CAPITOLO
TREDICI
RAGIONE
E SENTIMENTO
“Bambi
non sta ancora
con te? Che altro vuoi?” chiese gelida Temari.
“Voglio
la verità.
Shikamaru mi nasconde qualcosa e sono sicura che sai di che diamine si
tratta!”
la biondina pareva seria.
“Io
non ho nulla a che
spartire con quello.”
Nel
pronunciare quella
frase la voce le tremò leggermente.
“Cosa
è successo quella notte?! Quando ci hanno
diviso? E vedi di raccontare la verità.”
Replicò appoggiando le mani sui
fianchi.
“Nulla
di rilevante, abbiamo litigato tutto il
tempo.”
“Allora
perché non mi guarda come guarda te?”
singhiozzò Ino cercando di trattenere le lacrime.
“Vuoi
che ti guardi con disprezzo?” replicò
l’altra.
“Se
ottenessi l’effetto di avere sempre e pienamente
la sua attenzione sì.”
“Andiamo
la tua gelosia ha toccato il fondo.”
Sdrammatizzò Temari.
“Io
non immagino nulla. E poi sempre a parlare di
te! Sono stufa di sentire il tuo nome uscire dalle sue
labbra.”
La
Jonin sgranò gli occhi sorpresa: “Beh almeno
parlate,no?”
“Cosa
vuoi intendere?” gridò Ino che aveva attirato
l’attenzione del cortile.
“Che
non è assecondando ogni sua stupida idea che
gli dimostri il tuo amore.” Replicò secca.
“Cosa
ne può sapere una dal cuore arido quanto
quello di suo fratello del sentimento…” yamanka
non terminò la frase.
“Come
ti permetti di offendere il mio principe? Con
che autorità dai giudizio su Temari sama? Tu non
sai…” gridò Matsuri.
“Calmati
adesso. Quello che lei dice non deve
toccarti.” Replicò la Sabaku.
“Però
spara cattiverie senza una ragione! Come fai a
sopportarla?” chiese la Ganin
“Sai
quando si è la sorella del… come hai detto
“Tuo” principe si possiede la classe necessaria per
ignorare certe battute di
basso livello, no?” ironizzò sorridendo
dimenticandosi di Ino.
Matsuri
arrossendo balbettò una frase senza senso:
“insomma…
io…uffa…”
“Come
puoi ignorarmi?!” Ino si preparò per colpirla,
ma qualcuno le bloccò il braccio a mezz’aria.
“Che
diamine stai facendo?” domandò Shikamaru
voltandola verso di sé.
“Adesso
ti metti anche a difenderla?!” gridò
cercando inutilmente di svincolarsi dalla presa salda del ragazzo.
“Non
sei venuta al nostro appuntamento.” Rispose
calmo.
“Proprio
per questo ti trovavi a passare casualmente
qui?” lo rimbeccò lei.
“Quando
la pianterai di comportarti come una
donnetta isterica. Sei una continua seccatura.”
Sbuffò Shikamaru.
Ino
smise di agitarsi, guardò quegli occhi neri come
perle che tanto amava, quello che le stava rivolgendo non era uno
sguardo
d’amore.
“Perché
non mi ami più?”
Nara
lasciò la presa: “Non credo sia il caso di
discuterne in questo posto.”
“No,
davanti a quella vorrai dire!” rispose
indicando Temari.
“Ino,
c’è mezzo cortile che si sta facendo i fatti
nostri nel caso non te ne fossi accorta.”
Specificò lui a denti stretti.
Yamanaka
si guardò intorno e poi silenziosamente
chinando la testa, seguì il suo ragazzo verso il dormitorio.
In quei mesi
Temari si rese conto di avere un cuore che sanguinava e faceva un male
a dir
poco insopportabile. Poteva davvero essersi innamorata di quel
bambinello
viziato ed indolente? Continuava senza successo a ripetersi che era
stato un
incidente e che quella notte tra loro vi era stato puro e semplice
sesso,
attrazione fisica o in qualunque altro modo si potesse chiamare tranne
che
amore. Si stava dannando l’anima per una questione
irrilevante. Poi c’era Ino
tra di loro. Vagabondo come era figuriamoci se si fosse preso le sue
responsabilità nella questione. Doveva sapere assolutamente
cosa ne pensava
lui. Forse, si illudeva di essere diventata importante? I ragazzi la
corteggiavano certo, ma erano tutti come la luna, non facevano altro
che
girarle intorno senza avvicinarla mai, ma con Shikamaru era diverso
profondamente diverso.
Invece
contrariamente al suo carattere pure Nara
stava sopportando le pene dell’inferno. Il desiderio di
toccare la sua
principessa di ghiaccio, lo rendevano irrequieto e poco disposto al
dialogo,
ancor meno di prima. Erano mesi che non toccava la sua ragazza e poco
gli importava.
Era complesso per lui evitare di andarla a cercare, obbligava il suo
corpo ad
allenamenti stressanti pur di non pensare a Temari. Inutili, quanto
dolorosi. Perché
quella dannata volta il suo cervello era andato in ferie? Come poteva
averlo abbandonato
in balia del cuore che come si sa in queste cose non dovrebbe centrare?
Ringraziava
il cielo che durante le lezioni si trovasse alle sue spalle di sette
banchi, ma
percepiva il suo sguardo. Desiderava toccarla ancora e possederla fino
all’esaurimento.
– che seccatura! – borbottò guardando le
nuvole.
“Sempre
a dormire, Bambi?” chiese Temari sedendosi
accanto.
Scattò
in piedi, quella dannata strega non poteva
scegliere momento peggiore per avvicinarlo di nascosto.
“Fatti
gli affari tuoi.” Borbottò cercando di
mantenere una certa distanza.
“Guarda
che non ho la peste!” disse notando lo
strano atteggiamento.
“Ascolta,
seccatura. Ho già abbastanza problemi con
Ino e non desidero averne ulteriori … Vattene.”
Replicò cercando di mantenere
il tono della voce fermo.
“Non
credi che dovresti dirlo alla tua ragazza?”
“Cosa?”
domandò fingendo di non capire.
“Ovviamente.”
Replicò spinto dall’orgoglio di non
farle capire quanto soffriva.
“Quindi
visto che per entrambi non significa nulla,
sarebbe corretto dirlo alla Yamanaka.” Aggiunse a fatica la
bionda.
Nulla?!
Per Shikamaru fu come ricevere un kunai
dritto in pieno petto, ma da tempo sospettava che per lei fosse stato
solo un
gioco.
“Non
capirebbe.” Si voltò per andarsene e fu in quel
preciso istante che lei lo afferrò per il polso. Una scossa
lo percorse. Si voltò
e afferrata per le braccia la spinse contro il tronco della quercia
alle loro
spalle.
“Che
diam…” inutile tentare di resistere, inutile
tentare di negare la passione che la travolgeva ogni volta.
“No!”
sibilò Shikamaru staccandosi a fatica da quel
corpo voluttuoso.
“La
colpa è mia.” Replicò chiudendosi la
camicia.
“Mio
padre ha ragione, sono solo un vigliacco in
balia degli eventi. Se fossi veramente un uomo ammetterei le mie colpe.
Invece preferisco
far soffrire due donne che nella mia dannatissima vita
contano.” Gridò lui.
“Mi
spiace ma io non amo dividere ciò che ritengo
mio.” Rispose Temari seria.
“Dolente
di ricordarti che io non sono un oggetto
del quale tu mia principessa puoi disporre quando ti garba.”
La punzecchiò.
“Perché
se stiamo per cinque secondi vicini finiamo
per fare sesso? Visto che riteniamo che sia stato un incidente da
nulla. Perché
il cuore mi fa tanto male?” singhiozzò contro la
sua volontà.
“Forse
dobbiamo cominciare a credere che quel nulla
fosse qualcosa.”
“No!
Il nulla deve rimanere nulla. Io sono la figlia
del Kazenkage e tu il braccio armato di Konoha …
impossibile.”
“Allora non
mi vuoi?” sussurrò al suo orecchio con voce
sensuale e roca per l’eccitazione.
Temari
si voltò, sapeva che prima o poi si sarebbe
persa nell’oscurità di quegli occhi neri. Quando
guardi troppo allungo nell’abisso, l’abisso ti
guarda dentro. Come erano
vere le parole di quel filosofo di Suuna che sua nonna gli ripeteva in
continuazione da bambina.
“Non
dovresti perdere tempo con del rame quando
possiedi dell’oro. Ino a più bisogno di te. Io
posso cav…” ansimò quando
sentì
il delicato tocco delle labbra del ragazzo sul suo collo. Quel diavolo
sapeva
benissimo come fare cadere ogni sua resistenza.
“Principessa
nessuno può vivere solo.”
“Io,
sì! Posso farcela perché sono convinta che non
starò mai peggio di ora! Sopporterò quel dolore
lacerante di quando ti vendo
insieme a lei. Sopporterò quando sentirò il mio
cuore spezzarsi ogni volta che
ti vedo baciarla!! Sopporterò!
Sopporterò!” singhiozzava stretta al suo petto.
“Perché
mi stai dicendo questo? Temari io non voglio
farti stare male. Comunque per quanto possiamo mentire a noi stessi la
situazione non cambia … io ti amo.” Disse tutto
d’un fiato.