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Autore: lubitina    17/07/2013    1 recensioni
Erano tempi giovani,John. Lascia che ti racconti qualcosa, prima che l'Araldo venga a reclamare le nostre vite.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Last Harvest'
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Buooona seraaa! infinito ritardo, infiniti esami. Questo capitolo è stato di lunga genesi, tipo un mese.. ma alla fine ho vinto io :D buona lettura, spero che le avventure del povero capitano Anderson siano sempre gradite ^___^

 





Phelbas the Phoenician, a fortnight dead,
Forgot the cry of gulls, and the deep sea swell
And the profit and loss.
A current under sea
Picked his bones in whispers. As he rose and fell
He passed the stages of his age and youth
Entering whirpool.

Gentile or Jew
O you who turn the wheel and look to windward,
Consider Phlebas, who was once handsome and tall as you.

 
Death by Water, T. S. Eliot
 
 
Nasciamo, cresciamo, viviamo, cadiamo e moriamo. Gli astri girano continuamente attorno ad un unico centro, in eterno. Cosa c’è di imprevedibile,nell’Universo? Nulla. Se si hanno le giuste teorie, i modelli esatti, dei computer  abbastanza potenti, degli alieni che ti fanno il favore di lasciarti un po’ d’opere omniae della loro scienza sul pianetino rosso che tu, misero scienziato umano, hai sempre supposto esserti patria.. Cos’è che non può essere previsto?
Cos’è che ora, noi esseri umani, ai nostri attuali livelli scientifici, non possiamo conoscere? Nulla, John. L’universo s’è spalancato ai nostri occhi, ed abbiamo avuto appena trent’anni per immergerci in esso. Ed ora, il Prevedibile per eccellenza ce lo strappa, ci confinerà in frammenti di pietra e di noi non rimarrà altro che “DNA spezzettato destinato a migrare nella polvere interstellare”.
Ed è obbligato. È il nostro obbligato destino, John. E noi, noi miseri fanti e dragoni dispersi su ciò che rimane della Terra, nulla possiamo per modificare tale fato.
 
Rumore di passi, scricchiolii
 
…da piccolo, conoscevo un ragazzino. Era figlio di alcuni amici dei miei genitori, e abbiamo passato pomeriggi interi a giocare assieme a fare la guerra. E, come spesso accade, non ricordo il suo nome.
Era sveglio, vivace, di certo più di me. Ma tendeva all’ossessione. Quando scopriva qualcosa di nuovo, se ne appropriava, lo sfruttava, indagava, se ne nutriva, finchè quel qualcosa non era totalmente esaurito, e,dopodiché se ne stufava, abbandonandolo.
Ciò avveniva con.. con tutto, John, cazzo. Terminali, software, armi giocattolo, libri, videogiochi, sport, oggetti.. ma, soprattutto, con le parole. Quando imparava da qualcuno un vocabolo nuovo, ai suoi occhi curioso, lo sguardo gli si accendeva. E diveniva affamato.
Mi spaventava, in quei momenti, John. Lui spariva da lì, da quel luogo, da quel giardino dove facevamo la guerra, e fuggiva altrove. Dove? Non lo so, John. Nei miei incubi lo vedevo allontanarsi, sorridermi, pronunciare quella dannata parola con gusto, assaporandola, leccandosi le labbra, e..sparire. Dissolversi.
Sai, in uno di quei dannati pomeriggi estivi, pieni d’afa, ricordo di essermi addormentato nel giardino di casa mia, la nostra arena. Sotto un ciliegio in fiore.
E ricordo la sua faccia davanti a me, appena sveglio, con i capelli troppo lunghi che gli ricadevano sulla fronte, giovane e imberbe, e ricordo i suoi occhi. E c’era la fame, in quegli occhi.
Sai che mi disse, John?
Mietitura.” E aveva sorriso, felice.
 
 
Infine, si stufò anche di me. Trovò una scusa per litigare, che sinceramente non ricordo. Ricordo d’esser stato molto triste, come lo può essere un ragazzino di dieci anni.
Quel ragazzino fu trovato morto cinque anni più tardi, col palato trapassato da un colpo di pistola. Rubata al padre. Non ricordo neppure il suo nome, John.
 
Io ti ho visto, sai. Ti ho visto, distrutto da te stesso e dal dolore che da solo sei in grado di causarti. Ho imparato a conoscerti negli anni in cui sono stato il tuo capitano, ed ho ormai capito che è inutile mantenere le distanze. Cosa conta più? Un tozzo di pane o il tuo “lei” rivolto a me? L’esplosione di quei dannati figli di puttana qua fuori, o un pezzo di metallo su una giacca?
Non sei mio pari, questo no. Questo è ovvio. Questo lo sai da te. Io ho vissuto vent’anni più di te, John. Ho visto il mondo quando era ancora giovane, quando non era ancora macchiato e i Razziatori non erano altro che un affresco su un muro. Non avevano ancora promesso di ripulirlo.
Eppure, cazzo.. ripulirlo da cosa, se non dalla vita? Cos’è che, in fondo, ha importanza, se non il bisogno di respirare di ogni essere?
E cos’è che ci tiene qui, che ci spinge a inghiottire pezzi di carne rancida di mutanti?
L’attaccamento alla vita.
Come lo si può negare, John? Come si può arrivare al punto di negarlo?
 
È successo. Si.. si è ucciso. Un.. un ragazzo.
 
Singhiozzo
 
L’abbiamo trovato morto ieri. Steso a terra, nel cortile del condominio che abbiamo occupato, accanto a quello che rimaneva di un ciliegio. Non ha lasciato un biglietto, né un segno. Il suo sguardo era vitreo, perso in qualcosa che non abbiamo ancora visto, vuoto.  Fino a pochi giorni fa sembrava attaccarsi alla sua vita, così giovane, con le unghie e con i denti, sì. Come una bestia feroce. Combatteva, spezzava ossa di cannibali con le sue braccia, sparava, mirava con precisione per non sprecare pallottole. “Grazie, capitano, è lei che mi sta insegnando come rimanere concentrato in un scontro”, mi disse. Non sapevo cosa facesse prima di finire nella Resistenza, prima di mettersi addosso pezzi di corazza raccolti qua e là, e assemblati alla bell’e meglio. Poteva essere un medico, come un ladro, come un soldato.
..Era giovane, John. Più giovane di te. Più giovane di Tali.
Ora…ora è freddo, rigido, ora il suo cranio è fracassato, di lui non rimane che un pezzo di carne sanguinolenta.
E io.. io,John, non conosco il suo nome.”
 
 
Shell shock. Sì, si chiama shell shock. Quando l’orrore ti sovrasta, quando si perde la speranza che esso finisca, che l’onda finalmente ti superi, o che ti abbatta; quando si è nell’eterno limbo dell’incertezza, quando una pallottola andata a segno non supera il significato di un colpo sbagliato, è lì, che si inizia a morire. Lì, in quello stretto spazio, quella rossa linea di demarcazione fra la follia e l’abnegazione. Lì giace il senso di ogni cosa.
Ed è per questo che lui è morto.
Ed è per questo che tu morirai, John.
Ed è per questo che io non morirò. Non ancora. Perché ho qualcosa per cui combattere. Perché ho ancora fame.
Ascoltami, figlio di puttana. Non devi mollare. L’ho visto, il tuo sguardo, in quella cazzo di olochiamata. Ti ho visto, sei vuoto e freddo come quel ragazzo sul terreno. Ti stai perdendo. Stai perdendo il senso, stai varcando la linea rossa. Ogni cosa perde significato, e non distingui più tra una pallottola andata a segno ed una che ha colpito te. Il dolore non fa più tanto male.
Eppure hai lei, pezzo di merda. Hai lei. Hai la cosa più bella e preziosa che un Dio, se c’è, potesse concederti. È per lei che devi combattere, te lo ripeterò per sempre. Perché è la parte migliore di te, anche se sotto quella maschera potrebbe essere un mostro. Se c’è una luce nella tua schifosa vita d’egoista, è lei.
So che sembra che l’onda non debba passare mai, che il mare sia infinito. Come pensi che ci si senta,qui, in trincea? Ogni giorno, ogni fottuto giorno, la stessa identica scena. Arrivano, da lontano, urlando, i Mietitori. Appaiono nella nebbia come draghi cavalcati da cavalieri dell’Apocalisse. Con quelle loro dannate ali alzano la polvere, che ci investe. Gridano, come avvoltoi. E li lasciano cadere, con un tonfo assordante.
Cannibali, mutanti, predatori, così simili ai turian che mi sembra di esser tornato giovane. Bruti, alti più di tre metri, pronti a stringerti tra le zanne. Banshee, grottesche caricature delle creature che erano un tempo, maschere d’una follia e di una disperazione infinita, desiderose di stringerti nel loro abbraccio finale.
Hanno fame, John. Loro.. quel che rimane delle  loro menti, quel poco che resta ancora di coscienza nel cranio deforme di un mutante, lotta per sopravvivere. Quando stritolo il loro fragile collo tra le mani, urlano. Si dibattono. Piangono. Sì, piangono come bestie ferite, gridando con ferocia. Perché loro, così orrendamente semplificati e ridotti dall’orrore dei Razziatori, sono coscienti che, in fondo, l’ultima cosa che conta, è la Vita.
Tu, tu e quel ragazzo, avevate tutto. Avete ancora tutto,e nulla, nulla, se non una pallottola in bocca potrà strapparvelo. Impara a gestire la fame. Impara a non saziarti mai.
E lei, lei guardala in quegli occhi, cazzo. E se devi perderti in un mare, se devi affogare in qualcosa, affoga in lei. Dille che la ami, dimostraglielo. Perché, cos’altro è che muove ogni cosa, cos’è che ha impedito ai Razziatori di annientare, nelle ere, la vita organica, se non l’amore?
 
 
 
Ripresa registrazione circa mezz’ora dopo.
 
 
 
Inutile starci a girare intorno. Devo raccontare, devo ricordare.
 
Sì, eravamo accerchiati. In quel tribunale, in quella pubblica piazza da esecuzione, i Quarian ci avevano circondati. E quell’uomo, alto e impettito, mi fissava sprezzante con quegli occhi luminosi nascosti, e quella cosina minuscola nascosta dietro di lui, attaccata agli schinieri. Teneva le braccia incrociate, lasciando intravedere le mani con tre dita. Rael’Zorah aveva qualcosa di statuario, John, di monumentale, tanto da intimidirmi. È un peccato tu non l’abbia conosciuto.
Avvertivo indistintamente la presenza di Lana, lì vicino, immobile.
Sai, John.. l’aria era piena di sospiri. Sì, l’amplificatore vocale dei Quarian rende rumoroso il loro respiro, come probabilmente saprai. E.. tutti quegli sguardi addosso, quelle migliaia di occhi luminosi fissi su di me.. Dio, ancora rabbrividisco al solo pensiero.
Mi girai, cercando Lana con lo sguardo, cercando rassicurazione. Nonostante fosse un po’ più bassa di lui, era magnifica in suo confronto. Oh, John.. Come rimpiango, quei momenti, gli istanti di quella giornata, rapidi ma così pieni di significato.. Come rimpiango poterla ammirare quand’era ancora giovane e volenterosa, piena di sogni e di idee. Tanto quanto lo ero io. Capii dopo perché mi avesse portato lì, perché sapesse fin dall’inizio cosa sarebbe accaduto quel giorno, troppo pieno di coincidenze.
Zorah, in silenzio, era andato a sedersi dietro lo scranno, nella posizione, presumibilmente, occupata dal presidente della giuria, l’unica libera. I suoi passi sovrastarono i sospiri. La bambina era sparita, nascostasi chissà dove.
Appena si sedette, il silenzio si fece ancora più profondo e cupo. Ricordò che appoggiò le braccia sulla superficie dello scranno, e tornò a guardare intensamente Lana. Infine, parlò.
-Grand’Ammiraglio Lana’Vael vas Rayya, sei qui in presenza di questa corte per essere giudicata riguardo alla tua accusa di alto tradimento.
Lana rimaneva in silenzio, braccia conserte. Io, finalmente, trovai il coraggio di guardarmi attorno, e mi resi conto d’essere solo con lei nel centro della piazza, e che i nostri piedi poggiavano sul tremendo cerchio metallico rosso sangue. Deglutii, e indietreggiai, confondendomi con la folla. Avvertivo gli sguardi incuriositi di quarian grandi e piccoli, che, forse, in vita loro, non avevano mai visto un umano.
E mi sentii invadere dal senso di colpa, John. L’avevo cercata per anni, solamente per poter passare qualche ora con lei. Qualche ora, che si era tramutata in uno sbaglio, un tremendo sbaglio. Una serie di coincidenza fortuite, o meno, s’era accavallata, ed ora ero lì. Nascosto, disperso tra la sua gente, la stessa gente che la accusava di qualcosa che io, ero certo, nel mio cuore, lei avesse fatto in buona fede. Perché? Perché la ammiravo morbosamente. Ma non ero in grado di proteggerla.
La vidi annuire lentamente, con serietà, pesantezza. Come se sapesse che era esattamente ciò che meritava. E che lì, in realtà, la sua innocenza sarebbe stata solamente una sconfitta per l’Ammiragliato.
Rael tornò a parlare.
-Sei accusata di aver introdotto nella Flotta della tecnologia d’origine presumibilmente Geth,o ad ogni modo in possesso di quest’ultimi, e di aver utilizzato tale tecnologia per alcuni scopi totalmente immorali, senza informare il Consiglio in merito. Il Capitano Kar’Danna è già stato informato, ed è ricorso al suo diritto, rifiutandosi di difendere un membro dell’equipaggio della sua nave.
E ogni parola era come una pallottola. Parlava con durezza, ciecamente convinto di essere nella ragione. Ascoltavo, e non comprendevo. No, John, ero troppo confuso per essere curioso, troppo triste per osar proferir parola. E gli occhi, gli occhi degli altri ammiragli. Come pietre roventi.
All’improvviso, Lana rise. Sì, rise. cristallina, eppure amara, e mosse un passo verso la Corte.
-La Corte possiede delle prove a mio carico? Se è sì, devo dedurre che, nel mio gruppo di ricerca, ci sono stati dei traditori. Che, dovrebbero, essere presenti come testimoni, o sbaglio, Ammiraglio Zorah?
E fu come una stoccata, John. I membri della corte gesticolarono nervosamente, parlando col vicino, mentre Rael distoglieva lo sguardo, posandolo sul proprio factotum. Digitando qualcosa con le tre dita. Un vociare sommesso si alzò nella sala.
-Vael ha ragione. Ha diritto a conoscere coloro che, ravvedutisi, hanno consegnato il materiale sospetto all’Ammiragliato. Ho appena provveduto a convocare l’interessato.
All’improvviso, sentii dei movimenti convulsi e fruscii di veli, alla mia destra. Deglutii, e mi voltai. E vidi un Quarian, maschio, piuttosto basso (forse mi arrivava alla spalla), esageratamente esile perfino per la sua specie, scalpitare ed alzare le braccia, nel tentativo di farsi vedere da.. da chi? Guardava qualche metro più avanti, oltre le teste che lo sovrastavano, fisso in un punto sullo scranno. E in un istante compresi ogni cosa.
Quel figlio di puttana. Quel misero figlio di puttana con quella tuta malconcia e le gambe storte… Era stato lui a tradirla,John!
 
Tonfo, come di un pugno
 
 
Sai, John, difficilmente perdo la calma. Sai come tendo ad agire in situazioni in cui i miei nervi sono messi a dura prova; non ho mai messo le mani al collo di  Udina in due anni, anche se ne ho spesso avuto voglia. Ma in quel momento il mio cervello mandava impulsi confusi, che erano composti solo di violenza, pugni sulla maschera, e pallottole. Lo vedevo davanti a me, saltellare come un coglione, soddisfatto del suo operato e impaziente di testimoniare, e mi infuriavo ancora di più. Come si chiamava? Non lo sapevo, ancora. Come aveva avuto il coraggio di tradirla, di consegnare il lavoro di una vita al Nemico? A quello stronzo di Zorah, accecato dall’ambizione e dal livore? Oh, John. Tu avresti reagito allo stesso modo.
Rapido, lo presi per il collo, e sentii le placche di metallo piegarsi sotto la mia stretta. E sentii il suo respiro farsi mozzo, amplificato dal respiratore.
Attorno a noi si fece il vuoto, e ne fui grato ai Quarian. Mentre quello si dibatteva attorno al mio braccio, cercando di allontanarmi con le sue braccia deboli, lo trascinavo. Le gambe gli cedettero, e strusciavano a terra come vermi. Teneva le mani attorno alla mia, nel tentativo di far passare più aria nel suo dannato collo. Lo trascinai come si fa con un ladro.
Guardai negli occhi Zorah, inespressivo, e sentivo su di me lo sguardo di Lana. Non so se compiaciuto o furioso.
E lanciai il quarian accanto a lei, ai piedi della Corte, come una bestia.
Quello tossì a lungo, ancora inginocchiato a terra, mentre nella piazza regnava il silenzio più assoluto, disturbato solo dai respiri affannosi degli agitati.
Io feci qualche passo in avanti, affiancandola, e rimasi immobile. Avevo il cervello svuotato, John. L’ira mi aveva accecato, e ora dovevo render conto di quell’azione alla stessa corte che stava per giudicare lei. E sentii, infatti, il suo sguardo su di me, silenzioso.. ma simile ad  una carezza. Mi voltai verso di lei, e vidi i suoi grandi occhi luminosi dietro la maschera, scrutarmi divertiti, ma senza ironia. Forse sorrideva, chissà. Ad ogni modo, in quella luce, ogni senso di colpa scomparve come era arrivato. Ero innamorato perso, John. E tremendamente felice.
 
 
Cazzo, sta piovendo. Da quanto era che non pioveva? E’ acida, Dares?
Risponde una voce rapida, parole poco scandite e senza articoli.
No? Ah, menomale. Hai già detto ai ragazzi di riempire le cisterne sul tetto? In ogni caso, mandali a recuperare anche delle tavolette disinfettanti in quel deposito che abbiamo scoperto l’altro giorno..
 
 
Zorah parlottava con un Ammiraglio alla sua destra, il cui nome era presumibilmente scritto su una targhetta, in caratteri incomprensibili. Sembrava anziano. Era curvo, i suoi movimenti erano poco fluidi.
Dovrebbero mandarlo in pensione, pensai. Ero giovane, non immaginavo che potesse esserci saggezza in chi è vissuto più a lungo di te; mi sembrava solamente un mucchio d’ossa e carne vecchia.
Nel frattempo, il traditore era riuscito a rimettersi in piedi, e i suoi occhi luminosi evitavano con cura Lana. Infine, Zorah smise di consigliarsi col vecchio, e si rivolse a noi, dall’alto del suo scranno. Il led del suo factotum lampeggiava, i suoi occhi erano ridotti a fessure.
E fece un ampio gesto con la mano con tre dita, che assomigliava ad un invito.
Avevo già capito ogni cosa, John. Aveva chiamato la sicurezza, quel figlio di puttana. Ed ora, sentivo mani fredde come ferro e braccia forti afferrarmi e accerchiarmi, e udivo il ticchettio le armi d’ordinanza dei Vigilanti ad ogni mio movimento. Carabine Reegar e pistole pesanti. Mi dibattevo, cercando di liberarmi. Ma sapevo che era inutile.
La mia mente era tornata ad essere vuota, e quella nave, quegli Alieni, parevano appartenere ad un incubo distorto e confuso, in cui nascevano e morivano mostri. Vedevo Lana, di fronte a me, guardarmi impassibile. Cosa pensava, cazzo? E cosa diamine ci facevo, lì?
Ero stato un idiota, John. Ero un idiota, ed era l’unica cosa che riuscivo a pensare mentre quelle mani e quelle braccia si chiudevano sulle mie.
-Capitano David Anderson dell’Alleanza, so che eri in visita diplomatica, e sono contrito per i provvedimenti che sono stato costretto a prendere. Ma qui non valgono le vostre regole,- e dicendo ciò, aveva teatralmente intrecciato le dita,- Un cittadino è un compagno, è un alleato, mai un nemico. Tra di noi c’è lealtà, c’è altruismo. Tutti si rendono utili per la collettività. E individui come te verrebbero presto espulsi dalla Flotta, se non Riformati.
Di scatto, si alzò in piedi, e la folla parve inchinarsi al suo cospetto. Quell’uomo, già imponente, pareva un’enorme statua. Nella piazza, neppure un sussurro volava.
-Non vedi l’ordine, David Anderson? Non noti la precisione e l’accuratezza di ogni angolo di questa nave? Credi che siamo sopravvissuti tre secoli grazie alle lotte interne e agli individui violenti? No. L’ordine e la precisione, l’esatta previsione di ogni evento futuro, ci hanno salvato. Ed è così che deve funzionare. Ed i rivoluzionari,come ne avete voi Alieni, o come ne esistono sulla Cittadella, qui, non hanno futuro.
Tornò a sedersi, e feci un sospiro di sollievo.
-Sai perché, David Anderson? Perché questa è la migliore delle organizzazioni possibili. Ed è per questo che evitiamo che alieni vengano in visita. Per evitare questi.. spiacevoli incidenti. Keelah se’lai.
Concluse, allargando le braccia, in un ironico abbraccio. E fui certo che sorridesse mellifluo dietro la maschera.
 
Tentai di guardarmi attorno, e a pochi centimetri dalle mie spalle trovai maschere, dietro cui si intravedevano solo luci di occhi e ombre di lineamenti misteriosi, ma mascolini. Sì, le guardie che mi trattenevano erano sicuramente degli uomini. Silenziosi e ubbidienti come robot.
E compresi una cosa, in quel momento, John. L’avevo già intravista negli occhi tristi e malinconici della creaturina che si nascondeva dietro gli schinieri di Zorah, ma ora era una certezza, contenuta negli sguardi muti di quei soldati, nella riverenza e nel silenzio del popolo della Rayya dinnanzi all’Ammiraglio.
Se la libertà, tra i Quarian, c’era davvero mai stata su Rannoch, di certo i Geth l’avevano spazzata via, assieme a quasi la totalità della popolazione organica del pianeta.
 
E allora intervenne Lana, a schiodarmi dai miei pensieri confusi. La realtà, piano piano, stava tornando ad impossessarsi di quella dannata nave, e stavo uscendo dall’incubo. Dio, come avrei voluto avere un cazzo di Avenger in mano.
-Bel discorso, Rael, i miei complimenti. Possiamo riprendere?,-disse, con astio contenuto, alla corte.
O alla farsa quale è.
Il vecchio al fianco di Zorah si alzò. E mentre la vaga gobba andava disegnandosi sulla schiena, così fuori luogo in un corpo invisibile e reso eternamente giovane da quella tuta cromata di rosso, prese a parlare. Deglutii.
-Ammiraglio Lana’Vael vas Rayya, nar Turalun, sei accusata di aver introdotto nella Flotta materiale di origine Geth attivo e potenzialmente pericoloso per l’intera popolazione non solo di questo vascello, ma di tutta la Flottiglia, e di aver lavorato su una possibile applicazione di tale materiale a delle cavie Quarian offertesi volontarie. La sperimentazione genetica è vietata dai tempi del Pianeta Natale, ratificata dalla terza legge del Venerabile Toran’Reegar del continente meridionale.
 
All’improvviso, mi accorsi di avere una tremenda sete. Stupidamente, realizzai di invidiare il sistema di recupero dei fluidi integrato nelle tute ambientali. Tu non l’hai mai invidiato a Tali, John, durante una battaglia? Ma a ripensarci, credo che bere l’acqua distillata del proprio piscio non sia il  massimo.
 
Voce maschile distante
 
..Piscio? Chi ha detto piscio? Beviamo piscio dei Razziatori ogni maledetto giorno!
 
 
Il vecchio gettò una rapida occhiata a Lana, che, impassibile, teneva le braccia conserte. Fece un passo verso la corte, e dalla posizione in cui ero, non riuscii più a vedere la sua maschera. Ma solo la sua figura longilinea e snella. Ero certo che, in un modo o nell’altro,ne sarebbe uscita. Perché era innocente, John. Innocente.
-Intendo ricorrere al mio diritto di interrogare il testimone Malar’Danna vas Rayya.,-aveva detto allora, categorica, senza cambiare posizione.
-Bene,-rispose il vecchio, e il led del suo amplificatore vocale si illuminò brevemente, mentre intrecciava le mani sullo scranno.
Dalla Folla,apparvero altre guardie, tre. Anonime, e per la prima volta notai la loro uniforme. La tuta era totalmente nera, e pesanti rinforzi di materiale metallico erano presenti sulle spalle e sui polpacci. Ciascuno di loro aveva una cartucciera attorno alla vita, da cui spuntavano caricatori di clip termiche e qualcosa di simile a delle granate. E dietro il vetro violetto, i soliti grandi occhi luminosi dei Quarian.
Ordinati, accerchiarono, a protezione, Malar’Danna, che pareva malfermo sulle sue gambe storte.
La vidi fare un passo verso quello, e le guardie portare, automaticamente e contemporaneamente, una mano alla pistola pesante che portavano appesa alla vita. Soldatini meravigliosamente ammaestrati.
-Cosa hai detto e a chi, Malar?,- chiese allora lei, calma.
La presa di una delle guardie alla mia destra andava allentandosi, la stretta delle sue sei dita più debole. Si stava distraendo. Non era poi così ben addestrato, quei figlio di puttana vestito di nero.
Malar scoppiò in una risata isterica. Nella piazza silenziosa, centinaia di occhi si posarono su di lui, incuriositi. –Ho consegnato l’intero archivio, ammiraglio, a Rael Zorah in persona.
C’era un malcelato orgoglio nella sua voce. E prese a torcersi nervosamente le mani. Ebbi voglia di prenderlo a schiaffi.
Lana sospirò, spostando il peso da una gamba all’altra.
-E per quale motivo, Malar?
Quello sghignazzò, immotivatamente. Mi si torcono ancora le viscere a ripensare a quel suono.  –Ciò che stavamo facendo stava diventando pericoloso, mio ammiraglio.. ,- disse in un sussurro gracchiante, -Non saremmo più riusciti a contenerlo..
Lana, all’improvviso, si voltò a guardarmi, come a controllare che fossi ancora lì. –Di quale soggetto stai parlando, in particolare?,- disse infine, tornando a guardare il Quarian.
Fece un passo in avanti, verso di lei. Alzò il dito centrale, della mano sinistra, davanti al visore. E mormorò una sola parola: -Il sette.
 
 
Con uno strattone, riuscii a liberarmi dal Quarian di destra, il cui sguardo era fisso su Danna. Eppure, quel figlio di puttana ci mise poco ad abbrancarmi di nuovo. Credo di aver grugnito di rabbia, e di aver sputato un notevole quantitativo di saliva sul suo visore. Ancora lo vedo, pulire il vetro col palmo della mano libera. E ancora vedo la mia faccia incazzata riflettervisi.
Tornai a guardare lo scranno. Il vecchio si stava consultando con una donna, che fino ad allora era apparsa calma e silenziosa, nella sua tuta verde brillante. Dopo qualche momento, si rivolse a Zorah, al quale disse piano, qualcosa. Il Quarian annuiva. Cazzo, non riesco a dispiacermi per la mesta fine che ha fatto.
Fatto ciò, Zorah prese a digitare qualcosa sull’olo tastiera del factotum.
 Quando rialzò lo sguardo, e i suoi occhi luminosi incontrarono quelli delle centinaia di persone lì riunite, nella piazza silenziosa esplose un colpo di pistola.
Ne seguì un altro.
E un altro ancora.
E furono cento, mille, infine.
E assieme ad essi, un flebile grido strozzato. Già pareva di sentire il sangue scorrere sul pavimento metallico. Lana gridò con ferocia, voltando le spalle alla Corte. Alzò le braccia, corse tra essa. La vidi sparire tra corpi ammassati l’uno contro l’altro.
Chiusi gli occhi, e smisi, per un istante, di tendere i muscoli. Cercai di ignorare le grida disperate. Quelle guardie non mi avrebbero mollato, mai.
L’ordine.. l’ordine dato, John, poteva essere solamente uno.
Disperdete la folla. Ma fate apparire ogni omicidio come un incidente.
 
 
Come si può governare su un  grande popolo, John? O si è grandi uomini, o grandi donne, o si usa la paura. il terrore. O verso se stessi, o verso un nemico, i cui contorni si fanno sempre più sfumati via via che il sogno di distruggerlo s’allontana.
I Geth erano una leggenda dispersa nel poco che, di colmo d’odio e di coraggio, c’era nell’animo dei Quarian. Una leggenda che sopravviveva con ferocia solo in persone come Lana e Zorah, seppur in tonalità profondamente diverse.
Perché forse, in fondo, Saren Arterius era un brav’uomo. Migliore di tutti noi.
 
 
Circa un’ora più tardi
 
 
Scusa, John. Quel ricordo, quel preciso istante.. era troppo vivido per essere narrato. Avrei dovuto saltare quel pezzo, avrei potuto dirti che all’improvviso, la folla di Quarian nella piazza s’era diradata, era partito un proiettile dall’arma di un soldatino di piombo e il processo era ripreso da dove s’era interrotto.
Ma come avrei potuto? In quei lunghi istanti, continuavo a vedere lei lanciarsi tra la sua gente, disperata per chi aveva cercato a lungo di salvare. Dio, John. Non potrai mai comprendere, tu, l’infinito valore della vita. MAI.
 
 
Del resto, per salvarsi da qualcosa, basta accettarne l’essenza. E in quel momento, ad occhi chiusi, cercando di ignorare i colpi di pistola che impattavano contro le pareti e contro il corpo di quell’innocente, accettai che sia i Quarian che i Geth non erano altro che leggende, e che ciò che avevo davanti era un popolo abbrutito, le cui volontà personali erano inscatolate in una tuta autosufficiente, mentre il Nemico cresceva e si moltiplicava, evolveva, dietro una spessa nebulosa ai confini della Galassia.
Un popolo impaurito, governato da una velenosa oligarchia i cui scopi parevano misteriosi, ma in realtà chiari : autoconservazione. E quell’oligarchia era, in realtà, comandata essa stessa da un despota,che aveva scalzato la legittima autorità del Grand’Ammiraglio. Perché? Perché era livido dal desiderio di potere, John.
 
Aprii gli occhi, e la folla era sparita. Uomini, donne, bambini, vecchi, spinti dalle carabine Reegar e dai proiettili delle pistole ARC, erano defluiti attraverso i portelloni. Sperai ardentemente che qualcuno, qualcuno di assimilabile ad un giornalista, avesse ripreso il tutto. E sperai che, al mio ritorno sulla Cittadella, gli ologiornali annunciassero della sparatoria nella Flotta Migrante. Ma, in fondo, sapevo che ciò che accade nella Flotta, rimane nella Flotta.
Deglutii, cercando Lana con lo sguardo. Lentamente, un piede avanti all’altro, sguardo alto, si stava avvicinando allo scranno. Malar pareva tremare ad ogni suo passo. La stretta delle guardie sulle mie braccia era salda.
L’ultimo passo di Lana la portò al centro del cerchio rosso sangue, davanti allo scranno, e davanti a me.  Sentii il cuore mancare un battito, quando i suoi grandi occhi luminosi sostarono nei miei.
Lo sguardo di Zorah, nuovamente seduto, si posò su di lei.
-Questa Corte riteneva necessario, vista la gravità dell’argomento trattato e le implicazioni presenti, di impedire interventi esterni che possano deficitarne lo svolgersi.
Vidi Lana intrecciare le mani dietro la schiena, nascondendo le linee della vita sottile.
-Certamente, Ammiraglio,-disse, con disprezzo. –Posso continuare da dove sua grazia mi ha interrotto?
Zorah alzò una mano, invitandola a riprendere l’interrogatorio.
All’improvviso, il testimone, tremante sulle sue gambette storte, grugnì. Sì, esatto, grugnì come un maiale bastonato, alzando un braccio, come a richiamare l’attenzione.
-Ho una domanda per la corte,- riuscì a gracchiare,infine.
-Avanti,-borbottò Zorah,annoiato.
-L’Ammiraglio Rael’Zorah della Flotta Scientifica ha mostrato il materiale in suo possesso all’intero Ammiragliato?
Zorah lo guardava intensamente, mentre parlava. E temetti, dalla ferocia che c’era, che potesse estrarre una pistola da un momento all’altro, e trapassarlo da parte a parte. Sospirai, e sentii la stoffa dell’uniforme tendersi sotto la stretta delle guardie che mi accerchiavano.
-No. ,-aveva risposto infine, soddisfatto, –Intendo farlo ora.
 
 
Non riuscivo a provare alcuna emozione mentre Zorah digitava sul suo factotum,  mentre le immagini olografiche andavano apparendo nell’aria secca della Flotta, mentre Malar’Danna rideva isterico e pazzo, e Lana guardava impassibile la lieve luce arancione andava delineando linee, riflettendosi sul suo visore. Gli sguardi degli altri Ammiragli erano fissi sulle immagini composte d’ancora troppi pochi pixel, in attesa che venisse rivelata loro la ragione dell’arresto del Grand’Ammiraglio Lana’Vael, amata dal popolo e amata dall’Esercito.
Infine apparve. Apparve un laboratorio, candido, ed un Ammiraglio si lasciò scappare un gridolino di sorpresa. C’erano grandi frigoriferi, e sui ripiani da lavoro erano posati contenitori pieni di liquido, e attrezzature di sterilizzazione, di analisi in microscopia, erano un po’ ovunque. Non ero e non ne sono esperto, John, ma credo assomigliasse ad un laboratorio medico.
Nel centro della stanza, c’era un lettino. E sul lettino era legato un Quarian, gambe e braccia. Privo di tuta, coperto solo di una tunica biancastra.
Presumibilmente era maschio. La pelle era grigia, tesa sulle ossa. I capelli rasati a zero, ridotti ad un’ombra scura sul cranio. Gli occhi erano chiusi,le orecchie erano a punta. Accanto al lettino, c’erano macchinari che presumibilmente monitoravano lo status dell’uomo, e su uno schermo sullo sfondo appariva qualcosa di simile alla traccia di un elettrocardiogramma, ed una serie di valori in alfabeto quarian. Accanto allo schermo, era presente un qualcosa che seppi poi essere uno sterilizzatore per l’aria, dato che, all’epoca, quelli laser ancora non erano stati inventati da quel Salarian.
Dopo pochi secondi, apparve una figura da dietro una porta. Una figura femminile. La cui tuta era rossa.
Lana, pensai con terrore.  Prese in mano un attrezzo, una specie di piccolo cilindro, e lo passò sul corpo del quarian per tutta la sua lunghezza, come se fosse uno scanner. Lo appoggiò poi sul ripiano di lavoro, e intrecciando le mani, annuì, assorta.
La figura iniziò a parlare, dopo aver attivato il registratore del factotum.
“Giorno 24. Il soggetto 7 mostra regressione della neoplasia nella zona del lobo frontale dell’encefalo, si ricorda causata da virus H4P7 contratto sull’Usela. Apparente disattivazione del gene cp4.27.1 sul braccio lungo del cromosoma 15. Pare che i livelli metabolici delle cellule tumorali stiano rallentando verso la normalità. Regolare traduzione di cicline. Eppure.. eppure..” diceva, avvicinandosi all’uomo incosciente, prendendo tra le mani un datapad, “ rilevo un’anomala attività nella ghiandola del Raleon 1, con aumentata secrezione di GH. A ciò s’aggiungono un inspiegabile aumento della massa muscolare, rallentamento di almeno tre volte della frequenza cardiaca, e totale mancanza di spermatogenesi.  Moltiplicazione cellule del miocardio a livello del ventricolo polmonare.. ispessimento della pleura, alta concentrazione pigmenti ossigenanti nel sangue…”
Parlando, vagava per il laboratorio, concentrata. Infine, accese un neon al di sopra del lettino e puntò la luce sul volto dell’uomo, illuminandolo. Sentii allora lo stomaco contrarsi disperato.
 Un tempo, forse, doveva essere stato bello,con lineamenti armoniosi e regolari, ma ora.. Dio, John. Era l’immagine della morte, che lottava per prendersi la Vita. Ripensare a quel volto mi fa rabbrividire più che il cadavere di quel povero ragazzo, e il suo sguardo vuoto e vitreo; perché forse lui aveva un destino, mentre il poveraccio legato a quella branda, no. Per lui, Dopo, non c’era nulla. Le guance erano scavate, le labbra si aprivano lasciando intravedere denti gialli e corrosi. Attorno alla bocca c’erano piaghe, per quanto la risoluzione della camera di sorveglianza potesse far distinguere, e quelle piaghe erano coperte di sangue secco.
Lana, dal piano di lavoro, aveva preso un nebulizzatore, e aveva spruzzato un po’ del contenuto su quelle ferite, tamponando con della garza. Delicatamente, poi, pose le mani sotto il corpo, all’altezza del busto, tastando la pelle della schiena. Scosse la testa, con disappunto.
“…Ricordare a Malar di applicare medigel su le piaghe da decubito dei soggetti  7 e 4.”
Si allontanò di nuovo dal corpo, e parve prendere da un refrigeratore fuori campo, una provetta. Versò il contenuto di questa all’interno di un macchinario accanto all’uomo, e infilò nel suo braccio presumibilmente un ago.
“Testo la preparazione X20 del Farmaco. Risultati verranno raccolti entro le prossime otto ore. Paziente nel complesso stabile.”
Poi, però, sembrò notare qualcosa. Sì, aveva notato qualcosa sulla pelle dell’uomo. Lana girò attorno al lettino, avvicinando poi il proprio visore al volto del soggetto 7.
“Noto.. eruzioni cutanee, non presenti poco fa,”aveva mormorato, con voce preoccupata. “ Immediata reazione al preparato X20. Scatto alcune oloimmagini.”
E aveva preso a digitare sul factotum. La risoluzione peggiorò improvvisamente, e l’immagine sgranò molto. Lana sembrò avvicinarsi ancora di più al volto dell’uomo, coprendolo dalla visuale, e parve accarezzargli una guancia scavata.
“Keelah..Il Soggetto 7 ha appena aperto gli occhi.” , disse infine, con estrema dolcezza.
 
 *1 ho immaginato che il Growth Hormone dei Quarian fosse secreto da una ghiandola totalmente inventata, da qualche parte nell'encefalo.
  
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