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Autore: ladymisteria    06/07/2013    2 recensioni
"Per diversi istanti sembrò che il tempo si fosse fermato.
Nonostante i capelli più corti e una leggerissima barba a circondargli le labbra perfette, Irene non poteva non riconoscere quel viso, quegli occhi.
L'avevano tormentata per mesi, nei sogni.
Era lui.
Ed era vivo."

La mia personalissima interpretazione di quanto accaduto durante il periodo in cui Sherlock si è finto morto.
Versione riveduta e corretta.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Irene Adler, John Watson, Mycroft Holmes, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'After Sherlock's Fall'
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Il medico entrò nel laboratorio del St. Bartholomew’s Hospital, scoprendovi – oltre a Lestrade e a Molly – anche Anderson.

Quest’ultimo uscì non appena John fu affianco all’ispettore.

«Credevo che Anderson fosse sospeso» disse John.

Lestrade scrollò le spalle.

«Lui e Sally hanno fatto richiesta di reintegro stamane. Non vedo motivo per cui negare loro la cosa. Hanno ammesso di aver sbagliato, ed entrambi hanno accettato di buon grado di essere retrocessi».

John preferì non esprimere a voce alta quello che stava pensando, così rivolse la sua attenzione a Molly.

«Hai detto di avere i risultati».

La donna annuì.

Tremava come una foglia, e pregava in cuor suo di riuscire a rimanere in silenzio su quanto accaduto realmente a Sherlock Holmes.

«E’ così. Dalle analisi è risultato che i vostri sospetti sono fondati. C’erano tracce di polvere da sparo sul cappotto. Ma non dove si ci aspetterebbe di trovarla» disse, mostrando loro i risultati degli esami condotti.

Lestrade e John lessero rapidamente quanto scritto sui fogli, poi si scambiarono un’occhiata perplessa.

«Qui dice che una notevole quantità di polvere da sparo è stata riscontrata più o meno all’altezza del collo. Ma questo non ha alcun senso! L’unico motivo per la presenza di residui in quel punto è che Sherlock sia stato colpito a bruciapelo. E tu hai detto di non aver trovato alcuna traccia di ferite da arma da fuoco sul corpo!» esclamò John, confuso.

Lestrade diede una seconda occhiata ai risultati, perplesso.

«E se invece stessimo sbagliando tutto?» mormorò.

«Che vuoi dire?» chiese John.

«Sappiamo che quasi certamente sul tetto c’era anche Moriarty, no? Abbiamo supposto che fosse stato Sherlock ad ucciderlo, prima di saltare. Ma i risultati vanno contro questa teoria. Quindi io dico: e se Moriarty non fosse stato ucciso?».

John fissò l’ispettore.

«Intendi dire che potrebbe essere ancora vivo? Hai visto quanto sangue c’era sul tetto. Nessuno potrebbe…».

Lestrade lo interruppe, scuotendo il capo.

«No. Quello che voglio dire è che forse Moriarty si è ucciso. Pensaci un attimo. Spiegherebbe benissimo perché la polvere da sparo trovata sul cappotto di Sherlock è all’altezza del collo. Che io sappia quel folle era più basso di lui. Se si fosse sparato di fronte a Sherlock, abbastanza vicino a lui…»

«…alcune particelle di polvere da sparo si sarebbero trasferite sul suo cappotto! Ma certo!».

L’entusiasmo di John, tuttavia, durò poco.

«Ma ancora non sappiamo perché Sherlock si è gettato dal tetto».

*

Di nuovo nell’ufficio di Lestrade, John e l’ispettore si misero a confrontare le loro ultime teorie.

«Per quale motivo Moriarty si sarà ucciso? E perché mai poi Sherlock avrà deciso di imitarlo? Escludo, ormai, che ci fosse una terza persona con loro sul tetto. Non abbiamo motivi per pensare il contrario. Sicuramente uno degli uomini di quel pazzo sarà andato a ripulire la scena, facendo sparire il cadavere, una volta creatasi un’opportunità; ma dubito sia stato precedente al salto di Sherlock» disse Lestrade.

Più si addentravano in quella faccenda, e meno le cose si facevano chiare…

Gli occhi di John si posarono casualmente sul giornale del mattino.

In prima pagina spiccava un articolo in cui si elogiava l’ultima vittoria del campione nazionale di tiro al bersaglio.

Per qualche ragione, quella notizia gli appariva importante…

Tieni gli occhi fissi su di me”.

La soluzione gli colpì la mente come un fulmine a ciel sereno.

«Un cecchino» sussurrò.

L’ispettore Lestrade lo fissò.

«Come?».

John si sedette lentamente.

Ora tutto gli era chiaro.

Finalmente sapeva.

«Sherlock mi chiese di tenere gli occhi fissi su di lui, mentre eravamo al telefono. Allora non ne compresi il motivo. Insomma, stavo correndo sul tetto per fermarlo, ed ero piuttosto scioccato da quanto stava succedendo… Credevo non ci fosse una reale motivazione. Fino ad ora. E se la sua richiesta fosse stato solamente un tentativo disperato di essere sicuro che nessuno mi avrebbe sparato?».

Lestrade si grattò il mento.

«Penso di cominciare a capire cosa intendi, John. Moriarty assolda un cecchino, pronto a fare fuoco su di te. Qualcuno che avrebbe dovuto ucciderti a un determinato segnale».

John annuì.

«Ora immagina questo, Greg: Moriarty dice al cecchino di sparare se Sherlock non si butterà dal tetto. Lui solo può ritirare l’ordine. Quindi che faresti tu, al suo posto? Non cercheresti in tutti i modi di evitare di essere costretto a fare dietro – front?».

I due non parlarono per qualche minuto, troppo sconvolti dalla fredda crudeltà di un piano simile.

Poi Lestrade parve riscuotersi.

«Ma perché mai Sherlock non ti avrebbe avvisato, una volta morto Moriarty? Perché farti credere di essere un bugiardo? Perché non avrebbe avvisato me? Poteva telefonarmi e spiegarmi brevemente la situazione. Al cecchino sicuramente era stato detto di aspettare almeno una decina di minuti. Insomma, si parlava comunque di dover convincere Sherlock Holmes ad uccidersi!»

«Magari temeva che sareste arrivati con le sirene spiegate, facendo così decidere al killer di fare fuoco».

«Allora poteva raccontare tutto a te; dirti di nasconderti in un palazzo, togliendoti così dalla linea di tiro».

John si fece pensieroso.

Un sospetto…

«La notte che io e Sherlock incontrammo Moriarty alla piscina, entrambi eravamo minacciati da diversi cecchini. E se quel pazzo si fosse ripetuto? Se avesse assoldato più di un cecchino, ognuno con un diverso obiettivo? Pensaci. Se Sherlock avesse avvisato uno di noi, portando così alla cattura del killer che teneva sotto tiro me, sicuramente gli altri l’avrebbero scoperto, e avrebbero proseguito con il piano stabilito».

Lestrade si passò una mano sugli occhi.

«Un ricatto. Ecco spiegata ogni cosa».

L’uomo sospirò.

«Ma perché mentirci?».

John quasi si mise a ridere.

Per mesi aveva creduto che l’amico avesse pensato solamente a sé stesso, e ora…

«Lo sapeva» mormorò con voce flebile.

Sentì di nuovo gli angoli degli occhi pizzicare per la comparsa di nuove lacrime.

«Sapeva che se mi avesse detto la verità, mi sarei messo ad indagare, non mi sarei dato pace. Ha preferito mentirmi e salvarmi la vita, piuttosto che raccontarmi tutto e mandarmi a morire nella tana dei leoni».

John si coprì gli occhi.

Il detective si era sbagliato.

Gli eroi esistevano.

E lui, il suo migliore amico, era uno di loro.

 

   
 
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