CAPITOLO VENTI
Quando la porta si aprì, Eljas
scattò immediatamente in piedi. Il chirurgo si bloccò incrociando gli occhi
grandi e di un’espressività disarmante del ragazzino, due occhi che in quel
momento chiedevano aiuto.
Si sollevò lentamente la mascherina
dalla bocca e cercò di trovare delle parole adatte a tranquillizzare quel
bambino che, solo, restava lì in attesa di notizie come se da esse fosse dipesa
la sua stessa vita. E il dottore non lo sapeva, ma era effettivamente così: la
vita o la morte di Ville avrebbero cambiato definitivamente la vita di Eljas,
sia in bene che in male.
-Immagino che sia tuo padre.-
sussurrò rivolgendosi al ragazzino.
Eljas annuì a stento, quasi non
fosse sicuro della risposta che stava dando. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma
non si ricordava come si mettesse insieme una parola, tantomeno una frase. Gli
venne in aiuto Anita, la quale, appena accortasi della presenza del medico, gli
corse incontro respirando affannosamente.
-Dottore, la prego, mi dica che sta
bene! La supplico, mi dia delle buone notizie!- esclamò con un tono che lasciava
trapelare tutto il dolore che può contenere una donna alla sola idea di perdere un
figlio.
Il chirurgo cercò di calmarla prima
di darle delle ulteriori informazioni, nel frattempo la raggiunsero anche Kari e
Jesse, i quali si disposero a semicerchio attorno ad Eljas. Il bambino si
sentiva estremamente a disagio, ancora non era riuscito a spiegarsi la sua
presenza all’ospedale, ancora non aveva stabilito qual era il suo ruolo tra
tutte quelle persone che si erano riunite attorno a Ville.
-Signora, si tranquillizzi, la
prego. Siamo riusciti a bloccare l’emorragia, suo figlio è fuori pericolo per il
momento. L’abbiamo indotto in coma per stabilizzare le sue condizioni, finché
ciò non avverrà non possiamo essere certi di nulla, ma salvo complicazioni suo
figlio se la caverà.- disse il medico stringendo una mano ad Anita per aiutarla
a calmarsi.
I genitori e il fratello di Ville
si lasciarono andare ad esclamazioni di gioia e a ringraziamenti alla santa arte
della medicina, resero partecipi anche gli altri dei risultati e si rallegrarono
a vicenda. L’unico che continuava a rimanere fuori era Eljas, che se ne stava
ancora in piedi e muto vicino alla porta della sala operatoria, col dottore al
suo fianco che osservava la scena soddisfatto.
Alzò lo sguardo per un momento, poi
lo riabbassò –Posso vederlo?- domandò esitante.
Il dottore lo osservò attentamente
–Dovrai aspettare che lo portiamo in una stanza privata, non posso farti entrare
in sala operatoria.- rispose –Ma ti prometto che appena sarà possibile ti farò
chiamare.- concluse con un sorriso affettuoso.
Eljas annuì, sempre mantenendo il
silenzio.
-Lo sai, ho un figlio che avrà più
o meno la tua stessa età.- continuò il chirurgo, il quale vedeva che il
ragazzino ancora non aveva recuperato appieno le sue facoltà –Tuo padre deve
essere orgoglioso di te, sostenere con tanta fermezza una situazione del
genere…-
-Continuate a ripetermelo tutti,
quanto Ville dovrebbe essere orgoglioso di me! Perché io sono l’unico a credere
che se non fossi mai esistito le cose sarebbero andate molto meglio?- replicò
Eljas. Il tono che utilizzò fu abbastanza triste e arrabbiato da colpire anche
un uomo che aveva passato le ultime ore a cercare di salvare la vita a un essere
umano aggrappato alla vita solo grazie a un filo sottile.
-Perché dici questo?- gli
chiese.
-Perché senza di me Ville non
avrebbe avuto l’incidente, mia madre non sarebbe morta e forse loro due
sarebbero insieme e felici adesso!- disse il ragazzino stringendo i pugni con
rabbia –E’ solo a causa mia che queste cose non sono
successe…-
Sentire un ragazzino di 11 anni
incolparsi della morte dei suoi genitori è uno spettacolo agghiacciante per
chiunque, anche se si è perfettamente consci del fatto che la causa della morte
è ben altra. Il sentimento violento che trapelava da Eljas quando si accusava di
essere la causa delle catastrofi della sua famiglia era del tipo che metteva
paura a chi lo ascoltava. I suoi occhi diventavano degli specchi micidiali,
degli specchi che riflettevano all’esterno l’autolesionismo interiore in atto,
uccidendo lentamente anche chi vi entrava in contatto.
-Le cause dell’incidente di tuo
padre non c’entrano niente con te.- cercò di convincerlo anche il medico –Queste
cose non possono essere né previste né evitate, purtroppo quando arrivano si può
solo sperare che finiscano bene.-
-Potevo evitarlo se me ne restavo a
casa o se mi facevo trovare prima.- insistette Eljas. Possibile che nessuno si
accorgesse che la causa di tutto era lui?! Che la fonte di tutti i problemi
non era altri che lui?! Alexandra
aveva lasciato Ville perché aveva scoperto di essere incinta di lui, lei era morta perché stava andando
a prendere lui in piscina, Ville
aveva quasi fatto la stessa fine perché lui aveva voluto fargli un dispetto…
Tutto riconduceva sempre e solo a lui! Eppure era come se fosse l’unico a
vedere l’evidenza che tutti continuavano tenacemente a
negare.
-Sarebbe successo in un’altra
occasione, forse. Se è accaduto questo vuol dire che ci sono state delle
ragioni, ma se tu te ne sei andato è perché qualcuno ti ha fatto andare via. Non
è colpa tua, e se lo è, allora lo è di tutti.- gli rispose il dottore prima di
essere chiamato da un’infermiera. –Scusami, il dovere mi chiama, ma più tardi
verrò a chiamarti per poter vedere tuo padre.- e detto questo si
congedò.
Quando Eljas ebbe la forza di
alzare nuovamente lo sguardo trovò ad accoglierlo quello di suo nonno Kari, il
quale gli sorrideva affettuosamente, accucciato di fronte a
lui.
-Ancora non ne sei convinto, vero?-
disse.
-Ho combinato troppi guai.-
sussurrò piano il ragazzino.
Kari allargò le braccia per
accogliere la figura debole di Eljas, che conficcò il viso nell’incavo della
spalla del nonno, cercando quel buio e quel conforto che ancora non era riuscito
a trovare, che ancora cercava da mesi, e riuscendo finalmente a
trovarlo.
-Tutto quello che ti ha detto il
dottore è vero: Ville deve solo essere orgoglioso di te, sono sicuro che lo è,
che lo è sempre stato e che sempre lo sarà. Sei troppo simile a lui, sotto certi
punti di vista, perché possa arrabbiarsi con te. E non penserà mai di darti la
colpa per quello che gli è successo, altrimenti ti avrebbe già incolpato per
l’abbandono di Alexandra.- lo consolò Kari –Lui amava davvero moltissimo tua
madre, credo che solo l’idea di avere creato qualcosa di così bello insieme a
lei sia sufficiente a renderlo orgoglioso della tua esistenza. Non potrà mai
incolparti di niente.-
Eljas tornò a guardare gli occhi
chiari del padre di Ville –Tu credi veramente che Ville pensi questo di me?-
domandò sgomento –Credi veramente che lui sia orgoglioso di
me?-
-E’ quello che continuiamo a
ripeterti tutti da sempre, Eljas!- lo rimproverò affettuosamente Kari –Avresti
dovuto vedere lo sguardo di tuo padre quando si sentiva un fallimento per come
tu reagivi a quello che lui faceva o diceva. Sei molto importante per lui, anche
se non lo dimostra abbastanza, lui ti vuole bene.-
Eljas fece una strana smorfia,
quasi provasse schifo verso se stesso –Io invece l’ho davvero odiato, ho
desiderato il male per lui… Mi faccio schifo!- sbottò.
Kari gli fece una calda carezza per
cercare di calmarlo –No, non avercela così con te stesso. E’ normale che tu non
abbia preso bene Ville, almeno all’inizio: non si è comportato molto bene nei
tuoi confronti. Purtroppo lui è molto istintivo nelle cose che fa e tende a
sottovalutarsi quando non dovrebbe, è come se avesse un’autostima al contrario!-
disse, riuscendo a strappare un piccolissimo sorriso al nipote -Molte persone
detestano Ville, quando lo conoscono, ma poi sia lui che gli altri capiscono
come prendersi a vicenda e tutto si risolve. E’ normale che con te ci sia voluto
più tempo, perché è stato uno shock per entrambi sotto diversi punti di vista,
ma adesso si è risolto tutto. Non odiarti per qualcosa di cui non hai
colpa.-
-Quando mamma è morta stava venendo
a prendere me a nuoto…- sussurrò il bambino.
Lo sguardo di Kari si fece triste
–Questo non significa che sia stata colpa tua. Poteva capitare in un qualsiasi
altro momento, purtroppo.-
-Ma succede sempre quando si viene
a cercare me che succedono queste cose.- rispose Eljas –E’ come se portassi
sfiga!-
L’uomo si spaventò per il tono
autodistruttivo con cui il ragazzino si era pronunciato. Afferrò strettamente le
sue braccia e lo portò molto vicino ai suoi occhi –Non pensare a niente di così
stupido, Eljas! Tu sei la fortuna più grande che sia mai capitata a mio figlio
da che è venuto al mondo! Sei l’unica cosa che poteva fargli capire cos’è
veramente importante al mondo.-
Eljas fissò le sue iridi verdi in
quelle azzurrine del nonno, cercando di capire a chi doveva dar retta, se a
quello che la sua coscienza gli diceva o a ciò che Kari continuava a ripetergli,
come tutti gli altri, da quando era arrivato a casa Valo.
-Non voglio più sentirti dire che
tu sei stato una sventura per la tua famiglia.- gli intimò Kari allentando la
presa e abbracciandolo nuovamente –Mai più…-
Migé si avvicinò ai due con uno
sguardo un po’ imbarazzato, tossicchiando qualche volta –Ehm… Kari? Posso
disturbarti un attimo?- domandò con tutta la cordialità di cui
disponeva.
-Certo, Migé, dimmi pure!- rispose
l’uomo lasciando andare il nipote, dopo avergli indirizzato un sorriso d’intesa
e d’affetto.
-Abbiamo un problema…- iniziò il
bassista. Kari lo guardò senza capire. –I giornalisti là fuori sono venuti a
conoscenza di Eljas. Stanno continuando a fare pressione per vedere il
ragazzino… Credo sia il caso di prendere provvedimenti.-
Eljas guardò verso uno dei migliori
amici di suo padre, soffermandosi sul suo sguardo preoccupato. Forse era vero
che loro ci tenevano veramente a lui, che non lo incolpavano di
niente…
-Io chiamo la polizia!- sbottò
irritato Kari Rakohammas cominciando a cercare un telefono con lo
sguardo.
-Non servirà a niente, il massimo
che faranno sarà tenerli a bada fuori dall’ospedale, ma quando Eljas dovrà
uscire sarà un casino.- obiettò Migé storcendo la bocca.
-Perché dovrei uscire?- domandò il
bambino intromettendosi nel discorso.
Kari e Migé si scambiarono
un’occhiata –Beh, ci vorrà ancora molto prima che si possa andare a far visita a
Ville, sarebbe il caso che tu andassi a casa a dormire decentemente per almeno
qualche ora. Sei in piedi da quasi 24 ore…- disse il
bassista.
-Non voglio andare a casa!-
protestò Eljas, infastidito dall’idea –Ho dormito prima, mentre aspettavamo il
dottore, non serve che vada a casa ora.-
Anita si avvicinò al terzetto per
far sentire le sue ragioni –Tesoro, ascoltami. I tempi dell’ospedale sono
lunghissimi, sarebbe davvero il caso che tu andassi a riposarti decentemente.
Basterebbe qualche oretta, non ti terremmo lontano per molto
tempo…-
-Io non voglio andare via, voglio
stare qui! Il dottore ha detto che fra poco saranno possibili le visite dei
parenti stretti, e io voglio essere qui quando mi permetterà di andare a vedere
mio padre!-
Silenzio.
Eljas sentiva che anche dentro di
sé risuonava l’eco delle parole che aveva pronunciato.
Mio padre…
Era come se non avesse mai pensato
a Ville in quei termini prima di allora. In un certo senso era così, ogni volta
che aveva detto mio padre era stato
in maniera distaccata, più per sottolineare che c’era un legame naturale e
legale che un senso di famigliarità. Invece in quel momento sentiva che sarebbe
riuscito per la prima volta, dopo tanto tempo, a chiamare il cantante papà. Senza difficoltà. Basta muri
indistruttibili, basta musi lunghi e scontrosi, basta tutto ciò che poteva
compromettere un rapporto sincero. Una seconda possibilità del genere era solo
un miracolo, non ce ne sarebbe stata un’altra.
Anita e Kari si scambiarono uno
sguardo, Migé fissò il ragazzino come se lo vedesse la prima
volta.
-Se non vuoi andare resta pure,
allora.- disse sua nonna –Se hai voglia di riposarti un po’ posso chiedere a un
infermiere se può farti usare un lettino del pronto
soccorso.-
Eljas scosse la testa –Non ce ne
sarà bisogno, non ho sonno.-
Migé si accucciò per guardarlo
meglio negli occhi. Rimasero per qualche istante in quella posizione, senza che
nessuno dicesse niente, sotto gli occhi incuriositi di tutti. –Finalmente l’hai
capito.-
Non disse altro, ma sia lui che
Eljas capirono benissimo di cosa si trattava, ed Eljas fu felice di essere
finalmente uscito dal buio.
eccovi sbrogliato l'intrigo di "cosa ne sarà di Ville?". ^^ mi duole informarvi che il prossimo capitolo sarà l'ultimo, seguito a ruota da un epilogo... ah, mi duole se mpre così tanto terminare le mie storie! intanto keep on enjoying me!
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