciò mi elettrizzava l’idea che per un giorno intero sarei stata al centro dell’attenzione.
Ma quel giorno era di nuovo uno dei tanti, uno in cui io dovevo muovermi più che recitare. Non faticoso come la corsa o il mio primo giorno. Passammo le riprese incentrati su Viggo e Miranda, una scena che, a sentire i discorsi durante la pausa pranzo, sarebbe stata tagliata dal film.
- Come sarebbe a dire, “tagliata”? – mi lamentai infilzando una patata al forno con la forchetta.
- Lesley, non possiamo tenere tutte le scene che giriamo – rispose Peter qualche posto più in là al tavolo della sala mensa. – Non hai idea di quanto abbiamo dovuto tagliare nella Compagnia dell’Anello. Scene di tutti, anche tue.
La notizia mi fece drizzare le orecchie,  ma non replicai. Mi voltai verso Dom che si era seduto accanto a me e gli sussurrai:
- Bella roba! Già non faccio niente nella Compagnia, e mi tagliano delle scene.
Dom si tirò indietro i capelli biondi e si versò dell’acqua.
- Succede – disse.
Diedi un’occhiata a Orlie più in là che parlava con Billy, e Sean e Elijah che ci avevano raggiunto dall’albergo e raccontavano come passavano le giornate nella loro unità. Eravamo tutti riuniti.
Continuai a mangiare senza aggiungere altro.
- Dai, Les, se tenessero tutto quello che abbiamo girato i film sarebbero lunghi cinque ore! – si spiegò Dom.
Risposi con un mugolio. Lui si avvicinò e mi sussurrò:
- Che ne dici di farlo adesso? Peter ha detto che per oggi le scene di stamattina possono bastare, e io ho già avvertito tutti gli uomini sposati, fidanzati, single e cornuti di questo cast ad attorniarti come zanzare a Matamata.
Lo guardai di soppiatto e presi il mio vassoio alzandomi dal tavolo. Gli bastò uno sguardo per capire che il Piano era cominciato.

- Se ti chiedessi di farmene provare una? – Chiesi indicando col mento la sigaretta che Dom stava fumando. Stavamo aspettando che Orlando uscisse dalla sala mensa da cinque minuti, seduti sulla spalliera di una panchina di plastica, e Dom se n’era accesa una per passare il tempo. Fino a quel momento io mi ero limitata a pensare con le mani affondate nelle tasche della mia felpa verde e alla mia inaspettata richiesta Dom si tolse la sigaretta dalle labbra e me la passò. La aspirai titubante e il sapore aspro della sigaretta mi chiuse la gola, tanto che Dom fu costretto ad aiutarmi con dei colpi sulla schiena.
- Stai bene, sorellina? Non morire proprio adesso che è riemerso dalla Terra del Cibo!
- S-sì, tutto ok. Fa proprio schifo! – Gli restituii la sigaretta con una smorfia di disgusto e lanciai un’occhiata alle mie spalle: Orlie era finalmente uscito dalla sala mensa seguito da gli ultimi ritardatari della pausa pranzo.
- Perfetto. Cominciamo, pupa!
Dom mi strizzò l’occhio e corse via come col diavolo alle calcagna.
Io restai seduta sulla spalliera della panchina, ancora scossa da qualche colpo di tosse sommesso e pensavo non sarei mai riuscita a levarmi quell’odoraccio dalla gola. Osservai furtiva la situazione: sentivo da dietro la voce di Orlie che parlava da solo, e qualche cameraman che ogni tanto mi lanciava un’occhiatina, pronto a buttarsi a pesce nella mia direzione.
Che cosa potevo simulare per giustificare una caduta all’indietro dalla spalliera? Uno sbadiglio sarebbe stato troppo teatrale, così come una risata improvvisa. L’unica opzione, come aveva detto Dom, era davvero il capogiro.
Mi alzai per scendere e quando fui coi piedi sulla panca chinai la testa, mi portai una mano alla fronte corrugata e mi buttai all’indietro sbattendo la schiena sul terreno.
Spuntarono come funghi da tutte le parti e in un attimo mi ritrovai circondata da maschi di una fascia d’età che andava fra i 21 e i 70 anni, che dicevano tutti insieme cose a caso e mi offrivano mani per rialzarmi. Erano talmente tanti che non riuscivo a distinguere una singola parola! Incontrai per caso il faccino sorridente di Dom fra le mani tese verso di me, e mentre ne afferravo una per tirarmi su sentii la voce di Orlando sovrastare tutte le altre.
- Cos’è successo? – Diceva – Che c’è?
- Niente, sono solo caduta ma questi bei ragazzi mi hanno dato una mano – ammiccai nella direzione del suo capoccione che spuntava dietro due o tre file di teste. – In tutti i sensi!
Gli uomini circostanti si misero a ridere. Tutti tranne lui, ovviamente. Lontano, Dom rideva come un matto.
- Permettimi di aiutarti, Lesley! – Mi pregò un tipo più basso di me con gli occhiali da sole.
- Ehi, piano con la mia ragazza! – esclamò Orlie, rosso in faccia come  un peperone, tentando di farsi largo fra gli altri.
- Non preoccuparti Orlando! – urlò qualcuno in mezzo alla folla. – Ci pensiamo noi a lei!
Sembrava che il fumo stesse per uscire dalle sue orecchie.
I ragazzi ricominciarono a tendere le mani verso di me e nel momento esatto in cui le afferrai tre di loro mi issarono sulle spalle e mi portarono in giro così, tra le mie risate, le occhiatacce di Orlando e l’approvazione di Dom, seduto lontano sull’erba.
- Ti amo, Dommie! – Gli urlai.

Non riuscivamo a smettere di ridere.
Ci avevamo provato, ovvio, ma proprio non rientrava nelle nostre capacità momentanee: tre volte Dom aveva dovuto correre in bagno per fare pipì, e io non riuscivo a cacciare bene nello zaino quello che dovevo portarmi in campeggio.
- L’ultima frase è stata… il massimo! – Mi urlò da dietro la porta chiusa.
Mi piegai in due sullo zaino. – Avrei voluto vedere la sua faccia.
- Non sai che ti sei persa! – Uscì dal bagno. – Per un attimo ho temuto che l’Orlando Furioso stesse per caricare la massa di toreri.
- Ci credo! – Presi un’altra bottiglia d’acqua dal minibar e la infilai nello zaino. – Non poteva andare meglio.
Dom mi passò la felpa verde che in precedenza avevo buttato per terra.
- Questa vendetta vale cinque volte l’assalto delle infermiere, no?
- È così che le donne si vendicano! Ottimo lavoro, 007.
- Yeah, licenza di uccidere! – commentò battendomi il cinque. In quel momento la porta della mia stanza d’albergo si aprì e Orlie entrò, senza il costume addosso: non ci avevano permesso di tenerli fino alla mattina dopo, soprattutto per andare in campeggio.
Orlie diede un’occhiata di sbieco a Dom che non perse tempo a dileguarsi, e non appena la porta si richiuse dietro di lui venne verso di me sfoderando un sorrisone.
- Non ti facevo così vendicativa, Les – disse. – D’ora in avanti ci penserò due volte prima di flirtare con le altre ragazze con la scusa della costola.
Drizzai le orecchie e chiusi lo zaino. – L’hai fatto?
- Come, non lo sapevi? Pensavo che tutta questa messinscena fosse per quello.
- No, era per l’assalto in ospedale! Ma adesso mi dovrò vendicare anche per le ragazze della crew, mi vuoi dire?
- No, ti supplico, non un’altra vendetta! – Si inginocchiò per terra a mani giunte, implorante. – Farò qualsiasi cosa!
- Convincimi a non vendicarmi, Elfboy!
Una luce di cattiveria e malizia apparve sul suo volto.
- Come vuoi – disse, e si lanciò su di me solleticandomi i fianchi.
Non smise di farmi il solletico nonostante le mie urla, le mie minacce di morte e le suppliche, fermandosi per qualche secondo per poi riprendere, in un gioco infantile e senza sosta. Solo quando attorcigliata come un ragno gli promisi che non avrei fatto un bis insieme a Dom Orlando si lasciò cadere su di me, avvicinando la bocca al mio orecchio, e sussurrò:
- Mi vuoi sposare?
Rimasi immobile come pietrificata, presa in contropiede. Mi ero anche dimenticata di respirare e il mio cuore perse un colpo. Anche Orlie restò immobile su di me, forse aspettando una mia risposta. Il mondo fuori sembrava essersi fermato.
Alla fine, dopo secondi o minuti, Orlando si puntellò sui gomiti e si sporse su di me.
- Ehi, piccola, stavo scherzando… - mi rassicurò con un’espressione a metà tra lo spiritoso e il deluso. Tirai un sospiro di sollievo e il mondo riprese a girare.
Lo baciai.
- Lo sapevo.
E scattai fuori dalla stanza.

Le pale degli elicotteri cominciarono a girare sempre più velocemente, permettendo ai velivoli di sollevarsi in aria. Era passato molto tempo da quando avevo volato per l’ultima volta, ma non riuscivo a godermi l’evento immersa com’ero nel ricordo di quello che era appena accaduto. Non riuscivo a capire se quello che Orlie aveva detto fosse davvero uno scherzo o se l’avesse finto vedendo la mia espressione. Come facevo a sapere che me l’avrebbe chiesto in questo modo? E chi mi diceva che non l’aveva progettato fin dall’inizio e che c’era rimasto male? Il fatto era che avevamo appena cominciato a convivere: anche se la sua proposta di matrimonio fosse stata seria, di sicuro avrebbe dato l’idea di correre un po’ troppo e gli avrei detto di aspettare. Ma se invece Orlando avesse voluto farmi uno scherzo?
Guardai fuori dal finestrino, mortificata. Gli avrei dovuto chiedere spiegazioni. Era meglio così, oppure no? Forse dovevo lasciar correre. Sorrisi: scherzo o no, la proposta mi aveva gettato nell’euforia e depresso allo stesso tempo.
Gli altri ragazzi, sull’elicottero, passavano il tempo a scherzare e con loro anche Orlando. Craig, che aveva saputo dell’iniziativa del campeggio e ci aveva raggiunto entusiasta, si limitava a sorridere alle loro battute e ai loro racconti divertenti ma più di una volta l’avevo sorpreso a osservarmi.
Mi voltai a guardarlo, stretta in una coperta che avevo trovato a bordo, e incrociai il suo sguardo.
- Va tutto bene? – Mimò con le labbra.
Non potei fare a meno di sorridere.
- Ne parliamo dopo.

Mi dispiace tantissimo e chiedo perdono in ginocchio! Non sono sparita di mia iniziativa, giuro: tutta colpa della scuola, non mi hanno lasciata respirare! Figuriamoci scrivere… Chiedo scusa a tutti i fedeli che continuano a seguirmi nonostante tutto! Spero che il capitolo partorito pezzettin pezzettino dalla mia stanca mente vogliosa d’estate vi sia piaciuto!
Fra poco andrò in Irlanda per un pochino e penso che non avrò molto tempo per scrivere, ma non abbandonerò questa fan fiction – soprattutto ora che Lesley e la Compagnia cominciano a fare quello che vogliono.
Baci (e buonanotte! – h. 23.33)
Nut.
   
 
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