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Autore: skylar_98war    05/07/2013    2 recensioni
Ero “non desiderata”.
Se avessi capito fin dall’inizio… se lo avessi ascoltato fin dall’inizio… a quest’ora non sarei ridotta così. Piena di lividi. Lui voleva solo aiutarmi, voleva solo proteggermi, ma non ho voluto né il suo aiuto né la sua protezione. Lui era un angelo. Il mio angelo custode. Se vedeva i miei tagli, era sempre pronto lì a fasciarli, a curarli. Piangeva… piangeva perché mi vedeva soffrire… ma non riuscivo a capirlo. . Continuavo a prendermela con me stessa nonostante i suoi consigli, i suoi rimproveri, le sue lacrime… Ora non mi degnava di uno sguardo, non mi salutava, non mi coccolava, non mi accarezzava, non giocava piu’ con le ciocche dei miei capelli, ora non voleva piu’ fasciarmi le ferite. Ora mi odiava perché aveva fatto troppo. Lo avevo ferito. Ormai era stanco delle mie debolezze. Bene, l’ho voluto io… ora aveva capito che non ascoltavo i suoi consigli, ora aveva capito che non m’importava niente di quello che faceva per me. Adesso, in questo momento, lui se ne era andato per sempre. Joe non mi amava.
Ma un giorno arrivò un ragazzo dai riccioli splendenti che stravolse completamente la mia vita...
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa, Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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                                                   He just wanted
                                                                                                      simple explanations



…E io mi sentivo così protetta. Protetta dai guai. Lui in fondo è la mia salvezza eterna. Lui mi dava una protezione indescrivibile come se ne avessi tanto bisogno... come se fosse la mia medicina giornaliera e io la sentivo da parte sua fortemente soprattutto quando si sedette accanto a me accarezzandomi teneramente la fronte. Fu davvero magnifico quel momento. Poi all’improvviso si alzò di scatto e spense tutti gli interruttori delle luci. Ora ero nella totale oscurità. Mi sentivo isolata ed emarginata perché avevo la continua sensazione che se ne fosse andato il motivo per cui avesse spento tutte le luci. Ma poi sentii dei passi abbastanza forti avvicinarsi con cautela a me. Era rimasto. Lui posò una candela sopra il tavolino di legno accanto a noi. E dopodichè la accese. Era proprio rilassante stare  nel buio totale sola con lui. E nessun altro. Sarebbe stato meglio che però al posto della candela ci avrebbe messo un falò. Sarebbe stato piu' equilibrante e sensazionale. Io adoro il falò. –Wow che atmosfera!- gli svelai io a bassa voce. Lo vedevo intento a prendere e sistemare delle fasce da un enorme scatola. Poi accese un’altra candela e la portò con sè fino in cucina… chissà cosa stava decidendo di fare? Ero rimasta da sola e non riuscivo a scorgere nulla. La luce della candela sul tavolino era stata spenta improvvisamente da un fascio di vento entrato dalla finestra semiaperta, e in fondo non riuscivo a vedere nulla. Tutto era oscuro. Vedevo solo una minuscola luce fioca lontana accesa accanto alla cucina.
Non arrivava ancora. Non sentivo piu’ la sua presenza e mi venivano gli istinti pensieri che se ne fosse andato senza avvisarmi. Mi sentivo triste e anche addolorata perché sospettavo di continuo che se ne fosse andato approfittandone dell’immenso buio che c’era intorno a me e della lontananza della luce. Mi ero arresa, mi ero convinta ciecamente che fosse scappato. La luce fioca sparì. Ma dopo pochi minuti una sorpresa indugiò sul mio ragionamento sospetto ed eccolo arrivare con una tazza di tè bollente. Si sentiva l’odore di lontano. Era fantastico. –Ecco prendi!- mi disse mentre mi porgeva la tazza. Poi mise sul tavolino accanto alla scatola delle fasce una grossa ciotola piena di cubetti di ghiaccio. Poi accese di nuovo la candela che si era spenta prima e chiuse la finestra da dove proveniva quel vento. Joe si comportava come se fosse a casa sua. –Come mai quest’incontro fra noi nel bel mezzo del buio a lume di candele?- ero sorpresa. –E’ piu’ divertente. E poi mi sembra l’atmosfera adatta per raccontarci qualcosa!- mi disse mentre mi posava una busta di ghiaccio freddissima sulla gamba. Non riuscii a capire a cosa si riferisse. –Ah mi sembra un ottima idea… ma che cosa devi raccontarmi precisamente? Joe mi fulminò con lo sguardo. Quello sguardo dava cattive notizie. Aveva scoperto qualcosa? –So che hai qualcosa da dirmi…  ma che non vuoi dirmi. Cosa succede?- mi disse con uno sguardo freddo diretto a me. Ma Joe viveva nella mia mente? Come aveva fatto a capire che c’era qualcosa che non andava in me? Come? Era ovvio non volevo che entrasse nel camerino senza un motivo preciso. Aveva ragione.
Abbassai la testa giu’. Non riuscivo a trattenere il suo sguardo e… forse volevo raccontargli tutto. Avrei detto "Joe sai che mi taglio, ma lo faccio solo perchè non mi sento accettata dagli altri. Perdonami... so che è vergognoso!". No! Avrei fatto la figura della "ragazza innocente bisognosa di aiuto!" Ma non sapevo quale sarebbe stata la sua reazione. Non mi avrebbe piu’ parlato… ne ero sicura. Ma dovevo… alzai un po’ lo sguardo di nascosto e vidi che mi stava fissando in un modo incerto. Non riuscivo a parlare. Non potevo dirgli nulla. Mi stava fissando dalla testa ai piedi. Dovevo dirglielo… lui ormai ha capito che c’è qualcosa che mi turba. Parlai –Io…- fu l’unica parola che mi uscì di bocca. Non riuscii piu’ ad aprir bocca. Avevo troppo paura. - Perchè mi hai detto quelle cose prima? Perchè mi hai detto di andarmene? Sei arrabbiata con me? -L'unica cosa che voglio è che tu te ne vada. Si va bene, sono arrabbiata con te, ok?- Non capiva. Oh mio Dio perchè lo sto incolpando? -Ma perchè?- Da quel momento in poi nessuno dei due parlò. Restammo tutti e due in silenzio… lui mi guardava sconvolto ed io restavo sempre con la testa abbassata. Mi stavo comportando da maleducata. Quel silenzio mi stava mettendo in imbarazzo. Sentivo la tensione. La tensione cresceva e cresceva... Sentivo solo il rumore drammatico delle goccioline d’acqua scendere sul lavello che non era stato chiuso bene. Mi stavo vergognando. C’era troppo silenzio. Un silenzio cupo. Poi lo guardai neo suoi occhi nocciola con decisione. Senza timore. E aveva uno sguardo penetrante. Ancora non ci eravamo decisi a rompere quel silenzio. Ogni tanto mi toccavo i capelli per quell’imbarazzo che si era creato tra noi... e arrossii e mi coprì il volto all’improvviso. Joe mi stava sicuramente detestando in quel momento. Lui mi aveva fatto una domanda ed io non lo avevo risposto fingendo di guardare in terra e poi dopo per coprirmi il viso. Mi stavo comportando da maleducata. Io non sono così… ma la paura mi fa reagire in questo modo. Basta qualcuno di noi due doveva parlare? Non voleva restare per tutta la notte con gli occhi spalacanti fissi su di lui. –Non ti capisco… cosa dovrei dirti?- era la prima cosa che mi era venuta per la testa. Arrossii ancora… non volevo darlo a vedere! E secondo me Joe se ne era ancorto. Lo aveva notato-… … … Sei così sensibile!- Ecco perchè lo aveva notato. -Parli proprio ora?- -… Io… non so…- -Ti ho fatto una domanda e mi dici che è tutta colpa mia!- -Io… non posso!- Ci fu ancora un silenzio abbastanza lungo. Poi fu lui questa volta a rompere il ghiaccio. –Credo di aver capito tutto allora!- Cioè? Cosa? –A che cosa ti riferisci?- -C’è qualcosa che mi nascondi!- era un' affermazione. Stavo per piangere. Ancora. Ancora una volta. –Non… ho… ni… ni… niente da nascondere!- Scoppiai a piangere una volta ancora. Così mi mostravo debole. E non solo era lo stesso pianto di prima. E lui avrebbe potuto riempirmi di domande se mi avrebbe visto reagire così: la mia debolezza è un problema. Mentre continuavo a piangere Joe mi mise ancora un po’ di ghiaccio sulla gamba e poi alla fine ci attorcigliò una lunga fascia. Lui si stava prendendo cura di me. Ed io che mi stavo dimostrando una falsa… continuando a mentire. –Perché menti?- -Non… ti sto mentendo!- Ancora un’altra bugia. –Te lo giuro!- gli dissi io mentre lo guardava con gli occhi pieni di lacrime. Ma quale giuramento? Ma cosa stavo dicendo? Ero impazzita!
-Guarda che non sono nato ieri. Io sospettavo che stesse succedendo qualcosa… ed infatti me ne hai dato la prova!- -Ah davvero quale prova?- gli dissi io urlando un po’. –Tu non puoi sapere tutto di me… non sai quando sto male, quando sono arrabbiata, quando nascondo qualcosa, quando sono felice, quando sono triste, quando sono innamorata… non sai nulla di me!- urlai.
-Io invece ti conosco Devonne. Sai perché ho scoperto che stai mentendo? Vuoi davvero saperlo?- Annuì con indifferenza -Perché prima quando ti ho chiesto se c’era qualcosa che mi nascondevi… tu sai cosa hai fatto? Sei stata zitta… in silenzio. Quindi mi sembra piu' che ovvio. E poi mi hai detto che sei arrabbiata con me senza un motivo ben preciso. ti sei fusa il cervello- aveva ragione. Questo era vero. Io ero rimasta in silenzio senza dire niente! –E poi tutto a un tratto piangi... così... all’improvviso e non riesco a capirne il motivo. Quindi? Quindi ora non puoi nasconderti. E sei stata poco intelligente. Senza offesa! Eh? Non puoi nasconderti! Non solo abbassi la testa ma ti permetti anche di coprirti la faccia. Bene. Complimenti!- -Tu non sai nulla di me!- Ma perché lo stavo trattando male? 
Mi stavo pentendo. –Non pensavo che potessi essere così... inutile! Non pensavo che mi avresti potuto deludere in questo modo!- L'avevo deluso!
-E va bene... Scusami… non volevo! Non volevo… scusami ancora! So che ho sbagliato nei tuoi confronti… ma io non ce la faccio…!- -Forse non avrei dovuto aiutarti!- ma cosa avevo combinato? –Non riesco a parlare davanti a te… mi metti in soggezione!- -Scusami!- Joe guardò l’orologio e poi si alzò infilandosi di fretta e furia la sua giacca nera firmata. Così capii che doveva andare. Non volevo che se ne andasse. Ma forse non voleva perdonarmi. E secondo me stava facendo una cosa giusta. Dovevo pagare contro le mie ideali bugie! Ed avevo commesso un grande sbaglio. –E’ meglio che io vada ora!- -Aspetta… mi dispiace tanto!- Si fermò e si avvicinò a me per un istante. –Davvero perdonami se puoi. È che sono ancora triste- -Non ti preoccupare Demi. Ora però devo andare!- -No… … fermo!- gli dissi tirandolo per un braccio. –Non lasciarmi qui da sola! So che ti ho ferito e…- -Demi non importa. Ho capito… ho capito tutto. Ora però riposa…- mi disse massaggiandomi piano piano le mani. Mi diede un bacio sulla guancia e spense con un soffio leggero la fiamma della candela e poi “scappò”. Nel senso che camminò velocemente quasi sembrava corresse quando se ne andò. E secondo me era ancora un po’ offeso perché sbattè forte la porta quando la chiuse. Ora ce l’avevo con me stessa. E se lo devo dire purtroppo mi tagliai di nuovo quella notte. Joe mi aveva smascherata. Aveva capito che ero una bugiarda. Lui aveva subito capito che c’era in me qualcosa che non andava perché lui mi conosce bene anche se lo avevo accusato che si sbagliava…  e voleva solo delle spiegazioni. Delle “semplici” spiegazioni. Lui lo nota nei miei occhi che soffro. Lo nota benissimo. Piansi tutta la notte fino a che i miei occhi si chiusero e mi addormentai con una sensazione terribile e mi risvegliai con quella stessa medesima sensazione. Era una sensazione di cambiamento. Il giorno dopo mi svegliai prestissimo. Alle 6:00. Era un record, sono la tipa che si sveglia quasi alle dieci o a volte addirittura a mezzogiorno, ma oggi era strano. Sapevo che qualcosa era davvero cambiata profondamente. Di solito la mattina appena mi sveglio faccio colazione… ma quel mattino presto non fu così. Non mangiai nulla… nemmeno le mie barrette preferite al cioccolato attirarono la mia attenzione. Niente fame. Dovevo rimediare a qualcosa di davvero importante. Presi le stampelle accanto a me e le usai per camminare ed arrivare a prendere la radiolina poggiata sopra il microonde della cucina. Ero ancora in pigiama e quella mattina non avevo voglia di uscire… avevo deciso: me ne sarei restata a casa tutto il tempo. A leggere, a studiare, ad ascoltare un po’ di musica, oppure a suonare il mio amato pianoforte. Presi la radio e mi sedetti sul divano, misi un canale dove spesso mi trasmettevano che era il 45. Per fortuna non avevano detto ancora nulla dell’incidente di ieri. Girai canale ma per fortuna ancora nulla, rimasi su un canale a caso per vedere se dicevano qualche solita stupidaggine su di me. Dovevo restare completamente attenta. Mentre studiavo da un libro, mi squillò il cellulare. Era Nick. Attaccai. Non avevo voglia di sentirlo. Nemmeno a lui. Dopo pochi minuti gettai il libro per terra. Stanca di tutto. Il mio sguardo si rivolse alla bilancia. Mi avvicinai… volevo salirci per vedere quanto pesavo. Ci salii… la lancetta segnò 65 kg. Era troppo forse? Sinceramente non lo so… scesi. Andai nel piano di sotto, ed accesi il camino perchè avevo un freddo terribile... mi sedetti su uno sgabello e suonai il mio pianoforte. Non sapevo cosa stavo suonando. Le mie dite scorrevano sui tasti liberamente. Stavo suonando senza pensare perché mi incantai a guardare una foto di me e Joe appesa al muro. Era durante le riprese di Camp Rock. Sinceramente la melodia non era male. Anzi era carina. No carina… era bellissima. Mi faceva pensare ai momenti in cui Joe mi ha aiutato quando stavo male nonostante io avessi rifiutato i suoi buoni gesti. Ma perché era così buono con me? Perché? È sempre stato così. Ieri era stato il nostro primo litigio. Nick infatti pensava che la nostra amicizia fosse un po’ falsa, perché non c’è stato neanche un momento di tristezza tra noi prima. Ora c’è stato, chissà cosa avrebbe pensato? Forse perciò mi aveva chiamato! Stavo pensando di farci una canzone su quella melodia. Presi la penna ad inchiostro, la bagnai un po’, e cominciai a scrivere qualcosa. Le parole erano romantiche. Poi un gesto sbagliato con la mano fece cadere tutto il barattolo d’inchiostro sul foglio… e quelle frasi sparirono per sempre. Alla fine stracciai il foglio di carta perché Joe avrebbe subito capito che quella canzone rappresentasse noi. Quindi forse era anche meglio che si era rovinato. Mi mancava troppo lui. Io possedevo un album pieno di foto di me e lui… era messo in ordine cronologico da quando ci eravamo conosciuti fino ad ora. Ce lo aveva anche lui uno identico. Era proprio il mio migliore amico lui. Guardava ogni giorno quell’album… come se fosse una cosa di cui avesse tanto bisogno. Come se fosse la sua droga! Chissà se quel giorno come tanti lo avesse rivisto dopo quel litigio. Speravo di si. Ma ero un po’ arrabbiata con lui perché avevo la sensazione che ieri sera lo avesse fatto apposta a chiedermi se stavo bene… mi aveva quasi costretto a dirgli la  "pura e vera" verità. A dirgli quell'unico segreto di cui non ne era a conoscenza. Ma poi se ne è andato! Quindi… perciò ce l’avevo ancora un pò con lui. Decisi di guardare anche io le foto dell'album... pensai che forse lo stava facendo anche lui in quel momento o che l'avesse già fatto o che lo avrebbe fatto. Guardando le foto mi emozionai pensando a tutti i nostri momenti. Me le ricordavo a memoria. Sembrava un album da figurine. Ma mi venne un vuoto quando vidi che la pagina di un album era vuota. Ma come le collezionavo tutte insieme e non me ne mancava nemmeno una? Ci restai male ma in fondo non m'importava tanto. Tanto per me quell'album di foto non significava piu' nulla per me. Comunque guardai tutte le nostre foto e alla fine della pagina c'era anche un biglietto. Non lo avevo notato mai prima. Ecco le parole: "Ciao Dems. Sono io... sei la mia migliore amica e non ho mai incontrato mai una persona come te... sei speciale. Ti voglio bene! La mia Dems. (Your friendship is my drug)" L'aveva messo anche fra parentesi!! Ma che idiota! Non so perchè ma quelle parole mi ferirono. Il cammino era accesso e gettai lì dentro tra le fiamme del fuoco quel biglietto. Lo guardavo mentre perdeva consistenza e... mi sentivo libera. Sollevata che si stesse bruciando. Sollevata che non avesse piu' senso. Sollevata che non esistesse piu'. Ora stavo meglio.
  
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