Nota dell'autore: Le parti evidenziate in blu sono i flashback.
Capitolo
3 “La
rapina”
Ore 16.05
«Io vorrei un
caffè!» disse Harrison, al bancone.
«Con molto zucchero!».
«Anche io ne vorrei uno, ma amaro!» fece Every.
La cameriera se ne andò a preparare i caffè.
«Sembra esserci una strana avversione tra di noi!»
commentò lei.
«Cosa?» chiese Harrison, con capendo. «Il
tuo colore
preferito è il nero, il mio il bianco; tu adori i film
d’azione, io adoro i
film romantici; il tuo cibo preferito è la carne, il mio il
pesce; tu caffè
dolce, io amaro... Insomma: tu sei la prima persona che conosco che ha
i gusti
totalmente diversi dai miei!! Sembriamo opp...».
«Harrison!» fece una voce maschile dietro di loro.
Harrison la riconobbe. «E quando si parla di
opposti… Jack!». Si voltò.
«Cosa ci fai qui? Credevo avessi qualcos’altro da
fare... intendo... riportare ordine nelle nostre vite, cose
così!».
«Cosa?» fece Every.
«Nulla. Ma credo che Harrison avrà il piacere di
raccontartelo più tardi…» fece Jack,
con il uso solito sorriso compiaciuto.
«Aspetta, ma tu sei Every! Sì, mi ricordo di te!
Sei l’amica all’università di
Tru!».
«Esatto!» disse Every.
«E tu sei… Jack, giusto?».
Jack annuì.
«Allora...» fece Every. «Mi vuoi spiegare
che
rapporto c’è fra te e Tru?». Tipico da
Every: arrivare subito al punto, senza
pensare alle conseguenze di quello che si è detto.
«E’ una storia molto lunga e
complessa…» fece Jack,
sorridendo. «Comunque, Harrison...». Jack
cambiò subito discorso. «Potrei
parlarti un secondo in privato?».
Lui e Jack uscirono dal bar.
«Che cosa vuoi, Jack?» chiese Harrison.
«Carina, Every! Ti sei trovato la nuova ragazza?»
chiese Jack.
«Non sono affari tuoi! Dimmi cosa vuoi!».
«Sempre le solite cose... Di a tua sorella che
bisogna stare attenti in questi casi... » spiegò
Jack.
«Cosa vuoi dire?».
«Voglio dire che
le probabilità che il Destino aiuti me invece
che lei non molto alte!!».
Fece un sorriso. «E questo mi riporta sempre al nostro solito
discorso...».
«Se credi che io ti aiuterò a fermare Tru, ti
sbagli
di grosso!».
«Ma andiamo! Possibile che non volgiate capire?!»
esclamò Jack, poi abbassando subito la voce.
«Cambiare il Destino comporta
delle conseguenze e il Destino...».
«E il Destino bla bla bla...» fece Harrison.
«La
prossima volta non disturbarti neanche a cercarmi! Io e te non abbiamo
nulla da
dirci!!».
Harrison entrò nel bar senza aggiungere una sola
parola.
Jack rimase fermo, immobile. Lo guardo risedersi al
bancone e notò Every che lo fissava.
Dopo aver scambiato per qualche secondo lo sguardo
con la ragazza, Jack si voltò. Prese il cellulare e
cominciò a camminare.
«Pronto!» disse.
Richard rispose all’altro capo del telefono. «Ho
appena incontrato il tuo adorato figlio...» disse Jack.
«E...?».
«E credo abbiamo trovato un altro modo per portarlo
da noi!».
Ore 18.43
«Sicuro di aver
controllato bene Jack?!» chiese Tru.
«Le mie fonti stanno controllando a vista Linda
Gordon e ti assicuro mi hanno detto che Jack non si è
nemmeno visto nei paraggi
di quella donna!» fece Davis, mentre camminavano nei corridoi
dell’obitorio.
«Le tue fonti?» chiese Tru.
«Sì!» fece Davis.
«Perché?! Anch’io ho persone su
cui fare affidamento in situazioni del genere!!».
«Ovvero spiare una donna che sappiamo morirà
perché
io sto rivivendo una giornata?» esclamò Tru.
«Beh... se la metti così sembra quasi... ehm...
strano».
«Per forza, Davis! A chi hai chiesto di aiutarti?».
Insieme entrarono nell’ufficio di Davis.
«Non te lo dirò!» disse lui.
«Allora... non è Harrison perché ha
passato tutta la
giornata con Every, stando a quello che mi ha detto...».
«Non sforzarti neanche! Non lo saprai mai!».
«E se Harrison è l’unico a sapere del
segreto... a
meno che... Davis, non avrai detto del segreto a Carrie!?!».
Tru sembrava
infuriata.
Davis si bloccò. Quel silenzio era più eloquente
di
mille parole.
«Davis! Ti avevo detto di non farlo! Come facciamo a
fidarci di lei se non la conosciamo!!».
«Ma io di lei mi fido!!» esclamò Davis,
voltandosi
verso Tru e guardandola negli occhi.
«Che cosa ti è successo, Davis?» fece
lei. «Cosa
intendi?» chiese lui.
«Insomma... l’anno scorso non volevi che
raccontassi
il mio segreto a Jack neanche quando avevamo scoperto che lui
riviveva le
giornate!».
«E non mi sembra di essere andato errando nei miei
sospetti su di lui!!» disse Davis.
«Tru...».
«No, Davis! Non ripetere il discorso sulla fiducia!
Come tu sentivi che in Jack c’era qualcosa che non andava,
ora io sento che non
ci possiamo fidare di lei!!» esclamò Tru.
«Come sentivi che Jack ci sarebbe stato
d’aiuto?!»
urlò Davis.
«Basta! Ho capito! Tu avevi ragione su Jack ed io
avevo torto! Ma questa volta sono sicura di quello che sto dicendo! Non
conosciamo ancora bene Carrie!».
«Oh...» fece Davis, sorridendo. «Io la
conosco bene!
E so che non può avere niente a che fare con Jack! Li ho
visto incontrarsi per
la prima volta il giorno del tuo compleanno, e Jack non sapeva che la
stessi
seguendo!».
«O forse sì! Magari hanno inscenato tutto per
fartelo credere! E poi cosa mi dici riguardo al fatto che è
stata sospettato di
tentato omicidio per la morte di suo marito?!».
Questa volta Tru e Davis stavano litigando
seriamente: ognuno stava tirando fuori i dubbi e gli errori commessi
dall’altro.
«Carrie non ha ucciso quell’uomo! Lui si
è
suicidato!!».
«E come fai a saperlo?!» domandò Tru.
Davis non sapeva come rispondere.
«Ok...» fece lei. «Credo che questa
conversazione
sia finita! La prossima volta che rivivrò una giornata
chiederò aiuto a
Harrison! Almeno di lui credo di potermi fidare...».
Davis fece un risata.
«Ti fidi di Harrison e non ti fidi di me?» fece
Davis.
Tru si voltò, senza dire una parola.
«Se vuoi tenere il tuo segreto al sicuro fai pure!
Ma non giudicare le persone senza conoscerle!»
urlò Davis, mentre Tru usciva
nel corridoio.
Lui si guardò intorno. Ora era rimasto solo.
Ore 19.18
Tru entrò nel suo
appartamento. Ad attenderla
c’erano già alcuni invitati. Harrison aveva
preparato tutto alla perfezione.
«Ciao, Tru!» disse suo fratello, avvicinandosi per
parlare a bassa voce.
«Allora, come va? Hai compiuto il tuo dovere da
supereroina anche oggi?».
«Credo di sì, ma voglio esserne certa! Tra poco
avverrà la rapina e voglio assicurarmi che Linda Gordon non
entri in quel
supermercato! E... ho litigato con Davis!».
«Perché? Cosa è successo?!».
«Nulla di che...» fece lei, non rendendosi conto
che
anche lei teneva dei segreti in quel momento. Guardò in giro
per la casa. «Oh
mio Dio! Perché papà è
qui?!» chiese Tru.
Senza neanche ascoltare la risposta di Harrison, Tru
si avvicinò a suo padre.
«Papà! Cosa ci fai qui?» chiese,
abbracciandolo, un
po’ confusa.
«Questa mattina ho incontrato Harrison e Every e lui
mi ha invitato questa sera a casa tua. Spero di essere il
benvenuto...».
«Oh, sì! Io non ti avevo invitato solo
perché credevo
avresti voluto passare il Capodanno con la famiglia
unita...».
“«Ma
non ci sarà Meredith...» precisò suo
padre.”
«Hai ragione, ma c’è stato un
cambiamento di
programma proprio ieri... Jordan e i bambini sono andati da sua madre
mentre io
dovevo sbrigare una cosa in ufficio e non potevo muovermi da
qui...» spiegò
Richard.
Tru trovava strano il comportamento di suo padre.
Perché quando glielo aveva chiesto lei, lui non aveva
accettato?
Subito l’immagine dell’orologio la
riportò alla
realtà: erano le 19.21. Aveva meno sette minuti per arrivare
al negozio.
«Devo andare!» disse lei, correndo verso la porta.
«Ma dove devi andare a quest’ora?» chiese
Richard,
cercando di trattenerla.
«Ehm... devo andare un attimo da Davis in obitorio,
ma arrivo subito! Non preoccuparti! Ciao!».
Subito, con stupore anche degli altri invitati che
non era riuscita a salutare, tra i quali Jensen, uscì dalla
stanza.
Jensen guardò Every.
«A me è sembrato abbia cercato di
evitarti...» disse
lei.
«No, no! L’hai sentita? Ha detto che va... va un
attimo da Davis e poi torna!» fece Jensen, non del tutto
convinto. Alla fine si
sforzò di sorridere. Fissò il regalo per Tru che
aveva in mano e lo appoggiò
sul mobile.
E mentre il telefono di casa suonò e Harrison
andò a
rispondere, Richard ne approfittò per chiamare Jack.
«Sta arrivando...» disse velocemente.
«Ok!». Chiuse il cellulare.
«Cosa?!» urlò Harrison.
«Perché non me lo ha
detto?!». Subito sbatté subito il telefono in
faccia a Davis e corse fuori
dall’appartamento.
«Cosa c’è? Che è
successo?» chiese Richard, seguendo
Harrison.
«Nulla, papà! Torna in casa! Arrivo
subito!». In
pochi secondi era già scomparso giù dalle scale.
Richard aspettò qualche secondo poi lo seguì.
Sapeva
dove stava andando: al Gray Market.
Jack vide entrare Linda al Gray Market. Il suo piano
aveva funzionato: le aveva rotto la bottiglia, dicendole che sarebbe
andato lui
a ricomprare tutta la spesa, senza però prenderle lo
champagne, che avrebbe
costretto la donna a tornare al supermercato.
Non molto lontano notò una figura correre verso
l’edificio a tutta velocità.
“Può essere sole lei” pensò
“Tru!”.
Jack si mosse e attraversò la strada.
Tru cominciò ad aumentare il passo quando lo vide
avvicinarsi al negozio.
«Tru, fermati!» disse.
«No! La devo salvare!» esclamò lei.
«Non puoi farlo!» rispose lui.
Tru stava entrando nel supermercato, quando Jack la
bloccò. «Non te lo lascerò
fare!».
«E io, quando la polizia arriverà, potrei dire che
tu
mi hai impedito di entrare e bloccare la
rapina…!».
«Ma io sto salvando te,
Tru… La polizia crederà di più alla
storia dell’uomo che ferma la coraggiosa donna che
non può nulla contro la morte…» fece
Jack, tenendo il braccio davanti alla
porta, bloccando la strada a Tru.
«Ne sei sicuro?» disse lei, in aria di sfida.
Jack la fissò negli occhi, pieno di rabbia, per
qualche secondo, poi spostò il braccio.
Tru entrò di corse e si diresse verso Linda. Sapeva
dove fosse andata: al reparto bibite.
Jack si allontanò dal supermercato.
Se i rapinatori lo avessero visto, non sarebbero entrati.
E neanche un minuto dopo, tre uomini con delle calze
in testa entrarono nel supermercato.
«Mi dispiace Tru, ma sei voluta entrare tu!»
sussurrò Jack. Rimase
lì, dietro una
macchina, a fissare la scena.
Il rapinatore con la calza nera in testa minaccia
con una pistola il commesso. Poi si voltò e parlò
con quello con la calza
verde. Qualche secondo dopo, l’uomo con la calza verde si
allontanò. Ma non
fece in tempo a fare qualche passo che Tru comparve tra uno degli
scaffali, con
le mani alzate.
L’uomo con la calza verde le puntava la pistola
contro.
«Rimani ferma lì!» esclamò
Carl. «Non fare un solo
passo!».
«Ok... ok...» fece Tru. «Ma non sparate a
nessuno!
Non c’è bisogno di farlo!».
«Sta zitta!» urlò l’uomo con
la calza nera alla
cassa.
«Non ascoltarlo...» sussurrò Tru a Carl.
Questi si
voltò verso il rapinatore con la calza verde.
«Hai finito?» esclamò intanto
l’uomo con la calza
nera contro il commesso.
«Ho quasi finito...» disse questi.
Carl si voltò nuovamente di scatto verso Tru quando
sentì
un rumore tra gli scaffali. «Cos’è
stato?!» chiese.
«Nulla... Non è stato niente...» fece
Tru, tenendo
le mani alzate.
Linda uscì con le mani alzate dagli scaffali e si
mise dietro Tru.
Carl si spaventò e subito puntò la pistola contro
la
donna.
«NO!» urlò Tru. «Non farlo!
Non sparare!».
Una voce riecheggiò. «Mamma?!».
Nessuno capiva cosa stesse succedendo.
Ad un tratto il terzo rapinatore si tolse la calza
marrone dal suo viso. Sia Tru e che Linda lo riconobbero.
“L’altra
foto ritraeva un giovane molto
somigliante alla donna: capelli castano scuro, occhi verdi, sorridente.
«E
questo tuo figlio, giusto?»”.
«Daniel?»
esclamò la madre.
Ora regnava il silenzio.
Daniel e Linda si fissavano negli occhi.
Carl, puntando la pistola verso Tru e Linda, guardò
l’uomo con la calza nera, che lo fissava infuriato. Aveva
molta paura di lui.
La porta d’entrata si spalancò
all’improvviso.
Carl si spaventò e sparò.
Harrison, appena entrato, non riusciva a credere a
quello che era appena successo. Tutti si voltarono in direzione Carl.
«TRU!» urlò Harrison, con tutta la voce
che aveva in
gola.
Mentre lui si gettava verso sua sorella, i
rapinatori scapparono. Daniel non voleva scappare, però.
Carl lo prese per il
braccio e lo trascinò via.
Linda incrociò ancora una volta il suo sguardo con
quello di suo figlio, prima che questi andasse via.
Jack era arrivato sulla porta. Non riusciva a
credere neanche lui che a morire sarebbe stata Tru.
Non volendo, aveva cambiato il Destino di nuovo.
Richard sarebbe stato pronto a perdonarlo di nuovo
dopo Luc? Lo avrebbe scoperto subito, perché Richard
entrò di corsa nel
negozio.
Harrison scivolò verso il corpo di sua sorella,
steso a terra.
Tru guardò Linda e si accorse che era salva. Lei
aveva compiuto il suo dovere. Se ora fosse morta, sapeva che il suo
potere, la
sua “chiamata”, quella che sua madre le aveva
donato, l’avrebbe ricevuta
qualcun altro.
Ma non poteva lasciare questo mondo, non ancora,
almeno.
Doveva ancora fare pace con Davis e parlare con
Jensen. Non poteva.
Tossì e del sangue le uscì dalla bocca.
«Tru!» urlò ancora Harrison, prendendola
fra le sue
braccia. «Non mi lasciare!» aggiunse piangendo.
Si voltò verso Jack e verso Richard. «Chiamate
un’ambulanza!!» urlò.
«Muovetevi!!».
Tornò verso Tru. «Non mi lasciare, Tru! Non mi
lasci...».
Ma Harrison si rese conto.
Tru non respirava più, non si muoveva più.
Sia Jack che Richard guardavano la scena, immobili.
«Tru...» fece Harrison. «No, Tru! Non
andartene...».
Jack spostò il suo sguardo a Richard mentre sentì
un
brivido passargli lungo la schiena.
Harrison era seduto a terra, con la sorella distesa
fra le sue braccia. Tru era morta ed Harrison sapeva chi era il
colpevole di
tutto ciò: Jack.
Con il viso pieno di lacrime, Harrison si voltò
verso Jack.
Harrison vide il terrore nei suoi occhi, un terrore
che mostrava rimorsi.
«A...t...i..».
Un sussurro risuonò nell’aria.
Harrison si voltò lentamente verso Tru con la paura,
ma anche la speranza, che quello che credeva di aver sentito fosse
vero.
Gli occhi di Tru si spalancarono.
«Harrison, aiutami!» esclamò.
Harrison sentì una strana sensazione. Si guardò
intorno: vide il modo contorcersi dietro di sé, compattarsi.
Jack, Richard, il
commesso, Linda, il negozio intero... Tutto si stava dissolvendo dietro
di lui.
Vide tutte le immagini della sua giornata passargli avanti.
Il giorno regredì fino al mattino.
Harrison spalancò gli occhi e si mise seduto sul suo
letto. Si guardò intorno: era la sua camera da letto e il
calendario diceva che
era ancora il 31 Dicembre.
«Mio
Dio!» fu l’unica cosa che riuscì a dire.