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Autore: oOLeylaOo    01/02/2008    3 recensioni
Fanfiction su sweep, la serie di Cate Tiernan. La storia è ambientata dopo l'ultimo libro uscito in italia. Visto che sto scrivendo anche un altra storia l'aggiornamento sarà un pò lento! Scusate in anticipo.
Genere: Generale, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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x Seferdi: "un'altra" hai scritto ? Quindi oltre la mia c'è un altra fan su questa serie? *_____*
Dove? Dove ? DOVE? Io non sono riuscita a trovarne! ç_ç

x kira988: grazie mille per i complimenti! prometto di fare del mio meglio^^!

 

Capitolo 4

-In cerca di una connessione-

@Andy@

Accesi il computer e con mio disappunto mi accorsi che la rete wireless era scollegata, cliccai sull’icona che indicava la mancanza di segnale per connettermi. Una finestrella verde fece la sua apparizione sullo schermo,  quando ebbi completato la procedura per connettermi mi misi pazientemente in attesa. I minuti iniziavano a passare e i problemi di connettività rimanevano. Stavo per avere un esaurimento nervoso quando l’icona mi avvertì che era impossibile connettersi perché la connettività era limitata o assente. Riprovai con pazienza a fare il percorso … altri minuti di attesa. La lucina gialla passava da una parte all’altra del piccolo schermo che segnava la connettività. Di nuovo connettività limitata o assente. Iniziai a irritarmi. Spensi il computer e lo mollai sul letto, poi mi fiondai fuori dalla stanza, giù per le scale, afferrai il cappotto e corsi fuori con il cellulare in tasca: erano le sei di sera e il cielo era ancora luminoso. Camminai lungo il vialetto finchè non incontrai una fermata dell’autobus, salii con un balzo, pagai un biglietto e mi buttai su un sedile, c’erano poche persone. Rimasi in silenzio guardando il paesaggio del tutto anonimo mentre ci dirigevamo verso il centro commerciale dove speravo di trovare un Internet Point.
La fermata era non molto lontana dall’edificio e dopo appena dieci minuti entrai nel minuscolo centro commerciale pieno di persone (quelli non avevano idea di cosa fosse veramente un centro commerciale). Dopo pochi minuti individuai un minuscolo internet caffè, dove i computer avevano una saletta privata. Andai controvoglia nella minuscola saletta dove c’erano tre computer di numero, tutti occupati: che gioia! Sospirai tristemente pensando alla mia amata e lontanissima Los Angeles e mi diressi verso il bar, lasciandomi cadere sulla sedia. Una cameriera arrivò con un bicchiere d’acqua e mi chiese cosa prendevo, ordinai una fetta di torta alla crema e un frappé alla fragola. Mentre me ne stavo lì imbronciata a mangiarla si avvicinò al mio tavolo un ragazzo, aveva un corpo muscoloso e i capelli scuri erano corti e spettinati, continuava a cercare di tenerli lontano dal volto perché i ciuffi troppo lunghi gli ricadevano sugli occhi: probabilmente li aveva tagliati da poco. I suoi occhi erano dello stesso colore scuro dei capelli e i suoi lineamenti avevano qualcosa di familiare, nonostante l’abbigliamento semplice aveva qualcosa di affascinante.
Si appoggiò con una mano al tavolo e mi fissò negli occhi.
– Sto cercando Morgan. – esordì con arroganza.
Rimasi un attimo spiazzata, poi mi irritai. – Buon per te. – dissi sulla difensiva, tornando alla mia torta, era un po’ troppo dolce, forse era meglio se prendevo un caffè, il frullato alla fragola fu una mazzata.
–Tu la conosci, no? –
Non era una domanda quindi non risposi.
Lui si tolse la giacca, la mise sullo schienale della sedia e poi si mise a sedere.
Io alzai gli occhi per fissarlo con irritazione. – Non credi di esagerare? – il mio tono aveva qualcosa di minaccioso.
Lui sorrise per niente toccato dal mio comportamento. – Su tesoro, rilassati! – rispose divertito – Non mangio. E tu non sembri particolarmente buona da mangiare, anche se hai qualcosa di indubbiamente interessante. Io voglio solo sapere dov’è Morgan. –
Fissai nuovamente la torta mezza mangiata, poi posai lentamente la forchetta sul tavolo, appoggiai i gomiti ai lati del piatto e incrociai i diti, appoggiando poi il mento sulle mani, alzai lentamente lo sguardo tenendo le ciglia abbassate e fulminandolo con lo sguardo.
– Non so chi sei e non mi interessa. Ho passato una giornata insopportabile e il mio umore non è dei migliori quindi o abbassi la cresta e la smetti di fare l’idiota o giuro che ti spacco la faccia! – avvertii con voce suadente e un sorriso freddo quanto lo zero assoluto.
Lui alzò le mani in segno di resa. – Calma tesoro, vengo in pace. – il tono era scherzoso e aveva quell’odioso sorriso stampato in faccia.
– Non chiamarmi tesoro. – mi stavano saltando i nervi! Davvero una giornata fantastica!
Sorrise ancora. – Come vuoi. –
– Cosa le porto? – domandò una cameriera facendomi sobbalzare. Non mi ero accorta che si era avvicinata.
Mi lasciai andare contro lo schienale della sedia incrociando le braccia al petto e fissandolo seccata.
– Una birra. – ordinò indifferente alle mie occhiatacce.
– Non serviamo alcolici. – si scusò la cameriera.
Lui sospirò seccato – Un tè allora. –
Lei se ne andò dopo averlo annotato e lui tornò a fissarmi.
– Sembri molto seccata. – il suo tono di voce era divertito.
– Visto che non cerchi me, perché non te ne vai?– il mio tono di voce era freddo, ma non lasciava trapelare nessuna emozione.
– Ti sbagli, io cercavo proprio te. Sei la mia connessione. –
Alzai un sopracciglio in segno di domanda, non avevo idea di cosa parlasse. Lui si limitò a sorridere.
Sospirai. – Anch’io cercavo una connessione, anche se diversa dalla tua. – raccontai, tentando di spingerlo a dirmi qualcosa di più.
– E che genere di connessione era? – domandò con umorismo. Sembrava totalmente a proprio agio.
– Una connessione a internet. –
Ridacchiò divertito.
Si, aveva decisamente qualcosa di affascinante, non riuscivo a togliergli gli occhi di dosso. Eppure mi irritava, mi infastidiva davvero, ma da un'altra parte c’era qualcosa in lui che mi piaceva, non riuscivo a raccapezzarmi con chiarezza in quelle sensazioni.
La cameriera lasciò la tazza, la caffettiera con l’acqua, la bustina di te e quella di zucchero sul tavolo e se ne andò. Il ragazzo mise la bustina nella tazza e versò lentamente l’acqua calda che pian piano si tinse del colore del te. Alzò gli occhi a incrociare i miei lasciando il tè in infusione.
– Devo vedere Morgan. – il tono di voce stavolta era serio.
– Inizia col dirmi chi sei. –
– Mi chiamo Killian. Sono una strega … e sono il fratello maggiore di Morgan.–
– Oh cazzo. – mi limitai a dire sotto shock.
A quanto pare la mia famiglia non era la sola ad avere dei problemi.

 

@Morgan@

– Forse è meglio se torno a casa. – dissi fissando il fuoco nel caminetto. Hunter era in cucina a parlare con quel tipo mandato dal Consiglio, le mie speranze di passare una giornata tranquilla con lui erano svanite del tutto.
– Non è necessario. – mi assicurò Sky aggiungendo un pezzo di legna nel fuoco.
– Non è che qui possa fare molto. – dissi guardando con rimpianto Hunter.
Era inutile stare lì e per quanto riguardava Killian non pensavo che avrebbe mai fatto qualcosa per farmi del male, non mi sembrava il tipo. E poi non è nemmeno detto che stesse venendo lì per me. E se avesse scoperto che ero sua sorella? Ma come avrebbe fatto? Voleva dire che aveva parlato con Ciaran. E Ciaran? Era sulle mie tracce?
Scossi la testa scacciando quei pensieri e mi alzai dal divano dirigendomi verso la porta, Sky mi venne dietro. – Non c’è bisogno che tu te en vada Morgan. – disse con gentilezza.
– Lo so, ma devo tornare a casa, c’è mia cugina. – feci, in realtà non mi importava molto del fatto che ci fosse mia cugina, ma non mi andava di restare lì, soprattutto dopo che mi era venuto in mente Ciaran. Dopo che lui aveva tentato di uccidere me e Hunter, che era venuto in mio soccorso. Dopo di che lo avevo lasciato, pensavo che sarebbe stato meglio lontano da me, che sarebbe stato più al sicuro. Ma alla fine eravamo tornati insieme, anche perché lui mi aveva detto che mi amava e che era il mio mùirn beatha dàn, la mia anima gemella.
Uscii di casa e andai in silenzio alla macchina, senza guardarmi indietro, tentando di scacciare la sensazione di essere in pericolo, per un po’ sarebbe stato meglio che stessi lontana da Hunter, così lui sarebbe stato più al sicuro o almeno così speravo. Un cacciatore di streghe oscure poteva mai essere al sicuro? Speravo di si, lo speravo con tutto il cuore. L’idea di non vedere per un po’ Hunter mi faceva male, anche considerando il fatto che non ci vedevamo da parecchio tempo. Non volevo che lui rischiare nuovamente la vita per salvarmi, non sopportavo l’idea di rischiare di perderlo di nuovo, e poi Ciaran e Killian erano un problema mio e mio soltanto.
“Morgan, devo parlarti” disse la voce di Hunter nella mia testa.
Sospirai rassegnata. “Dove?” domandai. I messaggi da strega erano una gran cosa, mi permettevano di risparmiare i soldi per il cellulare, ma le conversazioni con quelli erano molto brevi, si limitavano a una sorta di botta e risposta di massimo una frase.
“Ci vediamo al parco.”
Mi accostai e feci inversione di marcia per andare al parco, era pomeriggio inoltrato e avevo promesso che sarei tornata per le otto. Avevo ancora un po’ di tempo ma era sera e il sole era tramontato da poco quando parcheggiai la macchina nel parcheggio di fronte al parco, accanto a quella di Hunter.
Lui entrò accomodandosi sul sedile del passeggero e mi prese la mano.
– Sei preoccupata? – domandò guardandomi mentre io continuavo a fissare davanti a me senza voltarmi, dovevo dirglielo. Dovevo. Ce la dovevo fare!
– Morgan, per favore parlami. – il tono era un po’ freddo.
Feci un respiro profondo – Forse è meglio se non ci vediamo per un po’– esordii a malincuore.
Lo sentii irrigidirsi. – Non essere ridicola Morgan! –
– Non lo sono. – confermai con voce piatta, era difficile mantenere la calma.
– So perché lo dici! È ridicolo! Io sono un cacciatore di streghe! So molte più cose di te! E non sono un bambino! Non ho bisogno di essere protetto! – ha ribattuto.
– Già, perché non hai avuto problemi a vedertela contro Amyranth. – lo rimbeccai
Hunter è trasalito, poi però ha ribattuto. – Non sta venendo Amyranth, è solo Killian! –
– Ma potrebbe essere qui per via di Amyranth, in fin dei conti ne faceva parte. – ma non ci credevo nemmeno io.
– Non era un pesce grosso e dubito che sia tornato a far parte della congrega. Forse sta soltanto cercando di avere un legame con te. – rispose lui impassibile, dal suo tono di voce sapevo che stava per usare la sua logica schiacciante, come al solito. – In oltre se stesse realmente lavorando per Amyranth saresti più al sicuro con me che senza. Non dimenticare che c’è anche Chris che è un membro del consiglio, forse non potremmo sconfiggerli, ma quanto meno potremmo fermarli. Se agiamo insieme, Morgan, abbiamo molte più possibilità di cavarcela che se agiamo separatamente. – 
Feci una smorfia molto seccata: aveva ragione, l’aveva davvero, ma… – Loro vogliono me. – gli feci notare.
– Sei uno degli obiettivi. – assentì lui – Ma non gli permetterò di farti del male! –   
Scossi la testa mentre lui continuava ad osservarmi con attenzione.
– Guardami! – ordinò con dolcezza.
Mi voltai per fissarlo negli occhi: erano più verdi che azzurri e mi ricordavano l’acqua del mare. Lui si chinò in avanti per baciarmi e quando le nostre labbra si sono sfiorate ho sentito l’ansia dissolversi e il mondo intorno a noi svenire. Mentre mi stringevo a lui, facendo aderire i nostri corpi riuscivo solo a pensare a quanto fosse stato stupido preoccuparsi di tutte le cose brutte che accadevano. In quel momento esistevamo solo noi due, il resto del mondo non aveva importanza. Volevo Hunter, volevo sentirlo molto più vicino, volevo sentire tutto il suo amore per me e volevo che lui sentisse il mio. Volevo essere sua in modo totale.
Quando ci separammo rimanemmo a fissarci negli occhi per un tempo che a me sembrò infinito. Il rumore di una macchina che partiva ci fece sobbalzare e il momento passò ricapultandomi nel mondo reale dove i problemi non si potevano evitare. Hunter uscì dalla macchina salutandomi con un – Ti chiamo io. –
Erano le sette e quaranta di sera e dovevo tornare a casa, misi in moto la macchina e facendo attenzione mi diressi verso casa.

 

  
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