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Autore: Santanico_Pandemonium    16/07/2013    1 recensioni
Dicono che una groupie non svela mai il suo vero nome e nessuno lo conosce veramente. Detto ciò non vorrei cominciare svelandovi il mio proprio ora…
Salve, sono Penny Lane, così mi faccio chiamare, anzi credo che questo sia diventato il mio nome ormai.
Se non l’avete ancora capito, si, sono una groupie.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mick Mars, Nikki Sixx, Tommy Lee, Un po' tutti, Vince Neil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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15 gennaio 1987

Van Nuys, 7:58
Mi svegliai un’ora prima del previsto.
Quel giorno i ragazzi sarebbero tornati in sala prove per comporre materiale per il nuovo album. Ovviamente sarei andata con loro.
Dato che mancava ancora un’ora alla “sveglia”, decisi che era meglio non disturbare Nikki ma lasciarlo riposare ancora un po’ visto che la giornata sarebbe stata lunga e faticosa per lui.
Così gli baciai una spalla nuda e sgattaiolai fuori dalle coperte. Stiracchiai per bene i muscoli indolenziti a causa di tutto quel meraviglioso sesso della notte prima e mi infilai le mutande di Sixx, che erano rimaste sul pavimento.
Uscita dalla camera da letto iniziai a gironzolare per casa. Mentre bevo un bicchiere di latte, che dopo qualche giorno sarebbe sicuramente andato a male, ripensai a tutto quello che avevamo fatto io e il bassista dalla sera prima fino alle quattro della mattina del giorno dopo quando, ormai esausti, i nostri corpi ci avevano implorato una sosta. Mi domandai se qualcuno fosse mai morto per “sesso eccessivo”. Probabilmente il sesso è l’unica cosa sana di questo mondo, sempre se fatto in sicurezza e con entrambe le parti consenzienti.
Alzai le spalle, come se quella domanda non avesse una risposta precisa, e non riuscii a trattenere un sorriso compiaciuto guardando il divano in soggiorno.
Mi ci sedetti sopra e accesi la televisione facendo zapping mentre sorseggiavo il mio latte.
 
Quasi feci un salto dallo spavento quando suonò il campanello.
Reggevo ancora il bicchiere vuoto nella mano e così lo appoggiai sul tavolino. Guardai l’ora. Erano le 9:15 e dovevamo prepararci per andare in sala prove.
Corsi ad aprire la porta perché il campanello continuava a suonare insistentemente.
«Chi cazzo è che ha scavalcato il cancello… Oh, ciao Tommy.» mi ritrovai davanti la figura alta e magra del batterista non appena aprii.
Aveva parcheggiato la sua Harley-Davidson in strada e aveva saltato il muretto del giardino per venire a suonare e bussare direttamente alla porta.
T-Bone mi squadrò dalla testa ai piedi e solo in quel momento mi ricordai che ero praticamente nuda, con le tette al vento e con addosso solo le mutande di Nikki. Beh, poco male, Tommy mi aveva già vista senza vestiti più di una volta, non si sarebbe di certo scandalizzato per un paio di tette che, tra l’altro, aveva già avuto il piacere di conoscere.
«Scusa, mi ero addormentata sul divano. Ora vado a svegliarlo e arriviamo subito.» dissi strofinandomi gli occhi e facendo dietrofront verso la camera da letto.
«Hai addosso le mutande di Sixx, non credo proprio che ieri sera vi siate fermati solo al divano.» disse lui varcando l’ingresso.
Continuando a camminare assonnata gli feci gesto con la mano di lasciar perdere e lo sentii ridacchiare.
Quando entrai in camera Nikki era disteso a pancia in giù, le braccia e le gambe spalancate, totalmente spiaccicato contro il materasso. Le lenzuola erano state scaraventate a terra e lui giaceva nudo, con le chiappe all’aria, occupando praticamente tutto il letto.
Sorrisi. Aveva ventotto anni ma a volte sapeva comportarsi come un ragazzino di dodici.
«Nikki… Devi alzarti, dobbiamo andare in sala prove. C’è Tommy che ci aspetta in soggiorno.» sussurrai al suo orecchio.
Borbottò qualcosa che non riuscii a capire e tornò a russare.
Mi diressi verso l’armadio e iniziai a vestirmi mentre continuavo a chiamarlo perché si svegliasse.
«Coraggio Nikki. Alzati, è tardi.» dissi di nuovo al suo orecchio. Mi dispiaceva disturbarlo in quel modo, specialmente perché sapevo che era rilassato e senza pensieri in quel momento, ma era suo dovere alzarsi dal letto e andare in sala prove.
«Vai con T-Bone, vi raggiungo tra due minuti…» mugugnò.
Lo guardai per qualche secondo mentre dormiva beato. Nonostante dentro di me fossi combattuta, decisi di fare come aveva detto.
«Allora noi andiamo, tu però sbrigati.» lo baciai su una guancia.
«Ok.»
Uscii dalla camera da letto e tornai in soggiorno passandomi una mano tra i capelli pieni di lacca.
Tommy alzò le spalle e mi guardò interrogativo.
«Ha detto che ci raggiunge.» risposi alla sua domanda inespressa.
Lui alzò gli occhi al cielo e mi passò un braccio attorno alle spalle.
«D’accordo, andiamo allora. Siamo già in ritardo.» disse.
Uscimmo di casa chiudendoci porta e cancello alle spalle.
Quando Tommy accelerò facendo partire la moto, mi voltai indietro sperando che Sixx avrebbe mantenuto la promessa.
 
Sala prove, 11:48
«Non si può lavorare in questo modo. Non si può.» sbuffò Vince.
Stavo seduta sopra un tavolo in sala prove e aspettavo Nikki, che non si era ancora fatto vedere, insieme al resto della band.
Guardai T-Bone che ricambiò il mio sguardo per poi tornare a fissare il pavimento.
Ci domandavamo tutti dove cazzo fosse finito Sixx e in cuor mio sperai che fosse rimasto a letto.
“Non avrei dovuto lasciarlo lì.” pensai.
Feci appena in tempo a finire il pensiero che la porta si spalancò. Balzai giù dal tavolo e controllai chi fosse entrato. Sperai che non si trattasse di Nikki perché sapevo che quel clamoroso ritardo era un brutto segno.
Purtroppo però le mie speranze si frantumarono.
Nikki stava fermo davanti alla porta che gli si era appena richiusa alle spalle. Aveva il mento sollevato e ci guardava con aria di superficialità e strafottenza da dietro i suoi capelli neri, l’atteggiamento da sbruffone e con addosso vestiti già indossati più volte, leggermente macchiati.
Quando camminò verso di noi fui costretta ad appoggiarmi al tavolo perché le gambe non mi ressero più. Ballonzolava e sembrava che fosse qualcun altro a muoverlo.
«Mi scappa da pisciare.» ci disse e si diresse verso la porta del bagno passandomi davanti senza neanche guardarmi.
Gli occhi mi si riempirono di lacrime ma le trattenni il più possibile, sentendole bruciare dietro le ciglia.
Vince sbuffò e sghignazzò sprezzante, Mick si versò un bicchiere di vodka e Tommy mi guardò inarcando le sopracciglia.
«Vado a parlargli io.» mi disse poggiando una mano sulla mia spalla.
Tirai su con il naso e annuii.
«Datemi una sigaretta, vi prego...» dissi, cercando di darmi una calmata, non appena anche il batterista fu sparito.
Vince mi lanciò un pacchetto e un accendino, così uscii dalla sala prove e andai a sedermi sul marciapiede appoggiando la schiena contro la parete dell’edificio.
Avevo bisogno di stare sola.
Inspirando profondamente il fumo e ributtandolo fuori poco dopo mi sentii inutile e debole, schiacciata a terra da un peso invisibile.
Si era fatto. Nikki si era fatto prima di venire in sala prove.
«Sono una stupida… Se fosse stato con me non sarebbe successo…» le lacrime tornarono a riempirmi gli occhi e questa volta non le fermai.
Sbattei ripetutamente la testa contro le ginocchia, piangendo e trattenendo le urla di dolore, mentre i passanti mi guardavano dall’alto e mi evitavano, scambiandomi per una barbona drogata o una prostituta. Avrei voluto urlargli “Ehi! L’unico drogato qui è l’uomo che amo, e lo sto perdendo a causa di questa merda!”.
«Vuole parlare con te.» la voce di Tommy mi fece sollevare di colpo il viso.
Non mi vergognai a mostrargli la mia faccia bagnata dalle lacrime e con il trucco tutto sbavato.
Inspirai a lungo il fumo dell’ultimo tiro, sentendolo arrivare fin giù nei polmoni, e lo espirai con altrettanto vigore mentre la gente continuava a fissare sia me che il batterista.
«Cosa cazzo avete da guardare, eh?» gridò lui ad un uomo che gli passava davanti e che fino a quel momento aveva tenuto i suoi occhi fissi su di noi.
Lanciai lontano il mozzicone della sigaretta e, superando T-Bone, entrai.
Non mi vergognai per il mio pianto nemmeno di fronte a Vince e Mick. Mi guardarono camminare a testa alta, mentre fissavo la porta del bagno dove avrei trovato Nikki, e non sbatterono ciglio.
«Bastardo!» gridò Vince, non appena distolse lo sguardo dalle mie guance umide e dopo aver sospirato sonoramente.
Chiusi gli occhi per un secondo, ricacciando indietro lacrime di gratitudine, e in cuor mio lo ringraziai.
Non esitai di fronte alla porta. Semplicemente entrai e la richiusi dietro di me.
La luce era spenta e decisi di rimanere al buio, per evitare di guardare i suoi occhi. Mi appoggiai con le spalle contro la porta e attesi di abituarmi all’oscurità.
«Non devo scusarmi. Non ho scuse questa volta.» disse.
Non risposi.
Lo sentii muoversi ed agitarsi a causa del mio silenzio.
«Di qualcosa per la miseria!» gridò poi, sbattendo i palmi delle mani contro le pareti del minuscolo stanzino.
Iniziai ad intravedere la sua immagine. Stava seduto sulla tazza, il capo chino e i capelli arruffati.
«Vuoi morire? Perfetto, allora fallo. Tanto chi soffrirà poi sarò io.» risposi senza alzare la voce.
«Non morirò, cazzo! Non morirò!» urlò ancora, alzandosi e avvicinandosi a me.
«Ah no? Ah no??» continuai, avvicinandomi a mia volta.
Eravamo a un centimetro l’uno dall’altra. Io in punta di piedi, lui leggermente abbassato. I nostri respiri si incrociavano per un attimo nello spazio che ci separava e poi venivano sospinti verso i nostri volti.
«No!!» si avvicinò ancora, spingendomi di nuovo con le spalle contro la porta.
Sbatté forte il pugno, vicino al mio orecchio destro, e lo sentii rimbombare.
I ragazzi non sarebbero intervenuti. Ne ero certa.
Non mi avrebbe fatto del male. Non voleva farmi del male. Era semplicemente spaventato. Riuscivo a leggere il terrore nei suoi occhi, così vicini ai miei.
«Diminuirò le dosi, ok? Diminuirò le dosi, così la roba mi aiuterà a non uscire di testa e non morirò.» continuò a dire, con voce più calma.
«Sei già fuori di testa Nikki…»
Abbassò il capo e i suoi capelli mi sommersero.
Non mi scansai, ma mi lasciai travolgere da quel profumo così familiare.
«Dimmi solo cosa devo fare.» dissi, sentendomi intrappolata, sconfitta.
Singhiozzò.
«Non abbandonarmi…»
Crollai. Tutta la mia forza, le mie sicurezze, tutto. Tutto, crollò tutto.
«E come posso farlo? Io ti amo.»
Dopo aver pronunciato l’ultima vocale, feci dietrofront e uscii dal bagno, lasciando la porta aperta.
Tornando verso i ragazzi estrassi un’altra sigaretta, la accesi e lasciai pacchetto e accendino sopra un tavolo davanti a Vince.
Inspirando uscii in strada.

   
 
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