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Autore: AnyaSlytherin    24/06/2013    2 recensioni
Erano ormai tre giorni e quattro notti che non dormivo. La mia mente era affollata esclusivamente da tutte quelle minacce che mi perseguitavano. Ogni notte mi adagiavo nel mio letto pensando a mia sorella, pensando a quanto tutto questo avrebbe potuto metterla in pericolo se solo gliene avessi parlato. Il pensiero di Amber minacciata dallo stesso persecutore che minacciava me mi angosciava. Eravamo gemelle, ma completamente diverse. Ad Amber tutto questo avrebbe spaventato a morte, avrebbe perso la testa e sarebbe corsa immediatamente dalla polizia mettendo a rischio la sua vita e probabilmente quella di Ether, la nostra migliore amica. Lei era scettica, e sono sicura che se gliene avessi parlato l'avrebbe presa alla leggera. Avrebbe pensato che era soltanto uno scherzo da parte di di qualcuno che faceva parte di tutte quelle persone che mi odiavano.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate
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«"E' il mio turno di torturarti. -A", ma che significa?» Chiese confusa Hether.
«Non lo so.» Rispose Amber. «L'ho trovato in una bambola che Megan si preoccupava di tenere nascosta.»
«Dici che andava avanti già da un pezzo?»
«A questo punto... Non lo so, può darsi.»
«La persona che minacciava Megan...»
«Sì.» La interruppe Amber. «E' la stessa persona che perseguita noi.»
Hether rabbrividì a tali parole, come se dirle ad alta voce rendesse tutto ancor più reale e spaventoso.
«Dobbiamo andare alla polizia.»
«Per dirgli cosa? "C'è un sociopatico che ci perseguita e pensiamo che minacciasse anche Megan"?»
«Perché no? Abbiamo le prove.»
«Noi non abbiamo niente. Questi sono inutili pezzi di carta con sopra solo le impronte di Megan.»
«Come fai a saperlo?»
«Perché questa persona agisce come un professionista.» Constatò Amber. «Non dobbiamo parlarne con nessuno, perché temo che, se lo faremo, A ce la farà pagare cara.»
 
Il giorno seguente, a scuola, Amber e Hether sentirono vociferare di due nuovi arrivati a Rosewood, ma non riuscivano a distinguere due volti nuovi fra quelli già conosciuti. Sentivano le ragazze spettegolare di un certo tipo dai capelli biondi e dagli occhi verde smeraldo, e sentirono commenti su una presunta sorella dall'aspetto incantevole, decisamente da modella.
«Chissà chi sono questi due.» Esordì Hether.
«Già, qualcosa di mi dice che A già lo sappia.»
«Perché dici questo?»
«E' come se fosse ovunque e in nessun posto, come se fosse onnisciente.»
«Ma è scientificamente impossibile.»
«Ecco perché è inquietante.» Rispose Amber.
 
Qualche minuto dopo, le due amiche entrarono in classe, e fu lì che Amber notò il "famoso" volto nuovo fra i suoi compagni di classe.
Fu stranamente colpita, ma non da lui, piuttosto da se stessa. Da che aveva memoria, Amber non si era mai sentita in quel modo prima di allora. Fu come se si fosse acceso qualcosa dentro di lei, qualcosa che non concepiva, che non conosceva affatto. Lui era lì, seduto al penultimo banco accanto alla finestra che la fissava, la fissava e non batteva ciglio. Amber non sapeva come comportarsi dinanzi a tale ostinazione, ma sapeva che lui non avrebbe smesso di fissarla finché lei non si sarebbe mossa.
«Amber, Amber!» La chiamava Hether.
La voce dell'amica riportò Amber al presente. «Hai detto qualcosa?»
«Stai bene?»
«Sì, sì, certo che sto bene.»
«Avanti, sarà meglio che ci sediamo, sai che il professor Sawyer da di matto quando non ci trova ai nostri posti.»
«Hai ragione.»
Amber sedeva al secondo banco della seconda fila, due banchi di distanza dalla finestra, e Hether sedeva alla sua sinistra.
«Hey, ma quello lì è il nuovo arrivato!» Notò Hether voltandosi a guardarlo.
«Sì, l'ho visto prima.»
«Oh, ecco perché non mi rispondevi, eri impegnata a fissarlo, eh?»
Amber rise. «Ma che t'inventi?»
«Lasciamo perdere, prendo il mio libro.»  Hether si voltò appoggiandosi alla sua sedia intenta nel frugare nella sua borsa che però scivolò dalla sedia cadendo. Si accinse a recuperarla, ma una mano più veloce di lei la precedette. Alzò lo sguardo e si trovò davanti una ragazza che non aveva mai visto nella sua classe, né nella sua scuola. 
«Oh, grazie.» Farfugliò.
«Non c'è di che...»
«Hether, mi chiamo Hether.»
«Sono Katherine, Katherine Pierce.» Rispose la ragazza sorridente.
Hether non riusciva a smettere di fissarla, come se quel volto lei lo conoscesse già, ma era ovvio che si sbagliava, perché presentarsi, altrimenti? Però una cosa la sapeva: Quegli occhi, quei meravigliosi occhi verde smeraldo, lei li aveva incontrati, una volta.
«Sei la nuova arrivata?» Le chiese poi.
«Sì, e quello al penultimo banco è Damon, mio fratello.» Spiegò la novella.
«Lo sospettavo.» Ammise. «Avete gli stessi occhi.» 
Katherine sorrise imbarazzata, e Hether pensò di essere inopportuna, così sorrise a sua volta e si voltò senza aggiungere altro. Ma, inspiegabilmente, lei era felice di averla incontrata.
 
Per tutta la lezione, Amber fu tentata di voltarsi per guardarlo ancora una volta, ne sentiva il bisogno, ma allo stesso tempo si ripeteva che era assurdo, che non aveva alcun senso. Non conosceva nemmeno il suo nome. Ma quel viso, così dannatamente perfetto, lei sapeva che non lo avrebbe più dimenticato. Voleva conoscerlo, voleva ascoltare la sua voce, e stargli accanto, per qualche strana ragione.
Anche Hether era inondata di pensieri, ma per la prima volta, quei pensieri non riguardavano A, né Megan, né la sua scomparsa, per la prima volta in vita sua, Hether pensava a qualcuno che la faceva sorridere per davvero.
 
A mensa, Hether raccontò a Amber della conoscenza che aveva fatto e che l'aveva messa di buon umore.
«Katherine? Chi è che si chiama così? E' un nome antico, anzi, è un nome praticamente morto.»
«E' il suo nome, non posso mica farci qualcosa.»
«Però sembra simpatica.» Aggiunse Amber.
«Lo è.» Affermò l'amica. «Ma non posso dire lo stesso del fratello.»
«E' piuttosto silenzioso. Come hai detto che si chiama?»
«Daniel, Dar... Damon, si chiama Damon.»
«Oh, è appena entrato, voltati.»
«Katherine non c'è.» Osservò Hether. «Rettifico: E' appena entrata anche lei.»
«Credi che dovremmo chiamarli? Magari dovresti farlo tu, almeno con lei ci hai parlato.»
«Sì, per circa 10 secondi.»
«E' già abbastanza. Dai, avanti, invitali a sedere con noi.»
Hether si arrese alla richiesta di Amber e decise di accontentarla, dopotutto qualcuno doveva essere gentile con i nuovi arrivati, e perché non loro? Infondo, Hether trovava Katherine molto simpatica e gentile, perché non avrebbe dovuto provare a conoscerla e ad essere gentile a sua volta? Così si alzò e andò incontro ai due fratelli.
«Katherine!» La chiamò. Quest'ultima si voltò e le sorrise. «Io e Amber ci chiedevamo se vi farebbe piacere sedervi con noi, abbiamo pensato che forse sarete un po' smarriti e...»
«Mi piacerebbe molto.» La interruppe Katherine sorridente.
«Davvero?» Chissà perché, ma Hether temeva un rifiuto. Magari era solo paranoica, pensò.
«Certo, perché no?» Chiese retorica. «Damon, tu vieni?»
«Preferisco pranzare da solo, scusa.» Disse rivolgendosi a Hether, per poi andarsene senza proferir alcuna parola.
«Non prendertela, lui è fatto così. E' un po' scontroso, a volte.»
«Non fa niente, lo capisco. Nuova città, nuova scuola, nuovi volti, è difficile per tutti.»
«Non sei di Rosewood?» Le chiese Katherine interessata.
«Non esattamente, ma è una lunga storia. Voi, invece? Cosa vi porta a Rosewood? Siete qui per i vostri genitori?»
«Oh, no, noi siamo qui da soli. I nostri nonni sono morti e noi abbiamo ereditato la casa, volevamo dargli un'occhiata prima di decidere se venderla oppure no. I nostri genitori sono molto impegnati con il lavoro e, visto che la casa è nostra, abbiamo pensato fosse nostro dovere occuparcene.»
«Wow, i miei genitori non mi permettono nemmeno di andare in bagno da sola.»
Katherine guardò Hether un po' stranita e con sguardo perplesso.
«Scherzavo.» Si affrettò a dire quest'ultima.
 
Amber trovò Katherine davvero simpatica e socievole, proprio come le aveva detto Hether. Pensò che sarebbe stato bello parlare con nuove persone del tutto estranee a Rosewood, finalmente qualcuno con cui parlare che non la trattasse con riguardo o con compassione. Era stanca di essere compatita e consolata, voleva tornare ad essere normale. Capì che Katherine sarebbe facilmente diventata loro amica, perché aveva qualcosa di diverso, anche se non sapeva cosa fosse esattamente. Ma suo fraatello, quel dannato ragazzo che non riusciva a togliersi dalla testa, aveva qualcosa che la turbava molto. Forse era il fatto che a mensa non aveva voluto sedersi con lei, forse era il modo in cui l'aveva guardata senza distogliere l'attenzione dal suo volto, forse era il fatto che emanava un'aria strana, quasi inquietudine, quasi macabra. Sentiva che più lui era lontano, più lei lo voleva vicino. 
Anche Hether provava la stessa cosa, ma, ovviamente, per Katherine. Non aveva mai visto una ragazza più bella e carismatica. Beh, apparte Megan. Ma Katherine era il suo opposto. Bionda, occhi color verde meraviglioso, e davvero molto gentile. Megan non era mai stata gentile, tranne che quando doveva manipolare qualcuno o farsi perdonare per una sua malefatta. 

Mentre Amber si avviava verso casa sua, il telefono di quest'ultima squlliò; era sua madre. Non rispose, perché pensò che sua madre volesse mandarla in centro per comprare qualcosa, e non era decisamente dell'umore giusto per far compere.
Ma, tornata a casa, Amber scoprì presto che quanto aveva da dirle la madre era ben diverso da ciò che lei credeva volesse dirle.
«Dov'eri finita? Perché non rispondevi?» La sgridò sua madre.
«Avevo disattivato la suoneria.» Mentì. «Perché? Cos'è quest'urgenza?»
«Hanno trovato il corpo di Megan.»
 
- To be continued
  
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