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Autore: Indil_350    09/07/2013    1 recensioni
Tutto si svolge nel clima gelido di una montagna dove Morinaga e Souichi, pian piano, "romperanno il ghiaccio".
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Morinaga si svegliò di soprassalto, sudato e con il cuore in gola, ma restò fermo, in allerta, sul pavimento gelido. Sbatté le palpebre per cercare di mettere a fuoco la realtà che lo circondava, nella luce soffusa del mattino che dominava la stanza; poi, agitato, inspirò ed espirò per calmare il respiro veloce. Con gli occhi socchiusi intravide qualcosa muoversi accanto a lui e con rapidità si mise a sedere, sulla difensiva. Quando realizzò che ciò che aveva visto era, in realtà, Souichi, si diede mentalmente dello stupido. Tirò un sospiro di sollievo e la sua risata si diffuse nel capanno vuoto. «Buongiorno…» disse, un po’ imbarazzato. L’altro ricambiò tranquillamente mentre, in piedi e con un ascia in mano, si apprestava ad uscire. Morinaga si stiracchiò lentamente, sentendo i muscoli intorpiditi del suo corpo distendersi man mano e le sue ossa scrocchiare leggermente e, distrattamente, si alzò. Subito il freddo gli si appoggiò addosso, coprendogli ogni centimetro di pelle.

Souichi vide la coperta scivolare sul corpo ancora privo di vestiti di Morinaga  e posarsi, poi, velocemente al suolo; seguendo con lo sguardo il percorso del tessuto, i suoi occhi avevano potuto osservare la sinuosità dei suoi muscoli tesi all’altezza delle spalle, i capezzoli irti per l’aria gelida, gli addominali appena visibili sotto il ventre piatto, le anche lineari e poi… pur non volendo, si soffermò sulle sue parti intime. Morinaga parve accorgersene e si coprì in tutta fretta, balbettando qualche scusa poco convinto e dirigendosi, svelto, verso i suoi vestiti ormai asciutti. Souichi si voltò rapidamente, arrossendo, ed uscì, sentendosi quasi più nudo di Morinaga. Dopo aver chiuso la porta alle sue spalle, si appoggiò di schiena allo stipite e, con il cuore che batteva all’impazzata, si chiese perché si sentisse così strano. Scosse la testa e, rapidamente, si diresse verso il centro della foresta ma la voce del ragazzo lo fermò. Sentì i passi dell’altro avvicinarsi, inciampando, a volte, nei cumuli di neve e il suo nome essere ripetuto con insistenza quasi snervante, non si voltò: non aveva il coraggio di guardarlo in faccia. Souichi riprese con passo deciso, guardando dritto avanti a sé, mentre pensava di nuovo al perché avesse salvato quel ragazzo.

Morinaga, preoccupato,  lo raggiunse e disse con tono gentile «Non è meglio che controlli la tua ferita? Come pretendi di spaccare la legna in queste condizioni?» e, prima che Souichi potesse reagire o dire qualcosa, gli prese l’ascia dalle mani e lo superò, deciso a farlo riposare. Davvero non voleva che si sforzasse, dopotutto doveva fare davvero male anche se l’altro non lo dava a vedere. Souichi lo seguì, cercando di riprendere l’ascia e dicendo di star bene, ma Morinaga restò fermo nella sua intenzione, imperterrito. Tuttavia, inesperto, sbagliò più volte a tagliare rami e alberi mentre Souichi, infastidito quanto divertito, lo sgridava «Così non sei di grande aiuto, sai?» gli disse quando il ragazzo, per l’ennesima volta, colpì il legno con poca convinzione, facendo solo un lieve segno su di esso. «Ma… davvero, io ci sto provando… e tu non ce la faresti con quella ferita!» rispose Morinaga, picchiando più forte sul tronco e asciugandosi, con il dorso della mano, la fronte imperlata di gelido sudore, mantenendo lo sguardo allegro sebbene il ragazzo fosse visivamente affaticato. Souichi rimase sorpreso della sua determinazione e, fiducioso, dopo qualche ora, lo lasciò al suo lavoro e tornò al capanno, dedicandosi ad alcune faccende ormai quotidiane: costruì alcune trappole per catturare piccoli animali, raccolse alcune bacche dai cespugli e cominciò ad accendere un piccolo fuoco all’interno del capanno. Senza che se ne rendesse conto si era fatta sera e notò che Morinaga ancora non era tornato. Attese, con ansia, fino al tramonto, poi, sapendo i rischi e i pericoli del bosco notturno, uscì rabbrividendo dal capanno e s’incamminò rapidamente verso il luogo dove lo aveva lasciato. Ad aspettarlo di fronte all’albero, solo alcune impronte ormai quasi scomparse, leggere sulla neve che si dirigevano silenziose verso un sentiero nascosto e coperto di alberi. Confuso e sempre più preoccupato, Souichi seguì le orme, a fatica, spingendosi ben oltre i limiti del bosco e rimase scioccato da quel che vide quando esse scomparvero del tutto.

Morinaga osservava la natura fitta e insidiosa della foresta, non sapeva quante ore erano passate, non sapeva perché si era spinto tanto lontano ma, mentre tagliava la legna, aveva sentito il disperato bisogno di cercare i suoi compagni, o almeno i loro corpi: non voleva lasciarli sepolti sotto la neve. Perciò, poiché era ancora giorno, smise di picchiare i tronchi e, guardandosi attorno, ebbe l’idea di andare in avanscoperta, cercando disperatamente di ritrovare il sentiero che lo aveva condotto da Souichi dopo quel giorno maledetto. Cominciò allontanandosi di poco, facendo qualche passo e tornando subito indietro, poi, prese coraggio con la speranza che, come lui, anche Yamaguchi potesse essere sopravvissuto. Con gioia e angoscia nel cuore, superò alberi e cespugli innevati, tronchi e rami spezzati e a terra, girò a vuoto tra abeti che gli sembravano tutti identici, scavalcando massi e mischiandosi al bianco candido della neve. Fin quando, con il sole che, timidamente, usciva dalla scena del suo spettacolo quotidiano, guardandosi alle spalle, ebbe la consapevolezza di essersi completamente perso nei meandri di quella boscaglia e della sua ingenuità. Con il cuore in gola e la paura che riaffiorava, ricordando le urla e il sangue, Morinaga vagò per un tempo lunghissimo, ancora e ancora, senza trovare nulla. Né Yamaguchi, né il sentiero per andare avanti, né quello per tornare indietro. Stanco e spaventato, si fermò, poggiandosi ad un grande tronco di quercia e crollando a terra; Solo ed infreddolito, cominciò a piangere piano, quasi di nascosto, quasi sentendosi spiato dalle poche foglie che ancora resistevano attaccate ai rami. Poi sentì un ululato, due, tre... Strinse le ginocchia al petto, avvicinandole con le braccia e nascondendo la testa tra di esse, pensando che stavolta non ci sarebbe stato nessun Souichi a trovarlo mezzo morto nella neve, non ci sarebbe stato nessuno a salvarlo. Era solo. Con lacrime calde a scorrergli veloci sul viso, quasi fuori luogo per il clima secco e pungente della sera, e la paura che gli attanagliava le viscere, rimase lì, rannicchiato al tronco e immobile, sperando di rivedere il prologo del sole il giorno successivo, ma sentendosi come uno spettatore senza biglietto che, puntualmente, non può assistere allo spettacolo.

Souichi arrancò nel buio, maledicendo quel ragazzo idiota. Fortunatamente, grazie all'attenzione di cacciatore, era riuscito a seguire le sue orme fino al corpo del ragazzo. Per la seconda volta lo trovò in mezzo alla foresta, come se fosse un pezzo integrante del paesaggio, un tutt'uno con l'albero. Per la seconda volta l’apprensione si impadronì del suo cuore, facendo sgretolare un altro dei tanti frammenti di ghiaccio che lo ricoprivano. Svelto, si avvicinò a lui. Il volto di Morinaga era pallido, le labbra sottili quasi viola, i capelli umidi e il respiro ridotto ad un soffio leggero. Souichi lo scosse piano, chiamando il suo nome prima con calma poi con maggior intensità, ma Morinaga non reagì, rimase fermo, congelato in quella posizione. Souichi lo sollevò di peso, lentamente, afferrandogli il fianco con il braccio e tirandolo su con l’altro. Un bruciore acuto gli si propagò per tutta la spalla: la ferita si era riaperta. Imprecando, Souichi camminò per qualche metro nella neve alta con Morinaga al fianco, ma, lo sapeva, non sarebbe mai riuscito a tornare indietro con quel buio e con Morinaga in quello stato... Era troppo faticoso per il suo fisico. Maledì sottovoce il ragazzo e rimase in piedi, indeciso su cosa fare. «Souichi…» Il ragazzo si girò di scatto e guardò Morinaga, stupito. Ma quest’ultimo giaceva inerme appoggiato a lui e sembrava non essersi mosso, figuriamoci parlare, forse aveva confuso il soffio del vento con la sua voce... “Sto impazzendo” si disse Souichi, scuotendo la testa e muovendo ancora qualche passo in avanti, sempre più dubbioso. «Scu…sa» Souichi si fermò. Stavolta l’aveva sentito sul serio, un sussurro strozzato: la sua voce. Si avvicinò a dei cespugli, proprio sotto un grosso albero e poggiò delicatamente il corpo del ragazzo a terra, poi lo scosse ancora «Morinaga, mi senti? Riesci a parlare?»

Morinaga inarcò le sopraciglia, riconosceva la voce di Souichi e l’unica cosa che desiderava era urlare la sua gioia. Sapeva che ora erano nei guai in due, ma il solo fatto che Souichi non lo avesse lasciato morire ma si fosse spinto così lontano, rischiando la vita solo per trovarlo, lo riempiva di gioia assoluta. E non riusciva a parlare. Sentiva la gola raschiare, troppo secca per emettere un tono deciso o alto e, più ci provava, più non riusciva quasi ad emettere alcun suono. Con un filo di voce si era appropriato del nome di Souichi e aveva cercato di chiamarlo, piano, quasi impercettibilmente; infatti, lui non se ne era accorto… Provò di nuovo, voleva essere ascoltato, voleva fargli sentire che era vivo, che lo sentiva, e che soprattutto gli dispiaceva per averlo messo in quel pericolo. Cercò di sorridere quando Souichi gli chiese se poteva parlare. Ma il suo corpo era come atrofizzato, privo di calore e anche al suo interno Morinaga sapeva che c’era qualcosa che non andava: la debolezza che sentiva, non era comune. Era conficcata nei muscoli e si faceva strada verso le ossa, colpiva ogni parte del suo corpo impedendogli di reagire, di muoversi e gli occhi, sebbene cercasse disperatamente di aprirli, restavano chiusi in una morsa di ghiaccio, sigillati. Se avesse potuto avrebbe pianto, sia per la felicità sia per la frustrazione sia per l’angoscia che provava. Sforzandosi, cercò di puntare gli occhi su Souichi, cercò di farsi capire… ma era tutto inutile, più provava a sforzarsi e più sentiva le forze abbandonarlo. Più voleva muoversi, più gli sembrava di essere completamente immobile; più cercava di parlare, più la sua voce se ne andava; più aveva bisogno di esprimersi e più le espressioni gli mancavano. Ma la cosa che più di tutte desiderava era restare sveglio e più lo desiderava, più il sonno lo trascinava verso il buio.
«Oi? Oi Morinaga, mi senti? Idiota! Non devi dormire, ok? Non devi dormire!» Esclamò Souichi , in preda all'ansia, conscio di ciò che stava accadendo. Una bora ghiacciata di preoccupazione e paura lo colpì, mentre cercava in tutti i modi di tenere sveglio quello strano ragazzo. 

* il terzo capitolo! Scusate il ritardo ma ho problemi di rete fastidiosissimi >.< Spero sia valsa la pena di aspettare xD Cosa accadrà a Morinaga nel quarto capitolo?*
  
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