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Autore: Fragolina84    21/07/2013    1 recensioni
Danny è in pericolo e Steve dovrà scendere a compromessi con il suo passato per salvarlo. Lo aiuteranno Nicole, sua moglie, e i detective Chin Ho Kelly e Kono Kalakaua. Basterà l'unione dei Five-0 a riportare Danny a casa?
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I miei Five-0'
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Mancavano due ore e mezza all’appuntamento con i rapitori quando Steve e la sua squadra si riunirono per gli ultimi dettagli.
I rapitori avevano dato loro appuntamento in una zona isolata. Dovevano portare Victor e consegnarlo vivo e incolume. A quel punto gli avrebbero restituito Danny. Steve ricordava perfettamente le parole del suo contatto: «Non vogliamo fare del male né a Danny, né a voi. Se non fate scherzi, risolveremo la faccenda pacificamente e tutti torneranno alla propria vita tranquilla».
Steve era molto scettico, ma non aveva altra scelta se non quella di fidarsi.
«È tutto chiaro, ragazzi?» domandò Steve dopo aver esposto di nuovo il piano. Gli altri annuirono.
Indossavano tutti il giubbotto antiproiettile e l’auricolare ed erano armati fino ai denti.
Steve richiamò sul cellulare il numero di Benjamin che rispose al primo squillo.
«Siamo in partenza» disse semplicemente.
«Ok. Alcuni dei miei sono già in posizione. Il resto seguirà come d’accordo».
Fu un contatto velocissimo, dopodiché Steve infilò il cellulare in tasca.
«Muoviamoci» comandò.
Lui, Nicole e Kono salirono sul furgone. Chin prese posto a bordo della Camaro e prese a seguirli. Erano le undici e mezza e il loro piccolo convoglio attraversò lentamente la città. Giunti a poco meno di un chilometro dal penitenziario di Oahu, Steve accostò a bordo strada. Chin si fermò dietro di lui e salì sul furgone.
«Adesso c’è la parte difficile» mormorò Steve ripartendo.
Al cancello della prigione, Steve mostrò il proprio distintivo e l’ordine firmato dal Governatore. Il soldato di guardia lo fece passare e Kono si lasciò sfuggire un breve sospiro di sollievo.
«Non è ancora finita, Kono» sussurrò Nicole.
Steve parcheggiò il furgone e tutti scesero.
«Chin, Kono, con me» ordinò. «Nicole, tu resta qui».
Entrarono nel penitenziario, mentre Nicole, mitra imbracciato, restava fuori. Steve chiese di parlare con il direttore. Questi arrivò trafelato.
«Comandante McGarrett! Non sono stato informato di questa visita» proruppe.
«Lo so, direttore. Si tratta di una missione della massima segretezza» spiegò Steve e gli porse l’ordine del Governatore. «La prego di far preparare il prigioniero».
Il direttore del carcere, che aveva un sacro timore del pluridecorato comandante che aveva davanti, annaspò.
«Dovrei sentire il Governatore prima. Spero che capisca, comandante» mormorò in tono di scusa.
Steve non batté ciglio.
«Se quell’ordine che ha in mano e la presenza dell’unità d’elite Five-O al completo non sono sufficienti, faccia pure».
Steve estrasse il cellulare dalla tasca e compose il numero del Governatore. Poi lo porse al direttore.
«È il cellulare privato del Governatore, non credo che sia ancora al lavoro, a quest’ora».
L’uomo non mosse un muscolo, continuando a scrutare Steve. Poi abbassò lo sguardo sul foglio che aveva in mano.
«Aspetti qui, le faccio portare Hesse» capitolò infine.
Steve rimise il cellulare in tasca e annuì.
«Grazie, direttore».
Trascorsero quaranta minuti prima che la porta elettrificata si aprisse.
Victor indossava la tuta arancione e polsi e caviglie erano bloccati dalle manette. Camminava a piccoli passi, impacciato dalle catene, scortato da due agenti. Uno di essi consegnò le chiavi delle manette a Steve, che prese in consegna il prigioniero. Victor non cambiò espressione e si nascose dietro uno sguardo vacuo.
Uscirono sul piazzale e spinsero Victor sul furgone. Questi finalmente alzò gli occhi, incrociando lo sguardo di Steve.
«Ci si rivede, Steve» mormorò mellifluo.
«Sta zitto Victor, o ti faccio saltare i denti». Poi si rivolse a Chin. «Sali con lui. Se trae anche solo un respiro più grosso degli altri, sparagli».
Chin annuì e prese il mitra dalle mani di Nicole. Steve chiuse personalmente il portellone e si mise al volante. Uscirono dal carcere e Steve tornò nel punto dove avevano abbandonato la Camaro. Lì giunti, si fermarono cinque minuti.
«Chin» chiamò Steve, «tutto bene, lì dietro?».
«Tutto tranquillo» rispose Chin nell’auricolare.
«Vai, Nicky» comandò e la donna scese dal furgone.
Li avrebbe seguiti con la Camaro. Steve voleva avere un’assicurazione, nel caso in cui gli avessero danneggiato il furgone.
Attraversarono le strade buie finché le case lasciarono il posto ai campi aperti. Imboccarono poi una strada sterrata: mancavano cinque chilometri al contatto. Ad un chilometro dal luogo dell’appuntamento, si fermarono di nuovo.
Nicole nascose la Camaro nella vegetazione, entrando nella macchia a marcia indietro. Steve e Kono l’aiutarono a mimetizzarla e cancellarono le tracce che uscivano dal tratturo sterrato.
Poi salirono di nuovo sul furgone e ripartirono. Il rapitore aveva detto a Steve di cercare un capanno abbandonato. Alla luce dei fari Steve lo vide e vi si fermò davanti. Lasciò acceso il motore e i fari, mentre le due donne scendevano e controllavano che non si trattasse di un’imboscata.
Tornarono dopo qualche istante, confermando che i rapitori non erano ancora arrivati. Ma non si fecero attendere molto. Meno di dieci minuti più tardi, Nicole avvistò i fari di tre auto che arrivavano dalla direzione opposta rispetto a quella da cui erano arrivati loro.
«Chin, arrivano» lo avvisò Steve ed estrasse la pistola. Le due donne lo imitarono.
«Occhi aperti, ragazze» mormorò Steve.
Tre jeep si fermarono lentamente ad una decina di metri da loro. Steve e le due donne le tennero sotto tiro. Le portiere si aprirono e Steve contò rapidamente gli uomini che smontarono.
«Dieci» sussurrò. Troppi, per loro quattro.
La situazione non era per nulla positiva. Sapeva che nei dintorni erano appostati alcuni uomini di Ben ma aveva espressamente ordinato loro di non intervenire per alcuna ragione.
«Buonasera, comandante McGarrett» disse uno dei rapitori e Steve riconobbe subito la voce di quello che l’aveva avvicinato al Memorial.
Steve gli puntò la pistola addosso. Al suo fianco, Nicole spostava la canna da un volto all’altro. Li teneva d’occhio tutti e si rendeva conto che erano decisamente troppi. Si muovevano come professionisti e li tenevano sotto tiro con armi di grosso calibro. Nicole si chiese oziosamente se i loro giubbetti avrebbero fermato i proiettili.
«Nemmeno mi saluti, Steven?» domandò l’uomo con il volto coperto e poi proseguì senza attendere riscontro. «Allora, hai fatto ciò che ti ho ordinato?».
«Sì, ma prima voglio vedere Danny».
Il suo nemico rise.
«Assolutamente no, Steve. Non credere che io sia così ingenuo. Fai scendere Victor da quel furgone».
Steve sapeva che doveva cedere alla richiesta. Erano in forte inferiorità numerica, non erano assolutamente nella posizione di poter dettare ordini.
«Steve? Chi devo abbattere per prima? La bella orientale o la tua splendida moglie?» urlò.
«NO!» gridò Steve. «Fermo. Ok, faremo a modo tuo».
«Molto bene».
«Kono, apri il portello».
La donna si mosse lentamente e, giunta sul retro del mezzo, ne spalancò il portello.
«Avanti» intimò Chin rivolgendosi a Victor che si alzò in piedi. Chin lo spinse con il fucile e Kono lo aiutò a scendere, dato che le catene lo rendevano goffo.
Lo trattenne per un braccio, mentre Chin gli puntava contro il fucile.
«Victor, che piacere rivederti» disse il rapitore.
Hesse non rispose, limitandosi a sorridere.
«Mi spiace interrompere la vostra allegra rimpatriata» disse Steve, «però direi di proseguire».
«Quanta impazienza, comandante» replicò l’altro in tono gioviale. «Fallo venire da me».
Steve si raddrizzò e si avvicinò a Victor, puntandogli la pistola la fianco. Lo spinse verso le jeep, ma venne fermato ancora una volta.
«No, non tu, Steve. Sei troppo pericoloso. Fallo accompagnare da tua moglie».
Nicole ebbe un fremito. Non era entusiasta all’idea di entrare in contatto con quei delinquenti, ma non poteva certo tirarsi indietro. Si avvicinò dunque a Steve e prese Victor per un braccio, spingendolo avanti. Ma non aveva fatto un passo che l’uomo parlò di nuovo.
«Disarmata, per favore».
«Non se ne parla» ruggì Steve, alzando la pistola. Gli uomini vestiti di nero sollevarono nervosamente le armi, ma non si mossero.
Nicole sollevò la mano che reggeva la pistola e la porse a Steve.
«Nicky…» cominciò lui, ma la donna scosse la testa.
«Armata o no, non farà differenza, Steve».
L’uomo prese la pistola dalle mani della moglie e l’infilò nella fondina sul petto. Nicole si mosse lentamente e coprì in breve lo spazio che li divideva, mentre Steve la seguiva con lo sguardo.
La paura era uno sciame di insetti che gli strisciava sulla schiena. Danny una volta gli aveva detto che era felice che lui non avesse alcuna paura, ma si sbagliava. Non è che non avesse paura, solo che riusciva a dominarla. Di solito. Ma stavolta, mentre la sua donna camminava lentamente verso la morte, si sentì stringere la gola in una morsa.
«Molto gentile da parte tua, Nicky» commentò Victor.
«Soltanto gli amici mi chiamano Nicky. Tu puoi pure chiamarmi agente Knight» mormorò con voce tagliente. Poi si rivolse al sequestratore. «E Danny?».
«Prima torna da tuo marito, dolcezza» replicò l’altro.
Nicole prese ad indietreggiare lentamente, evitando di voltare le spalle ai nemici. Quando arrivò nelle vicinanze di Steve tese la mano e lui le rese la pistola che la donna puntò immediatamente davanti a sé.
«Danny non è qui, Steve» mormorò Nicole nell’auricolare. «Ho l’impressione che ci abbiano imbrogliati».
«Ehi, comandante. Mancano le chiavi delle manette» disse l’uomo al fianco di Victor.
Steve le prese dal taschino e le lanciò. Caddero ai piedi di Victor che fu in breve liberato.
«Molto bene, Steve» esclamò Victor. «Credo che sia l’ultima volta che ci vediamo».
«Ma non mi dire. Non avrò più il piacere di rivedere la tua cara faccia?» sorrise Steve. Poi tornò mortalmente serio. «Ora basta giocare, Victor. Consegnami Danny e facciamola finita».
Victor sogghignò malignamente.
«Ci credi così ingenui, McGarrett? Credi davvero che l’abbiamo portato qui? Perché tu possa risolvere tutto al tuo solito modo, sparando all’impazzata e facendoci fuori tutti? No, avevamo bisogno di un’assicurazione sulla vita».
«Maledizione» imprecò Steve. «Io mi sono fidato di voi. Ho fatto tutto ciò che dovevo, compreso far evadere un ergastolano di prigione. Sono venuto solo, come mi avete chiesto, e ho messo in pericolo i miei. E ora mi sento dire che non avete nulla da scambiare».
«Suvvia, Steve. Non scaldarti».
Steve digrignò i denti.
«Danny è morto, vero? Abbiamo fatto tutto per niente?».
«No, Danny è ancora vivo. Per ora» replicò Victor.
«Che significa per ora?» domandò allora Steve.
«Sai, Steve, qual è la tentazione in questo momento? Sei in mano mia. Potrei far fuori in un colpo solo tutta l’unità Five-O. Ma, più importante ancora, potrei piantarti un paio di proiettili in corpo, come quelli che tu hai rifilato a me – magari mirando meglio. Potrei liberarmi di te, una volta per tutte».
«E perché non lo fai?» domandò Steve, alzando le mani e facendo un passo avanti, esponendosi completamente. «Avanti, sparami. Tanto lo farai comunque».
Nicole non disse nulla ma un velo di sudore freddo le coprì la schiena.
«Vacci piano, comandante. Potrei prenderti in parola» chiarì Victor. «Però ho in mente qualcosa di meglio. So che tu e Danny Williams siete molto più che colleghi». Victor sbirciò l’orologio da quattro soldi che aveva al polso. «Mi piace pensare che molto probabilmente lo vedrai morire».
Steve s’irrigidì. «Che stai dicendo? Che avete fatto a Danny?».
«Ci ho provato una volta con il tuo amico Kelly. E mi è andata male. Ma stavolta recupererai solo un cadavere, Steve. Non sei stato in grado di proteggere i tuoi, Steve. Chissà il rimorso che ti accompagnerà per tutta la vita».
«Che gli hai fatto, bastardo? Dov’è?» urlò Steve, facendo un altro passo verso di loro, ma Victor alzò una mano a bloccarlo.
«Calma, Steve» mormorò Nicole.
«Il mio amico ti sta inviando un messaggio. Lì c’è l’attuale indirizzo di Danny. Ti consiglio di affrettarti. Per quel che mi riguarda, tolgo il disturbo. È stato un piacere, Steve. Grazie di tutto» esclamò, salutandolo con la mano.
Il cellulare gli vibrò in tasca. Steve non si mosse e rimase ad osservare mentre i suoi nemici salivano sulle jeep. Gli sembrava impossibile che fosse finita così e stava per ordinare ai suoi di salire sul furgone quando, alla luce dei fari, scorse Victor che lo fissava con un ghigno malevolo.
«Giù, a terra!» gridò ai suoi, giusto un attimo prima che la notte venisse illuminata a giorno dagli spari.
Tutti reagirono fulmineamente e Steve vide sua moglie gettarsi a terra e rotolare per confondere le idee ai cecchini. Le pallottole colpirono il furgone, facendo esplodere il lunotto. Le schegge di vetro piovvero su di lui che cercava di farsi più piccolo per sfuggire alla sparatoria. Alzare la testa per rispondere al fuoco era improponibile.
I proiettili continuarono a tempestare il camioncino, mandando in pezzi i fanali e colpendo il motore che esplose con un sibilo acuto. Steve comprese che gli spari non erano rivolti a loro: i cattivi volevano soltanto appiedarli.
Finalmente gli spari cessarono e Steve si azzardò ad alzare la testa. Il convoglio di jeep si stava allontanando sobbalzando sullo sterrato e Steve si inginocchiò a terra, svuotandogli contro un intero caricatore. Anche Nicole si sollevò e sparò. Vide le scintille sprizzare dalla carrozzeria della macchina in coda, ma la distanza diventava eccessiva e il mezzo non si fermò, proseguendo la propria corsa.
Steve si alzò in piedi e cambiò caricatore.
«State tutti bene?» urlò.
«Sì» rispose Nicole, avvicinandosi a lui.
«A posto» gridò Chin, sbucando da dietro il furgone che aveva usato come riparo.
Attesero la risposta di Kono e Steve avvertì il primo brivido di allarme quando non venne.
«Kono?» chiamò allarmato.
«Qui!» rispose la donna con voce spezzata e Steve accese la propria torcia, girandola attorno.
«Kono!» urlò Chin quando la vide a terra. Lasciò cadere il fucile e si inginocchiò al suo fianco. Anche gli altri si avvicinarono.
Steve le puntò la torcia sul viso. Il lato destro del volto della donna era coperto di sangue.
«Nicky, presto» chiamò e la donna gli fu subito a fianco. Prese la torcia dalle sue mani e osservò attentamente l’occhio, notando una piccola lacerazione sulla cornea, provocata da uno dei frammenti di vetro.
«Tranquilla, Kono. Resta più ferma che puoi». Poi si rivolse a Steve. «Deve andare in ospedale, non posso fare nulla».
Steve annuì.
«D’accordo. Chin, resta con lei e chiama un’ambulanza». Gli consegnò il proprio iPhone. «Qui c’è il numero di Benjamin. Chiamalo e ragguaglialo. Raccomandati che non si faccia sfuggire Hesse. E se proprio non riesce a bloccarlo, mi va bene anche cadavere. Io e Nicky raggiungiamo Danny, sperando che non sia troppo tardi».
Chin annuì e Steve si chinò sulla donna.
«Mi dispiace ma devo lasciarti qui, Kono. Danny è in pericolo e mi serve la macchina per raggiungerlo».
Kono gli regalò un sorriso tirato. «Non preoccuparti. Ora vai e salva Danny».
«Brava ragazza!» la complimentò Steve e si alzò.
«Pronta?» chiese alla moglie che annuì.
«Chin, inoltra l’sms con l’indirizzo sul cellulare di Nicole» comandò Steve e partirono di corsa, al buio.
Entrambi avevano staccato la torcia dalla pistola e cercavano di illuminare la strada sterrata su cui correvano velocissimi. L’ultima cosa di cui avevano bisogno era che uno dei due si rompesse una gamba in una buca. Coprirono la distanza che li separava dalla macchina in poco più di tre minuti.
Strapparono le fronde che avevano usato per la mimetizzazione e Nicole lasciò le chiavi a Steve. Salirono e bordo e partirono.
«Che pensi di Kono?» domandò Steve. La corsa non l’aveva minimamente affaticato e respirava soltanto un po’ più profondamente del solito.
«Non lo so, Steve. Spero che riescano a salvarle l’occhio» mormorò Nicole che ansimava leggermente. La differenza di addestramento si faceva sentire: Steve era un SEAL, abituato alle condizioni più proibitive, e aveva imposto un ritmo bestiale alla corsa.
Nicole controllò il cellulare.
«È dall’altra parte della città, Steve. Proprio nella zona di Diamond Head. Avevo visto giusto, dunque».
Arrivarono infine sulla strada asfaltata e Steve accelerò bruscamente. Nicole allungò una mano e accese sirena e lampeggianti. Sfrecciarono velocissimi per la città, ignorando semafori e segnali di STOP.

  
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