Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |       
Autore: Eruanne    11/07/2013    10 recensioni
E se non fossero soltanto i tredici Nani conosciuti ne "Lo Hobbit" a partire per riconquistare Erebor, strappata ai suoi abitanti dal drago Smaug? Se alla Compagnia di Thorin si aggiungesse un nuovo membro che non è propriamente accettato dagli altri e soprattutto dal loro re per un evento cruciale accaduto durante la battaglia? La loro missione sarebbe compromessa o i conflitti potrebbero risolversi col tempo e la fiducia?
Questa fan fiction ripercorre la trama del primo film e del libro, e a me non resta che augurarvi buona lettura!
Genere: Avventura, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bilbo, Gandalf, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO VENTUNO


Si svegliò, dopo aver attraversato una pessima nottata fatta d'incubi e immagini dai contorni indistinti; rimase qualche minuto ad osservare l'alba che, silenziosa, si innalzava nel cielo colorando il paesaggio e l'ormai famigliare Desolazione con toni chiari e tenui.

Si mise seduto a fatica, sfregandosi il volto stanco; premette la mano sulla fronte nel vano tentativo di calmare il feroce mal di testa, dato dalla spossatezza. Con fastidio e senso di disgusto, non appena serrava le palpebre rivedeva il terribile diverbio con Karin, e le sue reazioni sconsiderate; si maledì, costatando che sarebbe servita ben più di una semplice scusa per farsi perdonare: l'espressione sconvolta e terrorizzata della ragazza non faceva che riempirgli la mente.

Grugnì, odiando quel silenzio denso che ancora aleggiava, e che lo faceva pensare. Avrebbe preferito ascoltare il chiacchiericcio dei compagni, le loro risate e urla, le loro storie, piuttosto che fare i conti con la coscienza e il terribile senso di colpa; in più, avrebbe dovuto sopportare le occhiate di disprezzo di Dwalin – pienamente meritate – e quelle impaurite e ferite di lei.

Sarebbe impazzito del tutto, allora.

Forse l'avrebbe salvato solo il pensiero della guerra imminente.

Allargò le narici, fremendo di sorda collera: se ancora ripensava allo scherzetto architettato dallo hobbit, la rabbia tornava; gli aveva dato fiducia, fidandosi! E come era stato ripagato? Con una pugnalata alle spalle, l'Archepietra rubata e nelle mani del nemico: nelle avide mani di Thranduil.

Strinse la mascella e digrignò i denti, spostando lo sguardo azzurro altrove che non fosse la piana dove sapeva esserci l'accampamento; anche se non lo vedeva ne percepiva la presenza, così come poteva udire le risate di scherno degli elfi e degli uomini alle orecchie.

Che si godano pure questi ultimi momenti di tranquillità pensò maligno presto non ne avranno; e rimpiangeranno la clemenza di Thorin Scudodiquercia.

Gli occhi caddero inevitabilmente verso il suo giaciglio: dormiva ancora, ma il volto era celato; poteva scorgere solo la nuca, quasi del tutto coperta dal mantello. Sospirò ancora, affranto; per caso, abbassò la testa a terra e s'immobilizzò, aggrottando le sopracciglia scure.

La mano si protese in avanti, le dita si aprirono e si chiusero sull'oggetto; incredulo e sconcertato, Thorin comprese cosa aveva raccolto: la collana di mithril.

La collana di Karin.

Scattò in piedi, lasciando che il mantello scivolasse lungo il corpo e fino ai piedi, dove si ammucchiò disordinatamente; il cuore parve fermarsi per poi rimbombare ancora più forte, mentre un sempre più crescente dubbio si insinuava nel suo essere.

Karin.

Fu difficile muovere il primo passo, e quello dopo, e quello dopo ancora: passati lunghi attimi, eccolo davanti alla figura addormentata e distesa; posò un ginocchio a terra e, lentamente e con lo stomaco accartocciato, afferrò il lembo del mantello. Tirò verso di sé, inspirando violentemente.

Non era Karin. Lei non era lì. Al suo posto, vari fagotti erano stati messi in modo tale da formare il suo corpo o, comunque, una parvenza di corpo nanico.

Sentì d'immobilizzarsi, i muscoli s'irrigidirono, nulla rispose al cervello; solo una domanda era talmente pressante da tenerlo presente: dov'era?

In cuor suo sapeva bene qual era la risposta: se n'era andata.

Era fuggita la notte precedente, muovendosi silenziosa e rapida; parte dei suoi ricordi si rivelarono: lui sprofondato in un sonno agitato, una figura scura che gli si accucciava accanto, bisbigli d'amore e d'addio troppo strazianti e dal sapore delle lacrime, movimenti che rappresentavano lo sfilarsi della collana e l'adagiarla sul suolo freddo e duro; altri fruscii, passi soffici e quasi impercettibili.

E il gelo, unito ad un buco nero, all'altezza del cuore.

Rabbia e senso di perdita si impadronirono di lui, al punto da non riuscire a ragionare: strinse talmente tanto il metallo tra le mani da sentirlo imprimersi sulla pelle come un marchio; ogni più piccolo anello della collana era un pezzo di rimorso, di frustrante colpa.

Portò il pugno che racchiudeva la collana alla fronte, e chiuse gli occhi per impedirsi di liberare la disperazione.



Karin soffiò, sperando di raffreddare un poco il vino caldo datole dagli elfi; dopo tanti giorni chiusa all'interno della Montagna, aveva dimenticato quanto fosse avanzato l'inverno all'esterno. Aveva freddo, e l'essere avvolta in ben due coperte non l'aiutava minimamente; forse, però, ciò che sentiva non era dato dal tempo quanto, piuttosto, dal cuore.

Il suo cuore era freddo. Gelido. Un blocco di ghiaccio.

A volte le pareva di non possederlo, come se le fosse stato strappato, e si spaventava: solo quando portava una mano al petto e lo sentiva battere regolare tirava un leggero sospiro di sollievo.

Doveva ammettere, però, che non avrebbe fatto una piega se glielo avessero tolto, tutt'altro: le sarebbe piaciuto. Immensamente. Tutto pur di non soffrire come in quel momento, in quelle ore.

L'essersi allontanata da Thorin dopo aver riaccolto il suo amore era la più feroce e dolorosa delle condanne.

La stessa sofferenza di cento e più anni prima si era ripresentata; anzi, probabilmente in maniera più devastante.

Alzò la testa, venendo attirata dalle raffiche violente del vento che soffiava sulla piana e si disperdeva tra la roccia della Montagna: alle sue orecchie le pareva quasi di udire il ruggito furioso di Thorin; un ruggito che sapeva anche di animo ferito, tradito, abbandonato. Solo.

Sentì un'oppressione al torace, la gola sembrò presa da una morsa vigorosa e ferrea: portò una mano al collo, il petto si alzava ed abbassava con foga. Serrò gli occhi e provò a deglutire, ma non aveva nemmeno una goccia di saliva; le dita volarono dove, poche ore prima, aveva dimorato la collana: se possibile, si sentì ancora peggio.

Sembrava le mancasse una parte importante di sé e, a conti fatti, era proprio così; senza Thorin non era nulla.

Respirò a pieni polmoni, riuscendo a calmare i tremiti e a contrastare altre lacrime; la mano che reggeva il bicchiere sembrò meno calda di prima, e ciò le permise di bere un sorso senza interrompersi. Il liquido forte le scivolò fino allo stomaco, riscaldandolo.

Ora più tranquilla, ripensò con lucidità a quanto era successo la sera prima, subito dopo l'incontro con Legolas.


<< Karin? >> lo sbigottimento dell'elfo era palpabile; abbassò subito l'arco, riponendo la freccia nella faretra legata alla spalla.

La guardò chinarsi e raccogliere la torcia caduta ma, fortunatamente, ancora accesa; gliela porse e fu allora che notò il colorito pallido e gli occhi e il naso rossi e lucidi.

Aveva pianto.

<< Cosa ti porta qui? >> domandò piano, il tono di voce addolcito ma, comunque, all'erta; cercò di captare qualsiasi rumore, anche il più piccolo, ma non udì nulla di pericoloso: era sola.

<< Sono fuggita dalla Montagna >> rispose semplicemente.

Nell'aria, risuonarono le parole taciute “fuggita da Thorin”; parole che non avrebbe mai pronunciato, nemmeno davanti a lui.

<< Non c'era altro posto dove andare >> proseguì, evitando di guardarlo negli occhi celesti << qui, inoltre, sono ospiti anche Bilbo e Gandalf. Chiedo asilo agli Elfi, e a tuo padre >>.

Incrociò brevemente il suo sguardo, e l'elfo poté leggervi smarrimento e vergogna: ma durò il tempo di un battito di ciglia, poiché gli rifuggì.

Legolas sospirò, combattuto su quel che voleva dirle: da una parte non avrebbe esitato nemmeno un attimo ad accoglierla e portarla al campo ma, dall'altra...

<< Gandalf e Bilbo sono qui, è vero: ma l'uno è nostro alleato, l'altro è stato esiliato dai tuoi compagni, e da te >>.

<< Mi sono esiliata nel momento esatto in cui ho scavalcato il muro >> replicò lei, sferzante << Perciò, non venirmi a dire certe cose; sii chiaro, o non parlare affatto >>.

<< Sei una nana. In un campo elfico. Di fatto, una nemica >>.

Lei si morse il labbro inferiore; poi, sorprendendolo – benché molto corrucciata – slacciò la cintura che reggeva Iris e il pugnale fattole da Thorin, consegnandoglieli.

<< Ora sono disarmata. Non proverò a scappare, né tenterò di farti del male >> alzò il capo, fiera e orgogliosa nonostante l'aspetto devastato e le parole che pronunciò << Lo giuro. Sono sotto la tua custodia, Legolas Verdefoglia, Principe di Bosco Atro >>.

Per il giovane elfo fu più che sufficiente; chinò il capo, facendole cenno di seguirlo << Vieni >>.

Camminarono per un po' nel buio più completo rischiarato debolmente dalla torcia ma, poi, qualcosa iniziò a cambiare; davanti a loro si manifestò un chiarore lieve, aranciato che, man mano si avvicinavano, aumentava.

Di fronte a quella vista, Karin schiuse le labbra.

Piccole e grandi tende erano disposte in file ordinate, perdendosi a vista d'occhio; alcune recavano gli stendardi della foresta, altre – più indietro – quelle del Lago; Uomini e Elfi condividevano lo stesso accampamento, in un assembramento numerosissimo e letale, pronto alla battaglia.

Fuochi giganteschi illuminavano il campo, sentinelle vegliavano con archi e lance, con spade al fianco; soldati correvano di qua e di là o camminavano, a seconda dell'incombenza che dovevano assolvere. Molti erano seduti davanti alle loro tende, chi da solo o in gruppo, altri erano in cerchio intorno ai fuochi più piccoli, e cantavano e parlavano senza timore con l'altra razza; quando si addentrarono tra le varie file, riconobbero Legolas e chinarono rispettosamente la testa. Poi i loro occhi si spostarono su di lei, figura decisamente più bassa, meno aggraziata e terribilmente fuori luogo: le fronti si aggrottarono, gli occhi si oscurarono e assottigliarono, parecchie teste si volsero a scambiarsi un'occhiata perplessa, altri ancora allungarono il collo per essere certi d'averla riconosciuta.

Ma nessuno parlò con lei, né con il principe; solo, il chiacchiericcio – dapprima poco smorzato - aumentò come un ronzio di api, riempiendole la testa e stordendola.

Fortuna volle che giunsero alla tenda di Thranduil, ben più grande delle altre almeno il doppio: sulla soglia stava una guardia che, non appena lo vide, si inchinò.

<< Avverti mio padre, digli che conduco Karin figlia di Kario: ella si presenta in pace, e disarmata al suo cospetto >> parlò, con voce alta e chiara.

<< Come comandi >> disse l'elfo, sparendo dentro.

Attesero molto poco poiché, forse, Thranduil aveva udito l'annuncio del figlio; la guardia fece loro un cenno, e Legolas – spingendola leggermente con le dita delicate – la spronò ad entrare per prima.

Karin scostò i lembi della tenda, rimanendo sorpresa dall'arredamento spoglio: per una qualche ragione, si era immaginata molto più sfarzo, specie nella tenda del Re degli Elfi; invece, gli unici ornamenti degni di nota erano rappresentati da uno scrittoio di legno lavorato e stendardi dai bordi dorati appesi al soffitto. Per il resto era tutto molto spartano, come il tavolo al centro, le sedie di legno e il catino con la brocca d'acqua; un panneggio separava quello spazio da un altro dove, probabilmente, si trovava la sua branda.

Thranduil era seduto su una sedia più elaborata delle altre: poggiava la nuca bionda sullo schienale alto e lavorato simboleggiante due tronchi d'albero intrecciati, culminanti in un arco a sesto acuto; le braccia erano poggiate sui braccioli, una mano reggeva elegantemente un bicchiere di vetro contenente vino rosso. I suoi occhi azzurri, freddi e imperscrutabili, non la lasciarono per un secondo, seguendone ogni movimento; Karin non si sentì mai così a disagio, anche se una parte di sé odiò quel comportamento e chi glielo instillava: era ancora forte il ricordo dell'ultima visita nella reggia, così come bruciava la memoria del loro primo incontro.

Strinse di poco i pugni per tornare padrona di sé, ma notò il lieve spostamento verso l'alto del sopracciglio destro dell'elfo; forse l'aveva notata.

<< Cosa ti porta qui? >> domandò, facendo oscillare leggermente il bicchiere.

Karin dovette ricacciare l'orgoglio, prima di rispondere << Chiedo ospitalità presso la tua gente, Thranduil >>.

<< Perché pensi che dovrei concedertela? Chi mi assicura non sia un trucco? >>.

<< Io, padre >> si intromise Legolas << Non ho colto alcun rumore insolito, né visto altre figure oltre lei >>.

Assottigliò lo sguardo, frustrata: bene, nemmeno Legolas era pienamente convinto della sua motivazione?

Thranduil parve soddisfatto, e annuì << Dunque sei fuggita, non è così? Per quale motivo, mi domando? >>.

<< Non... condividevo alcune scelte di Thorin >> rispose, a denti stretti << né gli ultimi gesti >> rivelò; abbassò lo sguardo a terra, volendo evitare l'occhiata indagatrice che arrivò per accertarsi della verità. Non del tutto convinto, decise di sorvolare l'argomento.

<< Qualcuno è a conoscenza della tua fuga? >>.

Karin alzò gli occhi neri, incontrando il suo volto curioso << Solo uno ma non tornerà a prendermi, giacché è stata una sua proposta >>.

<< E che mi dici di Thorin? Se sei scappata vorrà reclamarti >>.

<< Ho scelto l'esilio piuttosto che rimanere al suo fianco, anche se l'ho fatto per lui >> sospirò, scuotendo la testa << Non capirà, ma non interverrà: il suo orgoglio è troppo forte >>.

<< Ciò lo porterà alla rovina >> commentò l'elfo, sorseggiando la bevanda rossastra << Mi rincresce, lo confesso. Ma permettimi di chiederti dell'Archepietra: quali sono le tue reali intenzioni? >>.

<< Non sono qui per rubarla, né la porterò alla Montagna >> disse duramente << Ora vedrò Erebor unicamente da morta, se avranno pietà e mi permetteranno di venir seppellita con i miei avi. Ma prometterò, se ciò ti fa' piacere >>.

Thranduil non rispose subito, limitandosi ad osservarla; nella tenda scese il silenzio, i tre non fiatarono finché lui non lo ruppe << So che rispetterai la parola data, perché negli occhi non leggo inganno >>.

Poggiò il bicchiere su un tavolino lì vicino, e si alzò; si mosse con leggerezza, facendo frusciare il lungo abito verde bosco.

Le si avvicinò, allargando di poco le braccia << Che tu sia benvenuta, Karin figlia di Kario. Un mese è passato dal nostro ultimo incontro, eppure sei più saggia e coraggiosa che mai: grandi mutamenti sono avvenuti – e avvengono tuttora – nel tuo animo, nella tua persona. Permettimi d'accoglierti con i dovuti onori nella mia tenda, poiché non ci siamo mai lasciati in amicizia. Vorrei rimediare, se me lo concedi >> le posò una mano sulla spalla, lasciandola interdetta << Che si sappia: il Re degli Elfi è orgoglioso d'ospitare una Nana. Lascia che termini qui il tuo viaggio >>.

<< Il mio viaggio non è affatto concluso, Re degli Elfi >> rispose solenne ma riconoscente nel profondo << troppe questioni sono rimaste sospese, ed una guerra è alle porte. Ma accetterò volentieri la tua offerta, e ti ringrazio: troppo a lungo ho serbato rancore e, ora, la stanchezza mi pervade >>.

<< Sagge sono le tue parole, nobile nana, e giuste. Va' pure, e dormi sonni pacifici: qui non temerai ombre e spettri >>.

Karin chinò il capo in una specie di inchino al quale, a sorpresa, lui rispose. Poi si girò e uscì, sentendo i passi agili di Legolas seguirla.

<< Karin >>.

Si voltò, incrociando il suo sguardo divertito.

<< Non sai qual è la tua tenda >>.

Si concesse un breve sorriso, chiudendo gli occhi. In effetti, non aveva tutti i torti: non sapeva dove andare.

<< Perdonami, è la spossatezza. Fammi strada >>.

Legolas annuì, prendendo una via alla sua sinistra; attese che gli si affiancasse per parlarle << Hai solo bisogno di dormire, è stata una lunga giornata >>.

<< Non è solo questo. Da quando siamo fuggiti da Bosco Atro ho conosciuto la felicità più luminosa e la sofferenza più cupa; eppure non cambierei un singolo istante di ciò che è stato, nel bene e nel male >>.

<< Mi pare tu abbia conosciuto più dolore >> commentò dispiaciuto << Il tuo volto è sempre più pallido e tirato, gli occhi pieni di preoccupazioni e timori >>.

Sorpassarono un gruppo di uomini raccolti attorno al fuoco che brindavano allegri sollevando boccali verso la notte; le loro risate li accompagnarono per altri passi finché non si affievolirono.

<< Un mese è stato lungo quanto un anno. Mi sento esausta e vecchia >> mormorò tristemente.

<< E' solo un periodo complicato; vedrai che si sistemerà tutto >> le disse, cercando di rassicurarla.

Si fermò davanti una piccola tenda, sorridendole incoraggiante << Eccola. Riposa, Karin: domani ti sentirai meglio >>.

Le mise una mano sulla spalla, stringendogliela; lei portò una mano sopra la sua, restituendo la stretta: apprezzò lo sforzo di tirarla su di morale ma, sinceramente, non aveva la forza per superare questo momento. Non ancora. Solo alcuni minuti prima aveva detto addio a Thorin, decidendo di lasciarlo per trovare rifugio da quelli che, di fatto, erano loro nemici.

Voltagabbana.

Una definizione di sé che le fece ribrezzo, che la fece vergognare.

Si sciolse dalla presa con malagrazia, il volto si rabbuiò << Buonanotte >> disse, cambiando umore.

Senza un'ulteriore parola entrò nella tenda, cercando con gli occhi la brandina, posta poco più in là; si tolse in fretta gli stivali e si sdraiò completamente vestita, pregando che il sonno la cogliesse presto.

Era stanca di rimuginare.

Era stanca e basta.


Sbatté le palpebre quando si rese conto di venir chiamata; girata la testa verso la soglia vide la testa di Gandalf che la scrutava attentamente, anche se le labbra erano stirate in un sorriso.

Non si alzò, facendogli un cenno con la mano per farlo entrare; non appena fece pochi passi, però, Karin notò una figurina più piccola che lo seguiva: Bilbo fece capolino, torcendosi le dita nervose e guardandola di sfuggita.

Lo stomaco le si contrasse, e bastò l'odore del vino per nausearla; appoggiò il bicchiere a terra, stringendosi istintivamente nelle coperte per dimostrare tutto il suo malcontento.

<< Salute, Karin! >> esclamò gioviale Gandalf << Confesso che è una sorpresa vederti qui >>.

<< Perché mai? Ti aspettavi forse che obbedissi a Thorin in tutto e per tutto? >> domandò acida. Il tono non ebbe alcun effetto sullo stregone, anche se alzò le sopracciglia e scosse la testa.

<< No, effettivamente no. Deve aver commesso qualcosa di grave per averti fatto prendere questa decisione >>.

Karin si morse l'interno guancia << Non del tutto, ma non potevo rimanere a guardare senza far nulla. E' stata una mia scelta >> spiegò lapidaria; non le importò che capisse o meno: tanto, era certa sapesse già ogni fatto. Il come, proprio non poteva saperlo.

<< Non l'avrà presa molto bene >> commentò per la prima volta Bilbo, con un fil di voce.

<< Nemmeno io sono felice della piega devi eventi >> rivelò, passandosi una mano tra i capelli << Ma ormai il danno è fatto, non si può tornare indietro. Ad ogni modo, sono stata accolta nell'ultimo posto in cui avrei mai pensato di chiedere aiuto; la vita non finisce mai di sorprenderti >> concluse ironica, appoggiando il mento sulle ginocchia.

<< Proprio così, mia cara ragazza! >> ridacchiò Gandalf << Il tuo arrivo non è stato casuale; ognuno di noi fa parte di un piano più grande, ed ha una missione personale: la tua non si è ancora conclusa >>.

<< Vorrei lo fosse, invece >>.

Gandalf annuì comprensivo, assottigliando le labbra << Ogni cosa a suo tempo, Karin. Ora le difficoltà ti sembrano insormontabili, ma ricorda: la felicità è sempre presente, se uno pazienta il momento adatto per coglierla, ed è altrettanto abile a trattenerla a sé >> batté i palmi sulle ginocchia, alzandosi in piedi << E poi, non sei da sola ad affrontare tutto questo. Bene, se volete scusarmi, ci sono un paio di questioni di cui devo trattare con Thranduil; ah, Bilbo, immagino vorrai rimanere un po' con la tua amica! Ci vediamo più tardi, d'accordo? >>.

Fece l'occhiolino, sorridendo con aria malandrina: Bilbo pensò d'essere stato incastrato alla perfezione; accidenti allo stregone e alle sue idee!

Temeva il confronto con lei, ne era terrorizzato: era certo che l'avrebbe accusato ancora, non perdonandogli il sonnifero; si sentì mortificato come non mai. Aveva perso la sua buona rispettabilità di hobbit.

<< Perdonami >> bisbigliò, dandosi dello stupido: di certo non l'aveva sentito << Perdonami, Karin. Davvero, mi spiace! >> si scusò a voce più alta, guardandola di sottecchi.

Lei, però, non gli rispose. Serbava ancora troppo rancore per perdonarlo: le aveva mentito, l'aveva raggirata con uno sporco mezzo per attuare i suoi scopi.

Se non l'aveva ancora capito era bene che lo sapesse: Karin figlia di Kario era una persona rancorosa, e non dimenticava facilmente i torti subiti.

<< Karin >> la chiamò disperato, allungando una mano per toccarle il braccio; ma lei mosse la testa di lato, facendogli intendere che non voleva la toccasse.

Bilbo si bloccò con la mano a mezz'aria, ritraendola subito; rattristato, espirò a bocca aperta e si alzò, avviandosi verso l'uscita.

Prima di varcare la soglia, però, girò lievemente il capo di lato, dandole comunque la schiena << So che non avrei dovuto ingannarti con il sonnifero, ma l'ho fatto perché mi avresti impedito di venire qui >>.

<< Ci hai traditi, passando dalla parte del nemico. Hai portato loro l'Archepietra >> disse, arrabbiata.

<< Ho scelto la soluzione che mi pareva più giusta. Speravo... speravo in un cambiamento >>.

<< Non è cambiato nulla, la guerra ci sarà comunque >>.

<< Bé, io ci ho provato! Che male c'era a provare? >> chiese esasperato, agitando le braccia << Se non fosse arrivato Dain ci avrebbero solo assediati! Prima o poi Thorin avrebbe ceduto, accogliendo le loro richieste: invece il suo caratteraccio ho decretato la nostra morte >>.

Karin si alzò, furibonda << Thorin ha agito così perché era arrabbiato! Non era nemmeno in sé, o avrebbe pensato prima di agire! Il pensiero dell'Archepietra in mani nemiche... tu... tu non l'hai visto dopo, lui... >> respirò a fondo, ritrovando l'autocontrollo e cercando di scacciare le immagini nella Sala << Ma tu, Bilbo, hai fatto precipitare le cose; te l'avevo chiesto, ricordi? Ti avevo pregato, ma non mi hai ascoltata. Thorin avrà avuto la sua dose di colpa, ma sei stato tu a consegnarla a loro! >>.

Sentì le accuse rimbombare tra loro, le sentì ferire lo hobbit; ebbe una voglia assurda di piangere, ma la ricacciò: lasciò invece che il senso di colpa la sopraffacesse, portandola a parlare subito dopo.

<< Non ti biasimo, però: avevi buone intenzioni >>.

Bilbo alzò il capo, guardandola stranito: aveva forse sentito bene?

<< Solo che... è difficile da comprendere, ben che meno da spiegare; ma l'Archepietra doveva rimanere nella Montagna: apparteneva al mio popolo, alla mia gente. A me >>.

<< Mi dispiace >> esalò, colpevole: non riusciva a dire altro.

<< Ormai è tardi per cambiare le vicende >> tornò a sedere, appoggiando il mento sul palmo della mano destra << non ci resta che vedere come procederanno, cercando anche di rimanere in vita >> concluse cupamente.

Bilbo le si avvicinò, titubante, finché non le fu a pochi centimetri di distanza: vedendo che non lo cacciava, si sedette al suo fianco.

<< Ce la caveremo, vedrai >>.

Le circondò le spalle con un braccio: lei non reagì bruscamente, quindi si permise d'attirarla a sé facendole appoggiare la testa sulla spalla; la sentì sospirare profondamente e tremare e, di riflesso, la strinse di più. Doveva aver passato dei brutti momenti se era così distrutta e affranta.

La curiosità lo ghermì come quando, ormai molti mesi prima, desiderava interessarsi al suo passato, al legame che la legava a Thorin.

Sembravano passati lunghi anni da allora, il ricordo dello hobbit impaurito circondato da estranei era quasi labile, sfuggente; però ricordava bene l'arrivo di Karin, la sua faccia sospetta e ostile, i suoi movimenti guardinghi: e quegli occhi - neri come la notte senza luna né stelle - duri e glaciali, celanti invece una insicurezza e un dolore enormi.

Tutto in lei l'aveva attirato, essendo così diversa da ogni altra creatura femminile.

Non ne era innamorato, beninteso: la sua era pura e semplice curiosità, unita ad una forte empatia e senso di protezione; sapeva perfettamente che sapeva cavarsela da sola, era una nana in gamba! Eppure non poteva fare a meno di preoccuparsi per lei, specie vedendola in quelle condizioni: l'amore sofferto che provava per Thorin era qualcosa di meraviglioso e... straziante, a parer suo.

<< Se vorrai parlarne >> esordì, sfiorandole i capelli con le labbra << io ascolterò >>.

Non disse altro.

Karin non attese oltre, perché non glielo avrebbe ripetuto un'altra volta: iniziò a raccontare a bassa voce, mettendolo al corrente di ciò che era capitato dopo il suo esilio; non tralasciò nulla, nemmeno i suoi pensieri. Si confidò come non succedeva da molto e, quando giunse alla fatidica parte, cercò nell'abbraccio di Bilbo la forza per terminare.

Era incredulo: lo sentiva dalle braccia che a volte tremavano, dai baci fugaci che le lasciava sul capo, dai lunghi sospiri che uscivano dalle labbra.

Infine parlò << Non credevo arrivasse a tanto. Non con te >>.

Il tono era accusativo, duro; una parte di sé si infuriò con il nano che aveva sempre rispettato, vedendo in lui una persona onorevole e saggia: ora, al contrario, non sapeva che pensare. Tuttavia non si aspettava che Karin gli dicesse d'aver ragione, ma nemmeno che scuotesse la testa.

<< La malattia di Thror ora è in lui, la stessa che ripugnava, che sapevo odiava col cuore. Tu non l'hai visto, Bilbo: non hai scorto nei suoi occhi la disperazione e il pentimento! La consapevolezza d'essere diventato come colui che gli era diventato un estraneo, un pazzo... l'ha devastato; e il fatto che stesse per colpirmi l'ha fatto sentire peggio >> si passò una mano tra i capelli, staccandosi da lui.

Bilbo si domandò se Thorin avrebbe reagito allo stesso modo se avessero scambiato i ruoli: l'avrebbe perdonata così facilmente, dimostrando ancora una volta l'amore incondizionato per lei? Oppure avrebbe perseverato nelle sue convinzioni lasciando che l'orgoglio e la rabbia lo allontanassero da Karin?

<< Non riesco ad odiarlo. Non ce la faccio >>.

Non aveva davanti il Re sotto la Montagna, perciò non poteva saperlo; annuì, prendendole le mani tra le sue: strofinò i pollici sui dorsi, muovendoli piano su e giù.

<< Lo so >> le disse, cercando di consolarla; la vide sbattere le palpebre più volte, cercando di contrastare il pianto.

<< Io lo amo >>.

La voce tradiva il tremore, il bisogno di sfogarsi e liberarsi di quell'enorme peso che, fino a poco prima, era stato così dolce.

Le baciò le mani, annuendo ancora << Lo so >>.

Karin espirò e guardò altrove, vergognandosi d'essere così fragile e debole: eppure, anche se si rimproverava internamente, gli occhi non si asciugavano, il labbro non smetteva di tremare; si schiarì la voce, borbottando un “grazie” poco convinto.

Poi si sciolse dalla presa e si alzò, incrociando le braccia al petto << Vieni a fare un giro con me? Ho potuto ammirare l'accampamento solo ieri sera, mi piacerebbe vederlo col sole alto nel cielo >>.

<< Certo. Come vuoi >>.

Soddisfatta della risposta si avviò, lasciando che la seguisse per poi affiancarla una volta fuori; l'atmosfera della serata si era spenta con la stessa facilità con cui si soffiava sulla fiamma di una candela: uomini e elfi, ora, sembravano ricordarsi della guerra incombente, ed agivano di conseguenza.

Armigeri indaffarati, soldati che affilavano le lame e sistemavano gli scudi tondi, che percorrevano a lunghi passi i corridoi tra una fila e l'altra di tende, capi che si radunavano in gruppetti a discutere di strategie; poche parole, sguardi tetri e cupi.

Il fantasma della paura era strisciato fin lì.

O, almeno, finché la sera non fosse scesa nuovamente: così come la birra e il vino.

Nessuno badò a loro, nessuno si fermò a parlare con quei buffi personaggi, così piccoli in mezzo a tutta quella Gente Alta.

Karin alzò lo sguardo verso gli stendardi, guardandoli animarsi di vita grazie al vento proveniente da ovest; ma venne distratta da una voce profonda, ed un'alta sagoma si parò davanti a loro sbarrando il passaggio.

<< Salute mastro hobbit! E salute anche a te, signora dei nani! >>.

Karin lo squadrò, riconoscendo Bard l'Arciere; lo guardò stringere tra le dita i lembi del lungo cappotto marrone bordato di pelliccia, mentre la bocca si piegava in un sorriso. I capelli neri erano raccolti alla nuca, e quelli liberi ondeggiavano pigramente seguendo la corrente d'aria; osservò i suoi occhi scuri ed i tratti marcati, chiedendosi come potesse essere fratello di Eliese. D'altronde, però, anche Balin e Dwalin erano molto diversi anche se fratelli, così come Bofur e Bombur, Kili e Fili.

Le si attorcigliò lo stomaco, e distolse in fretta lo sguardo facendo un breve cenno col capo a mo' di saluto. Fortunatamente Bilbo la tolse dall'impiccio.

<< Salute anche a te, Bard. Mattinata fredda e grigia, non trovi? Anche il tempo si prepara alla battaglia >> scosse la testa, come a voler dimenticare quel dettaglio << Ma permettimi di presentarti come si deve la mia amica, Karin figlia di Kario >>.

<< Ci incontriamo formalmente, dunque; è un vero piacere conoscere chi è stato accanto a mia sorella >> le tese una mano, che lei strinse subito.

<< Ne sono stata felice >> replicò, piuttosto schiva << Voi dov'eravate, se posso chiedere? >>.

<< Lontano, per conto del Governatore; ero insieme a mio figlio, se vuoi saperlo >> disse, sorridendo sardonico.

<< Siete sposato? >>.

<< Perché questo tono sorpreso? >> Bard rise, ma l'accontentò << Vedovo. Mio figlio Bain mi aiuta spesso, nonostante sia giovane, però gli ho proibito di seguirmi qui: una battaglia non è posto per un ragazzino, ma nemmeno per voi >> constatò, alzando un sopracciglio << Ho chiesto molte volte al signor Baggins se desiderava andarsene, ma ho ricevuto sempre risposte negative: immagino che anche con te sarà lo stesso >>.

<< Siamo coinvolti anche noi; abbiamo fatto parte della Compagnia di Thorin e abbiamo affrontato molti pericoli: che senso avrebbe scappare ora? >>.

<< Non sarebbe fuggire, ma salvarsi la vita >>.

<< Solo i codardi lo farebbero, o i deboli >> alzò fiera il mento, facendogli intendere di non appartenere né all'una né all'altra categoria.

Bard sembrò cogliere, poiché alzò le mani in segno di resa << Pace, pace! Prometto di non insistere oltre, né di legarvi e imbavagliarvi per portarvi via di qui a forza >> disse ironico.

Bilbo ridacchiò, trascinando anche Karin: con l'umore leggermente sollevato, ripresero a conversare.

<< Come sei riuscito a sconfiggere Smaug? >> volle sapere, curiosa.

<< Con il mio grande arco di tasso, e la Freccia nera appartenuta a mio padre e ai miei avi prima di lui; un tordo mi si posò sulla spalla, sussurrandomi il punto esatto in cui colpirlo, proprio qui >> e con l'indice picchiettò il punto del petto, a sinistra << era scoperto, il nostro buon hobbit qui può confermartelo >>.

<< Non occorre, conosco già questo dettaglio >> replicò lei, sorridendo furbamente subito dopo << E il punto era poco più giù >> lo corresse, saccente.

<< Chiedo venia! Sembra che non riusciamo ad andar d'accordo! >> esclamò, fintamente offeso << Venite. Se non erro, stavate perlustrando la zona >>.

<< Vuoi controllarci? >> chiese Karin, riducendo gli occhi a fessure << E' Thranduil che ti manda? >>.

Bard si stupì non poco, e la sua espressione lo confermò.

<< Karin! >> la chiamò Bilbo, stringendole un braccio << Cosa stai insinuando? >> le sibilò vicino all'orecchio.

<< Dunque? >> disse alterata, ignorando l'amico << Pretendo una risposta, Uccisore di Drago >>.

<< Spiacente deluderti, ma non sono qui per ordine di nessuno >> ribatté glaciale, perdendo ogni traccia d'umorismo << Mi credi capace di un tale basso atto? >>.

<< Non so, dimmelo tu. Ad esempio, nessuno crederebbe mai alle storie di un Elfo torturatore, eppure ne ho incontrato uno >> fece un passo avanti guardandolo negli occhi, senza paura << Quindi, chi mi assicura della tua buona condotta? >>.

Bard sospirò, lasciando penzolare le braccia – poco prima conserte – lungo il corpo << Temo che siamo partiti col piede sbagliato, mia signora. Sappi che non vi nuocerò in alcun modo: hai la mia parola, per quanto essa possa valere. Spero solo che vorrai concedermi la tua fiducia >>.

Era sincero, Karin lo capì subito; abbassò le difese e si sentì colpevole, cercando parole adatte per redimersi.

<< Ti chiedo perdono, Bard della stirpe di Girion. Non avrei dovuto accusarti in quel modo; hai ragione, siamo partiti col piede sbagliato >>.

Fu lei, stavolta, a tendergli la mano: e l'uomo la strinse subito, facendole un sorriso riconoscente; Bilbo espirò sollevato, battendole una pacca sulla spalla.

Senza altri intoppi proseguirono il loro cammino, chiacchierando amichevoli.



Era pomeriggio inoltrato quando Legolas si presentò nella tenda di Karin, scuro in volto.

<< Buona giornata anche a te >> lo salutò ironica, poggiando Iris sulla branda; lui non rispose, fermandosi di botto e lasciando vagare gli occhi chiari in ogni dove, come era solito fare quando era preoccupato.

<< Legolas, tutto bene? >> gli si avvicinò, inquieta come lo era lui: per un attimo pensò al peggio, al fatto che Thorin avesse commesso qualche sciocchezza e si era gettato a capofitto contro lo schieramento nemico, magari rimanendo ferito o peggio: e l'elfo non aveva parole per dirglielo, turbato da quel ruolo di ambasciatore che, di fatto, gli stava stretto.

<< Mio padre vuole vederti >> disse, spezzando il silenzio << Sta giungendo una delegazione dei nani di Dain. Bard andrà a parlare con loro >>.

<< E io cosa c'entro in tutto questo? >> domandò perplessa.

<< Lo scoprirai se verrai con me; in fretta però. Mio padre non ama aspettare, e nemmeno i nani >>.

Karin ricacciò in gola la pessima risposta salitale alle labbra e, rapida, afferrò Iris e la ripose nel fodero legato alla cintola; poi seguì l'elfo, venendo investita dalle raffiche di vento gelido. Camminarono un poco, finché la tenda del Re non si mostrò alla loro vista; Karin fu sorpresa di non scorgere neanche l'ombra di un nano e, accigliata, si domandò che razza di trucco fosse quello: perché portarla lì dicendole una bugia? Spazientita, stava per aprire bocca quando Thranduil la precedette.

<< Come ti avrà già accennato Legolas, Dain è giunto fin qui: il suo esercito è comparso dietro lo sperone orientale della Montagna, e si affretta. Quando arriveranno vorranno... parlamentare, suppongo. O, almeno, questo è ciò che farai >>.

Karin si bloccò, smise perfino di respirare: aveva sentito bene? Lei? A parlare con i Nani dei Colli Ferrosi?

Alzò le sopracciglia, guardandolo confusa; Thranduil si concesse di sorridere nel vederla così spaesata: giunse le lunghe dita al mento, gli occhi chiari scintillanti.

<< Sì Karin, figlia di Kario: tu, lo hobbit e Bard andrete a parlare con la delegazione; chi meglio di te conosce i nani, essendo della tua stessa razza? È risaputo che non scorre buon sangue con noi elfi, perciò non possiamo accoglierli, altrimenti ci avrei pensato io stesso. Confido che farete comunque un buon lavoro o, altrimenti, ci proverete >>.

Il suono alto e squillante delle trombe elfiche lo fermò, facendo sussultare la povera Karin.

<< Sono qui >> disse semplicemente Legolas, scostando il lembo di tenda per osservare fuori; Thranduil annuì, accavallando una gamba sull'altra.

<< Vai, Karin: non vorrai far attendere i nani >>.

Usò quasi un tono dispregiativo, e Karin si adombrò: ma durò solo un attimo, poiché i piedi si mossero veloci e, in un battito di ciglia, era già fuori, consapevole solo d'essere stata abilmente incastrata dall'elfo; diamine, non aveva nemmeno cercato di replicare!

Bell'impiccio!

<< Karin! >> Bilbo stava correndo verso di lei, stralunato << Sono arrivati i nani, e dovremo parlare con loro! C'è anche Dain, ho sentito! >>.

<< Anche lui? >>.

Bilbo annuì, notando il volto pallido di lei << Hai accettato senza fiatare? >> domandò incredulo, preferendo sorvolare sull'agitazione della giovane.

<< Veramente non ho nemmeno fiatato >> mormorò a disagio; poi scrollò le spalle, quasi a farsi coraggio, e le raddrizzò << Forza, non indugiamo oltre. Se Dain è come Thorin, non ama attendere >>.

Si avviò, riconoscendo la figura di Bard poco più lontana, intento a parlare con alcuni suoi uomini; quando li vide fece un cenno secco, gli occhi seri e adombrati quanto i loro: il compito che dovevano assolvere era arduo, non dovevano prenderlo con leggerezza.

Percorsero l'accampamento finché le tende non si diradarono e, lasciatele alle spalle, rimase solo la piana davanti ai loro occhi: li videro attraversare il fiume e arrancare nelle loro pesanti maglie d'acciaio che arrivavano fino alle ginocchia; una volta che furono abbastanza vicini, deposero le armi e alzarono le mani in segno di pace.

Solo uno non compì quei gesti, catalizzando inevitabilmente l'attenzione sulla sua figura massiccia e battagliera: vestiva come gli altri, anche se la fattura del suo usbergo e degli schinieri tradivano il suo rango; portava la barba brizzolata divisa in due, acconciata riccamente con gioielli e placche metalliche così come lo erano i folti capelli grigi.

Sotto l'espressione dura, i tratti marcati erano attraenti e nobili: per certi versi le ricordava Thrain nel fiore degli anni, visto in un busto di pietra in una delle sale di Erebor. Quello era certamente Dain, non vi erano dubbi: e vecchie rimembranze di balli e feste si affacciarono nella sua mente, riportandole il tanto affezionato peso sul cuore.

<< Ci affrettiamo a raggiungere i nostri consanguinei nella Montagna, perché siamo stati informati che il regno del passato è risorto. Che ci fanno Uomini e Elfi che siedono nella pianura come nemici di fronte a mura difese? >> li apostrofò Dain, senza nemmeno salutarli.

<< Salute a te! Immagino di parlare con Dain, signore dei Colli Ferrosi >> disse Bard, cercando di non badare al tono con cui il nano gli si era rivolto.

<< Dici bene >> rispose quello << Sono io. Lasciateci passare verso la Montagna >>.

<< Non finché non riceveremo il pagamento che Thorin Scudodiquercia ci ha promesso >> replicò l'uomo, incrociando le braccia al petto.

Karin vide l'impazienza e la rabbia negli occhi del nano, e decise d'intervenire << Lasciate che vengano inviati messaggeri verso la Porta, prima di compiere qualsiasi gesto avventato >>.

Dain staccò gli occhi da Bard, portandoli su di lei: se era sorpreso, lo nascose molto bene dietro l'impassibilità; in effetti, quando erano arrivati non le aveva nemmeno rivolto un'occhiata, non giudicandola degna d'attenzione: invece avrebbe dovuto ricredersi.

La squadrò dall'alto in basso con freddezza, alzando appena un sopracciglio ancora nero << Chi sei tu? No, mi correggo: cosa sei, tu? Troppo bassa per un'umana, alta per uno hobbit; non hai un accenno di barba, e sotto quella chioma vi sono orecchie a punta. Insolito per una nana >>.

Karin sentì le orecchie e le guance andare a fuoco, ma non abbassò lo sguardo, né lo spostò altrove << Scommetto che conosci la risposta: che senso ha domandare? >> replicò, punta sul vivo.

Dain non si fece impressionare, non per così poco << Ripeto: chi sei tu, e perché sei presso gli Elfi e gli Uomini? >>

<< Eravamo parte della Compagnia di Thorin Scudodiquercia, e parliamo in loro vece >> capì d'aver commesso un grosso errore nel momento in cui terminò di parlare: Dain aggrottò talmente tanto le sopracciglia da formare quasi un'unica linea. Di collera.

<< Ma davvero? Curioso che siano una femmina e uno hobbit i loro portavoce. Cosa chiede mio cugino, sentiamo! >>.

Attendeva una sua risposta, lo sapeva: eppure, proprio non riusciva a trovare le parole adatte; le si era seccata la gola, non aveva più una goccia di saliva. Deglutì a vuoto, stringendo i pugni: non doveva farsi vedere debole, non stavolta che avrebbe potuto cambiare in meglio il corso di quella storia.

<< Vi chiediamo di raccogliere il vostro esercito e tornare ai Colli Ferrosi. Questa non è la vostra guerra >>.

<< Ho risposto ad una chiamata accorata di un mio parente, e non saranno certo le tue parole a farmi cambiare idea >> disse bruscamente, fulminandola con lo sguardo.

<< Eppure, se rammento bene, quando Thorin venne a visitarti dicesti che non l'avresti aiutato, poiché questa impresa era nostra e solo nostra >> ricordò << Come mai questo cambiamento improvviso? Non è stato forse l'odore della gloria e del tesoro a condurti qui? >>.

Dain si adombrò, Karin lo vide dal lampo scuro che passò sui suoi occhi << La guerra è guerra, femmina! Non far finta di sapere come funziona, non ti si addice. È stato l'odore della giustizia a portarmi qui, e la voglia di punire l'affronto >> la guardò eloquente, facendole serrare le mascelle.

<< Giustizia e vendetta non sono la medesima cosa >> replicò a fatica << Tu vuoi sangue, e morte >>.

<< Sei arguta >> le concesse << ma non abbastanza da capire in tempo qual era il tuo posto. Tanto per cominciare, una nana non avrebbe vestito i panni della guerriera >>.

<< E' questo che ti turba? Il mio corpo? Pensiamo piuttosto a risolvere questa faccenda trovando un accordo >>.

<< Un nano non si piega alle richieste di Elfi e Uomini, benché meno a quelle di una che rinnega la sua razza. Non discuto con chi si trova in campo nemico >> sibilò astioso.

D'un tratto, però, parve ricordarsi di qualcosa, perché si aprì in un sorriso cinico e spietato << Ora ricordo: il tuo viso non poteva essermi del tutto estraneo, traditrice >>.

<< Traditrice? >> chiese stupito Bard, aggrottando la fronte.

Dain lo ignorò << Sei coraggiosa a presentarti al cospetto di uno dei Nani che hai tradito. O molto stupida >>.

<< Non è più una traditrice! >> esclamò Bilbo prima che lei potesse replicare. Gli mise una mano sulla spalla per calmarlo, ammonendolo con gli occhi: un passo falso e sarebbe saltato ogni loro piano. Dovevano star calmi, per quanto potesse essere difficile.

Il nano sorrise freddamente << Oh, io credo lo sia ancora, visto che è qui. Credete che accetti la patetica scusa dell'essere una portavoce? Thorin non ti avrebbe mai mandata: è sciocco in quanto ti ha preso con sé cadendo nella medesima trappola di molti anni fa, ma non così tanto. Finalmente ha compiuto una scelta giusta: creature infide sono le femmine, con poteri magici in grado di stregarti; la stupidità del mio parente ne è stata la prova >>.

Karin digrignò i denti e strinse i pugni, perdendo a poco a poco il controllo e mandando in malora ogni precedente proposito << Come osi? Non ti permetto di parlare di lui in quel modo! >> scattò furiosa << In primo luogo non mi ha esiliata, poiché è stata una mia scelta; e secondo, non puoi giudicare se non sai le ragioni che mi hanno spinta a farlo >>.

<< So che avete rubato l'Archepietra, e tanto basta >>.

<< E' stato fatto per salvare Thorin da se stesso >> intervenne Bilbo, più conciliante: doveva esserlo per Karin, e perché in gioco vi erano le loro vite.

<< Che sudditi fedeli! >> replicò tagliente il nano << Immagino che il vostro re vi abbia ricompensati a dovere >> sghignazzò quando vide le loro guance imporporarsi << ciò non toglie che il vostro gesto sia stato insensato, tipico dei deboli e delle femmine dal cuore tenero. Fortunatamente la stirpe di Durin non cade sotto influssi malvagi, il vostro allontanamento ne è la prova >>.

<< Ma cade sotto influssi d'avidità! >> disse veemente Karin, sentendo l'aria grave che li circondava, la speranza abbandonarla e la furia montare << Hai scordato la malattia mentale che colpì Re Thror? Si è ripresentata a Thorin, facendogli perdere il senno: perciò è stato attuato il piano >>.

Bilbo la guardò, mentre un pensiero gli si formava nella testa: si stava forse...?

A confermare i suoi sospetti, Karin alzò la testa, fronteggiando Dain con fierezza << Lo rifarei altre cento volte, se potessi tornare indietro: riporterei l'Archepietra qui, piuttosto che vederla consumare il mio re >>.

Ottenne l'effetto sperato: Dain si gelò, trattenendo il fiato con forza; alcuni dei suoi iniziarono a innervosirsi, così come fece Bard, che non aveva più parlato dall'inizio: per quanto volesse, sapeva che non poteva intromettersi. Quello era un discorso tra nani.

Eppure non capiva perché lo hobbit non intervenisse, dicendo che lei era innocente; era stato lui a portare la gemma! In silenzio cercò di trovare una risposta, mentre il diverbio continuava.

<< Che animo nobile il tuo! >> disse Dain, sprezzante << Dimmi, perché un semplice suddito non obbedisce agli ordini ma agisce così? >> i suoi occhi gelidi cercarono i suoi, allacciandoli stretti << Cos'era per te il tuo Re? >>.

Tutto. Per me era tutto.

Karin si sentì svuotata d'ogni energia, la stanchezza la prese: voleva solo smetterla con quell'inutile farsa; non sarebbe servito a nulla continuare oltre.

Il silenzio si protrasse, permettendo a Bilbo di prendere la parola << Mi par di capire che non riusciremo a trattare. Un vero peccato! Vieni Karin, andiamocene >>.

Sconfortato, la prese per un braccio, ma la voce bassa di Dain sferzò l'aria << Karin? Certo, era questo il nome della femmina che rubò il cuore del Principe di Erebor, colei che fu fautrice delle sorti della città: Karin figlia di Kario. Mi rammarica che mio cugino ti abbia perdonata >> scosse la testa, come a voler confermare la gravità del gesto, e la sua contrarietà.

<< Non sei autorizzato a giudicare >> sibilò lei, trovando nuovamente la forza.

<< Oh, io giudico, e giudico abbastanza; non lo condanno, chiunque rimarrebbe affascinato dalla tua persona e dal tuo essere così... indomita >> sorrise ironico, i suoi soldati ridacchiarono facendole ribollire il sangue << Tuttavia, mi infastidisce il tuo giocare all'eroina con le vite degli altri: credi di poterti elevare al di sopra di validi guerrieri esperti, persino al di sopra del tuo sovrano >> la frase che pronunciò in seguito ebbe il potere di lasciarla costernata e furente oltre ogni dire: la sferzò con la stessa ferocia con cui Smaug si era abbattuto sulla città di Dale molto tempo addietro << Essere la sua amante non ti rende automaticamente la sua Regina, e mi dispiace tu l'abbia pensato >>.

Karin sentì il sangue abbandonarla lento per poi tornarle con prepotenza; tremante, scattò in avanti, venendo agguantata in tempo da Bilbo e Bard.

<< Ora BASTA, taci! Non tollererò altre calunnie! >> ruggì, livida.

Dain parve soddisfatto, poiché ridacchiò e si attorcigliò un'estremità della barba attorno al dito tozzo e inanellato << Sei solo una piccola e impertinente selvaggia, esiliata e traditrice; getti fango sulla tua nobile stirpe, e su tuo padre: si vergognerebbe molto di te, se potesse vederti. E io ho ascoltato abbastanza stupidaggini per oggi. Non cambierò idea né la farò cambiare a Thorin, se volevate chiedermelo >> fece un cenno ai suoi e quelli, obbedienti, raccolsero le loro piccozze e le spade corte e larghe; gli scudi rotondi, al contrario, erano rimasti appesi alle loro schiene fin dall'inizio.

Dain portò una mano sul manico di una delle due piccozze, guardandola sorridente << Sarà un piacere rincontrarti in battaglia >>.

Karin ricambiò, lasciando che la mano sinistra si stringesse attorno al pomolo di Iris << Altrettanto >>.

Quando si voltarono, però, li fermò: aveva bisogno di sapere. Ora o mai più << Mio padre... ti aveva promesso la mia mano, prima che Smaug arrivasse ad Erebor? >>.

Attese col cuore in gola una risposta, il tempo parve rallentare, l'ansia crebbe.

Dain si girò, sorridendole sprezzante << Grazie ai Valar no. Anche se non mi sarebbe dispiaciuto insegnarti l'obbedienza e la lealtà verso il tuo popolo e il tuo Re >> senza altre parole o malignità si incamminò, lasciandola arrabbiata ma confortata insieme: dunque, non vi era stata nessuna promessa di matrimonio!

Suo padre le aveva mentito solo per condurla dagli Elfi senza destare sospetti, nulla di più. Lo stomaco fece una capriola al ricordo dei tormenti e delle discussione avute con Thorin in proposito, ma ricordò anche con bruciante frustrazione la prima notte che avevano trascorso insieme prima della partenza; l'urgenza, il dovere, l'angoscia di amarsi disperatamente erano state più potenti dell'amore che provavano per l'altro. Ricordava ancora le lacrime versate subito dopo, ed il cuore le si appesantiva allo stesso modo.

Ancora sconvolta e arrabbiata, Karin udì a stento il richiamo di Bard.

<< Andiamo. Dobbiamo mettere al corrente Thranduil >>.

Fu l'ultima ad accodarsi, poiché i suoi occhi seguirono i Nani dei Colli finché non sparirono dalla sua vista: solo allora si concesse un lungo sospiro come dopo una lunga immersione, ed impose ai piedi di muoversi.


<< Dunque sarà dinanzi ad Erebor che si deciderà il nostro destino >> disse Thranduil, sorseggiando vino e studiandoli attento dal suo scranno.

<< Abbiamo provato a farlo ragionare, ma abbiamo capito subito che era una causa persa >> disse Bard, non nascondendo il fastidio per aver fallito.

<< Con loro è difficile trovare un qualsiasi compromesso, specie se non vengono accontentati; noi elfi non avremmo potuto fargli cambiare idea, in ogni caso: anzi, con molta probabilità i miei emissari sarebbero tornati prima >>.

Karin alzò gli occhi da terra: doveva suonare quasi come un complimento?

Sospirò, lasciando che le parole scambiate con Dain risuonassero ancora una volta nella sua testa “mi infastidisce il tuo giocare all'eroina con le vite degli altri: credi di poterti elevare al di sopra di validi guerrieri esperti, persino al di sopra del tuo sovrano.

Essere la sua amante non ti rende automaticamente la sua Regina, e mi dispiace tu l'abbia pensato”

Sentì le unghie conficcarsi nel palmo, ma non se ne curò: sentì persino il sapore del sangue in bocca, ma non se ne curò. Solo alla rabbia cieca era permesso esistere, nient'altro aveva importanza. Si era elevata al di sopra di tutti, durante il viaggio? Aveva forse giocato con Thorin? Non era mai stata la sua amante, e non avrebbe accettato di farsi chiamare in quel modo squallido da un guerrafondaio qual era Dain.

Lo giuro sui Valar, su Mahal in persona: se lo incontrerò in battaglia, lo ucciderò per ciò che ha detto.

Certo, se non ci avesse pensato prima lui: era forte e potente, su questo non v'erano dubbi; aveva notato i suoi avambracci muscolosi pieni di cicatrici, simboli di battaglie combattute... e vinte.

Sapeva che era spietato e letale, ma tutti i guerrieri avevano punti deboli: bisognava solo cercarli. Si augurò non fosse troppo veloce: forse lì poteva essere avvantaggiata.

<< I messaggeri inviati alla Porta sono stati attaccati da numerose frecce >> li informò Bard << Thorin non ci consegnerà nulla di quello che avevamo pattuito >>.

<< Lo sospettavo >> disse il re << E' sempre stato molto ostinato >>.

<< Nell'accampamento c'è eccitazione: gli uomini sanno che la battaglia è imminente >> disse Legolas, lasciando intendere la sua inquietudine << Inoltre, i Nani avanzano lungo la riva orientale >>.

<< Pazzi! >> rise Bard << venire così sotto le pendici della Montagna! Non capiscono nulla di guerre all'aria aperta, poiché ci sono molti arcieri e soldati nascosti tra le rocce sul loro fianco destro. Le loro armature saranno anche buone, ma tra poco saranno messe alla prova: attacchiamoli da entrambi i lati adesso, prima che si siano riposati! >>.

Il silenzio pesò sul gruppetto come un macigno, l'aria divenne pesante; Karin rischiò si sentirsi male, ma ricacciò la nausea quando Thranduil parlò.

<< Aspetterò a lungo, prima di incominciare questa guerra per l'oro. I nani non possono passare di qui, se noi non lo vogliamo o se succede qualcosa che non possiamo prevedere. Spero ancora che qualcosa porti alla riconciliazione >> ammise, lasciando vagare lo sguardo lungo i presenti << In ogni caso, la nostra superiorità numerica sarà sufficiente a sbaragliarli, se mai si giungerà allo scontro >>.

<< La scacchiera è pronta, le pedine si muovono >> disse Gandalf, in tono solenne << Ora dovremo solo attendere una qualsiasi mossa >>.

<< E attenderemo. Ma non abbandonate la speranza >> li redarguì Thranduil, lasciandoli poco convinti.

Solo Legolas ebbe il coraggio d'esternare i sentimenti che aleggiavano nei loro cuori << Padre, non possiamo confidare nella speranza: ha abbandonato queste terre >>.

Karin e Bilbo si lanciarono un'occhiata, comprendendosi perfettamente: aveva ragione.

Non vi era speranza. Non per loro.

Ed essa precipitò quando udirono i corni suonare e le trombe squillare: impietriti, si guardarono l'un l'altro, mentre un pensiero comune prendeva forma nei loro cuori, nelle loro menti.

Karin sentì il cuore martellarle nel petto, i palmi sudarono, la schiena gelò e venne percorsa da brividi.

Era arrivata, dunque: la battaglia era cominciata.





CANTUCCINO DELL'AUTRICE

Buonsalve a tutte ^.^!!!

Allora, che ne dite? Non so voi, ma io l'ho semplicemente ADORATO *____*! Ho amato scrivere ogni singola parola, ogni battuta, ogni dialogo! Sia il breve momento in cui vediamo Thorin, sia il dialogo di Karin con Thranduil ma, soprattutto, quello con Dain: perché si introduce questo nuovo personaggio e si nota il suo carattere duro e diverso dagli altri; cavoli, secondo me... spacca :P! Hahahahaahha, euforia e ego alle stelle a parte, spero vi sia piaciuto, e mi farebbe piacere leggere le vostre opinioni :))), sempre gradite anche per maturare e migliorare al meglio!

Non so che sia successo nello scorso capitolo, però mi ero quasi convinta di ricevere un po' di recensioni: insomma, era un punto cruciale, la spaccatura tra i due amanti finalmente riuniti!
So che ora ci sono le vacanze a cui pensare – io per prima mi sento talmente libera ed ho in arretrato tanta di quella roba che spesso ho rimandato la scrittura :/ – però... ecco, cercate un posticino anche per me! Non tanto per il numero di recensioni – già ENORME, in quanto non ho mai raggiunto un simile risultato – ma per capire come sto procedendo e, soprattutto, se non vi sto annoiando troppo e non sto “dilungando il brodo”: ma cercate di capire che succedono tante cose anche nel libro, ed io le ho “approfondite” mettendoci di mezzo la protagonista, quindi è venuta fuori una vera long... ma ormai siamo alla fine, manca la battaglia! Non mollate proprio ora, resistete, figli di Gondor e di Rohan XD!

Bene, dopo questa filippica lunga quanto il cap, passo ai saluti XP

Ringrazio le carissime e specialissime Krystal91, Lady of the sea, Yavannah, MrsBlack e LilyOok_. VI VOGLIO BENE CARE :* :*!!!!

E grazie anche a quelle che recensiranno più avanti :D :D!!!

GRAZIE anche a chi l'ha messa nelle preferite – seguite – ricordate, a chi legge soltanto e a coloro che mi hanno inserita nella lista “autore preferito” ç_____ç! Siete meravigliosi!

Bene, è tutto ragazzi, alla prossima!!!

Vostra Anna <3





  
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: Eruanne