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Autore: lamialadradilibri    16/07/2013    2 recensioni
Primo: io andrò in C.
È la classe più disastrata dell’intera scuola.
È terribile.
Lì è pieno di ragazzi e ... Sì, sono fighi in modo assurdo, ma fanno paura.
Secondo – perché non è finita così.
Dovrò aiutare uno di loro in latino, greco, matematica e storia.
Lui è Andrea. Lo conosco già – di “fama”.
E già lo odio.
(...)
Non so qual è la punizione peggiore.
Per lei è la mia anche se – parole sue! – “Andrea è figo”.
Poi però aggiunge una cosa che mi fa turbare. — Però c’è chi dice che non è esattamente normale ...
Le chiedo più spiegazioni, che non mi sa fornire.
Ottimo!
(...)
CRAC!
Sbarro gli occhi, portandomi una mano alle labbra per soffocare l’urlo, che resta imprigionato tra i miei denti.
O
Mio
Dio
Sara ha tirato un destro dall’aria molto potente – troppo potente – in piena mandibola a Amelia, che ha lasciato cadere la testa di lato, senza più muoverla.
Il cuore mi batte a mille.
No, no!
(...)
“Milady, ce la farò da sola.”
“Non ne dubito. Ma dubito che lei (...) sopravvivrà.”
“Non sono un’assassina.”
(...)
Serro i pugni
Deluso.
Amareggiato.
Solo.
Rinchiuso in una prigione
Odio
Amore
Come posso provarli entrambi?
*
L'amore cambia le persone, la vita cambia le persone
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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21

--Puoi avere ciò che vuoi, ma attenta agli effetti collaterali – gira la confezione.
Chi è, di tutti noi, che non ha mai commesso un errore? Seppur banale, stupido, inutile sia esso, l'abbiamo tutti fatto, dico bene?
Beh, ed ognuno ne avrà affrontato sicuramente le conseguenze. Né Caterina né Sara sono eccezzioni.--

 
 
 
Caterina
Il mio sguardo salta vorticosamente da uragazzo all’altro dei due che si trovano dinnanzi a me, uno in piedi, Manuele, e l’altro inginocchiato, preoccupato, scioccato: Andrea. Ho rovinato una così importante giornata, ed ora chissà che ne sarà di me e lui, di noi? Come sarà dire, a casa, che mi ha mollata? E come spiegherò il perché? Rabbrividisco al solo pensiero di ciò che, d’ora in poi, accadrà, e prendo la decisione più razionale che mi passa per la testa – escludendo da subito quella di scappare in America, magari ad Hollywood.
Alzo lo sguardo su Andrea – ora mi stringe le mani, ma poi che farà? Mi tirerà uno schiaffo con gli stessi palmi che, finora, mi hanno carezzata? – e mento. Sì, mentire – per ora – è l’unica soluzione. Per quanto sia doloroso. — Io... — No, io un corno, non dirò niente finché ci sarà Manuele! Riprendo: — Sara ed Amelia. Hanno litigato... si sono tirate i capelli!... — esordisco, per spiegare  il mio shock. — ...Poi, Amelia se n’è andata. Sara è partita in moto. Però Amelia era conciata... — esito quando lo sguardo di Manuele, furente, si impossessa del mio. No! Non dirò che è conciata male. — ... Be’, stava meglio prima. Le si è anche spezzata un’unghia. — puntualizzo, sperando d’essere convincente.
Quando Manuele tira un sospiro di sollievo, mi dico brava da sola: scioccata, impaurita e stremata, sono ancora un’attrice da urlo!
Almeno così ho pensato finché non ho visto lo sguardo di Andrea. Indagatore. Sospettoso. Gli stringo di più le mani, ma ormai so già che, quando saremo soli, ne vorrà sapere di più.
Mi volto appena in tempo per vedere Manuele tirare fuori il cellulare, e mi affretto ad aggiungere: — Anche se chiami Amelia, sappi che non ti risponderà. — lo informo. Eh beh, come può una persona svenuta e col labbro spaccato parlare?! Serro i pugni, senza rendermi conto che, così, Andrea sentirà la mia paura. In ogni caso è troppo tardi, così rinuncio e l’abbraccio. Che tutti sappiano che stiamo assieme, me ne fotto! Tanto, poco tempo e finirà – anche se prego di no.
Manuele rimette giù il telefono e si stringe nelle spalle – io ed Andrea ci alziamo, mano nella mano. Lui mi schiocca un bacio sulla tempia, ma è distante. — Be’ ragazzi, la serata non è andata proprio come volevamo ma ...
— Perché, come volevate che finisse?! — sbotto sulla difensiva. — Cosa volevate farmi? Manuele rispondimi!
Lui china il capo. Perché, inspiegabilmente, ora è  più mansueto? Completamente diverso da quando sono arrivata?
Scusa.
Cosa? — Tu...
M’interrompe con un’occhiata carica di freddezza. — Si, mi sto scusando! Per ora ti perdono d’aver fatto soffrire Amelié, — sibila, digrignando i denti. A quelle parole la stretta di Andrea si fa più salda sulle mie mani. — ma rifallo e ne pagherai le conseguenze!
Oh, nonononono! Così non va bene per niente. Quando scoprirà ... no, se scoprirà tutto, farà fuori me e Sara!
— Bene. Manu, se hai finito ... andiamo.
Manuele annuisce e, dopo un breve saluto senza allegria, ognuno va per la sua strada. Io ancora scioccata seguo Andrea, che è venuto a piedi perché il cinema dista poco sia da casa sua che dalla mia.
Per un po’ tra noi c’è solo il silenzio, ma so che è la calma prima della tempesta così, furtiva, inizio a baciarlo ed entro con lui a casa sua. Voglio averlo un’ultima volta prima che sappia. Prima che mi odi! Anche se sono certa che non me lo permetterà. Così, stringo le mani al suo collo e gli tiro i capelli più in basso. Lui borbotta qualcosa d’indistinto e mi trascina con sé.

 
Sara
La mia moto sfreccia per le vie, con il carico in più addosso. Non sembra che la rallenti molto ma, nei pressi di casa mia, la mia piccola inizia a dar segnali d’affaticamento1, così mi muovo a metterla in garage.
— Ei, piccina! Su, dài, un altro po’.
Spingo la mia dolcezza fino al box e lì la parcheggio, al calduccio. Il freddo non le fa per niente bene e, da questo periodo in poi, non potrà che peggiorare la temperatura, soprattutto di notte.
Poi do uno sguardo ad Amelié. Quando ho detto con sicurezza che no, non era morta, non ne ero poi così certa, perciò mi allungo per sentirne il polso. È leggero, ma il sangue pompa nel suo corpo, il cuore batte: è viva.
Ye. Wow. Che felicità.
Vorrei buttarla nel fosse dietro casa che è, tra l’altro, vicina al cimitero – casualità? – ma ho promesso a Caterina che non diventerò un’assassina. E poi, uccidere una persona è una cosa grande, distantissima dal picchiarla soltanto. Così, mi rimbocco le maniche – letteralmente – e porto su quel peso morto. È davvero un fardello pesante, cazzo!, ma mi costringo a trascinarla su per due rampe di scale, fino in camera mia. Grazie a dio, né mia madre né mio padre sono in casa, in teoria dovrebbero essere partiti per qualche giorno per andare a visitare una qualche fiera di qualcosa ... mah. Io e loro ci vogliamo bene, sì, ma ci trascuriamo molto ed è anche per questo che sono – no, ero – così.
Butto Amelié sul materasso. I suoi arti cascano qua e là, e un po’ di sangue cola giù dalla bocca.
Mi toccherà ripulirla e curarla, se voglio che tutto vada per il meglio.
Il problema è: lo voglio?
Ripenso allo sguardo terrorizzato di Caterina. Lei sì che è ingenua, pensava di ferirla a parole. Mm. Per quanto le parole possano essere più taglienti d’una lama, un bel pugno o più sono meglio. Molto.
Decido di inviarle un sms, tanto per dirle che è – per ora – tutto okay.
 
Qui tutto a posto. Amelié dorme.
 
Non sono certa che con “dorme” si possa definire ciò che sta passando Amelié, ma non voglio indagare di più. Intanto che aspetto una risposta, le lavo il volto, la lascio in maglia e jeans e comincio a ispezionarle le ferite. Ci sono andata giù pesantuccia, ma le passerà tutto.
 
Sono contenta. È messa malissimo? È così debole.
 
Leggo l’sms più volte. Dio, Amelié è messa male. Non dico malissimo solo perché non voglio demoralizzarmi, e anche perché voglio rispondere “no” al messaggio di Caterina. Ma in questa situazione ci siamo cacciate e ne usciremo.
 
No, malissimo no. Sai perché è così debole?
 
Io sì, lo so. E sono certa che pure Cate lo sa, anche se sicuro non verrà a dirmelo. Anche se non vado in C, per molto tempo sono stata con Andrea, e così ho conosciuto un po’ i ragazzi della classe.
Un’enorme massa di drogati, cazzo, uno più dell’altro, ma in cima alla lista c’è sempre stato un nome, d’una ragazza straniera, fine, dolce: Amelié. È rimasta tale almeno finché non ha più potuto smettere d’usare la Coca, ed allora è cambiata.
Da com’è messa penso che si faccia spesso. Un po’ troppo spesso. Okay, davvero troppo spesso. Il suo volto è sempre più scarno, la pelle sempre più fine, più pallida. No, non pallida... più gialla, ecco. Seppure io abbia sì, usato la droga, l’ho fatto una volta ma poi non l’ho più ripetuto: tutti gli avvenimenti della vita mi hanno distratta da quel pensiero fisso.
 E sì, posso dire che gli effetti collaterali ci sono sin da subito: benché io ne abbia presa pochissima, ed il resto l’abbia buttata per paura, mi ha subito fatto male. È vero, all’inizio è eccitante e divertente ma... poi non più. Sei più debole, più stanca, più irascibile, più incontrollabile, pensi solo a lei, lei, lei... la droga!! È più importante del respirare! Così, ho iniziato a fumare per distrarmi un po’. Ha funzionato, ma mi ha aiutato pure Caterina, con la sua bontà.
Tutto ciò mi fa pentire d’aver picchiato Amelié.
Sono un mostro.
 
Si, ho qualche idea te ne parlerò.
 
Non le rispondo più, e prendo a curare la ragazza con più interesse. Deve guarire. Per sé stessa, per me, per Caterina.
Mentre, con mani tremanti, le tolgo del sangue secco dalla guancia, fremo: non è che ci sono andata un po’ forte, ci sono andata troppo forte. Posso ancora vederla là, tra me ed il muro, a fingere d’essere decisa e sicura di sé. Posso ancora vederla mentre rialza il volto, ostentando un’aria annoiata e cazzo, posso ancora sentire l’ammirazione nelle mie vene! Questa ragazza non è semplice, non è una ragazza facile com’ero io, questa ragazza è forte anche se l’eroina le sta togliendo tutto! Ed io, mi prometto, la salverò.
— Tesoro, svegliati. C’è il mondo che t’aspetta. — sussurro e, a quelle parole, lei ha uno spasmo involontario. Serro i pugni, più preoccupata che mai, e continuo a curarla.
’Fanculo tutto, Amelié sopravvivrà!

 
Andrea
Caterina mi spinge sempre più verso la camera, e per quanto io voglia essere trascinato là – dimenticare tutto, ogni cosa – mi costringo a fermarla. Mi stacco dalle sue labbra e la osservo: ha gli occhi sbarrati, è fuori di sé. Ostento sicurezza, mentre mento: — Non possiamo farlo! C’è mia madre. La verità è che mia madre, per quanto l’adori, ora è l’ultima delle mie priorità e si, l’ammetto: la sto usando. In ogni caso, trascino di qualche gradino Caterina giù e la porto in cucina. Lei si siede su una sedia ed io inizio a preparare un caffè. Ho il sentore che ci servirà.
 
*
 
Per un po’ lei guarda il tavolo, come in trance. La osservo, i capelli arruffati e l’aria ora abbattuta: è successo qualcosa, di grosso. — Vuoi che ti curi le ginocchia? —, tento un approccio gentile.
— No.
— Un po’ di caffè? Offre la casa! — ed alzo una tazzona piena di caffè fumante in alto.
Lei nemmeno alza lo sguardo.
— No.
Ritento: — Vuoi guardare la TV? C’è Il dottor House.
— No.
Fremo.
Perché semplicemente non se ne va a casa, se non ha intenzione di dirmi la verità? Sono tentato di cacciarla, si, ma d’altra parte la amo e resterò lì con lei. Così, mi siedo accanto a Caterina e la osservo, poggiando il mento sulle mani.
— Cos’è successo.
— Amelié s’è spezzata un’unghia.
— Okay. — sospirando, mi arruffo i capelli. Quel gesto in teoria dovrebbe “ammaliare” le ragazze ma su Caterina ora non ha alcun effetto. — Dimmi cos’è successo veramente, ora.
— L’unghia...
— No. La verità.
E lei alza lo sguardo.
Tutta?
Serro i denti. Cazzo. Quanta roba c’è da sapere? — Ogni particolare.
— Bene. — Ora mi dirà cosa, di preciso, va bene. perché io e lei siamo, alle 2 di notte, in piedi, di lunedì. Cioè, di martedì. E tra cinque ore o poco più avremo un test di chimica. E lei mi nasconde un po’ troppe cose. Ed io vorrei farle un po’ troppe cose. E tutto ciò che vorrei farle è immorale o illegale, ma sono sicuro che non negherebbe nulla. — Sara odia Amelié. Io odio Amelié. Così abbiamo deciso di...
— Mmm?
— Fargliela pagare.
Oh.
Cazzo.
Il mondo sa che le vendette delle ragazze sono terrificanti, ma ho il presentimento che questa volta abbiano fatto qualcosa di molto piùveloce e rude.
Nascondo la paura.
— Come, sentiamo.
— Io pensavo... A parole. Poi Paolo se n’è andato... — si ferma. Prende un bel respiro, che dura qualche battito. Poi butta tutta l’aria fuori, quindi ne prende un altro. E un altro ancora. Fuori l’aria. Un altro. Parla: — E Sara l’ha picchiata. L’ha immobilizzata. La parte peggiore è che io ho guardato. Non odiarmi, se puoi. Se no me ne farò una ragione.
Mi rilasso d’un colpo. I muscoli che ho trattenuto si sciolgono e le sorrido. — Be’, che può averle fatto? Spezzato un’unghia?
Lei alza lo sguardo, e sembra sul punto di piangere. I suoi occhi verdi si spengono. Sussurra.
— Le ha dato tre pugni.
Il rumore era assordante.
Il primo l’ho visto.
Poi ho chiuso gli occhi. Ed un pugno le ho detto io di darglielo.
Poi è svenuta.
Poi l’abbiamo messa in moto con Sara e se n’è andata.
Oddio! — irrompe in singhiozzi sempre più forti. Io non mi avvicino.
So che è pentita.
So che non lo rifarà più.
Ma come posso non odiarla?!
La mia ragazza! Una codarda! Un’idiota! Una sciocca!
La guardo.
La mia ragazza: una delusione!
Mi alzo.
La sedia stride sul pavimento pulito. Caterina, che s’è appallottolata sulla sedia, non alza nemmeno lo sguardo e, con spasmi irregolari, continua a singhiozzare.
Io non so più che dire.
Che fare.
Che pensare.
Dove sarà ora Sara? Che farà ad Amelia?
Poi prendo una decisione: io non farò proprio niente, perché non devo fare proprio niente.
Io in questa storia non c’entro.
Io me ne frego.
Iome ne tiro fuori.
Non m’interessa più né di Sara, né di Amelia.
Né m’interessa Caterina.
Fine della favola.
Ogni cosa è come una retta: non è infinita, ha un inizio ed una fine. Ed io e Caterina l’abbiamo raggiunta.

 
Caterina

Aia. Ah, se fa male. Ah, com’è doloroso perdere l’amore. Già lo sapevo, già lo sapevo cazzo!, però quando Andrea esce dalla stanza – la sedia stride a terra, i suoi passi lenti – non posso che piangere più forte. Piango proprio come una bambina, sul latte versato, ma che ci posso fare?
Che ci posso fare?
E i pensieri più assurdi mi comandano: e se Amelié fosse in coma? Cioè, non so per niente com’è che funzionano queste cose, però se già stai male, ed uno ti picchia ... e se fosse stata troppo drogata oggi?
Mio dio!
Il mio giorno! Finisce così!
Serro i pugni.
Fermare i singhiozzi è doloroso: all’inizio se ne fregano, e continuano, poi rallentano un po’, diventando però più forti e alla fine ne rimane solo qualcuno, che schiocca nella mia gabbia toracica come un avvertimento: “Io e te non abbiamo ancora finito.”
Già, piangerò tante volte ancora.
Ma ora basta!!
Mi alzo, con un sentimento rinnovato.
È furia.
Furia pura, ceca, forte, cocente, sibila dentro me, le orecchie fischiano ed immagino sia l’urlo della mia anima!
Ioottengo sempre ciò che voglio.
Volevo che Amelié soffrisse.
Tac. Fatto.
Poi però c’è l’effetto collaterale: se compri “Amelié sofferente” gira il pacchetto, ci sono gli avvertimenti. “Soffrirai anche tu. Perderai tutto. Perderai ogni cosa che ti è cara e ciò che più odi s’avvicinerà a te.” Ovviamente le postille sono scritte in piccolo, così che tu compri tutto, senza saperne niente.
Oh, andiamo! Non c’è niente da comprare! C’era solo una scelta da fare, anzi, due: la buona e la cattiva.
La buona: o fermavo Sara, o chiamavo i ragazzi.
L’ho fatto? No.
Si, ero immobilizzata, ma mentire a me stessa sarebbe inutile: restavo là a guardare non perché il terrore m’inchiodava a terra, bensì era una mia scelta.
La cattiva: ciò che ho fatto. Guardare. Osservare. E peggio incintare.
L’ho fatto? Bene, ora pago.
Ecco il conto, e lo scontrino.
Perfetto.
Con una stretta al petto, capisco che Amelié non si sbagliava; l’abbiamo aiutata e non poco, anche.
O meglio, per ora l’abbiamo aiutata.
Parlando tra me e me, sussurro: — Salirò su. Parlerò ad Andrea. Troverò una soluzione. Mi amerà.
Ma il mio cervello non è una macchina, e mi da troppe soluzioni diverse.
Ad ogni modo, serro i pugni e mi incito a salire.
Un gradino
Due
Tre
Quattro
...
All’ultimo mi fermo.
Fallo.
Perché dovrei? Per sentirmi rifiutare?
Non è detto. Fallo.
No! Perché? Mi rifiuterà, sicuro.
Cos’è, prevedi il futuro? Tenta.
Tenterò.
Muovo le gambe.
Salgo il gradino, ed è un’impresa titanica.
Proprio in quel momento la porta della camera di Andrea si spalanca e mi trova così: a metà su e a metà su.
Io salgo ciò che mi manca e, in velocità, lo raggiungo.
— Andrea. — bisbiglio flebilmente, mentre lui mi osserva dall’alto in basso. Io, umile. Lui, arrogate. Dio. L’ho deluso! — Rimedierò a tutto ciò. So d’averti deluso, ed odio deludere chi amo. Ora, però, ascoltami. Sara si sta prendendo cura di Amelia, prima mi ha mandato un messaggio.
Già, prima. mi chiedo ancora come ho fatto a risponderle, tra un singhiozzo e l’altro.
Andrea non spiccica parola. Continuo.
— So d’essere stata disgustosa, viscida, bastarda. E non dirò che “può capitare”. No, non capita. Mi farò schifo per tutta la vita ormai. Dimmi però che ho una possibilità di non perderti. Una. Riconquisterò la tua fiducia. Lasciami provare. Non posso non amarti più, Andrea. Io non
— Stai zitta.
Cosa?!
No. No, non può essere. No...
— Devo... Pensare. — Andrea esita, prima di passarsi la lingua sulle labbra. — Dormi qua, sul divano. Domani niente scuola, andiamo a vedere dov’è Amelié. Se sta bene, vedrò che fare.
Altrimenti...
La frase cade, la lascia in sospeso.
— Quindi dormo... Sul divano.
— Si.
— D’accordo. Grazie. Ti amo.
Nessuna risposta. Senza più un cuore scendo giù, diretta... al divano.

 
Andrea
Quando Caterina scende le scale, ascolto i suoi passi dalla mia camera. È frustrante: più cerco d’odiarla più vorrei abbracciarla, ora.
Ma è pur sempre una delusione. L’ha fatta picchiare. L’ha incitata! Cos’avrà detto? Dai, un altro po’ non le farà male?
Serro i pugni e sbatto la porta.
Deluso.
Amareggiato.
Solo.
Rinchiuso in una prigione di sentimenti contrastanti.
Odio.
Amore.
Come posso provarli entrambi?
Sospiro, passandomi una mano sugli occhi. Il fatto è che, per perdonarla, devo prima vedere com’è messa Amelia. Amelié. È la causa di tanti mali.
Se non esistesse...
Be’, giocare agli e se? Ma? non mi aiuterà. Cado di peso sul letto, con un sospiro tremante.
Tanto la mia decisione l’ho già presa.
Sarà quella giusta? Sarà ciò che voglio? Sarà...?
Una suoneria trilla, giù. Lascio che i miei occhi si chiudano e, non so come, scivolo nel sonno.

 
 
1Okay, “segnali d’affaticamento”. Non so spiegarli meglio perciò lì sono e lì restano, okay? Credo che anche una moto si “affatichi” con del peso in  più. No? Comunque non so spiegarlo. Ecco.

Beh, che dire di questo capitolo? Seppur Andrea scopre tutto e, scioccato, cerca di capire cos'è che vuole fare, Manuele non e' al corrente di nulla, ed ora è chissà dove bello tranquillo. Sarà così ancora per poco. C'è una "nuova" Sara, qui, si. La si può tranquillamente vedere quando "apre" gli occhi, vedendo CIO' che ha fatto. Ecco, è un passo importante. Un personaggio che è mancato fin'ora è Nella, ma sta per entrare in scena. Come? Lo scoprirete. Be', cos'altro? Ah si, Caterina seppur distrutta dal dolore non ha convinto del tutto Andrea, e come dar torto a lui? Lei è una delusione, la cosa che più teme: si può vedere anche all'inizio, nel rapporto madre - figlia.Ed ecco in questo capitolo spiegato perché Sara è (era)... Sara. Causa dei suoi? o è una scusa? E' facile incolpare gli altri per ciò che si è (era). Ma è giusto?E Amelié, Amelia, troia, mezza - morta, che ne sarà di lei? perché ora è da lei che tutto dipende: Manuele e ciò che farà, lo stesso vale per Sara, ed il rapporto tra Andrea e Cate potrebbe cambiare nel caso lei non "rinvenisse" ...
Lol, è molto Beautiful, sorry! ahahah <3 
Beh, per ora ciauu *: meme1

  
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