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Autore: lamialadradilibri    24/06/2013    4 recensioni
Primo: io andrò in C.
È la classe più disastrata dell’intera scuola.
È terribile.
Lì è pieno di ragazzi e ... Sì, sono fighi in modo assurdo, ma fanno paura.
Secondo – perché non è finita così.
Dovrò aiutare uno di loro in latino, greco, matematica e storia.
Lui è Andrea. Lo conosco già – di “fama”.
E già lo odio.
(...)
Non so qual è la punizione peggiore.
Per lei è la mia anche se – parole sue! – “Andrea è figo”.
Poi però aggiunge una cosa che mi fa turbare. — Però c’è chi dice che non è esattamente normale ...
Le chiedo più spiegazioni, che non mi sa fornire.
Ottimo!
(...)
CRAC!
Sbarro gli occhi, portandomi una mano alle labbra per soffocare l’urlo, che resta imprigionato tra i miei denti.
O
Mio
Dio
Sara ha tirato un destro dall’aria molto potente – troppo potente – in piena mandibola a Amelia, che ha lasciato cadere la testa di lato, senza più muoverla.
Il cuore mi batte a mille.
No, no!
(...)
“Milady, ce la farò da sola.”
“Non ne dubito. Ma dubito che lei (...) sopravvivrà.”
“Non sono un’assassina.”
(...)
Serro i pugni
Deluso.
Amareggiato.
Solo.
Rinchiuso in una prigione
Odio
Amore
Come posso provarli entrambi?
*
L'amore cambia le persone, la vita cambia le persone
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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***
3.

 Fatto.
Sono nella merda, fino al collo, su su per i capelli, che mi impedisce di respirare...
Oh, accidenti! Non è merda, è Andrea! Che è tutt’altro che merda! È... Perfezione!
Ma non devo pensarci.
Il suo sguardo si fa più duro, e in qualche modo più seducente, mentre ripete: — Dillo ancora. Che c’è, non hai più la lingua?
Non vi dico neanche cos’ho pensato riguardo alla lingua ed a lui ... Accidenti, stare in posti così mi fa male!
Andrea s’abbassa fino a sfiorare il mio volto col suo. Occhi negli occhi, sento solo il suo profumo forte e buono. — Allora?
Cazzo, ora non posso più tirarmi indietro. Tanto più che va contro i miei principi – e cioè, una cosa iniziata va’ portata a termine.
Mio dio, devo dirgli di nuovo quella frase.
Com’era? Ah sì... Okay, forse sono stata un po’ troppo volgare. È che lui è così montato, accidenti!
Fisso un’ultima volta quegli occhi e lo ripeto, a voce più alta.
Così che tutti possano sentire. La conseguenza è che, nella classe, cala il silenzio.
Andrea posa il suo naso sul mio. È troppo intimo.
Un momento... Intimo? Cos’è intimo?
Qui non c’è nulla d’intimo!
Tento d’allontanare quel ragazzo, poggiando le mie mani sul suo petto.
Uh, uh! Che muscoli!
Concentrati, mi dico e, alla fine, lo sposto d’un po’.
Ma lui è irremovibile. — Sì, sarà un inferno davvero. — commenta alla fine, con freddezza, dopo avermi regalato uno sguardo indecifrabile.
Poco più tardi arriva il prof. Non l’ho mai visto, dev’essere o nuovo, oppure soltanto di questa sezione. È un normalissimo professore, forse ancora più infimo degli altri.
Insegna scienze, ma di scienze non riesce a spiegare nulla per quell’ora né quella seguente. Ed è così per tutte quelle a venire, finché non suona l’ultima campana. La prof d’inglese s’alza dalla cattedra e, sollevata, ci saluta con un veloce ‘Bye, guys!’1, prima di scappare via, cartella in mano e penna nell’altra.
Mi fa un po’ pena. Ma ancor più pena mi fa la classe: tutti esseri umani normali – almeno così pare – che potrebbero tranquillamente imparare ed essere meno sciocchi. E invece no.
È triste, perché nella vita avranno tanti problemi.
Ci sto ancora rimuginando quando una mano mi si posa sulla spalla. Noto subito l’anello d’argento che già prima ho visto alle dita d’Andrea, così mi volto di scatto, preoccupata già che ce l’abbia ancora con me per prima.
Ma così non è. Con un sorriso quasi sincero – sottolineo il ‘quasi’ – mi domanda, affabile – affabile? Dai, è Andrea! Non è affabile! — Allora, casa mia o casa tua?
Ecco, visto?
È Andrea cazzo!
Capisco troppo tardi che non intendeva qualcosa di male, ma illudeva allo studio e così, dopo la gran figura di merda, cerco di rimediare con l’indifferenza: — Tua. Che materia?
— Latino, direi.
Bene. Latino. Lo odio anch’io, ma non glielo darò a vedere.
Io sono il boss... Sì, certo.
— Okay. Per le tre e mezza. — m’informa poi della via. — A dopo, capo.
Capo? Chi gliel’ha chiesto di chiamarmi così?
Un po’ turbata mi alzo. La verità è che non voglio venga a casa mia primo, perché voglio vedere la sua – sì, lo so. È stupido e insensato, ma non sono riuscita a trattenermi! – e secondo, perché non vorrei mai che mia madre tornasse prima dal lavoro, o mio padre!, e, nel vederlo lì, traessero conclusioni errate.
Ecco tutto.
Perciò alle tre e mezza sarò là.
Corro fuori da scuola, sapendo già che Nel vorrà conoscere ogni cazzo di particolare.
 
 
*
 
 
— Cate!! Com’è andata? — m’accoglie fuori dal cancello. Lei non ha l’aria d’essere stata maltrattata da un ragazzo fighissimo, anzi: ha l’aria tranquilla e serena. Bene, perciò io sono l’unica a patire?!
Ignoro tutto ciò. — Bene tutto sommato.
Sì, ma solo perché poteva andarmi peggio.
Il ‘bene’ è relativo, come molto altro del resto.
— Ah sì? Beh, racconta.
Ovvio.
In breve le spiego un po’ com’è la classe. Gruppetti. Tatuaggi. Piercing. Ho anche sentito qualcuno parlare di ‘roba’, durante l’ora d’inglese, l’ultima credo.
Non voglio sapere cos’è.
— Ah sì? Sarà droga — m’informa Nel, aiutandomi proprio, perché m’insinua il dubbio che dopo andrò a casa d’un drogato!
A proposito di questo: non appena glielo dico, fa i salti dalla gioia.
Ora ditemi una cosa: perché?
Non c’è niente – nulla! – di gioioso! Ci sono io – spaventata e impappinata – e lui – sereno e... figo, cazzo! – e non riuscirò mai a fargli passare l’anno.
— Ma dai non vederla così — sbotta Nella quando siamo sotto casa mia, baciandomi le guance per salutarmi.
Io la trafiggo con un’occhiata. — Come dovrei vederla?
E lei, col suo solito sorriso da ‘ma è ovvio’, commenta: — Magari scopate!
Ecco, lo sapevo.
Sarei dovuta stare zitta, così non l’avrei mandata a cagare né avrei porconato2. E invece no, perché chissà, speravo in qualcosa... No, anzi, semplicemente volevo vedere se Nella era cambiata.
Risposta?
Ovviamente no.
La mia amica mi piace così, penso, entrando a casa nel panico più totale.
È l’una e mezza, e passo il resto del tempo a preparare libri, vestiti – per cosa poi? Andrò a studiare – e non riuscendo a mangiare, per l’eccitazione.
Eccitazione, mio dio? Perché? Perché sono così pirla?
Non posso crederci. Voglio andare a casa di Andrea, tanto che poco dopo mi ritrovo a messaggiare sotto stress con Nella – che se la ride, la stronza! – perché sono in crisi: che vestiti devo mettere?
Alla fine l’ora tanto ‘temuta’, ‘desiderata’, arriva.
Ed ho sempre più dubbi.
E se è ancora incazzato per l’insulto?
E se è drogato davvero? E trovo lì la ‘roba’?
E se un’inondazione colpisce casa sua e muoio là?
Okay, l’ultima cosa non ha molto senso, ma... E’ che ho paura cazzo!
Sono le tre e un quarto. Mi costringo ad uscire di casa con lo zaino che pesa un po’. Prendo un bel respiro.
Andrà tutto bene, mi dico.
Sì, certo. Chissà perché ogni film horror inizia così.
E poi?
Beh, poi, muoiono tutti.
 
 
*
 
 
Con un nodo alla gola suono al campanello di Andrea.
Apre subito, senza chiedere chi è. Perché? L’ho sempre trovata una cosa stupida: e se ti entra un drogato in casa?
... Argh, un momento. Il drogato è di casa, qui.
Mi do subito dell’idiota. Non è vero che è drogato.
Ciò che so di lui è che va male a scuola, è bello, e sicuramente ha una vita sentimentale e sociale molto più attiva di me, sfigata e secchiona.
Okay, l’ammetto: non sono né una né l’altra cosa ma... mettete vicini me e Andrea. C’è qualcosa che c’accomuna?
Nah, non direi.
E lui è... più tutto.
Entro nel vialetto. Casa sua è una villa, e c’è una piscina in giardino. Okay, amo casa sua!
La cosa più bella è il portico all’ingresso: pieno di fiori, e in giro ci sono un po’ di gatti. Ne coccolo subito uno, perché io adoro queste piccole bestioline fusanti3... Purtroppo noi non ne abbiamo perché papà è allergico.
Nessuno viene ad aprirmi la porta così, con un po’ il cuore in gola, faccio da me, borbottando: — Permesso?
Andrea, che fin’ora non ho sentito, si fa vedere. È in jeans e a petto nudo, e il mio cuore palpita nel vederlo.
Oddio... Non può farmi questo! Muoio!
Con un sorriso ironico, commenta — Sì, dai. È permesso.
Okay, okay. La ‘magia’ svanisce. Perché deve commentare tutto ciò che dico? Cioè, dio! Ho  detto una cosa ed ha già da ridire!
O sono io che cerco pretesti per essere incazzata con lui?
— Ciao Andrea.
Alla fine affronto così la realtà. Non è che evito il problema, è che semplicemente se non dai corda a un ragazzo, smetterà d’essere stronzo.
Lo si sa, insomma.
Lui dà un’occhiata a ciò che porto con me. — Quello zaino ha l’aria molto pesante. Cos’è, davvero si studia? — domanda, con le sopracciglia piegate all’ingiù. Gli danno un’aria terribilmente ingenua.
— Beh, direi di sì. O passerò tutta la mia vita in C.
— Uh! Tutta la vita eh? Non è che sei un po’ pessimista? Dai, vediamola così: ho molta birra !
Amo la birra: amo Andrea.
Nah. Non è vero, non può essere così.
M’impunto: — No, no. Andrea non l’hai capito? Pensavo anche tu volessi studiare! — dico, con un’aria innocente che sicuramente non mi dona. Butto giù a terra lo zaino perché pesa davvero troppo, ed al suo tonfo segue quello, più misurato, della porta che chiudo alle mie spalle.
Quando mi volto, c’è Andrea a fissarmi. Ha un’espressione incomprensibile, e nell’ambiente ora più scuro della casa, perché ci sono poche luci accese, è bellissimo.
Bacerei quelle labbra e l’abbraccerei anche ora, potessi farlo.
AAALT!Cos’è sta puttanata? Io odio Andrea, uno, perché è stronzo, due perché è uno sciupa femmine e ultimo, perché – forse! Okay, l’accetto: forse – è drogato!
Perciò no, non lo bacerei né abbraccerei. Fine.
Alla fine Andrea accetta d’avere un rapporto normale, e così andiamo in cucina a studiare, lui con la camminata da figo ‘yo, yo!’ e io che mi trascino e con me porto lo zaino.
Mi siedo al tavolo che c’è là. Mani sudate e sguardo perso. Sono già nella merda. Ho già perso, cazzo.
— Cominciamo?
— Quando vuoi, tesoro.
— Te l’ho già detto...
— ... Il tuo nome è Caterina. Si, l’ho capito eh. Ma per me sei tesoro — m’interrompe ed io, un po’ perché così sta zitto, e un po’ perché ‘tesoro’ mi piace... L’ammetto cazzo!...
— Come sei messo?
— Seduto.
Ah, ah. Molto divertente. — Sì, anch’io. E col latino? — borbotto in risposta, un po’ acida.
Quando mi risponde ‘male’, so che davvero è così.
Allora ricomincio da zero. Cos’è il latino. Le basi, eccetera.
Non sembra gradire ma non m’interessa. Ho un obbiettivo.
— Capito? — domando dopo l’ennesima spiegazione d’una cosa d’una semplicità assurda.
— No.
Okay forse spiego un po’ male, perché fin’ora non ha capito niente.
È colpa mia?
Rispiego daccapo. Quando spiego mi sento quasi più libera. È tutta questione di logica, insomma, alla fine basta fare muovere un po’ le rotelle.
— E ora?
Ritento.
Try, try, try.
Sì, Pink, mi sento proprio così. Devo solo riprovare.
Ancora e ancora.
Il suo sguardo si posa su me. Assonnato. — Birretta?
— Okay...
Sì, meglio se facciamo una pausa va.
Prende le birre e me ne dà una . Poi, mentre andiamo in salotto, mettendo un braccio sulle mie spalle – per niente sgradito , penso arrossando – commenta — Conosciamoci un po’!
Io, che mi sento a disagio così vicina a lui, non riesco a dirgli di no, e così mi ritrovo seduta al suo fianco su un divano che ha l’aria d’essere molto costoso. Il silenzio, apro la mia birra e do un sorso.
— Allora, che fai nel tempo libero? —, mi ritrovo a chiedergli. Chissà, un po’ perché sono curiosa, un po’ perché se no rimarremo in quel silenzio imbarazzante e poi perché... Ma sono idiota? Eh sì, verrà così a dirmi ‘mi drogo’. Tanto!
Dopo un breve silenzio – che dà conferma, forse!!, ai miei interrogativi – Andrea risponde — E tu?
Nah, così non ci capiamo. Ma non voglio insistere: — Amici, sport. E tu?
Chissà, ora mi risponderà?
— Anch’io facevo così, una volta.
Una volta.
L’incanto finisce. Mi ricordo d’essere là, a casa sua, soli. È irreale ma è la realtà.
Finisco al volo la birra, presa da una sete improvvisa. — Aspetta... Suoni il pianoforte, no? — domanda all’improvviso anche lui.
Annuisco. — Perché?
Beh, non è che ‘suono’... io ‘strimpello’, piuttosto. Anche se ho suonato brani carini, l’ammetto, e mi sono riusciti bene.
— Perché...
La suoneria d’un telefono lo interrompe. Non è il mio, così lui tira fuori il suo e legge l’sms. Do un’occhiata senza farmi vedere – spero! – e scopro che è di Sara, la troia della mia classe... No, ex classe.
‘Sono sotto casa tua...’
Okay, quei ‘...’ fanno capire il concetto: devo andarmene.
Ma non mi muovo: voglio che sia Andrea a dirmi che fare. Anche perché non dovrei aver letto nulla.
Lui si volta e, con la sua voce suadente, sussurra: — Dovresti... Andare.
Ecco, l’ha fatto. Ed io, idiota, ci son cascata.
Cosa mi aspettavo? “Ecco... Resta qui”, e che cacciasse Sara?!
Sono un’imbecille!
Mi alzo, corro in cucina, prendo la mia roba e faccio per andarmene. Ma perché questa casa è così buia cazzo? che c’è, paura di spendere?
M’inciampo su qualcosa.
Non so cos’è.
Non mi volto.
Sono già al portone, quando Andrea mi afferra per la vita e mi ci fa andare addosso.
Che...?
— Ehm... Il tuo numero. Perché se no, non possiamo metterci d’accordo.
Voglio morire.
Perché mi aspettavo altro?!
E tu cuore , va più piano!
Glielo dico. E, senza una parola, esco.
Nel vialetto c’è Sara. Mi dà un’occhiata carica di disprezzo e poi si sistema un po’ il suo ‘vestito’.
— Ciao, troia.
Mi è sfuggito.
Quella si ferma. — Ripeti?
Déjà-vu. Okay, odio i déjà-vu: quando li ho, ho una faccia da imbecille.
Ma questa volta glielo ripeterò chiaro: — Ciao, troia!
Lei spalanca ancor più quegli occhi color merda. Poi si volta e, indignata, se ne va. Come immaginavo, non ha le palle per difendersi.
Sono fiera di me.
Allora perché voglio piangere?
 
1: ‘Bye, guys!’ ‘Ciao, ragazzi!’
2: porconato, cioè bestemmiato.
3: bestioline ‘fusanti’, cioè che fanno le fusa.

 
L’ AUTRICE.
Allora innanzitutto GRAZIE a chi segue la storia, la legge, commenta ... G r a z i e!
Questo nuovo capitolo è ricco di contenuto, no? C’è la “sfuriata” tra Andrea e Cate ... C’è lei a casa sua ... E c’è il litigio finale. Concentriamoci su quello, perché nel prossimo capitolo darà i suoi “frutti”.
Ciao ragazze!

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