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Autore: Edoatar    24/07/2013    1 recensioni
E se esistesse anche un altro campo per semidei dove questi ultimi, sia greci che romani, convivano pacificamente ogni estate per tre settimane? Ho immaginato come potrebbe essere e questo è ciò che ho scritto. Spero apprezzerete.
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'unione fa la forza


Il viaggio in macchina era stato lungo e mortalmente noioso. Ma il lato positivo era che nessun mostro ci aveva attaccati durante tutto il tragitto. E ora mancavano veramente pochi chilometri all'arrivo.

Era il terzo anno consecutivo che andavo al Campo Greco-Romano. Per chi non lo sapesse il Campo Mezzosangue, da cui provengo io, e il Campo Giove hanno stretto un'alleanza circa tre anni fa che consiste nel rispettarsi reciprocamente (impresa ardua) e aiutarsi gli uni con gli altri. Era sorto il problema della sua collocazione geografica dato che i due campi sono uno a Long Island nella East Coast e uno vicino a San Francisco nella West Coast. I semidei Romani lo volevano costruire a Beverly Hills, ma era sempre troppo lontano. Noi Greci avevamo optato per Boston o Chicago, ma senza successo. Così, al consiglio tenutosi sull'Olimpo durante il solstizio d'inverno, gli dei hanno deciso di erigerlo a Miami. I figli di Atena e quelli di Minerva, tutti fratelli insomma, avevano impiegato solo due mesi per realizzarlo. Nel Campo Greco-Romano, sono presenti un senato, la Casa Grande, altre costruzioni per l'addestramento, un bosco per l'immancabile Caccia alla bandiera, e in conclusione lo stesso numero di case che si trovano al Campo Mezzosangue, dato che i semidei Greci condivideranno le cabine con i loro fratellastri Romani.


Eravamo entrati in Florida già da un paio d'ore e non vedevo l'ora di potermi sgranchire un po' le gambe.

Smontai un momento dall'auto per ammirare la vista di Downtown. Mi trovavo su una delle strade più alte di Miami, Coconut Grove, a sette metri sul livello del mare. Superammo Flagler Street, Lincoln Road e Collins Avenue; fino a quando arrivai. Finalmente scorsi da lontano la scritta luminosa della metropolitana.

-”Bene, allora è qui che ci salutiamo.” Disse mia madre.

-”Già.” Confermai io.

-”Hai preso tutte le tue cose?”

-”Ancora, sì.”

-”Scusa, sai che sono un po' agitata.”

-”Mamma, ti prego. E' già la terza volta che vengo qui. E poi sono solo tre settimane.”

-”Hai ragione, che stupida. Beh, allora divertiti con Michael, mi raccomando.”

-”Certo, lo faro'.”

-”E salutami Sarah.”

Arrossii subito. Sarah era una ragazza del Campo Giove, figlia di Plutone, che avevo conosciuto il primo anno, presentata da Nico. Ha gli occhi marroni e i capelli color caramello e ne tiene sempre una ciocca sul viso. Porta spesso una T-Shirt viola e un paio di jeans. Per essere figlia del dio degli inferi è anche un po' troppo vivace. Qualche volta mi sbagliavo e la chiamavo figlia di Ade, meritandomi un pugnetto affettuoso. Mi era piaciuta da subito. L'anno scorso invece avevamo fatto una piccola passeggiata nel bosco che era finita per trasformarsi in una lotta di sopravvivenza contro un lestrigone. Avevamo sconfitto il gigante, ma non riuscendo a trovare la strada di casa abbiamo passato la notte abbracciati in una piccola caverna fredda. E da li' è nato tutto. Ci eravamo messi insieme sulla spiaggia della città e stavo morendo dalla voglia di rivederla.

-”Sì, ok. Te la saluterò.”

-”Ciao Trent. A presto.”

Raccolsi la borsa, mi infilai la chitarra a tracolla, salutai mia madre e poi imboccai la strada per la metropolitana. Mentre la metro mi portava sempre più vicino a destinazione, ripensai ai bei momenti passati con Michael e Sarah. Ma soprattutto con lei. Di Mike cosa potrei dirvi? E' un simpatico figlio di Ermes che va matto per i fumetti e Avril Lavigne. E' il mio migliore amico. Ha lunghi capelli biondi legati in una coda di cavallo, pelle abbronzata e occhi verdi. Considerando i lineamenti ereditati dal padre, sembra un elfo californiano, anche se viene da Denver. Per comodità, si era fatto ricamare la scritta del Campo Mezzosangue su una camicia di cashmire arancione; il suo indumento preferito.

La metro si fermò proprio sulla soglia di Miami Beach. Passai in mezzo a ragazzi palestrati con le cuffie in testa e sugli skateboard e ragazze sui pattini mentre portano in giro il proprio cane. Mi fermai giusto un attimo per comprarmi la maglietta della Hard Rock di Miami, dato che le colleziono.

Finito il tragitto sul lungomare entrai nella piccola selva vegetativa intorno alla Villa Vizcaya. L'entrata per il Campo Greco-Romano.

Il rumore del traffico e dei clacson fu rimpiazzato dalle grida eccitate di decine di ragazzi. Oltrepassai il colonnato con la scritta: Greek-Roman Camp. Mi ritrovai a guardare una grande vallata verde contornata da alberi e sullo sfondo l'Oceano Atlantico. Un monte solitario si alzava imponente in lontananza. La tana di Lupa. Giù per la distesa erbosa vidi la Casa Grande e le numerose capanne dei semidei, grandi il doppio rispetto a quelle del Campo Mezzosangue. Camminai velocemente, ansioso di raggiungere la cabina sette.

Entrai nell'enorme struttura e mi scelsi subito un letto, prenotandolo mettendo sul materasso le mie cose. Era proprio come me la ricordavo. Un braciere ardeva ininterrottamente in fondo alla stanza. Degli archi e faretre sistemati a forma di lira. Il soffitto completamente riempito con frasi in rima di poesie celebri e haiku. Vari strumenti musicali, antichi e recenti, erano appesi alle pareti, ognuno accompagnato da una targhetta dorata di riconoscimento. Tra tutte quelle presenti, la mia chitarra preferita era quella di Billie Joe Armstrong, sistemata sopra al mio letto.

Uscii dalla capanna e qualcuno mi travolse correndo.

-”Ahia, ma guarda dove vai!” Dissi.

-”Senti chi parla. Non hai perso il tuo vizio di avere la testa tra le nuvole amico!” Replicò l'altro.

Alzai lo sguardo e vidi un ragazzo dall'aria famigliare intento a pulirsi la camicia dall'erba per poi sorridermi.

-”Mike!”

-”Ehi Trent! Come te la passi?” Mi chiese lui, porgendomi la mano e issandomi in piedi.

-”Tutto bene. Il viaggio è stato infernale ma ora siamo qui.”

-”Già, e non faremo altro che divertirci per tutto il tempo!” Esultò.

-”Trent! Michael!” Un'altra persona ci piombò addosso, atterrandoci ancora.

-”Ah, ma chi...?” Chiese Mike.

-”Sono io malati mentali! Jake!” Urlò un ragazzino coi capelli rossi.

-”Chi?” Feci io.

-”Mai sentito.” Continuò Mike.

-”State scherzando!?” Domandò preoccupato.

-”Ah ah ah, ma sì che stavamo scherzando ubriacone!” Gli rise in faccia Mike.

-”Davvero divertente ragazzi.” Disse sarcasticamente.

Jake è un semidio Romano figlio di Bacco (già, il nostro caro amico Dioniso) con cui abbiamo stretto amicizia l'estate scorsa.

-”Allora, come avete trascorso l'inverno?” Chiese Jake.

-”Oh, tra una battaglia mortale e un'altra. Non cose che sperimentate voi della West Coast.” Scherzò Michael.

-”Cosa!? Vuoi iniziare già dal primo giorno Yankee?” Rispose Jake.

-”Calmi ragazzi. Avete tre settimane per fare a botte. Conservatevi almeno un po' per i tornei.” Li fermai.

-”Giusto.” Sorrisero loro.

-“Ci vediamo ai tornei.” Salutò Jake.

Dovete sapere che “i tornei” sono manifestazioni sportive dove il vincitore regala una medaglia al proprio campo. Alla fine dei 21 giorni il campo con più medaglie si aggiudica il titolo di Campo U.S.A. Il primo anno il titolo è stato conquistato da noi, mentre l'anno scorso è stato meritato dal Campo Giove.

-”Dai andiamo.” Mi incitò Mike, “Hanno preparato un rinfresco.”

Ci avviammo verso la mensa, dove trovammo un groviglio di ragazzi che provavano a raggiungere i tavoli. Era divertente guardare tutte quelle magliette arancioni e viola contorcersi per conquistare una tartina al formaggio o delle enchiladas. Persi Michael in mezzo alla folla e, a spintoni, riuscii ad afferrare qualche patatina e un calice di nettare. Rimanei a bere restando in disparte, per evitare il caos più avanti.

-”Hai una faccia impaurita.” Disse una ragazza. Non mi ero reso conto che si era seduta vicino a me.

-”La stessa che avevi tu l'anno scorso nella caverna.” Ribattei.

-”Lo sai che ti sconfiggerò anche quest'anno a tiro con l'arco.”

-Sì, anche per me è stato un piacere rivederti Sarah. In fondo mi sei mancata.”

-”E' strano. Tu neanche un po'.” Commentò lei.

-”Ma davvero?”

-”Al diavolo, è ovvio che mi sei mancato!” Mi abbracciò, facendomi cadere il calice. Profumava di vaniglia, non di carne di zombie in putrefazione come la gente pensa.

Nella casa tredici le ragazze, sia figlie di Ade che di Plutone, erano ognuna molto belle. Ma Sarah le batteva tutte.

Restai un attimo a fissare i suoi occhi scuri. Mi ci perdevo in quel castano infinito. Le presi il mento e le alzai la testa. Ancora non so chi mi abbia dato la fortuna di avere una ragazza come lei. Con l'altra mano le scostai una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Le nostre teste si avvicinarono.

-”Devo essere sincera con te. Non mi sei solo mancato.....” Fece per dire lei, ma in quel preciso momento arrivò Mike.

-”Ehi amico, lo sai... oh, ciao Sarah.” Disse lui.

-”Ciao guastafeste. Chi non muore si rivede.”

-”A quanto pare. Senti Trent, volevo dirti che hanno portato gli Hot-Dogs con la paprika.”

In quel momento avrei voluto strangolarlo. E' questo il bello di Michael, trova sempre scuse assurde per tutto. Ma Sarah cominciò a ridere e io non potei fare altro che unirmi a lei.


Quella sera i due leader del campo, Jason Grace e Percy Jackson, fecero il solito annuncio di benvenuto come sempre e poi affibbiarono due capisquadra per ogni cabina: uno Greco e uno Romano; che cambiano ogni anno. Quell'estate i responsabili della capanna sette erano un certo William Pitcarn proveniente dal Campo Giove; e dei nostri venne scelto Eliot, un ragazzo simpatico e responsabile con cui avevo un buon rapporto.

Cenammo nel padiglione della mensa, poi mangiammo marchamallows intorno ad un enorme falò che lanciava nel cielo fiamme oro e verdi.

Per concludere al meglio la giornata; io, Mike, Sarah e altri dei nostri amici restammo alzati ancora un po' a raccontarci barzellette e cantare canzoni. Finimmo girando intorno al fuoco, io suonando la mia chitarra sulle note di Oh Hey, cantando insieme agli altri. Era questo il lato positivo dell'alleanza tra i nostri due campi. Diventavamo una cosa sola. Un'unica famiglia pronta a dare tutto per proteggere i compagni.


I belong with you. You belong with me. Continuavamo a cantare.

Incrociai lo sguardo di Sarah.

I belong with you.

Le sorrisi.

You belong with me.

Lei ricambiò il sorriso.

You're my sweet hearth.

In quel momento c'eravamo solo io e lei. Ed eravamo felici, non ci serviva altro che stare insieme. Avevamo ancora tutta la vita davanti e fino a quel momento era stata perfetta. Ero convinto che lo sarebbe sempre restata.


Ma gli dei raramente concedono una vita povera di sorprese.

  
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