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Autore: Elwerien    06/01/2008    5 recensioni
"Ad un estraneo questo sembrerebbe un luogo immobile, appartenente ad un’altra epoca. In realtà questo posto si muove, vive, respira. Non è solo la polvere che regna, sono le memorie di un antico passato che sussurrano, che fanno scricchiolare le assi, che lasciano trapelare un raggio di luce dalla fessura del tetto.
Troverete la passione nelle tinte più inaspettate, spazierà dal verde smeraldo al cupo grigio, lambirà le scatole rigidamente squadrate come quelle dagli angoli rotondi e dolci. Il rosso non è per le fiamme dell’amore, la sua tinta gocciola sangue, è la morte che lo inonda."
[Prima classificata al concorso ShikaIno di Coco Lee.]
Genere: Malinconico, Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ino Yamanaka, Shikamaru Nara
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*Nota: “kuroi” in giapponese significa “nero”
**Seconda Nota: in questo capitolo i ricordi incorporei dell’ultima scatola hanno preso il sopravvento sulla voce narrante, che torna nelle parti in corsivo; noterete forse un cambio di forma.


Capitolo 3

A fire into the night [empty box]




L’uno accanto all’altro, con passi leggeri ma l’anima zavorrata da un peso troppo grave. Pochi sguardi a incorniciare quei momenti; non avevano bisogno di guardarsi, di cercare nelle iridi dell’altro una qualche conferma, un incoraggiamento, un segnale d’amore.
Perché loro sapevano. E questo bastava.
Solo, a volte, le mani si sfioravano. Le sue, piccole e delicate ma che tuttavia conoscevano la morte, e quelle di lui, grandi e forti, mani di uomo che sapevano cos’era il dolore. Un tocco che profumava di promesse da mantenere, di attesa, di dovere, di speranze. Fremeva –le mani tremavano lievi- fremeva quel tocco di amore rinato. Mai morto, ma sopito e poi maturato.
Tremavano.
Perché loro sapevano. Ma questo non bastava e farli arretrare.
I passi si fecero più pesanti, la reticenza accompagnava ogni singola mossa, ma continuavano.
Calpestavano quasi senza accorgersene i rami secchi, facevano strage di boccioli in fiore.
Mentre il giorno cadeva e sopraggiungeva il buio manto di una notte senza luna, soffiava un vento caldo, proveniente dal deserto; ardeva come una fiamma, irritava la pelle, toglieva il respiro, bruciava i polmoni. Ed era rogo nell’aria.
Il bosco si faceva più rado, stavano entrando nel territorio di Kuroisuna*. Là, dove la guerra era iniziata e l’antico mondo che conoscevano aveva cominciato a sgretolarsi. Ne rimanevano ormai poche polveri.
A Kuroisuna, da dove si erano levati moti di terrore e di urla, di rabbia inesplosa, di dolore compiacente al sangue. Un dolore che strazia la mente, le membra, le memorie.
A Kuroisuna, là dove il mondo sarebbe cambiato.

Neanche la più piccola falce di luna a illuminare il sentiero. Serata perfetta per quel genere di missione. Procedevano al buio, sempre vicini, sempre vigili. Nascondevano la paura, l’amore- un ninja non deve mostrare i propri sentimenti. Ormai erano completamente allo scoperto, avanzavano fra le dune di sabbia rovente, ma che nella sera diventava lievemente più fresca. Kuroisuna, la città maledetta, si avvicinava ad ogni passo. Enorme e possente in quel deserto piatto, li sovrastava con maestosità, sembrava che le sue mura dovessero cadere loro addosso, inesorabilmente, per schiacciarli.

***



Non era Suna come l’avevano conosciuta. Nulla della vecchia città era rimasto, anche la sabbia pareva diversa, più malvagia, più nera. Solo tre anni di regime avevano ridotto l’antico splendore nascente al più totale decadimento. Dopo l’invasione della città e la morte del Kazekage, Lui si era installato a Suna, l’aveva occupata. Aveva ucciso gli abitanti, tranne i traditori che già da tempo erano stati installati all’interno, in una ruota di complicate macchinazioni e manipolazioni che si era risolta alla fine nella più grande Guerra che l’intero mondo avesse mai conosciuto. Tutte le Cinque Terre erano state prima minacciate, poi terrorizzate con attacchi mirati e infine apertamente attaccate, una dopo l’altra.
Una buona occasione per unirsi, dicevano i vecchi bevendo sakè, quando ancora la situazione sembrava destinata ad essere dominata.
Un terribile momento nella storia, precisavano i cittadini, ponendo piena fiducia nei propri ninja. Cosa poteva esserci di peggio dell’Akatsuki, già debellato anni prima?
Solo gli shinobi capivano. Solo loro sapevano che quella volta unirsi non sarebbe bastato, perché il nemico era troppo forte e numeroso –più di qualunque altro nemico affrontato prima. Erano i ninja che, nei silenzi delle missioni, rimuginavano sul fatto che quello non era solo un momento nella storia, quello era una svolta; e continuavano a combattere per difendere se stessi e il proprio paese, sopravvivendo alcuni nella consapevolezza che avrebbero perso tutto, morendo gli altri sapendo che lasciavano un mondo che scompariva con loro.
Era una guerra tremenda. Lui aveva uomini che parevano non morire mai, o quantomeno sembrava che ne risorgessero a migliaia dalle sabbie che aveva brutalmente strappato al Kazekage e al suo popolo, finendolo; Lui aveva armi, armi molto più forti di quelle normali. Kunai più appuntiti, forse anche avvelenati; shuriken talmente leggeri e affilati che colpivano la vittima con ferite mortali senza che quella se ne accorgesse. Lui conosceva molte tecniche, terribili e oscure; era Lui che stava portando il mondo alla rovina, nelle sue conquiste e nella sua brama di egemonia. Lui non aveva nome; Lui era il Nemico, e gli uomini, stanchi della guerra, non volevano sapere altro. Con le forze decimate, i vecchi non avevano più sakè da bere in compagnia, per parlare con l’ottimismo e la saccenza di chi ha vissuto molti inverni e crede di sapere come va il mondo, senza rendersi conto che quel mondo stava scomparendo. Nessuno aveva più la forza di incitare i propri ninja, non quando i gruppi tornavano spaventosamente decimati dalle missioni, non quando anche da quei corpi che mai dovevano mostrare emozioni si levavano accenni di disperazione, chi urlava, chi piangeva, chi tirava calci a vuoto, nel dolore di avere perso un amico, un compagno o un amante. In tre anni di guerra, tutte le Cinque Terre erano state conquistate. Solo il Paese del Fuoco resisteva; Konoha era stata lasciata per ultima, forse per caso, forse per volere di Lui, che voleva veder crollare nella miseria quella nazione così forte, patria dei Ninja Leggendari e del Lampo Giallo, luogo nativo di Naruto Uzumaki e di coloro che avevano sconfitto ad uno ad uno i membri dell’Akatsuki.
Ma ora Konoha aveva perso quella gloria, quello splendore di cui rifulgeva. Era una città appesantita dalla guerra, dove erano più i vecchi che i giovani, decimati come bestie nelle incursioni nemiche; povera, si sosteneva a malapena, consapevole della propria fine imminente. S’armava in vista del proprio turno, ma i ninja ormai erano stanchi. Stanchi, e pochi. Rinchiusi nella città, dovevano difenderla.
Ma come?

Shikamaru Nara e Ino Yamanaka erano gli ultimi membri del loro gruppo ancora vivi; Chouji Akimichi era morto durante il primo anno di guerra, in un’imboscata da cui a malapena gli altri erano usciti vivi.
Lui portava ancora i segni di quel kunai avvelenato che per poco non gli aveva trafitto il cuore, mentre lei ricordava ancora con orrore la paura di perderlo che aveva provato mentre lo curava. Ma l’esitazione era stata fatale.
E Chouji, coprendo loro le spalle mentre Ino cercava disperatamente un antidoto, era morto, circondato dai nemici che era riuscito ad eliminare prima di cadere al suolo, mortalmente ferito. Erano stati ripagati con il nome dell’amico inciso sulla lapide degli eroi. Non sapevano che farsene. Inaspriti dalla guerra, non mostravano il loro dolore, ma dentro urlavano –e forte. Urlavano di dolore, e soprattutto di rabbia. Volevano fare qualcosa per fermare la rovina, ma ogni giorno qualcuno dei loro vecchi compagni alla scuola ninja moriva, o riportava ferite talmente gravi che non avrebbe mai più potuto combattere.
Sentivano di dover fare qualcosa, ma cosa potevano fare due soli ninja contro un intero esercito di macchine da guerra?

Sono diventati un uomo e una donna. Dalla morte di Asuma, il loro mondo interiore si è evoluto, e loro sono cresciuti. Si sono amati, e continuano ad amarsi. Ma lo fanno con grazia, è un amore leggero e senza età di chi crede nella vita e non ha fretta di vedere i propri anni portati via dal tempo.
Si amano, col corpo- e con l’anima.


Il Quinto Hokage era quasi allo stremo delle forze. Era il capo del suo paese, uno dei tre Sannin, il più esperto ninja medico mai esistito. Eppure, quella guerra si stava rivelando un ostacolo troppo grande persino per lei. Non aveva più mezzi da impiegare per la salvaguardia di Konoha; aveva pochi ninja superstiti, e una schiera di civili che credevano nella sua forza.
Li avrebbe presto delusi.
Sapeva che Lui si stava armando e che in pochi giorni avrebbe raggiunto la Terra del Fuoco. Cosa doveva fare? Evacuare la città? Non poteva certo spostare tutta quella schiera di deboli, fra i quali prevalevano i vecchi, e sperare di non essere raggiunti.
Sospirò. Vecchi.
Sentiva ora più che mai il peso degli anni. Perfino la sua tecnica sembrava essersi indebolita; già dal viso giovane trasparivano delle rughe, e la luce degli occhi era troppo seria e grave per appartenere a quella che doveva essere una ragazza di vent’anni.
Non c’era altro da fare. Doveva concentrare le ultime forze sul villaggio, e puntare tutto sull’ultima, estrema difesa, combattendo lei stessa, dando anche la vita. Proprio come un vero Hokage avrebbe fatto.

Compresero la scelta di Tsunade, ma non la accettarono come propria. Perché perdere la vita in una difesa inutile? Nulla potevano contro una massiccia invasione di Lui, proprio come non avevano potuto niente prima di loro il Paese dell’Erba, delle Rocce e tutti gli altri, che pure avevano molte più forze all’epoca di quante ne avesse ora Konoha.
Non dissero nulla a nessuno. In fondo, con chi avrebbero dovuto parlare? Tutti i loro amici erano morti. Semplicemente, decisero di lasciare il Villaggio della Foglia.

È vivo ancora il ricordo di quando vennero per l’ultima volta. Avevano passato anni a riordinare le loro cose e a porle nelle scatole che voi stessi avete visto. Con le loro mani avvezze alla guerra hanno tratto dai cassetti gli oggetti della loro vita, e insieme li hanno riposti sugli scaffali, in un ordine preciso, in una varietà di colori.
Quell’ultima volta vennero portando una scatola di velluto nero. Vi rinchiusero i coprifronte, la riposero con delicatezza nell’ultimo ripiano libero, al centro.
Lasciavano i coprifronte, perché partivano come ninja traditori.
Li lasciavano, perché per essere uno shinobi non conta il mero simbolo.
Li lasciarono, perché era bello pensare che qualcosa di sé sarebbe rimasto.
E chiusero la porta, diedero un doppio giro di chiave, abbandonarono la soffitta per non tornarvi mai più, la gettarono fra le grinfie della polvere.
Partirono nella notte.


***



Si fermarono per un momento, nascosti da un grosso masso. I loro occhi si incrociarono, per la prima volta da quando avevano attraversato le porte della città. Avevano evitato l’uno gli sguardi dell’altra, per paura di vedere la paura, quella paura che –lo sapevano bene- brillava anche nei propri occhi.
Stavano per entrare a Kuroisuna.
Ma prima si abbracciarono, si concessero quel contatto, con un tocco lieve Shikamaru sfiorò le labbra di lei.
Poi si staccarono, e ritrovata la lucida mentalità ninja, lo sguardo freddo e distaccato di chi si appresta a combattere, la rigidità di chi prepara il corpo a muoversi, entrarono.
Entrarono, ninja di Konoha, anime d’eroi.

Kuroisuna era una città vigile anche nel pieno della notte, come una fortezza, sebbene non dovesse temere alcun attacco.
In fondo, chi mai sarebbe stato tanto avventato, tanto pazzo da penetrare all’interno delle mura e dar battaglia?
Nessuno.
Shikamaru e Ino percorsero silenziosi le strade della città, passarono per tutte e quattro le porte, saltarono su ogni tetto. Sempre senza far rumore, sempre invisibili agli occhi anche dei più vigili, impossibili da percepire o da colpire.
È il duro insegnamento di anni di guerra, di imboscate, di battaglie e di missioni di spionaggio, di tentativi di ritornare a casa vivi.
Su ogni angolo, furtivi come ladri, in ogni vicolo, su ogni casa si poggiavano, si chinavano, e subito si rialzavano per passare al prossimo obiettivo.
Muti, silenziosi. Non si rivolgevano la parola, non si sfioravano, facevano solo il loro dovere. Cercavano di compiere una missione suicida.
Erano solo uno shinobi e una kunoichi.

Annullare i propri sentimenti per il bene della patria. Amarsi ma tenersi lontani, perché ogni distrazione sarebbe fatale.
Morire prima ancora di finire di vivere.


Avvenne.

Non sarebbe valsa invece la pena di vivere prima di morire?

Uno dei due cadde.

Shinobi induriti dalla guerra.

O forse furono entrambi?
Persero quella perfezione di movimenti, annullarono la velocità. Caddero, si ritrovarono al suolo. E fecero rumore, troppo rumore.

Traditi dai loro corpi perfetti, da quelle allenate macchine da guerra.

-Intrusi!- urlò una voce. Avvertirono chiaramente di essere accerchiati; un’eco di piedi in corsa risuonava per tutta la città, sembrava non dovesse mai avere fine. Si alzarono in piedi e videro che errano circondati da ninja nerovestiti, armati.
Era finita.
E lo sapevano.
-Ora- sussurrarono le due voci all’unisono. E sotto gli occhi serrati dei nemici, ognuno lanciò un kunai.
Non fra la folla immensa e dalla parvenza immortale, non fra i jonin nemici che avrebbero potuto eliminare, non su Lui, invisibile e senza forma.
Due kunai sui quali era avvolta una carta esplosiva, lanciati in due direzioni differenti, andarono a colpire due punti precisi, ben fissati nella loro mente.
Cumuli di polvere da sparo.
Ci furono due esplosioni, talmente forti che sembrarono una sola; il fuoco si propagò per tutta la città attraverso i fili di polvere che avevano posto nella loro corsa alla morte. I nemici non pensavano più a loro; terrorizzati, scappavano in ogni direzione, come animali feroci che chiusi in gabbia cercano una via di fuga e non trovandola si danno alla pazzia, lanciandosi contro le sbarre, ferendo se stessi, lanciando terribili ruggiti, accasciandosi nella prigione senza più speranza, vinti dall’astuzia umana.
Mentre l’incendio divampava, divorando qualunque cosa incontrasse, in molti si riversarono sulla quattro porte della città.
Ma erano sigillate.
Loro, gli shinobi di Kuroisuna, erano in trappola, e bruciavano nel loro inferno.
Avevano perso.
E Konoha riviveva sulle loro nere ceneri.

-Ino!-
-Shikamaru!-
Corrono fra le fiamme, cercano un sentiero fra i fuochi per potersi ricongiungere. Tossiscono, soffocati dal fumo. Hanno le fronti imperlate di sudore. E si cercano, si bramano, si vogliono- ora, alla fine di tutto.
Si raggiungono. Lui la accoglie abbracciandola, e piangono. Piangono, e non cercano di nasconderlo. Ormai le fiamme lambiscono loro le vesti, non c’è via di fuga, già il fuoco comincia a risucchiarli nel suo incessante vortice. Non sentono neanche il dolore, cercano solo di passare insieme gli ultimi momenti –insieme.
Per un attimo, attraverso le fiamme, vedono una figura ammantata di nero, alta e dal fisico robusto e asciutto, che li guarda per poi sparire, divorata anch’essa dal fuoco. E istintivamente capiscono che è Lui, e che ha perso, e che come tutti brucerà in quella notte di fiamme.
-Ce l’abbiamo fatta, Shikamaru, Konoha è salva…-
La zittisce dolcemente, le mormora un “ti amo” nella notte, le ultime parole di un morente. Lei, affranta dal suo stesso male, ripete la medesima frase.

Sussurrano d’amore in mezzo alle fiamme. Nell’incendio che divampa, muoiono due eroi. Ne restano ceneri sparse al vento ardente del deserto.


***




Mi scuso infinitamente per il ritardo. Avevo intenzione di pubblicare ieri, ma un imprevisto seccante mi ha impedito di avvicinarmi al computer. Sigh. Oltretutto non ho potuto neanche studiare quello che avevo in programma di fare ieri, quindi oggi ho solo il tempo di pubblicare prima di andarmi a seppellire sotto i libri. Tornando alla storia, manca solo l’epilogo (che è anche il mio preferito!), che spero di postare domani sera. Un po’ mi dispiace che sia durata così poco! Mi auguro che questo capitolo vi sia piaciuto nonostante il finale piuttosto tragico. Passiamo ora alle vostre recensioni, che fortunatamente avevo già scritto:
Per Skiblue: oh, che bello, hai capito esattamente quello che volevo dare ad intendere! Mi riferisco al fatto che il presente –al quale si è arrivato dopo la guerra- non è all’altezza delle grandi gesta del passato, e la voce narrante lo sa, ed è per questo che cerca di impedire che l’ultima scatola venga aperta, perché è quella “che contiene più dolore, che fa agonizzare l’anima”. E mi sono sentita piacevolmente commossa quando hai detto di aver pensato alla parola “meraviglioso” quando hai letto la fine, davvero! Per quanto riguarda il monologo psicologico, oddio, non mi ero accorta che ricordasse Heroes XD! Beh, tanto meglio, adoro quel telefilm. E sì, hai ragione quando elogi lo ShikaIno –sono in assoluto l’unica coppia che mi appassiona davvero, senza togliere niente alle altre. Chissà? Forse Kishimoto troverà il senno prima o poi! Ciao e grazie per la recensione e i complimenti^^
Per Kaho chan: sì, w le mosche bianche! In effetti la mazzata c’è stata, mi dispiace… ma sono contenta che la storia ti piaccia così tanto, e mi è piaciuta molto la descrizione che hai fatto delle nuvole che coprono gli ultimi raggi di sole ** grazie anche a te!
Per Queen of Night: grazie per i complimenti! In effetti ho avuto una prof d’italiano un po’ severa, ma forse è per questo che l’adoravo! Sono contenta che tu mi abbia posto quelle domande, perché così ho l’occasione di spiegare qualche retroscena che non ho inserito perché la storia era incentrata solo su Shikamaru e Ino. Avrei una mezza intenzione di fare una fiction a parte sulla guerra qui descritta, ma non so se ne avrei il tempo quindi spiego qui volentieri^^ allora, come hai visto questa guerra è stata disastrosa per tutti i Paesi, compresa Konoha; Naruto ha combattuto durante l’assedio a Suna ed è morto insieme al Kazekage per difendere sia Gaara che, di riflesso, Konoha; infatti il suo nome appare nella lapide degli eroi. Dopo la fine della guerra Tsunade non è durata molto, solo il tempo di fare una ricostruzione, mentre negli altri Paesi in molti sono tornati –quindi non sono morti tutti, nonostante la parvenza di genocidio che ho dato ad intendere- dopo che erano riusciti a scappare al di là del mare o in altri posti nascosti, quindi le Cinque Terre si sono parzialmente ripopolate. Per i successivi 50 anni non ci sono più state guerre, infatti il Sesto e il Settimo Hokage sono serviti soltanto a “ricordare i vecchi tempi”, di cui un po’ si sentiva la mancanza (infatti la voce narrante riprende i visitatori dicendo che loro non potrebbero capire totalmente il contenuto delle scatole) ma in realtà non ce n’era bisogno. Ti ringrazio per l’interessamento! Ah, un’altra cosa: ho visto che hai aggiornato la tua storia ma penso di poterla leggere solo stasera, se ho tempo. Sigh, lo sapevo che dovevo studiare venerdì! Beh ti saluto, spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto!
Per Final Alex: grazie! Ammetto che quel finale è una delle mie parti preferite. Sono contenta che questa fanfiction continui a piacerti!^^
Per Giò: ti ringrazio! A dire il vero in questo capitolo le scatole non ci sono, ma spero che ti sia comunque piaciuto!
Per Angel_Sayuri: wow, la terza classificata! Prima di tutto ti faccio i complimenti per il concorso. Secondariamente, grazie per la recensione: sono contenta che la storia ti abbia preso! Leggerò al più presto anche la tua, sono davvero curiosa; purtroppo oggi sono davvero impegnata. Mi dispiace per il ritardo di aggiornamento, specie visto che ci tenevi a conoscere il seguito… spero che questo nuovo capitolo sia all’altezza!
Per Queen of Sharingan 91: grazie per le congratulazioni^^ e anche per il bel commento! È davvero bello sentirsi dire da un lettore che la storia è capace di prendere. Spero comunque che il finale non ti abbia troppo deluso; il fatto è che sono geneticamente incapace di scrivere una storia a lieto fine, anche se mi piace leggerne. È più forte di me, hai visto che anche in “Wake Up, Ino” ho fatto una strage…^^



Prossimo aggiornamento: domani o al massimo dopodomani!
   
 
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