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Autore: La Chiave di Do    18/07/2013    3 recensioni
Summertime made promises
it knew it couldn't keep.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alex Turner, Miles Kane
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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     No regard for the cost of saying his feelings
     in the moment they were felt.



*

 

Al pomeriggio il nostro lavoro in studio è silenzioso, diligente, intenso, anche se qualcosa nella mia voce lascia intendere la mia assenza, come se fossi presente in sala di registrazione solo in qualità di involucro capace di suonare la chitarra, una specie di androide brevettato da qualche nerd giapponese, e a nulla valgono i continui richiami di Alex, la cui voce mi giunge ovatatta, come se ci fosse lui dall'altra parte del vetro al mixer e si fosse scordato di pigiare il pulsante dell'interfono mentre mi parla. Vorrebbe capire che mi prende, ma come potrei spiegarlo a lui quando io stesso fatico a fare luce sui miei pensieri capacitarmene?
Okay, per oggi basta cosi'” accenna con un sorriso malinconico al tecnico, che annuisce mostrandoci il pollice alzato e si sfila le cuffie; lui lo schiaccia il pulsante rosso per salutarci con quella sua voce da orco, ci augura buona serata, ma io riesco a malapena a realizzare l'ordine di Alex per rispondergli.
Cosa? Perchè? E'...” lancio un occhio all'orologio: le quindici e qualcosa “...presto!”
Mi sorride, un sorriso fra lo snervante e l'angelico, un sorriso da adorare o da prendere a pugni ripetutamente, fino alla sua completa sparizione.
Miles, non ci sei” mette entrambe le mani avanti, rischiando una rovinosa caduta della Bronco e lasciandomi per una frazione di secondo con il cuore in gola, distrendomi dal disappunto “Non fraintendermi, sei stato impeccabile ma... non hai messo nulla. Hai suonato da dio ma hai la voce come... spenta”.
Annuisco e ripongo la chitarra con calma, evitando accuratamente di guardarlo negli occhi: so che stanno seguendo i miei movimenti con la vivace preoccupazione di sempre, come se cercasse di leggermi nel pensiero, cosa che, ne sono certo, se ricambiassi il suo sguardo, non avrebbe alcun problema a fare.
Non fare cosi'...” mi supplica, con voce leggermente piu' acuta del solito.
Lascia stare, sono solo stanco”.
Miles...”
Ti ho detto di lasciare stare” sibilo duramente, questa volta volgendomi verso di lei, ma costante nella mia decisione di non guardarlo “abbiamo dormito male, io me ne torno a letto”.
Apre la bocca come se volesse parlare, e dopo quella che pare un'eternità la richiude, come se dubitasse delle sue stesse parole, pronte a materializzarsi nella sua voce e soffocate senza pietà dalla timidezza. Annuisce.
Magari...” accenna “boh, faro' un giro”.
Non rispondo se non con un cenno; lascio lo studio, ho bisogno di un divano, TV spazzatura e molto, molto alcool.

 

***
 

Molto alcool, si fa per dire. Tutto quello che la mite, rilassante, solitaria, stupida Nantes riesce ad offrirmi sputando fuori la sua proposta da un armadietto dalle antine di vetro sapientemente mimetizzato fra la libreria e la credenza del salotto è un'unica bottiglia di Cognac, fortuntamente Grand Champagne; almeno quello, mi verrebbe da dire. La primitiva tentazione sarebbe quella di fingermi una persona per bene e versarmi una tazza di latte e cognac, ma la mia mente intavola immediatamente la scusa del caldo per evitarmelo; mi ricordo una volta di aver bevuto una schifezza a base di Cognac a Parigi, ma dubito che senza Alex allo shaker sarei in grado di ricrearlo, e l'ultima cosa che mi metterei a fare in questo momento è chiamarlo per farmi preparare un cocktail. Come si chiamava quell'intruglio? Ah si, Alexander... merda. Forse c'è della panna in frigorifero, e anche del cioccolato ma no, basta, mi è passata la voglia, davvero.
Okay Miles, fingi di avere ancora un briciolo di decoro e dignità e cerca un balloon nella credenza, bevi da uomo, anzi da gentleman, porta anche nella decisione di sbronzarti tutto l'orgoglio del self-control inglese. Al diavolo, mi scolero' tutto il litro versandomelo direttamente in gola. Voglio annegarci in quella bottiglia, sparirci dentro, diventare trasparente ed ambrato e mimetizzarmi nell'ubriachezza di qualcun altro. Voglio dimenticare di essere qui, di conoscere Alex Turner, di aver mai incontrato i suoi occhi che in comune a quel drink parigino hanno il cacao ma che ti ubriacano senza essertici neppure abbeverato: li guardi e già la stanza gira, il soffitto ti crolla addosso, la testa ti scoppia, inizi a dire stronzate in ordine sparso. Voglio bere e scordarmi di essere un essere umano capace di provare dei sentimenti nei confronti di un altro, del mio migliore amico... ma che diavolo sto dicendo? Cosa sono convinto di provare oltre l'affetto, l'ammirazione, la stima, il rispetto? Attrazione forse? Desiderio? Nulla che non possa essere affogato in un pacco di Doritos e una bottiglia di acquavite.
Tortilla chips, alcool, divano. Accendo la tv su un programma di cui non, non essendo nato di madrelingua francese, non capisco che le preposizioni e rompo senza fretta il sigillo del tappo, svitandolo con calma e facendolo saltare da qualche parte a terra, poi guardo l'orologio: le quattro di pomerigio, orario perfetto per entrare in coma etilico. Con un po' di fortuna domani a quest'ora fatichero' a ricordare il mio sesso, figuriamoci della mia presunta sbandata per Alex.
I quaranta gradi alcolici del primo sorso mi scivolano in gola con una facilità inquietante, come se fosse gazzosa, o come se io fossi un alcolizzato, colano nello stomaco come una bomba a idrogeno e lo traforano distribuendosi equamente in tutto l'organismo e aprendo eroicamente la strada ai successivi. E' peggiore di quanto credessi, piu' che invecchiato mi sembra decrepito, forse già morto, quel maledettissimo Cognac, mi stupisco che la bottiglia non abbia scritto sull'etichetta qualcosa come Riposa in Pace.
Uno, due, tre sorsi e sono ancora troppo lucido per impormi di smettere, che mi sentiro' male, che sto facendo una cosa terribilmente infantile, che Alex mi troverà ubriaco marcio a vomitare sul tappetto e faro' una pessima figura... è proprio l'ultima possibilità a spronarmi a buttare giu' ancora una serie di lunghi sorsi, come quelli di un pellegrino assetato dopo una lunga giornata di marcia, tutti di fila e ben calibrati in lente e gustose aperture dell'epiglottide. Povero stomaco, spero potrai perdonarmi, tieni anzi, un paio di Doritos per consolarti, presto sarà tutto finito e potrai liberarti, dammi un'ora, forse due, con una pausa in mezzo per cambiare canale e magari cercare un'altra bottiglia. Costerà almeno cinquanta sterline questa brodaglia e io me ne sono infuso in corpo già un bicchiere abbondante, senza neppure soffermarmi ad analizzarne il sapore; che fine miserabile per una cosi' nobile schifezza francese.
Tutto quello su cui so di dovermi concentrare è la riconquista di tutta la virilità, tutto l'orgoglio e tutta l'impenetrabilità sentimentale di cui mi sono sempre fatto vanto e che mi sono visto sottrarre in un battito di ciglia alla vista del corpicino nudo di un qualunque coetaneo, un musicista con niente in piu' di me, solo un mucchietto d'ossa ricoperto da una pelle che sembra superficie lunare. Ma a chi voglio darla a bere, se non, ovviamente, a me stesso, sia metaforicamente che nei fatti visto il continuo abbassarsi del livello di Cognac? Alex, dannazione, sei il mio migliore amico, sei un ragazzo, forse dolce e svampito, forse con un paio di ciglia troppo lunghe e labbra troppo piene per essere definito uomo, ma comunque un ragazzo, e sei su un pianeta troppo lontano per raggiungerlo dalla Terra.
Basta, basta pensare ad altri pianeti, a stelle e galassie, basta pensare a ossa fasciate da pelle sottile e capelli bagnati, basta pensare a sentimenti e orientamenti sessuali. Buono questo Cognac, e se arrivo a queste considerazioni significa che lentamente questo prezioso liquido bruno inizia a fare l'effetto sperato: garçon! Un altro s'il vous plait!
Ah signore, una donna da dimenticare?”
No, non un donna, figliolo”.
Oh, mi scusi signore, non volevo essere invadente, ma si figuri, ai nostri giorni non è una cosa di cui vergognarsi, anzi...”
Vai a farti fottere”.
Anche le mie fantasie mi prendono per il culo.
Eppure qualcosa forse comincia ad affondare abbastanza profondamente nel mio cervello per essere momentaneamente dimenticato: un quarto della bottiglia si è magicamente svuotato e già la vista si fa un po' annebbiata, come quando non porto gli occhiali o ne porto un paio troppo forte e fatico a mettere a fuoco, un sonno intenso, come se le palpebre si stessero facendo un po' piu' pesanti, mi coglie piacevolmente, un senso di spaesamento ogni volta che mi alzo a testare approssimativamente il mio tasso alcolemico: al momento è davvero soddisfacente, di certo non sarei in grado di guidare, ma perchè non raddoppiare? Un altro giro per raggiungere l'assurda quantità di mezzo litro di superalcolico in corpo non mi farà di certo male; quasi non me ne accorgo e il livello scende tanto da venire nascosto dall'etichetta, e il peso nella mia mano, se fossi ancora in grado di stimarlo, non raggiunge di certo i cinque decilitri. Al diavolo la dignità, facciamoci ancora un goccio...
BANG! L'esplosione della Terza Guerra Mondiale, una bomba atomica sganciata su Nantes, i crucchi ci attaccano, il terremoto, l'apocalisse. Cristo Turner, quando rientri a casa potresti anche bussare al posto che spalancare la porta come un agente dell'Interpol con un mandato di cattura, davvero, evitalo.
Miles!”
Gentilissimo, sul serio, ma purtroppo non credo di essere ancora cosi' ubriaco da non ricordarmi il mio nome.
Cristo Miles, ti sei visto in faccia?” balbetta muovendo un paio di passi verso di me “Sei pallido e... aspetta, te la sei bevuta da solo?”
Indica la mia preziosa amica, la bella bottiglia semivuota di Cognac.
Se” butto là casualmente.
Miles, sono le sei e trenta del pomeriggio”.
Ah se?”
E sei ubriaco”.
Eh già. Giàgià”.
Sbotta, alza la voce di colpo e si fa rosso in viso.
Non sei cosi' ubriaco Miles, Cristo parla!”
E' vero. Sono ubriaco, non ancora molto ubriaco.”
Sospira, guardando un punto casuale davanti a sè per cercare le parole adatte, o forse solo per focalizzare il tutto. Si fa avanti, calmo, le mani infilate in tasca e un mezzo sorriso commiserante, quindi si siede morbidamente accanto a me: quasi il cuscino della seduta neppure si piega al suo peso, come se ci fosse caduta una briciola di Dorito
Me lo spieghi cosa c'è che non va in te?” chiede con un tono dolce e posato, sinceramente interessato, quasi accademico nella sua precisione.
Riderei volentieri in risposta, o mi metterei a piangere. Butto giu' un altro sorso e lui si incazza e mi sfila di bocca la bottiglia, facendomi innaffiare il colletto della camicia.
Ecco, guarda che hai fatto!”
"Ma guardati tu piuttosto!” grida all'orlo delle lacrime “Che volevi fare, andare in coma etilico o crepare nel tuo vomito!?”
L'idea era quella”.
Vaffanculo Miles, vaffanculo”.
Silenzio. Lo preferivo incazzato.
Sono il tuo migliore amico, Miles?”
Si”.
Mi hai mai detto stronzate?”
No”.
Mi dici che cazzo hai?”
No”.
Sbuffa, temo di stare solo peggiorando la situazione.
Sai, c'è un libro Miles, in cui c'è l'unico ubriaco che beve senza motivo, ma spiega molto bene come funziona l'ubriachezza” dice con tono estremamente pacato “Si beve per dimenticare, dimenticare di avere vergogna... quello si vergognava di bere, ma tu?”
Ecco da dove il mio subconscio aveva tirato fuori la stronzata di Alex su un altro pianeta: Il Piccolo Principe. Ora devo solo capire se Alex è il dannato Principe ed io la Volpe che si innamora del colore dei suoi capelli o io il Principe e lui la Rosa di cui devo avere cura: in quest ultimo caso il Cognac sarebbe il Serpente. Viva il Serpente.
 “Di avere pensieri sbagliati” lo dico senza pensarci troppo, in fondo è una parte di verità.
Ride. Ride di gusto e con una tenerezza esagerata: mi appoggia la testa sulla spalla e un brivido intenso mi pervade partendo dalla punta dell'orecchio sinistro e arrivando fino alle piante dei piedi.
Nessun pensiero è sbagliato se resta tale, Miles”.
Qualcosa s'incrina, si spezza, si sbriciola in me con la stessa rapidità con cui l'immagine di Alex fra le mie braccia si allontana perdendosi in una sfumatura nera.
Miles, tutto bene?”
Me lo chiede, lo stronzo. Ha appena infranto l'unica illusione per cui sarei rimasto volentieri cosciente o quantomeno vivo e osa chiedermi se va tutto bene. Tutto quello che riesco a fare è scuotere la testa e sentirmi un nodo alla gola stringersi dolorosamente.
Posso fare qualcosa?”
Non so di preciso cosa elabori la mia mente malata a quella domanda, se sia solo frutto della disinibizione alcolica, della disillusione forzata o del disperato terrore di perderlo del tutto per colpa della mia stupida melodrammaticità, ma tutto quella che la mia lingua riesce ad articolare, probabilmente del tutto slegata da un impulso mandato dal cervello è:
Me lo dai un bacio?”
Mi picchierei da solo, o forse preferirei sprofondare un paio di metri sotto terra dopo essermi reinfilato in gola quelle cinque parole e averle rimandate giu' prima che possano arrivare alle sue orecchie. E invece la sua reazione è meno tragica del previsto: sorride, uno dei suoi sorrisi buoni e un po' imbarazzati, in cui abbassa lo sguardo, intreccia le mani e inclina un po' la testa mentre inarca morbidamente il labbro superiore in un accenno di misterioso compiacimento -a volte sembra quasi che arrossisca- poi allunga appena il collo sopra la mia spalla, mi appoggia per un momento la fronte sulla tempia e lascia andare un respiro che innalza pericolosamente la temperatura della mia guancia sinistra, poi inclina leggermente la testa sporgendo il mento in avanti e mi ci stampa con calma un bacio, uno di quelli che ormai conosco a memoria; niente di nuovo, uno stampo sulla guancia che non mi lascia altro che un lieve calore pronto a sommarsi a quello che già mi ha regalato il Cognac.
Oh”.
Alex sospira, a lungo.
Non sembri soddisfatto”.
E' troppo tardi per fermarmi quando mi scopro a sgignazzare a quell'affermazione, tanto ovvia quanto assolutamente idiota.
Per un cazzo” rispondo sincero.
Mi guarda, alza un angolo della bocca in una smorfia maliziosa che non gli ho mai visto fare e che non ho mai visto fare a nessun ragazzo a dire la verità, mi guarda e allunga una gamba per avvicinarsi un po' di piu'; l'improvviso tremito che mi scuote trasalendo mi indica che il suo mignolo ha sfiorato il mio.
Tu intendevi...” lascia la frase sospesa, come una piuma al vento, ma non smette di guardarmi dritto negli occhi e mi sento annegare: quei suoi occhi immensi, curiosi come quelli di un fanciullo e intensi come quelli di certe prostitute, ma senza un'ombra di volgarità, quella sua espressione, innocente, affascinante, seducente mi impedisce di pensare, realizzare, capire che il suo viso bianchissimo si sta avvicinando senza fretta al mio, che l'assoluta mancanza di fretta non indica in lui necessariamente un'improvvisa sicurezza, ma che forse è sinceramente curioso e ingenuo mentre posa con leggerezza le sue labbra d'un carminio pallido sulle mie, e ce le preme appena, come un bambino che ha perso una scommessa, poi le lascia scioccare appena prima di staccarle con una lentezza tale da darmi un brivido tanto intenso da spaventarlo.
Se lo rifaccio non ti sbronzi piu' alle sette di sera?”
Sembra serio mentre lo chiede, e io mi limito ad annuire, troppo sconvolto per parlare: Alex mi ha appena baciato, e l'ha fatto in un modo tanto dolce che mi è impossibile scovarne uno simile nella memoria; semplicemente sfiorandomi le labbra con le sue mi ha strappato un pezzo di anima e l'ha gettato al vento, lasciandomi pressochè senza fiato; e neppure mi lascia un attimo per riprenderlo prima di farsi ancora piu' vicino e allungare una mano, due dita, l'indice e il medio, a sfiorarmi con delicatezza estrema, quasi snervante, il profilo del labbro inferiore, con un'espressione fra l'affascinato e l'incredulo, come se trovasse estremamente improbabile la mia presenza in quel momento e in quel luogo. Inclina la testa come certi cuccioli confusi e ripete quella smorfia adorabile, con l'angolo sinistro della bocca un po' storto in un mezzo sorriso, poi lascia che le ciglia gli accarezzino le guance in un arco nerissimo prima di avvicinarsi di nuovo, piano e con gli zigomi imporporati di inutile imbarazzo e sostituire le dita con le sue labbra, ripetendo senza malizia quell'accenno di bacio, quell'infantile incontrarsi di respiri, una, due, tre volte, ogni volta un po' piu' a lungo, come se ci stesse prendendo gusto, ma senza mai trovare il coraggio di schiuderle. Nel frattempo il mio cervello si è ridotto ad un cumulo di macerie ormai del tutto inservibili, e non riesco a trovare la forza di muovere un solo muscolo: rimango ridicolmente immobile e col fiato trattenuto per tutta la durata del suo delicatissimo esperimento, per paura di spezzare quell'equilibrio precario teso fra il suo battito cardiaco regolare e rilassato e il mio, isterico, galoppante.
Si stacca, mi lascia un respiro profondo appena sotto l'orecchio e mi lascia un sorriso pallido:
Fra poco ci dovrebbero portare la cena” mi ricorda con un tono casuale, come se nulla fosse successo“Te la senti di mangiare?”
Io sono ancora del tutto incapace di realizzare quanto accaduto e soprattutto di trovarci una spiegazione valida che possa in qualche modo farmi smettere di pensare a ritmi troppo veloci, e lui mi chiede una cosa assolutamente normale come questa? Sembra quasi che voglia prendermi in giro, se non sapessi che non ne è assolutamente capace.
Io...”
Si...?”
Forse un boccone” rispondo, ormai lucido “Io... sto bene”.
E' evidente dal mio tono di voce che sto cercando di convincere piu' me stesso che Alex, intento nello spettinarsi i capelli dietro la nuca, ma si limita a un'occhiata e a un ok distratto. E' solo una parola, eppure qualcosa nella sua voce mi accende come un fiammifero da qualche parte non specificata fra lo stomaco e il polmone sinistro, strizzandomi entrambe le cose in un morsa piacevolissima e bollente; ho caldo, improvvisamente, quando il campanello trilla gioioso nel silenzio assoluto dell'appartamento.
Alex scatta:
La cena!”
Come se il cibo, nei miei pensieri, non fosse stato bruscamente sostituito da altro.


 

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