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Autore: Sophie Isabella Nikolaevna    12/07/2013    0 recensioni
Arrivò poi l'ultima proibizione: divieto di ascoltare, suonare, possedere o vendere qualsiasi forma di musica o strumento musicale. La musica era diventata un crimine. I roghi degli strumenti musicali al centro delle piazze furono trasmessi e ritrasmessi dai telegiornali. Le voci dei cronisti li descrivevano come il primo passo del popolo italiano verso una vita priva di piaceri effimeri e distrazioni. E le famiglie guardavano e impallidivano, non osando proferire parola. La minima sillaba sbagliata avrebbe potuto portare chiunque alla morte.
Genere: Guerra, Slice of life, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ORIZZONTI

La crisi era arrivata al suo apice.

La Storia non aveva saputo parlare, non a voce abbastanza alta, e ora, ad un secolo esatto dalla marcia su Roma, un nuovo dittatore aveva preso in mano l'Italia. 2022.
Nessuno poté dimenticare le riprese mandate in onda dai telegiornali. Palazzo Chigi, la folla. Il vecchio tricolore ritirato, sostituito da uno stendardo interamente blu elettrico.
"Blu come il mare, blu come il cielo. Blu come l'infinito. Come i nostri orizzonti infiniti!".
L'ovazione. Il popolo e la sua nuova, effimera speranza. Una personalità forte avrebbe ripescato l'Italia dal gorgo, l'avrebbe salvata.
Ma dopo i primi entusiasmi, si insinuò nelle coscienze il dubbio, come un serpente gelido. Un serpente continuamente allontanato e scacciato con violenza, che però riuscì presto a mordere le prime anime. Il blu elettrico non era il colore del mare. Era artificiale, era il colore dei fornelli, delle scariche elettriche, dei farmaci oscuri che il governo cominciò a distribuire.
Le tasse scomparvero, come il popolo desiderava. Ma un nuovo nemico cominciò ad ostacolare le volontà: i divieti. Le proibizioni.
Divieto di uscire in strada dopo le ventidue. Divieto di possedere un tricolore, anche solo una bandierina verde, bianca e rossa da infilare su un panino. Divieto di vestire con quei tre colori. Divieto per le donne di portare le gonne corte - eppure si narrava che il dittatore vivesse in una specie di harem. Libertà di stampa soppressa. Libertà d'opinione soppressa. Aule di scuola costantemente sorvegliate, televisione controllata.
Pena di morte reintrodotta.
Scoppiarono le rivolte. Le piazze delle città videro eserciti in uniforme blu elettrico fronteggiarsi con schiere di anime assetate di libertà, visi con richieste di aiuto negli occhi, occhi con dentro universi. Le sedi dei giornali rivoluzionari bruciavano una dopo l'altra. Alcuni uomini e alcune donne, senza aver commesso alcun crimine, scomparivano misteriosamente, lasciando sole le loro famiglie.
Arrivò poi l'ultima proibizione: divieto di ascoltare, suonare, possedere o vendere qualsiasi forma di musica o strumento musicale. La musica era diventata un crimine. I roghi degli strumenti musicali al centro delle piazze furono trasmessi e ritrasmessi dai telegiornali. Le voci dei cronisti li descrivevano come il primo passo del popolo italiano verso una vita priva di piaceri effimeri e distrazioni. E le famiglie guardavano e impallidivano, non osando proferire parola. La minima sillaba sbagliata avrebbe potuto portare chiunque alla morte.
Le città divennero mausolei della vita. Strade deserte, case grigie, piazze immense e vuote. Enormi grattacieli blu elettrico crescevano come sequoie, oscurando il sole. Silenzio. La radio non esisteva più, la televisione non aveva più nemmeno le musiche di sottofondo delle pubblicità o le sigle dei telegiornali. La gente si affacciava alle finestre e cercava di respirare: insieme alla musica sembrava che se ne fosse andato anche l'ossigeno.
Ma, una mattina, qualcuno uscì di casa. Le due code del frac perfettamente stirate, trainava con enorme fatica un pianoforte Steinway a coda, nero e splendente, lucidato a specchio. Lo sgabello era legato al pianoforte. Il popolo lo osservava da dentro le case, di nascosto, in silenzio. Un eroe. Un pazzo. Sarebbe morto. Ma egli, non curandosi del suo destino, trascinava il pianoforte mascherando lo sforzo con un'espressione impassibile, scrutando l'orizzonte. Il vero orizzonte infinito, non quello proclamato dal dittatore. Ed ecco, la piazza principale. Bianca. Non tirava un filo di vento. La grande chiesa di San Petronio stava a guardare.
Si fermò con il pianoforte al centro della piazza, slegò lo sgabello e si sedette sistemandosi il frac.
La Fantasia Improvviso di Chopin ruppe il silenzio come una cascata con una diga. Tutti la stavano ascoltando, da dentro le loro case. E tutti ebbero la sensazione di riuscire di nuovo a respirare. Qualcuno osò sporgersi di più dalla finestra, qualcun altro addirittura ebbe l'ardire di scendere e fermarsi ad ascoltare sul vano della porta di casa. Qualcuno sorrise. Qualche risata di bambinò zampillò, da qualche parte.
Poi, uno sparo.
E il silenzio.




   
 
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