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Autore: La Chiave di Do    06/07/2013    2 recensioni
Summertime made promises
it knew it couldn't keep.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alex Turner, Miles Kane
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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     Now I am craving heartbreak
     while you're making your demands.



*


Mai è stato e mai sarà nella mia indole svegliarmi prima di qualcun altro, nè la mattina di Natale quando ero bambino, nè per svegliare con un bacio la fortunata del giorno capitata fra le mie lenzuola; ma ora che a finirmi nel letto, fortunatamente ad una distanza da occhi indiscreti tale da non trovarlo imbarazzante, è stato il mio migliore amico, immobile come una statua di marmo per tutta la notte, allora è la spiacevole sensazione di non possedere piu' il braccio sinistro -e di essere molto vicino a perdere anche la spalla- a svegliarmi. Deliberatamente lo sfilo da sotto il corpicino di Alex, che mugola esibendosi in un'espressione infastidita: quasi immediatamente, non mi è ancora chiaro se nel sonno o nella veglia, reintrufola la testa ricciuta sotto il mio braccio e io me la ritrovo ancora li' adagiata delicatamente sul petto. Sbuffo, ma riconosco che in fondo la sua infantilità ha un che di tenero.
Tu hai capito malissimo” farfuglio ad un tono di voce troppo alto per pretendere che non si svegli, e di nuovo me lo levo di dosso senza troppa grazia, avendo in risposta qualcosa che potrebbe essere un vaffanculo o un riferimento al troppo alcool ingerito la sera prima: opto per la prima, quindi lo ringrazio rotolandomi giu' dal letto noncurante di chi o cosa uccidero' sulla mia strada, poi gli levo di dosso il lenzuolo, giusto per rompergli un po' i coglioni.
Questa volta le sue labbra, ancora inabissate nel cuscino, articolano piu' chiaramente uno stronzo molto assonnato.
Il bello è che è se ne è stato beatamente abbracciato a me per tutta la notte, in un sonno piombo come quello di un ghiro in letargo e ora si lamenta pure; eppure non ce la faccio ad incazzarmi, gli rilancio addosso la coperta e mi viene improvvisamente da ridere, un po' per l'assurdità della situazione, un po' perchè non avevo mai avuto la possibilità di constatare che appena sveglio ha un'espressione da quindicenne in post-sbronza degna di essere immortalata ed utilizzata per minacce di ogni sorta, ma sono troppo buono per attuare un piano del genere. Quando finalmente riemerge dal cumulo di stoffa bianca ha ancora gli occhi a mezz'asta, schiocca la bocca nell'evidente preparazione di uno sbadiglio di dimensioni apocalittiche.
Comincio ad elaborare un insulto appena piu' elaborato del classico rincoglionito quando lui mi precede in una supplica esitante, lasciandosi ricadere all'indietro nel cuscino -il mio- in un mugolio ruvido:
Caffè...”
Lo guardo perplesso, come se fosse ovvio che non accondiscendero' mai a quella richiesta.
E chi sarei io, tua madre o la tua serva? Fattelo da te...” brontolo infilandomi gli occhiali per focalizzare il mondo almeno sotto il profilo visivo.
Mentre si trascina giu' dal letto lo sento ripetere di nuovo qualcosa che assomiglia allo stronzo di prima, poi si allunga a fatica in direzione del cucinino e si mette a svitare la caffettiera, gli occhi pieni di sonno fino all'orlo: non lo biasimo, è davvero difficile non odiare profondamente tutto cio' che ti circonda quando sono le otto e trenta di mattina; poi invece inizio a sentirmi addosso quello strano pizzicore che ti avverte che stai detestando chi hai davanti al pensiero che è proprio lui il motivo della mia sveglia prestiva, poi quando lo vedo sbadigliare di nuovo m'intenerisco troppo per continuare a maledirlo.
La nostra colazione è quanto di piu' misero e vicino a quella di un anoressico si possa immaginare: un'immensa tazza di caffè bollente ciasciuno, rigorosamente senza zucchero, ed un paio di Marlboro fumate senza neppure aprire la finestra, e mentre cerchiamo di allontanare il sonno non ci scambiamo una parola; non ci serve, non ci è mai servito parlare troppo, basta uno sguardo, un gesto, un minimo cenno delle rispettive intenzioni a comunicare immediatamente all'altro la propria emozione. Fa proprio cosi' Alex quando accenna alzando il mento alla porta del bagno, mentre un nuovo sbadiglio gli deforma una guancia, tacitamente mi fa capire che sta andando a farsi una doccia, e io mi limito ad annuire.
Quando riemerge dalla porticina di legno io non mi accorgo direttamente della sua presenza, voltato a lavare le due tazze nel lavello della cucina, ma la percepisco, come se un'ondata di vento tiepido fosse entrata nella stanza trapassandomi in un brivido caldo. Poi il brivido, al posto di svanire come arrivato si intensifica quando le mani di Alex, ancora umide, mi si infilano sotto le braccia e si incontrano all'altezza del mio diaframma in un abbraccio spiazzante; mi appoggia la fronte sulla nuca e due gocce gelide mi scivolano dentro il colletto della camicia facendomi sussultare all'improvviso. Mi stringe. Cosi', casualmente, come un bambino disperato, Alex decide di abbracciarmi alle spalle come se temesse di vedermi scappare da un momento all'altro, come se potessi sparire o crollare, mi stringe come per sorreggersi e non precipitare nel baratro della solitudine, mi stringe e mi bagna la schiena. Restiamo cosi' per almeno un paio di minuti senza la forza di chiederci cosa significhi quel contatto, non per la paura di scoprirlo, ma semplicemente perchè non arriveremmo mai ad una risposta: non lo sappiamo, fosse per me potremmo non saperlo mai e sarebbe meraviglioso comunque.
Non sarebbe la prima nè ultima volta che due amici si abbracciano, nè la prima o ultima che lo facciamo io e Alex, che siamo praticamente fratelli, eppure stavolta mi sento strano, e l'abbraccio risulta piu' gratuito, piu' delicato e al tempo stesso piu' intenso del solito, come se valesse di piu' di un solito abbraccio.
Finalmente mi volto sciogliendomi da lui, e quando lo scopro compleatmente nudo un improvviso senso di inferiorità mi coglie; non perchè sia piu' magro, piu' muscoloso, piu' virile di me, anzi, probabilmente se ci scontrassimo in una sfida dai toni adolescenziali risulterei anche messo meglio di lui, ma qualcosa di non meglio indentificabile mi spinge ad ammirarlo come un'opera d'arte, immacolato e spendente nella rachitica perfezione del suo fisico da ragazzina sottopeso. Quel suo sguardo immenso e perplesso mi scruta in un lieve imbarazzo, come se si sentisse osservato troppo intensamente -ed è cosi' effettivamente- ma io me ne frego del tutto e continuo a studiarne dettagli piu' impensabili, dalla tonalità spettrale della pelle che sembra avvolgergli le ossa alla leggerissima peluria bruna sul suo petto, gli scopro il rossore della rasatura fresca in viso e i capelli gocciolanti, mi spingo ad osservare la sua ingenua nudità nella sua interezza. Eppure lui si lascia guardare, inconsapevole della mia momentanea sindrome di Stendhal: perchè Alex è bello di una bellezza strana, orgogliosamente inconsapevole, pura al punto da sembrare femminea, e al suo cospetto mi sento sgraziato e grottesco, troppo allungato nel fisico e nel volto, come se la mia faccia fosse deformata da una bocca troppo sguaiata, due occhi troppo tristi e un taglio di capelli idiota; la mia bellezza costruita -se bellezza si puo' chiamare, se non si tratta solo di un vago alone di fascino ed eleganza dettato dalla mia attenzione per i bei vestiti e i modi da gentleman inglese di cui mia madre mi ha reso esperto- non è altro che una volgare silhouette accostata all'armoniosa plasticità della sua.
Mi volto di scatto e ritorno ad asciugare le stoviglie per nascondere quella strana espressione fra il malinconico e l'ammirato che mi sorge ogni volta che lo guardo, e lui probabilmente se ne va in camera alla ricerca di un paio di mutande, lasciandosi alle spalle una lunga serie di impronte umide. Il mio orgoglio virile è annientato quando lui è con me, la mia voglia di vivere, la mia serenità invece cresce smisurata al suo posto.

 

***

Porca troia!” decisamente non era una frase da Alex, ma i videogiochi dopo un paio d'ore ai nostri livelli trasformerebbero un angelo in una fabbrica di bestemmie; e Alex un po' angelo lo è, anche quando impreca qualcosa nella sua voce da baritono strozzato e nell'accarezzarsi fra loro delle sue labbra mentre pronunciano le labiali lo fa sembrare come un bambino che dice parolacce solo per imitazione di quanto sentito dire dal padre in uno scatto d'ira.
Ventidue anni e ancora non sa essere volgare senza risultare vagamente ridicolo, e forse rido piu' per quello che per la sua tanto sperata perdita. Lancia il controller a terra, ma io mi attardo nel salvare e mettere in pausa il gioco e il piccolo bastardo si lancia sulla tv spegnendo il monitor e condannandomi a morte certa.
Tu sei il principe degli stronzi Al!” strillo mentre il mio personaggio sta probabilmente tirando le cuoia, ma lui, infantilmente imbronciato, si abbandona di nuovo sul divano a braccia incrociate dando una sbrigativa motivazione al suo scatto di sadismo.
E tu non mi batterai mai a Call of Duty” mi punta un dito contro, quasi toccandomi il naso e sporgendosi a pochi centimetri dal mio viso, nello stupido tentativo di sembrare minaccioso, lui che non spaventerebbe una mosca “mai, Miles!” poi si allontana e si accascia ancora assonnato al mio fianco fra i cuscini,
No, non è in grado di spaventare, ma qualcosa in quello sguardo sembra avermi turbato, come se avesse la capacità di leggermi negli occhi qualcosa cosi' scabroso e segreto da essere ignoto persino a me stesso.
E il turbamento non mi abbandona neppure quando le braccia di Alex stringono un cuscino e lo vedo acciambellarsi come un gatto alla ricerca di sonno, oggettivamente del tutto innocuo sotto il profilo fisico: abbiamo già testato la superiorità della mia forza fisica rispetto alla sua... eppure qualcosa in me, qualcosa di intimo e profondo, si sente minacciato. Un'emozione nuova, ansia allo stato embrionale, un gene recessivo di paura che si fa strada furtivo per manifestarsi nella nuova creatura senza nome che ha preso a svilupparsi nel fondo della mia mente; sto covando un'inquietudine che mi fa sentire meno uomo, ma piu' vivo. Lo guardo dormire, immobile e immutabile, mentre io sto cambiando dentro, come un ghiacciaio che si scioglie o un tornado che si spegne, che non vogliono mescolarsi al mare o al vento, appure si sentono venire meno. Cosi' le nostre anime, cosi' diametralmente opposte, cosi' inconciliabili, si sono fuse, come la calda e impetuosa corrente del Golfo e l'Atlantico, placido e freddo. Il lato buffo della questione sta pero' nell'osservare che mentre io mi addolcisco di riflesso in sua presenza, ammansendomi, lui non sembra assorbire un po' della mia ribelle asperità, come se mi stessi ubriacando di un vino che non si esaurisce mai.
Mi sento una specie di ladro mentre mi scopro a rubare i suoi sospiri assonnati e il torcersi delle sue espressioni mentre sogna: in un mondo giusto sarebbero quotate a prezzi ben piu' alti di un diamante grezzo, e io ne posso godere per tutta la durata del suo sonno. Conosco ragazze che ucciderebbero per essere al mio posto, il che mi fa sentire un privilegiato, uno stronzo immeritevole con una fortuna sfacciata...
BANG. Sei in arresto Miles, colto sul fatto: gli occhi tondi di Alex si sono schiusi lentamente, ancora poco svegli ma consapevoli del fatto che lo stessi fissando, e mi studiano in un mezzo sorrisetto beffardo; chissà da quanto lo sto guardando come un ebete in attesa del suo risveglio, forse pochi minuti, forse un'ora.
Mi stavi guardando” mastica in quella che non sembra una domanda ma una sentenza.

Sono spiazzato, per la prima volta da quando lo conosco mi sento nascere addosso un'ombra di imbarazzo mentre cerco di inventarmi una scusa, una coincidenza o una stronzata qualunque da buttare li' per giustificartmi: alzo le spalle e me vado, stupidamente, quando avrei potuto semplicemente rispondere si e mettermi a ridere.
Sei strano...” sbadiglia mettendosi a sedere, poi allunga il braccio e pesca la chitarra, probabilmente di nuovo la mia, e si mette a canticchiare qualcosa di David Bowie, dolcemente, ma con un tono che mi mette i brividi, come se avesse un distributore di endorfine infilato fra le corde vocali; s'interrompe “E' successo qualcosa?”
Come potrebbe essere successo qualcosa di cui lui non sia a conoscenza dal momento che non ci perdiamo un momento di vista da quando siamo in Francia? Lo guarderei male se non avessi colto quella punta di ironia tipicamente inglese che lo contraddistingue nella sua domanda inutile; alzo le spalle di nuovo, questa volta imitato da lui, che sbuffa:
Chi ti capisce è bravo...” borbotta rivolto al niente.
Divertente, mi viene da pensare, che spesso vorrei dire la stessa cosa, Alex, e invece mentre mi avvicino al cucinino tutto quello che dico è uno stupido “Faccio del thè?”
Alex ride, di una risata cosi' fresca e squillante da farmi trasalire, come un bambino entusiasta; invece è sarcasmo, addolcito dal semplice fatto che sia lui ad esprimerlo.
Beh, si Miles, con questo freddo è quello che ci vuole!”
Gli lancerei in testa il bollitore se non fossi tremendamente affezionato alla sua presenza e persino a quel sorrisetto strafottente ma fondamentalmente innocuo, se solo non fosse irresistibile; grugnisco e lui ride di nuovo.
Thè freddo, idiota”.
Ammutolisce, improvvisamente offeso. Gli passerà in fretta, forse perchè in realtà non gliene importa piu' di quel tanto, ma sul momento riesce con abilità da grande attore a fingersi mortalmente ferito dal mio insulto.
L'acqua fluisce in un fruscio denso nel bollitore lucente e sfrigola sul fondo, già caldo, prima di generare un nuovo piccolo mare che nell'angusta oscurità non posso vedere, poi, una volta messa sul fuoco, la temperatura inizia ad alzarsi lentamente, come la mia ha iniziato a fare da quasi una settimana, piano, di un grado alla volta, nel subdolo tentativo di farmici abituare; sto ipotizzando centinaia di modi per resistere a quel naturale fenomeno di entropia quando il fischio acuto del bollore mi richiama a versare il tutto in una caraffa e a riporla in frigo con qualche bustina di thè, verde e senza zucchero, perchè ad Alex piace cosi'.
Non faccio in tempo a pensare alla stupidità di fare le cose in un certo modo per compiacere qualcun altro che il campanello suona, annunciando l'arrivo delle pizze, sintomo della nostra incapacità -e pigrizia nell'imparare- a cucinare.

 

***

Non riesco a fare a meno di pensare a quanto conoscere Alex in quel pessimo locale a Liverpool mi abbia intimamente cambiato: mai prima di incontrarlo mi sarei mai soffermato a contemplare qualsiasi cosa, a pensare a quanto qualuque cosa diversa da un brano Lennon/McCartney fosse bella e commovente, mai avrei guardato un tramonto con intenzioni diverse da quella di portarmi a letto chi lo stava guardando con me, o avrei raccolto un fiore per un motivo diverso dall'infilarmelo tra le labbra fino a vederlo appassire e buttarlo. Da quel momento tutto ha assunto una sfumatura nuova, perfino il mio linguaggio si è addolcito, e anche se magari i miei modi non lo daranno mai a vedere, anche i miei pensieri covano una nuova sensibilità, una cura maggiore nel fare le cose, un amore maggiore per cio' che mi circonda; una sorta di nuovo ottimismo. Il che è strano a pensarci: non posso aver colto l'ottimismo in Alex, essendo lui cosi' romanticamente triste, disilluso nei confronti della vita; certo, ama sinceramente la sua sua ragazza -una sventola rara se qualcuno mi dovesse chiedere un parere al riguardo, di quelle che ti fanno voltare e camminare come un gambero per parecchi metri quando le incroci per strada- che a sua volta ama lui, il suo talento, il suo meritatissimo successo, ma sembra tacitamente consapevole che tutto questo potrebbe capitolare da un momento all'altro; a differenza di me, che da quando lo conosco non riesco a vedere piu' da nessuna parte la paura o la possibilità di crollare dalla cima della montagna dove ci siamo vicendevolmente portati come prima, quando tutto mi sembrava effimero e precario, quasi inevitabilmente destinato a svanire. E' strano percepire questo alone d'immortalità fra due cartoni di pizza e lattine di birra vuoti riversi sul tappeto, mentre lui sbocconcella l'ultima crosta di margherita senza troppa convinzione, eppure sorrido e mi sento eterno, sento eterno lui e l'appartamento, sento eterna Nantes e tutta la Francia, eterne le pizze e la birra, che viste le idiozie che penso deve aver già fatto effetto.
Perchè ridi?”
Ci metto qualche secondo prima di realizzare che Alex mi ha rivolto la parola e risvegliarmi dal mio sovrappensiero per cercare di rispondergli.
Scusa?”
Ti ho chiesto perchè ridi, Miles” ripete senza cambiare intonazione, senza sbuffare, senza darmi dello stordito “hai una specie di sogghigno da un po'... a che cosa pensi per ridacchiare?” la sua attenzione per sciocchezze del genere mi diverte, e il mio presunto ghigno si allarga maggiormente togliendogli ogni dubbio.
Scuoto la testa con decisione scivolando giu' dal divano sedendomici con la testa appoggiata alla seduta ed essere cosi' alla sua altezza, che sta a gambe incrociate sul tappeto.
Non stavo ridendo” rispondo, consapevolissimo di mentire.
Bugiardo”.
Si avvicina in fretta, allunga un braccio oltre le mie gambe e si appoggia a terra con la mano, intrappolandomi mentre si risiede accanto a me ma nel verso opposto per potermi guardare; mi fissa infatti, indaga e scruta la mia espressione facendosi sempre piu' vicino: due spanne, si fa improvvisamente serio e appoggia l'altra mano sul divano, appena sopra la mia spalla e il mio respiro si ferma per un momento... una spanna, socchiude leggermente gli occhi come per mettermi meglio a fuoco e alza una mano per sfilarmi gli occhiali, il mio ritmo cardiaco aumenta di qualche battito... una manciata di centimetri, inclina leggermente la testa e a me verrebbe da imitarlo...
Si allontana di colpo e mi restituisce gli occhiali ripiegati annuendo convinto.
Scusami, è vero: non stavi ridendo”.

 

*

   
 
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