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Autore: heiobrien    17/07/2013    1 recensioni
100 giorni insieme.
100 giorni di Charlie e Niall.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Niall Horan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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‘Charlie, Charlie, Charlie! Ho perso la Principessa Favilla!’ mi salta addosso mia sorella, come per darmi il buongiorno.
‘Cory vai via. Ora.’ le dico coprendomi il viso con un cuscino.
‘Ma, mi devi aiutare a cercarla!’ 
‘Corinne, sto dormendo.’
‘Ma sono le sette, devi andare a scuola!’
‘Corinne, sto per perdere la pazienza.’
‘Ma…’
‘Corinne, piantala!’ le urlo alzandomi a mezzo busto fra le coperte, ritrovandomi quel faccino dolce ingannatore di mia sorella che mi fissava stranita.
‘Come vuoi, ma sappi che me ne vado solo perché devo andare a scuola e non ho tempo.’ afferma scendendo dal letto, portandosi vanitosamente una ciocca di capelli dietro la spalla.
Ma dico: perché tutti devono darmi filo da torcere quando possono tranquillamente farsi gli affaracci loro?
Mi arrendo e mi alzo per catapultarmi nel bagno.
 
Quaranta minuti dopo, mi ritrovo a correre come una perfetta idiota tra le strade di Londra, poiché avevo perso l’unica metro che poteva arrivare alla mia scuola non oltre le otto.
Stremata arrivo a varcare quel portone che mi ispirava una grande tristezza, forse era perché l’avevo visto per troppe volte.
Mi avvio, come al solito, verso il mio armadietto. C’era un post-it attaccato che recitava così “Alle tre fuori la mensa. H” 
Lo stacco e lo getto nel primo cestino vicino e m’incammino per andare a Spagnolo.
 
L’ora subito passa, fortunatamente.
‘Hey, Charlie’ mi chiama da lontano Sam, poi vedo che si avvicina a me.
‘Ciao Sam.’ 
‘Hai avuto un’ennesima detenzione, eh?’ 
‘E tu come fai a saperlo?’ mi volto verso di lei con aria stupita.
‘Ho letto il post-it sul tuo armadietto stamattina, si riferiva alla detenzione vero?’
‘Si’ dico, iniziando a camminare per il corridoio.
‘E’ mai possibile che sei arrivata alla sessantesima detenzione in un intero anno scolastico? Ti rendi conto che rischi la bocciatura? Quante volte te lo devo ripetere, Charlie?! Sei di coccio.’ mi rimprovera Sam, assumendo le sembianze di mia madre per dieci secondi.
‘Non è stata colpa mia, quell’ameba di Horan mi ha provocato. E tu sai quando qualcuno mi provoca cosa succede.’
‘Lo so, e so anche cosa succederà quando i professori avranno perso l’ultimo briciolo di fiducia che hanno ancora per te.’ mi ferma Sam, guardandomi dritta negli occhi.
Non riuscivo a ricambiare lo sguardo, non ce la facevo. Sam era fin troppo convincente con quegli occhi e sapevo di aver sbagliato per la sessantesima volta. Lo so, cacciarmi nei guai era d’obbligo nella mia vita, ma stavolta non avevo per niente progettato di finirvici. È stato un caso.
‘Okay, ammetto di aver sbagliato, ma non guardarmi in quel modo così smielato’ sdrammatizzo, ottenendo un suo sorriso.
‘Okay, ma promettimi che non cercherai di farti bocciare anche quest’anno?’
‘Promesso’ incrocio gli indici sulla mia bocca.
‘Comunque sei fortunata.’ dice Sam con un sorrisino da furba.
‘Perché?’
‘A quanto pare, hai avuto tre giorni di detenzione con Niall Horan.’
‘E allora?’
‘Charlie, è Niall Horan. Niall Horan. Il capitano della squadra di lacrosse.’
‘Lo so e questo che c’entra?’
‘Molte darebbero la vita per stare anche mezzo minuto con lui. E devo ammettere che è un gran figo.’ afferma Sam quasi come se si stesse per sciogliere.
‘Non mi dire che sei attratta da quel tipo?’
‘Dai, andiamo: chi non lo è, Charlie?! Biondo, alto, occhi color oceano… è il tipico principe azzurro, in altre parole.’
‘Sam, ti assicuro che è solo un povero idiota che cammina impettito e fa il bullo per piacere agli altri.’
Sam mi rivolge i suoi occhi enormi color petrolio, che stavolta si erano ridotti a due fessure strettissime. Odiava quando qualcuno la contraddiceva. Odiava quando qualcuno contraddiceva concetti palesemente ovvi, per la precisione.
 
Alle 14.30 accompagno Sam nell’atrio della scuola e la saluto, poichè sarei dovuta restare per non so quanto altro tempo in quel carcere minorile a fare la donna delle pulizie.
Più ci pensavo e più mi saliva il nervoso, ah.
Alle 15, come d’accordo, mi faccio trovare in sala mensa che era completamente ricoperta di ogni varietà di cibo, impedendomi persino di camminare tra i tavoli. Afferro uno straccio e inizio dal lavoro più facile: pulire i tavoli. Non era tanto complicato, bastava passare quell’orrida e flaccida pezza bagnata sul tavolo in modo da lasciar cadere il mangiare per terra.
Guardo per caso il grosso orologio che si elevava sulla parete della mensa e segnava le 15.45.
Di Horan nessuna traccia. Temevo di dover chiamare quelli di Senza Traccia o Criminal Minds per iniziare le ricerche. 
Soprappensiero, sento un rumore assordante di una porta che sbatte. Sbianco letteralmente.
Insomma, ero l’unica a stare su quel piano. Quelli del teatro, il club dei fumetti e altre associazioni del cazzo stavano nelle loro corrispettive aule, che non albergavano su quel piano.
Sento l’ ansia assalirmi per un momento. Scrollo la testa per non pensarci e continuo a spolverare un tavolo.
All’improvviso mi ritrovo davanti quel finto biondo di Horan che mi fissava con un sorriso da ebete.
‘Aaah!’ urlo per lo spavento, facendo un balzo all’indietro e cadendo sul carrello delle pulizie.
‘Ti sei spaventata?’ mi domanda quell’idiota sporgendosi dal tavolo.
‘Tu che dici?’ 
‘Io dico di si.’
‘Mmh, allora quel mezzo neurone che ti è rimasto nel cervello funziona ancora.’ gli rispondo facendo per alzarmi.
Stranezza che successe, Horan mi tese una mano per aiutarmi ad alzare il mio deretano dal pavimento.
‘Vedo che le buone maniere ti sono ancora rimaste impresse nel cervello di gallina che ti ritrovi.’
‘Si, ma le uso solo per le persone beneducate.’
‘Oh, quindi mi stai dicendo che sono una ragazza cattiva?’
‘ “Acida” è il termine giusto’ dice, poi continua ‘sono Niall, piacere, e tu sei…?’
‘Charlie.’
‘Charlotte, vorresti dire.’
‘È Charlotte. È francese.’
‘È francese?’ mi fa il verso, scoppiando poi in una fragorosa risata.
Che cosa c’era di divertente nel mio nome? Mentecatto. 
‘In ogni caso, chiamami pure Charlie.’
‘Quindi sei francese.’ constata l’ameba.
‘In un certo senso, si. Altre domande, Horan? ’
‘Chiamami pure Niall.’
‘E’ più soddisfacente Horan. Magari mi limito a “testa di rapa”.’
 
‘Da dove devo iniziare?’ mi domanda aggiustandosi i guanti rosa di gomma che indossava con una specie di cuffia per la doccia, ornata di candidi fiorellini blu sopra la testa.
‘Ma che ti sei messo?’ domando scoppiando in una risata rumorosa.
‘Si chiama proteggi-capelli. La si usa per proteggere i capelli quando fai servizi di questo tipo’ mi dice serio.
‘Io la chiamerei più cuffia per la doccia, ma è uguale.’ finisco con una risatina strozzata.
‘Prima iniziamo, prima finiamo!’ mi illuminò Horan, afferrando un secchio d’acqua.
‘Come vuoi.’ sbottai seguendolo con altri stracci in mano.
‘Tu fai questa parte ed io quella lì giù, capito?’ mi ordina Horan.
‘Mi prendi per scema?’
‘Per carità, non mi permetterei mai.’ alza le mani, giustificandosi.
Lo guardo andare dall’altra parte della sala, riducendo gli occhi a due minuscole fessure, poi riprendo a pulire.
 
Il tempo passa e il cibo nella mensa sembrava moltiplicarsi ogni minuto. 
Ero stremata, la schiena mi faceva male e le braccia si rifiutavano di fare ulteriori movimenti.
Non ero abituata a fare quel genere di “ginnastica”, se la si può chiamare così. Al massimo camminavo a piedi e prendevo i mezzi pubblici.
M i lascio cadere su una sedia vicina, poi rivolgo lo sguardo verso Horan, intento a togliere delle macchie di non so quale strana sostanza.
‘Horan, hai finito?’ gli domando.
‘Tu?’ mi domanda di rigetto, senza nemmeno degnarmi di un’occhiata.
‘Ti ho fatto una domanda, perché non mi rispondi?’ 
‘No.’ mi dice, rivolgendomi i suoi occhi blu oceano.
‘Bene, io per oggi ho concluso. Smonto baracca e burattini e me ne vado. A domani.’ gli comunico, levandomi quegli insopportabili guanti di lattice, ritrovandomi le mani tutte bianche.
Con una smorfia, afferro la mia borsa e mi avvio alla porta.
Uscita da quella galera, mi avvio verso la metro srotolando le cuffie e premendo play sul mio ipod. 
 
Arrivo a casa e vedo che non c’era nessuno. 
Era tardissimo: all’incirca le sei. Strano che i miei non erano ancora tornati dal lavoro.
Poso la borsa sul pavimento all’entrata e mi reco in cucina dove trovo un post-it che aveva lasciato mia madre, a giudicare dalla scrittura: “Siamo a teatro e Cory è dalla nostra vicina. Non torneremo tardi x” recitava.
Mia madre, da raffinata francese, amava andare al teatro e vi ci trascinava ogni volta mio padre che sbuffava controvoglia. Anche se la maggior parte delle volte lui prendeva sonno, mia madre tornava proprio soddisfatta. Non so con precisione a cosa assistessero una volta arrivati lì: molto probabilmente a commedie.
Per un nano secondo, pensai che mi fossi divertita a stare a casa da sola per tutto quel tempo, poi però mi assale un sentimento di depressione.
Afferro il cellulare per ordinare una pizza, la cosa migliore che mi poteva capitare dopo quella stressante giornata da sguattera.
La pizzeria si trovava a precisamente dodici minuti da casa mia, se andavi a piedi fin lì, ma ero troppo pigra per andarla a prendere direttamente io, quindi chiamai e in meno di dieci minuti suonarono il campanello.
Corsi ad aprire, solo che sentii una specie di vampata attraversarmi tutto il corpo. Era come se mi stessero mandando un avvertimento.
Cauta appoggiai la mano sulla maniglia e aprii lentamente.
‘Salve, ha ordinato una pizza con… Oh Cristo Santo!’
Ero rimasta a bocca spalancata non appena aprii la porta, non riuscivo a dire una sola sillaba.
‘Tu… tu sei quell’ameba di Horan.’ affermo dopo una decina di secondi di imbarazzante silenzio passato a osservarci entrambi come se fossimo degli alieni.
‘Grazie per il complimento.’ riuscì solo a rispondermi Horan.
‘Ma, fai il ragazzo delle pizze?’ domandai scoppiando in una risata ‘Ti facevo più bullo, sai?’ 
‘Io ti facevo più ricca e con la puzza sotto il naso del tipo figlia-di-papà-viziata, sai?’ dice buttando un’occhiata all’interno della casa.
Perché doveva essere così fastidioso, talvolta anche offensivo?
‘Mi dispiace aver rovinato i tuoi sogni, Horan, ma ora avrei un urgente bisogno di mettere qualcosa nello stomaco.’ gli dico strappando lo scatolone della pizza dalle sue mani e avviandomi verso la cucina a prendere il borsellino per pagare.
‘Wow, hai davvero una bella casa! Dall’esterno non si faceva così moderna.’ sento la voce di quell’idiota rimbombare nell’atrio.
‘Horan, esci subito da casa mia.’ gli impongo vedendo che stava varcando i confini del mio territorio ‘tieni il resto e vai a rompere da un’altra parte.’
‘Come vuoi, yoghurtina.’ fa per uscire.
Stavo per azzannargli il collo quando sento quelle parole, ma per fortuna stava attraversando la strada prendendo la via verso la pizzeria.
‘Yoghurtina, pft..’ ripetei tra me e me incredula. 
                                                                                                                                                                     
                                                                                                     
Salve a tutte/i :) Fino ad ora non ho postato il seguito
perchè avevo milioni di cose da fare, perdonatemi uu
anyway, spero che vi piaccia c:
con tanto amore, B.
  
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