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Autore: Agapanto Blu    04/07/2013    3 recensioni
Anno Domini 1234.
Chatel-Argent, feudo dei Montmayeur, Francia.
Quando Daniel Freeland decide, come ultimo tentativo di aiutare la figlia diciottenne, di portare la sua Alexandra nel passato, non si aspetta certo l'immensità di sciagure che, con più foga e sadismo del solito, Hyperversum gli scatenerà contro...
Tra un rapimento, segreti che tornano alla luce e giovani amori, sembra che tutto si stia rivoltando contro il gioco di maschere dei Ponthieu e perfino la morte potrebbe non essere così certa...
Ma chi si cela dietro tutto ciò?
**********
Quando i battenti furono aperti di nuovo, il Falco d’Argento non esisteva più e Ian Maayrkas veniva portato fuori dalla sala con i polsi incatenati dietro la schiena e due guardie ai fianchi.
Lo sgomento della corte francese fu totale.
*****
Daniel non voleva crederci, non riusciva a crederci.
Eppure davanti a lui, terribili nelle loro armature, l'una con un leone d'oro rampante in campo rosso e l'altra bianca con una croce nera centrale, stavano gli incubi più tremendi che Hyperversum gli avesse mai fatto incontrare.
Jerome Derangale sorrise.
"Chi abbiamo qui?"
Al suo fianco, il barone Gant rise.
"Una spia senza signore!".

Alcuni personaggi leggermente OOC.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Daniel/Jodie, Etienne/Donna, Geoffrey/Brianna, Ian/Isabeau
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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28. Prigioniera

 
“È dentro. Come personaggio giocante.”
Alex continuava a risentire le parole di Jas nella mente, cercava di dar loro un significato diverso da quello che le si proponeva davanti agli occhi ma non ci riusciva.
Carl. In gioco. Con sua madre e suo padre.
Carl, che voleva Donna. Carl, che cercava vendetta. Carl, che non si sarebbe fermato davanti a niente questa volta.
“Jas…” mormorò, incerta, “Non…non c’è modo di…?”
“C’è un modo solo per buttarlo fuori” sbottò il ragazzo alzandosi e voltandosi verso la porta, “ed è fermarlo fisicamente.”
Alex si irrigidì.
“Dove vai?” chiese sentendolo andare verso la porta dello studio.
“A casa.” rispose lui, serio, “A fermarlo.”
Martin osservava la scena, confuso, ma Alexandra non era molto meno sorpresa di lui.
Jas sbuffò platealmente e alzò gli occhi al cielo, sapendo che lei non poteva vederlo ma avrebbe indovinato il suo gesto per il semplice fatto che lo conosceva come le proprie tasche.
“Alex, non sono un idiota. Posso non aver capito tutto, ma di certo non sono così stupido da pensare che si tratti del semplice punteggio di un videogioco.” disse solo poi, salutando educatamente Martin, scese le scale e uscì dalla casa.
Alex aspettò solo un attimo, il tempo di sentire la macchina dell’amico passare sotto la sua finestra e suonare due volte il clacson, come sempre, poi finì di indossare il visore e si alzò in piedi.
“Mandami di là, zio.” ordinò, seria.
Martin sospirò.
“Non riuscirei a fermarti nemmeno se provassi, vero?” tentò comunque di chiedere.
La ragazza sorrise, mesta, e scosse la testa.
“Non ci riuscirebbe nemmeno l’intero esercito americano capitanato dal nonno!” dichiarò.
Martin si avvicinò al computer e, nel farlo, posò una mano sulla spalla della nipote.
“Vorrei poter venire…” mormorò ma si dovette interrompere quando vide che Alex stava per ribattere, “Lo so, lo so! Devo restare qui, se per caso il virus combinasse qualche nuovo scherzo. Tu però fa’ attenzione, d’accordo?”
Alexandra annuì.
“Se succede qualcosa, il numero di Jas è nel mio cellulare.” sussurrò.
Martin annuì poi si voltò verso lo schermo e iniziò ad armeggiare con tastiera e mouse.
Alex prese un respiro profondo.
La musichetta di Hyperversum malamente modificata dal virus le entrò nelle orecchie, la voce metallica femminile ora distorta disse parole senza senso poi un passo e una scossa rovente lungo la colonna vertebrale.
La ragazza cadde a terra in ginocchio con un grido strozzato.
Era già nel passato?! Allora Ian era vicino?!
La ragazza si alzò, si passò una mano sul viso e si tastò la pelle poi si toccò la schiena e trovò il proprio abito squarciato, infine controllò le gambe e le trovò avvolte nella lunga gonna dell’abito che indossava al momento della sua sparizione da Hyperversum.
“ALEXANDRA!”
Sgomenta, l’americana sobbalzò.
 
***
 
Petra non riusciva a crederci, non poteva crederci.
Un attimo prima camminava nel bosco approfittando della luce dell’alba e della scusa di raccogliere bacche per cercare una soluzione al problema della sparizione di Alexandra, e quello dopo aveva proprio Alexandra in carne ed ossa davanti agli occhi.
La sua amica non sembrava essersi accorta di lei, si era tastata addosso come se non fosse certa di essere viva e poi si era rialzata in piedi.
Vederla viva e apparentemente anche sana aveva abbattuto la rigidità della baronessa inglese che, senza riuscire a trattenersi, aveva urlato il nome dell’amica prima di saltarle al collo.
Alexandra esitò un momento poi riconobbe la voce della sua ‘assalitrice’ e sorrise.
“Petra!”
Le due ragazze si strinsero forte mentre attorno a loro cresceva il tumulto e gli altri si affannavano a raggiungerle dopo l’urlo della ragazza inglese.
Petra si staccò dall’amica per guardarsi alle spalle poi la strinse di nuovo, questa volta alla ricerca di una scusa per parlarle senza che nessuno se ne accorgesse.
“Ho detto loro che sei…” ma non poté terminare perché Daniel Freeland apparve in quel momento e corse verso la figlia.
“Alex!” chiamava e, sebbene Petra non capisse a chi si stesse riferendo, l’uomo strinse la figlia al petto.
Arrivarono anche gli altri, uno per uno, e all’alba del sei Maggio Alexandra Freeland fu ritrovata, sana e salva, dopo un assalto di briganti.
 
***
 
“Papà, sto bene…” mormorò Alex, per l’ennesima volta, con un sorriso paziente mentre il padre continuava a stringerle le spalle e non smetteva di fissarla, come se avesse paura che potesse sparire da un momento all’altro.
“Dannazione, Alexandra!” sbottò Daniel, “Sai da quant’è che ti cerchiamo?! Eh?! Ho pensato che ti fosse successo di tutto!”
“Lo so, scusa.”
Alexandra stava seduta per terra, stretta tra il padre e la madre. Gli altri presenti avevano formato un cerchio, chi in piedi e chi seduto, e adesso fissavano la ragazza con confusione crescente: le domande che la sparizione di Alex aveva spostato in secondo piano stavano tornando a galla.
Luigi sospirò ma si avvicinò alla famiglia Freeland.
“Vi prego di perdonarmi, mademoiselle, ma devo davvero chiedervi dove eravate: vi abbiamo cercata per tutta la notte senza risultati eppure ora siete qui, perfettamente in salute.”
Daniel guardò Alex, incerto. Conosceva sua figlia, da bravo padre era andato spesso ad assistere ai suoi allenamenti e ai suoi duelli e l’aveva vista con Derangale e Gant: per quanto le parole di Guillaume lo spingessero a pregare di sbagliarsi, era assolutamente certo che fosse opera della sua piccola tutto quel massacro.
“Non dovete scusarvi, mio sire.” sussurrò Alexandra in quel momento, abbassando gli occhi, “Ero nascosta nel bosco, vi ho sentiti ma non sono venuta allo scoperto.”
Il sovrano annuì, pensando che la giovane intendesse dire che li aveva scambiati per i suoi assalitori.
“Non preoccupatevi, gli uomini che vi hanno aggredite non saranno più un pericolo per voi.” disse e si voltò verso Petra, “E questo ci riporta alla domanda più importante: ora che dama Alexandra è stata ritrovata, resta da chiarire chi ha ucciso quei soldati per difendervi e, poiché mademoiselle Matilde era svenuta, rimanete solo voi come testimone dell’accaduto, mademoiselle Petra.”
La ragazza si irrigidì.
Cosa posso dire?!, pensò, sgomenta, ma non fece in tempo a mentire.
“Sono stata io, vostra maestà.” intervenne Alexandra con calma, precedendo l’amica, “È per questo che ho avuto paura quando vi ho sentiti cercarmi.”
Luigi si voltò, sconvolto, verso Alexandra ma quella rimase calma, almeno in apparenza.
Ho bisogno di libertà di movimento, ora o mai più!, si disse cercando il coraggio di continuare ad accusarsi.
“Mademoiselle, con tutto il dovuto rispetto, si trattava di cinque uomini!” la corresse Luigi, anche se sorpreso, “Come avreste potuto, voi…?”
“Li ho uccisi, vostra maestà, per pura difesa personale.” lo interruppe la giovane, “Siamo state aggredite e Matilde è caduta da cavallo, Petra è stata fatta prigioniera e io mi sono trovata sola: ho lottato solamente per difendere me e le mie amiche.”
Tutti i nobili, e Guillaume in particolar modo, guardavano la ragazza con sgomento ma fu Geoffrey Martewall a riprendersi per primo.
“Ma voi siete una donna!” esclamò, apparentemente sconvolto.
“Una donna che, da due anni a questa parte, è stata addestrata a questo.” replicò Alexandra e tuttavia voltò la testa, imbarazzata, mentre si tormentava le mani, “Non credevo che le mie conoscenze mi sarebbero servite, qui, e poi ho saputo che la vostra legge proibiva alle donne di portare armi, figurarsi cosa avreste fatto a me che avevo ucciso cinque uomini!”
Luigi si voltò verso Petra, che fissava con sgomento l’amica.
“Voi avevate detto che il cavallo imbizzarrito l’aveva portata via!” esclamò, ancora più confuso.
“Petra ha mentito, mio signore,” intervenne ancora Alexandra, “solo per proteggermi e ripagare il debito che ha contratto con me quando le ho salvato la vita.”
Luigi continuò a fissare la ragazza.
“Dice la verità, milady?” chiese, serio, “Voi l’avete vista combattere?”
Petra non spostava lo sguardo da Alexandra e così colse il rapido cenno d’assenso che l’americana le rivolse. Sperando che l’amica sapesse ciò che stava facendo, Petra chiuse gli occhi e annuì.
Luigi si passò una mano sul viso, esausto. Rimase in silenzio a lungo e quando parlò, lo fece come se gli costasse tutte le energie rimastegli.
“Non vi credo.” esordì, serio, “Per il suo bene, legate mademoiselle Freeland: deve aver battuto la testa e penso che le emozioni violente abbiano confuso anche mademoiselle Petra.” ordinò, con un sospiro.
Daniel fece per saltare in piedi ma fu prontamente trattenuto da Guillaume de Ponthieu, che gli era accanto.
“Non adesso!” sussurrò il nobile fingendo di essere semplicemente impegnato a trattenere l’americano perché non intervenisse, “Sua maestà non è intenzionato ad uccidere vostra figlia, lo vedete voi stesso! La terrà prigioniera, è vero, ma almeno sapremo che lei non farà follie e alla fine di questa storia potremo liberarla, visto che non le crede! Ora come ora, rischiate solo di finire prigioniero anche voi e vostra figlia ha bisogno di avervi libero!”
Daniel ascoltò, sgomento, le parole del conte ma non staccò un istante gli occhi da Alexandra che si era alzata in piedi.
Luigi era ancora scettico all’idea che lei avesse ucciso quegli uomini, Alex se ne rendeva conto, e, se non voleva che il prima possibile facesse indagini e rischiasse di trovare Ian, lei doveva dimostrargli che si sbagliava.
Quando Etienne de Sancerre le si avvicinò, disarmato, e la afferrò per un braccio, la ragazza sorrise. Immaginava che lui l’avrebbe sottovalutata, era quasi ovvio che non l’avrebbe temuta nonostante le prove, focoso e impulsivo com’era.
Alexandra afferrò il polso del francese e gli sollevò il braccio in modo da passarci sotto, fece una mezza giravolta su se stessa e torse l’arto dietro la schiena dell’uomo che si lasciò sfuggire un’imprecazione di sorpresa.
“Pardonnez-moi.” gli sussurrò lei all’orecchio mentre la mano libera correva all’elsa della spada di lui.
L’americana spinse Sancerre in avanti con malagrazia e con lo slanciò sfilò la lama dal fodero. In una quindicina di secondi, la giovane si era armata.
I francesi reagirono d’istinto sguainando le spade, più preoccupati che la ragazza si facesse male da sola piuttosto che ferisse qualcun altro.
Maschilisti!, pensò Alexandra con uno sbuffo mentale ma rimase ferma.
Non voleva farsi ammazzare, voleva solo che Luigi si rendesse conto che era pericolosa perché era l’unico modo per assicurarsi che, se fosse fuggita, l’avrebbe fatta cercare immediatamente. Se voleva fare quello che aveva in mente, non sarebbe riuscita da sola ma se avesse detto di avere delle informazioni avrebbe dovuto anche spiegare come le aveva ottenute.
E io come gli spiego che d’improvviso so dov’è la sua fidanzata?!, si chiese, irritata, la giovane.
No, l’unica possibilità era far capire che era abile con la spada, fuggire, trovare Margherita e sperare di essere raggiunta dai soldati nel momento in cui i rapitori di lei l’avessero vista. Un piano molto sicuro, ovviamente.
Alex prese un respiro profondo e lanciò la spada in aria per riprenderla dalla parte della lama e porgerne l’impugnatura ad Etienne che si era rialzato.
“Non sottovalutatemi, sire.” disse, seria, rivolgendosi al sovrano, “Posso sopportare molte cose, ma io ho lavorato sodo per guadagnarmi il mio diritto di portare un’arma e non permetterò che mi si derida solo perché sono una donna.”
 
***
 
Alex non riusciva a smettere di ridacchiare. Ci provava, davvero, ma ogni volta che riusciva a calmarsi le tornava in mente il silenzio sgomento che era durato per almeno una decina di minuti dopo la sua frase ad effetto e riprendeva a ridacchiare. Alla fine, per spezzare la tensione si era seduta e aveva iniziato a legarsi i polsi da sola, aiutandosi con i denti, e a quel punto i francesi si erano riscossi abbastanza da rendersi conto della situazione.
Luigi non aveva infierito su di lei e si era limitato e far legare al laccio che le legava le mani una corda, presa nella casupola, il cui secondo capo era attaccato saldamente ad un albero, la stessa pianta alla quale ora la giovane poggiava la schiena.
Alex scosse la testa ma divenne seria nel sentire dei passi avvicinarsi.
“Papà?” chiese.
Daniel sospirò.
“Alex, ti prego, dimmi che hai una spiegazione ragionevole per tutto questo!” supplicò, inginocchiandosi accanto alla figlia e aiutandola a mangiare la carne che le aveva portato –presa sempre dal luogo dove Johannes li aveva lasciati–.
“Sì, purtroppo…” mormorò la ragazza, seria.
Con calma, Alexandra spiegò al genitore tutto quello che era successo e che aveva scoperto.
Daniel sgranò gli occhi e impallidì ma rimase silenzioso per una decina di minuti anche dopo la fine del discorso.
“Ian è morto…” sussurrò, sgomento, “Lui aveva ucciso Derangale. Questo vuol dire che lo sceriffo è…?”
Alex scosse la testa con forza.
“Papà, per favore!” sussurrò, “Parla con Isabeau, lei sa cosa fare.”
Daniel sgranò gli occhi ma non poté chiedere altro perché Luigi si stava innervosendo nel sentire il complottare silenzioso di padre e figlia e gli chiese di sbrigarsi.
“Vai.” annuì Alexandra, “So cosa sto facendo.”
Daniel fissò la figlia, legata eppure determinata e sicura, ed esitò ma alla fine si alzò in piedi.
“Lo spero, Alex. Lo spero davvero.” mormorò prima di voltarsi e unirsi agli altri.





Lo so, sembra inutile...
Mi sento in dovere di dirvi che l'ispirazione mi ha un po' abbandonata ma farò il possibile per non fare lo stesso con questo racconto.
Allora, Alex è in una posizione parecchio precaria, Ian è gentilmente tornato a zappare la terra (no, vabbé... più o meno XD) e Jas sta cercando di fermare Carl, ma noi sappiamo che lui non è certo alla sua scrivania...
Titolo prossimo capitolo: Diversi obiettivi
Grazie di cuore a tutti!
A presto, 
ciao ciao!
Agapanto Blu
  
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